Tomo V
Anni di Christo 1331 - della Religione 945
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- [V, p. 473] La più notabil cosa, che potiamo del Secolo registrare nel principio di quest'Anno, è questa, che Orcane figlio del già morto Ottomano gran Tiranno dell'Oriente, havendo cinta la Città di Nicea con un strettissimo assedio, e non havendola mai potuta soccorrere l'Imperatore Andronico, alla perfine fu forzata di rendersi a quel Barbaro. E vogliono alcuni Autori, che doppo la presa di questa importantissima Città dell'Asia, cominciasse il Turco a farsi tributare da' Sudditi Christiani li loro Figli primogeniti per formarne la Militia de' Pretoriani, che volgarmente poi chiamaronsi col nome Gianizzeri; con la quale Militia ha poi il Turco conseguite de' Christiani, e d'altre Nationi frequentissime, e singolarissime Vittorie, et ha sottoposte alla di lui tirannide molti Regni, e Provincie, così nell'Asia, e nell'Europa, come anche nell'Africa. Gli è ben vero però, che anch'egli ben'e sovente soggiace alla crudeltà, e fierezza de' medesimi Giannizzeri, li quali a più d'un Gran Signore hanno data la morte, e glie la possono dare ogni qualunque volta glie ne viene volontà: e noi ne' nostri tempi due ne habbiamo venduti strozzare con una corda d'Arco, cioè Osmano nell'Anno del Signore 1622 et Hibraim Padre d'Acmet hoggidì Regnante nell'Anno 1647 Gregora, lo Spondano, et altri.2
- In questo tempo, come forse volessero i Principi Secolari, et anche Ecclesiastici, che la nostra Religione distinguesse, e dividesse le sue Provincie secondo la distintione, e divisione delle loro Diocesi, e Stati; e parendo ad essa Religione questa una cosa troppo strana, ricorse per tanto il Generale Guglielmo ad implorare in questo affare l'autorità sovrana del [V, p. 474] Sommo Pontefice Giovanni XXII il quale per far cosa grata al detto Generale, et a tutta la Religione, con una sua Bolla data in Avignone alli 8 di Luglio in quest'Anno del 1331 e del suo Pontificato 14 diretta allo stesso Generale, et a gli altri Frati dell'Ordine, espressamente ordina, e comanda, che la distintione delle sudette Provincie si debba fare, non conforme le Diocesi de' Vescovi, o li Stati de' Prencipi Secolari, ma conforme quella già fatta dalla sudetta Religione. Questa Bolla si conserva nell'Archivio del Convento di S. Marco di Milano.3
- Più volte negli Anni scorsi habbiamo fatta honorata memoria del nostro Glorioso, e Santo Vescovo di Verona il Beato F. Teobaldo; et habbiamo altresì registrate molte delle sue più principali attioni, e virtù: hora essendo costante opinione della maggior parte de' Scrittori di quella nobilissima Città, che egli terminasse questo gran Servo di Dio il lungo, e beato corso di sua santa vita in quest'Anno, doppo havere governata quella sua Santa Chiesa, con incredibile frutto dell'Anime, alla di lui cura commesse, per lo spatio di Anni 32 fa dunque di mestieri, che quivi tessiamo, conforme il nostro consueto, la di lui Vita, epilogando ciò, che habbiamo accennato negli Anni scorsi, et aggiungendo, con ogni esattezza, quello che non habbiamo ancor toccato.Vita gloriosa del Beato Teobaldo da Verona Vescovo della detta Città.
