Tomo V
Anni
di Christo 1351 - della Religione 9651
- [V, p. 621] Essendosi in quest'Anno del Signore 1351 celebrate le Corti generali del Principato di catalogna nella città di Perpignano, fra l'altre cose, che furono determinate in quel nobile congresso, una fu, che per l'avenire non si terminassero più le publiche scritture, et Instromenti con l'Era di Cesare, ma ben si con gli Anni della Natività di Nostro Signore Giesù Christo: cosi scrive il Marianna nel lib. 3 dell'Historie di Spagna; il quale aggiunge, che lo stesso Decreto fu poi altresì fatto in Castiglia nell'Anno del 1383 e nel Portogallo nel 1415.2
- In questo medesimo anno fecesi mutatione di stato in questa nostra patria di Bologna, imperciochè vedendosi Giacomo, e Giovanni de' Pepoli, li quali erano di quella Vicarj Pontificj, stranamente incalzati dall'uno de' lati delle persecutioni, et insidie del Conte di Romagna, dall'altro lato travagliati da' Fuorusciti, e dall'invidia di molti altri Emoli loro, e conoscendo perciò di non potere a tanti nemici resistere, finalmente determinarono di cedere il Dominio a Giovanni Visconti Arcivescovo di Milano, il quale poco dianzi, per la morte di Luchino suo fratello, era altresì divenuto [V, p. 622] Duca di quel nobilissimo Stato: la qual cosa, come cagionò grandissimo sdegno nell'animo del Pontefice, che n'era legittimo Signore, così apportò poi per lunga serie d'Anni grandissimi travagli, e ruine a questa povera Patria. Così scrive il nostro Ghirardacci nel Tomo 2 della sua Historia di Bologna sotto questo medesimo Anno, delle quali, a Dio piacendo, più d'una volta ne tornaremo a favellare.3
- In tanto il zelante Pontefice Clemente VI con grande aplicatione procurava di distruggere, et annichilare varj errori, che erano insorti nella Santa Fede Cattolica fra i Popoli Christiani dell'Armenia, e per tale effetto furono spediti dalla Santità Sua molti Religiosi degli Ordini Mendicanti, fra quali furono non pochi de' nostri, li quali tutti molto s'affaticarono per ridurre li sudetti Popoli traviati alla vera credenza. E qui mi giova di aggiungere così di passaggio, e anticipatamente, che pur anche in questi nostri tempi travagliano i nostri Padri, che risiedono nella Persia, di mandare continuamente Evangelici Missionarj nello stesso Regno dell'Armenia; e non ha molto tempo, che fu Vescovo di Cirene nel medesimo Regno F. Antonio Govea Portoghese gran Letterato, il quale fece gran frutto così per se stesso, come per mezzo d'altri Frati in quelle parti. Fu poi anche questo Prelato mandato dal Re di Persia in qualità di suo Legato, et Ambasciatore al Sommo Pontefice Paolo V et a Filippo III Re delle Spagne; della qual Legatione, col beneplacito divino, nel suo tempo proprio, più ampiamente parlaremo. Vedi il Rainaldi, et altri Historici della Chiesa.4
- Havendo il Generale F. Tomaso d'Argentina terminato, con molta sua gloria, et honore, il secondo triennio del suo Generalato, convocò per tanto in quest'Anno il Capitolo Generale nel Monistero di Basilea, nel quale nella Vigilia di Pentecoste, che cade nel giorno 10 di Giugno, fu di nuovo con pienezza di voti da tutti i Padri Capitolari confirmato nello stesso ufficio, come che conoscessero essere il di lui governo molto utile, anzi sommamente necessario alla Religione, massime in questi tempi tanto calamitosi, ne' quali la Pestilenza, che ancor durava, haveva fatta grandissima strage de' nostri Religiosi quasi in tutte le Provincie, et i Monisteri dell'Ordine; laonde per riparare, e risarcire in qualche modo tante ruine, non vi voleva altro Superiore, che il sudetto Tomaso, il quale era dotato d'una maravigliosa prudenza, et era religioso molto manieroso, e di gran cuore. Il Panfilo, il Crusenio, l'Errera, e tutti gli altri Cronisti dell'Ordine.5
- In questo Capitolo Generale, fra gli altri Decreti, e Deffinitioni, che si fecero per il ben publico della Religione, uno fu, che si dovesse istituire lo Studio Generale nel Monistero di Santa Eufemia di Verona, nel quale vi dovesse essere un Maestro Reggente, che leggesse la sagra Teologia; et altri Lettori ancora, che leggessero Logica, e Filosofia alla Gioventù: hoggidì pur tuttavia vi si conserva con molto decoro lo stesso Studio generale. Vedi il panfilo nella sua Cronica Agostiniana a car. 56.6
- Intorno a questo tempo fioriva nellOrdine nostro un Religioso di santa vita, di cui molto degnamente scrive il B. Giordano di Sassonia nel Capitolo 17 del libro 2 delle Vite de' Frati, che fra l'altre sue divotioni, che frequentava del continuo, una era questa, che giornalmente egli con grandissima riverenza, solennizzava la memoria di qualunque Santo, che correva; attesochè haveva le Immagini di ciascheduno di loro, quali apendeva nel muro della sua Cella, e le adorava, e riveriva con grande humilità, e divotione, e con varie orationi, dal principio della Festa di ciascheduno fino al fine di quella, e specialmente nelle Feste della Santissima Trinità, et in tutte l'altre di Giesù [V, p. 623] Christo, e dello Spirito Santo, moltiplicava la sua divotione, e la sua gratitudine per beneficj prestati da quelle tre divine Persone con modi cotanti singolari al genere humano. Nelle Feste poi della Beatissima Vergine della quale era svisceratissimo Amante, non si puole con humana lingua spiegare con quanta divotione, riverenza, humiltà, et ossequio le solennizzasse: basta dire, che oltre gli altri esercitij, che in suo honore faceva in ciascheduna di quelle, la salutava ben mille volte con l'Angelico Saluto dell'Ave Maria. Quando poi s'avicinava la Festa di tutti i Santi si preparava otto giorni avanti di questa con digiuni, e discipline, con orationi, et altri esercitij spirituali, et in quel giorno poi stava di tal sorte il di lui spirito solevato a contemplare la Gloria immensa, che godevano tutti i Santi nel Cielo, che sembrava anch'egli un huomo dell'altra vita. Era poi così divoto nel celebrare la S. messa, che molto le rincresceva, che fosse veduta la di lui faccia mentre celebrava, attesochè durante quel divino Sagrificio, li grondavano dagli occhi in gran copia le lagrime, per la tenerissima divotione, che haveva a quel tremendo, e sagrosanto Mistero.7
- Hor finalmente questo gran Servo di Dio, che fu mai sempre cotanto divoto della Santissima Trinità, di Giesù Christo, della Beatissima Vergine, e di tutti i Santi, e le Sante del paradiso, e che celebrò sempre con tanta divotione, e riverenza la Santa Messa, meritò appunto di morire santamente nella solennissima Festa di tutti i Santi: laonde, ben si può credere, che da tutti i Santi medesimi fosse incontrata con allegrezza, ed applauso universale la felicissima Anima sua alle Porte del Paradiso, già che riferisce lo stesso Giordano nel luogo sopracitato che indi ad alcune settimane apparve il sudetto Religioso ad un altro Frate suo amico, e li manifestò, come egli stava godendo nel cielo, in compagnia di tutti i Santi, de' quali era stato sempre divoto, l'eterna Beatitudine. Da questo raro esempio, hanno occasione d'imparare i Religiosi quanto importi il solennizzare le Feste de' Santi con ogni possibile riverenza, e divotione; attesochè chi s'impiega in questa santa divotione, puole certamente sperare di ottenere il guiderdone, che ottenne questo Servo del Signore.8
- Viveva parimente intorno a questo tempo medesimo un altro Religioso di gran perfettione, e bontà, il quale era così distaccato da ogni humano, e terreno affetto; e così all'incontro applicato con tutto il cuore all'Amore di Dio, che stava del continuo quasi sempre orando, e dolcemente contemplando le cose del Cielo. Hora accadde, che essendo andato al Monistero, ove egli stava di stanza, un suo Fratello per visitarlo, et havendolo perciò chiamato il Portinaio (perochè in quel Monistero non s'introducevano, dice Giordano, i Secolari se non per grave urgenza) venne alla Porta, et havendo aperta la finestrella, e veduto il Fratello le disse: "Fratel mio di donde vieni? Et a qual fine ti sei qua portato?" Et havendo quegli risposto, che era venuto da lontai Paesi solo a fine di vederlo. All'hora replicò con santa semplicità il benedetto Religioso: "Horsù hai già conseguito l'intento, vanne dunque, e con me prega Iddio, che ci potiamo rivedere in Paradiso", e ciò detto chiuse finestrella, e se ne ritornò veloce all'Oratione. Parerà forse, dice qui il B. Giordano, a qualche spirito sciapito, che fosse questo un'effetto di gran rozezza, e rusticità; ma di vero non fu così, perochè fu un effetto della gran simplicità, e del perfettissimo distaccamento delle cose terrene, che possedeva quell'humil Servo di Dio: lo stesso Giordano lib. I, cap. 10.9