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- Se egli è vero, che questo Servo di Dio morisse in quest'Anno in età di Anni 90 come scrivono gli Autori, e specialmente il nostro Errera, con la scorta di Girolamo della Corte, e di Francesco Pona, dobbiamo dunque dire, che il di lui nobile nascimento succedesse nell'Anno 1241 e quantunque il nostro erudito Panvinio nella brieve Cronica, che egli compilò della sua Patria di Verona, la quale inserta si legge nel Libro, che egli scrisse de antiquitatibus Veronensibus, parlando di questo Beato, nulla dica, o parli della di lui Famiglia, e de' suoi Genitori; nulladimeno habbiamo Francesco Sansovino, il quale nel suo bel Libro, che egli scrisse delle Famiglie nobili d'Italia a car. 148 parlando della Famiglia Scaligera, o della Scala, dice, che fra gli altri Soggetti insigni da quella usciti, e prodotti, uno fu il Beato Teobaldo: gli è ben vero però, che nè esso, nè altri scrivono quali fussero li di lui Genitori, come nè tampoco alcuna cosa soggiungono della di lui educatione nel Secolo.5
- Fa però di mestiere, che crediamo, che questa fosse molto buona, e molto ben costumata, attesochè nel più bel fiore della sua adolescenza, sprezzando all'improviso le grandezze, le pompe, e le delitie della sua nobilissima Casa (la quale in quel tempo era Signora, e Padrona non solo di Verona, ma altresì di alcune altre Città) se ne fuggì egli nel Secolo, e si ricovrò nel sagro Eremo Agostiniano nel vecchio Convento, che in quel tempo possedeva la Religione fuori della Porta detta del Vescovo, ove ricevendo l'Habito Santo dal Superiore di quel Monistero, con buona gratia, come si deve credere de' suoi Nobili Parenti, fece poscia nell'Anno del suo Noviziato un così alto profitto nell'acquisto delle più rare virtù, che si richiedono allo stato Religioso; e tal saggio diede della sua futura Santità, che nel dovuto tempo fu poi, con applauso universale, ammesso da que' buoni Padri, alla solenne Professione.6
- E perché fu conosciuto ben tosto, che egli era stato arricchito da Dio [V, p. 475] d'un ingegno molto sublime, et elevato, fu perciò ben tosto applicato dalla Religione allo studio delle sagre Lettere, nelle quali, più con l'oratione, che con lo studio, come riuscì un profondo Teologo, così divenne un famosissimo Predicatore; laonde non si puole con humana lingua spiegare quanto fosse grande, e copioso il frutto, ch'egli fece nel lungo corso di sua vita nella Conversione dell'Anime peccatrici al Sant'Ovile di Christo; che però era svisceratamente amato, e riverito da' Popoli, e da tutti tenuto e stimato per Santo.7
- Da' suoi nobilissimi Parenti poi fu altresì grandemente apprezzato, che però, col di lui santo consiglio, ben'e spesso regolavano le loro attioni, e della di lui sublime dottrina, e rara bontà facevano stima incredibile: laonde ha molto del credibile, che essi fossero quelli, che li conferissero, o pure li procurassero la Dignità dell'Abbatia di S. Fermo della sudetta Città di Verona dell'Ordine di S. Benedetto; che però della Collatione di questa Dignità fatta al sudetto Beato, prese poi ansa di pensare, e di scrivere nel suo Lignum Vitae lib. 2 a car. 371 Arnaldo Vuion, che il B. Teobaldo fosse stato dell'Ordine di S. Benedetto; ma s'ingannò quest'Autore molto all'ingrosso, attesochè non hebbe il B. Teobaldo quella Dignià Abbatiale in Titolo, ma in Commenda: e che sia il vero, tutti gli Autori scrivono, che quando fu poi eletto, contro sua voglia, Vescovo di Verona, habitava egli, e stanziava nel Convento di Santa Eufemia, il quale alcuni Anni avanti era stato da nostri Padri fondato su le ripe dell'Adige dentro della Città.8