- Riferisce pur anche lo stesso Autore nel cap. 13 del libro 2 che ritrovandosi infermo gravemente in letto un altro nostro Religioso Giovine di [V, p. 624] santi costumi; e conoscendo di dovere fra poco morire, disse all'Infermiere, che l'agiutasse ad alzarsi di letto, perché voleva vestirsi con l'Habito della Religione, e di fatto s'alzò egli come se fosse stato sano; ma stimando l'Infermiere, che egli delirasse per l'acutissima febre, che l'oprimeva, lo voleva rimettere nel letto, ma egli vestendosi la Cappa, et il Capuccio con la Cintura si cinse; et addimandandoli all'hora il sudetto Infermiere, che intentione havesse, e dove andar volesse: rispose l'Infermo, "hor hora lo vedrai". Ma nello stesso tempo sentendosi egli assalire dall'Agonia della morte, né potendosi più reggere in piedi, s'attaccò con ambe le mani ad una pertica, che sopra due funi dal solaro pendeva, et alzando gli occhi verso del Cielo, così disse al suo dolce Giesù. "Signor mio Christo, che prendesti in Croce per me misero peccatore, e per l'accerbissima Passione, concedi a me misero peccatore, che questo mio dolorosissimo stato, in cui hora mi ritrovo, serva per la remissione totale de' miei peccati": e ciò detto, si rimise nel letto sul dorso, et accomodando i piedi, e tirandosi il Capuccio su gli occhi, agiustò finalmente le mani in forma di Croce, e poscia dicendo con gran divotione quelle sante parole, che disse Christo in Croce: "In manus tuas Domine commendo Spiritum meum"; et indi a poco santamente spirò l'Anima sua felice, come piamente si spera, nelle mani del suo pietoso Signore, a cui poco dianzi, con tanto affetto, e confidenza raccomandata l'haveva. Così santamente meritò di morire, chi sempre con tanta santità era vissuto; attesochè, come sensatamente disse il nostro P. S. Agostino nel cap. 2 della Disciplina Christiana: Non potest male mori, qui bene vixerit. Come all'incontro: Non potest bene mori, qui male vixerit.10
- Era in questo medesimo tempo Penitentiere Apostolico F. Pietro Gaufredi, quale certamente stimiamo, che fosse di natione Francese, benchè poi non sappiamo, né la Provincia, né il Convento di cui egli fu figlio, come né tampoco se egli fosse dotto, e letterato, e se lo fu, in che grado egli lo fosse. Habbiamo però per costante, che fosse molto caro al Sommo Pontefice Clemente VI perochè la Santità Sua li concesse di potere testare, come costa da una Bolla, che contiene la detta Concessione, la quale fu data a 29 di Luglio in Avignone nell'Anno decimo del suo Pontificato, e si conserva nell'Archivio Vaticano. E certo è, che simili Privilegi non si concedono a persone Regolari, se non sono state in Conclave, che però il Sagrista, e Sottosagrista di Nostro Signore, li quali ambi sono sempre di nostra Religione, perché entrano nel Conclave doppo la morte de' Pontefici, perciò hanno questa facoltà di testare.11
- Nell'Anno scorso scrivessimo, che li nostri PP. di S. Giacomo di Bologna ottennero in detto Anno un gratioso Privilegio da' Signori Pepoli, di poter chiudere, per beneficio del loro Monistero, la Strada detta del Paradiso, al sudetto loro Convento contigua, come ben tosto fecero. Hora havendo li sudetti Signori ceduto il Dominio di Bologna a Giovanni Visconti Arcivescovo, e Duca di Milano, e temendo perciò i nostri Padri, che il detto Privilegio, per la malvagità de' malevoli, non li fosse dal nuovo Signore rievocato, et annullato, spedirono un Religioso autorevole a Milano, il quale con un supplichevole Memoriale ottenne dall'accennato Principe nuovo, la conferma del sopradetto Privilegio con un suo gratioso Diploma, quale tuttavia si conserva nell'Archivio di questo nostro Convento di S. Giacomo di Bologna. Fu poi dato questo in Milano in quest'Anno del 1351 a 17 di Ottobre nell'Inditione 5 et è il seguente.12
- Nos Ioannes Dei gratia Archiepiscopus, et Generalis [V, p. 625] Dominus Mediolani Bononiae, etc. exposito nobis, quod Magnifici Domini, Domini Ioannes, et Iacobus Fratres de Pepulis olim D. Civitatis Bononiae, concesserunt, tribuerunt, et donaverunt omni auctoritate, qua fungebantur tunc in Civitate, et districtu Bononiae Religioso viro Fratri Francisco de Saragotia Syndico Conventus Fratrum Eremitarum Ecclesiae Sancti Iacobi Strate Sancti Donati de Bononia recipienti nomine, et vice tamquam Syndico dictorum Fratrum, et Conventus, et per ipsum praedictis Fratribus, et Conventui totam Viam, et terrenum, et quodincluditur, et est a latere seu Settentrionis Ecclesiae Sanctae Ceciliae, et Loci, seu Domorum praedictorum Fratrum videlicet versus Fossatum, et murum veterem Civitatis veteris a muro Ecclesiae Sanctae Ceciliae praedictae, seu Loci dictorum Fratrum videlicet quantum protenditur ex opposito Ecclesiae Sanctae Ceciliae praedictae, incipiendo a latere sero dictae Ecclesiae, et postea prosequens versus mane usque ad Domum Gelini de Bullis, etc. de qua Donatione constat publicum Instrumentum traditum per Albertum quondam Benvegnuti de Garfagninis tunc Notarium dictorum Dominorum Anno Domini millesimo trecentesimo quinquagesimo Indictione tertia die vigesimosecundo Mensis Septembris, volentes eisdem Fratribus, et Conventui tamquam benemeritis, et ob reverentiam Omnipotentis Dei, et B. Virginis Mariae, et B. Iacobi, pro cuius vocabulo Ecclesia dictorum Fratrum est constructa, et Omnium Sanctorum, ac divini cultus, habitaque informatione plenaria a Sapienti Viro Domino Guillelmo de Meletulo Legum Doctore nostro Vicario, qui supradictum Locum vidit, et examinavit diligenter, ut nobis esposuit praedictas Concessionem, Traditionem, Donationem, et datum factas, et concessas per tunc Dominos supradictos, vel per aliquem ex eis nomine, et vice Communis Bononiae, ac omnia, et singula contenta in ipso Instrumento prout iacent, confirmamus, approbamus, et ratificamus, ac de nono ex certa scientia, et de plenitudine potestatis praedicta omnia, damus, concedimus, et donamus, ac praedicta omnia, et singula concessa per praedictos tunc Dominos valere volumus, et tenere, et perpetuam obtinere valoris firmitatem. Mandantes Capitaneo, seu nostro Locumtenenti, Potestati, Vicario, et Universis, et singulis Officialibus nostris, et Communis Bononiae praesentibus, et futuris, quatenus huiusmodi nostras Concessiones, Donationes, et Confirmationes, ac Ratificationes observent, et facient inviolabiliter observari, et contra ipsas attemptare aliqualiter non praesumant pro poenis nostro eisdem Arbitrio inferendis. In quorum testimonium praesentes Litteras fieri iussimus, et nostri Sigilli appositione muniri. Datum Mediolani millesimo trecentesimo quinquagesimo primo, die decimo septimo Mensis Octobris quinta Indictione.13
- Gioseffo Panfilo nella sua Cronica Agostiniana, parlando del nostro Convento di Marsiglia, dice, che essendo stato per longo tempo fuori della Città, fu finalmente da' nostri Padri in quest'Anno trasferito dentro di quella: al sentimento però di quest'Autore si oppone Girolamo Romano nella Centuria 10 a carte 69 mentre dice, che la detta traslatione si fece nell'Anno del Signore 1315 con l'agiuto del Re di Francia: noi però nel nostro quarto Tomo sotto il numero 30 nell'Anno 1261 dimostrassimo col testimonio più sicuro de' Gemmelli Sammartani nel tomo 4 a car. 640 che l'uno, e l'altro Autore diede lontano dal segno; perochè la sudetta traslatione del mentovato Convento dentro della Città, fu fatta non nell'Anno 1315 come vuole il Romano, e molto meno in questo del 1351 come piace al Panfilo, ma ben si nell'Anno di Christo 1261 come li sudetti Sammartani scrivono nel Tomo 4 della [V, p. 626] loro Gallia Christiana nella detta descrittione della Città di Marsiglia.14
- Il sopramentovato Panfilo registra la sua medesima Cronica a carte 56 l'origine del Convento nostro nella Città di Nimes nella Provincia di Narbona in Francia; non adduce però di questa sua sentenza alcun certo documento, vero è ben si, che Giorgio Maigretio ne' suoi Surcoli sagri, o vogliam dire Martirografia Agostiniana, e Girolamo Romano nella Centuria 10 a carte 70 testificano essere più antico dell'Anno 1364 a quali di buona voglia si sottoscrive l'Errera, e noi ancora ammettiamo la medesima opinione: li Fondatori poi di questo Monistero furono, per sentenza degli accennati Autori, li Cittadini della stessa Patria.15
- Ma se li Cittadini di Nimes, che vivevano in questo tempo, mossi dalla divotione, che portavano al P. S. Agostino, fondarono il detto Convento per la sua Religione; molto contrarj a questi si dimostrarono li loro Posteri, li quali vivevano nell'Anno 1567 imperciochè havendo questi poco dianzi bevuto il pestifero veleno dell'Eresia dell'empio Calvino, agitati perciò dalle furie infernali, nel detto Anno gettarono per Terra il mentovato Monistero, quale con tanta pietà havevano fondato li loro Cattolici Antenati, e non contenti di questo, non potendo tolerare la Christiana libertà, con la quale predicatione intrepidamente contro la loro perfidia il Ven. Priore del detto Convento, che era anche Coadiutore del Vescovo, e chiamavasi F. Andrea Quatiebras, arrabbiati lo presero con due altri Religiosi (come scrive il Sanmartino nel suo Santorale Agostiniano a carte 686) et in un profondo Pozzo lo precipitarono, facendo in questa guisa, che per il fuoco della loro diabolica rabbia, e per l'acqua di quel Pozzo passando, felicemente giungessero a godere per tutti i Secoli il soavissimo refrigerio dell'eterna Beatitudine: di questi felicissimi Martiri, tornaremo col divino volere, a favellare più di proposito sotto l'Anno sudetto 1567.16
- E già, che siamo nella Francia, passiamo ad esaminare l'antichità del Convento di Ginevra Città situata sul lago Lemano della giuridittione del Duca di Savoia su le confina de' Svizzeri. In questa Città dunque, come pure scrive il sopracitato Vescovo di Segni Gioseffo Panfilo nella sudetta pagina 56 fu fondato un Convento per la nostra Religione in quest'Anno medesimo del 1351 et il Fondatore fu lo stesso Popolo di Ginevra, il quale in quel tempo era molto Cattolico, e grandemente alla Christiana divotione inclinato. Ma havendo poi anch'ella questa infelice Città verso l'Anno del 1541 dato ricetto all'Eresia di Fasello, e poscia di Calvino, in conseguenza diede bando così a' nostri, come a tutti gli altri Religiosi, li Conventi de' quali divennero covili di que' Dragoni infernali.17
- Lasciamo Ginevra con la sua perfidia, e vallicando l'Alpi Cottie, scendiamo nel bellissimo Piemonte, et andiamo di primo tratto a visitare il Convento di S. Agostino della nobilissima, e grossisima Terra di Carmagnola, dieci miglia lontana dalla Metropoli del sudetto Piemonte, Torino, e vediamo se potiamo rintracciare la vera origine del detto Monistero. Io so, che Girolamo Romano asserisce nella Centuria 10 a car. 70 che egli fu fondato nell'Anno di Christo 1364 se ben poi non dice da chi fondato fosse, né da qual'Autore habbi ciò cavato. Il Panfilo all'incontro della sua Cronica assegna alla Fondatione del detto Monistero quest'Anno presente del 1351 ma né meno egli produce alcun testimonio, o documento di questa sua opinione: communque sia, questo è certo, che egli è antico di più di 300 Anni, come è costante traditione di quella Terra. Ha poi prodotti questo Monistero molti Huomini Illustri, fra quali si è ultimamente sollevato, come fra i bassi virgulti l'altissimo Cipresso, [V, p. 627] Maestro F. Francesco Maria Ferragatta eloquentissimo Predicatore, e molto versato, et erudito nelle Lettere humane, il quale di vantaggio è stato Segretario Generale del Reverendiss. P. Maestro Girolamo Valvasori per tutto il sessenio del suo generalato; et ha anche servito nello stesso ufficio il Reverendissimo Padre Maestro Nicola Oliva Generale, intorno tre Anni, nell'ultimo de' quali fu Viceassistente d'Italia, et era stato prima Provinciale della Lombardia, come pure hora è: si come ancora tre altri provinciali habbiamo conosciuti di questo Convento della medesima Provincia, cioè Maestro F. Oratio, Maestro F. Gaspero Maria de Facis nostro carissimo amico, e finalmente il P. Maestro Lodovico Peila.