- Ma come crescesse, e si avanzasse vi è sempre più credito, e la fama di questo gran Servo di Dio appresso il Popolo Veronese, per la di lui somma bontà, e dottrina, e specialmente per la sua gran misericordia, e pietà verso de' Poveri, accadde perciò, che essendo morto F. Pietro dell'Ord. di S. Domenico Vescovo della Città, della sua medesima Famiglia della Scala, fu subito dal Clero in suo luogo destinato il nostro Teobaldo, e ciò fu nell'Anno del Signore 1295 come in quel tempo notassimo, con produrre anche di ciò un autentico Documento; ma non havendo egli, per la sua grande humiltà, volsuto accertare, fu poi eletto in sua vece l'Arciprete di quella nobile Catedrale, che Buonincontro chiamavasi, restando il Buon Servo di Dio Teobaldo fra tanto nel suo Monistero di S. Eufemia a godere la sua amata quiete Religiosa.9
- Ma in fatti non si puole resistere lungo tempo al divino volere: eccone una chiara prova. Erano appena scorsi quattr'Anni intieri, doppo l'elettione del sopramentovato Buonincontro, quando il Signor Dio si compiacque di chiamarlo a se per mezzo d'una morte pia, et esemplare. Ed ecco, che il Clero radunandosi di nuovo per eleggere un altro Vescovo, come se quella nobilissima Patria, che pur sempre è stata fecondissima Madre d'Huomini insigni, così nelle Lettere, come nell'Armi, non havesse chi eleggere fuori di Teobaldo, che di già ricusata haveva quella nobilissima Carica, così in lui solo fissando unitamente lo sguardo, ad esso lui, tutti d'accordo, con applauso incredibile, diedero i voti loro. Ma come la prima volta non volle in verun conto accettare la detta Dignità, così pur anche questa seconda volta fece ogni suo sforzo per iscansarla; e di certo se il sudetto Clero unito col Popolo tutto della Città, portandosi al Monistero, non l'havesse a forza di preghiere, e di lagrime ancora dolcemente violentato, non haverebbe già mai prestato il suo consenso a così sublime elettione. Così dunque in riguardo di quest'accennata violenza, come molto più per non resistere alla divina volontà, accettò finalmente quello per lui pesantissimo Posto.10
- [V, p. 476] E se per lo passato erasi fatto conoscere per un Santo Religioso, fecesi poi su la Cattedra Episcopale conoscere dal Mondo tutto, non che dalla sua amata Gregge, per un santissimo, e zelantissimo Prelato: attesochè tutti gli Autori, che di lui scrivono, e specialmente il nostro Panvinio, il Panfilo, Agostino Valiero, Girolamo della Corte, l'Ughelli, e l'Errera, con molta energia, et efficacia, amplificano la di lui gran vigilanza nel visitare la sua Diocesi, nel consolare gli afflitti, nel rimettere su la strada sicura del Paradiso i traviati peccatori, nel soccorrere i bisognosi, et insomma nel sollevare ogni qualunque persona, che vedeva essere del suo Pastorale aiuto, e soccorso bisognevole: laonde non si può credere quanto teneramente fosse da ciascheduno amato, e riverito.11
- Dava continua udienza a chiunque ricorreva al suo pietoso Tribunale, nè si chiudeva Portiera, così di giorno, come di notte, a qual si voglia stato di persone, dando sempre il primo luogo alle povere Vedove, et a miserabili Pupilli, usando poi ogni possibile diligenza nello spedire le cause loro: laonde era da tutti acclamato per Padre universale de' Poveri, a quali dispensava la maggior parte delle sue Ecclesiastiche rendite. E con tutto ciò, che egli fosse uscito fuori della sua Religione, nulladimeno già mai di quella non si scordò, anzi che la portò mai sempre, come sua cara Madre, scolpita nel cuore, e li fece fin ch'ei visse tutti quegli honori, e quelle gratie, ch'egli puote, e delle quali la vidde, e la conobbe essere necessitosa; e specialmente molte limosine diede al suo Monistero di S. Eufemia, così per compire la fabrica maestosa di quello, come anche per il mantenimento de' Padri. La qual carità usò mai sempre con tutti gli altri Monisteri, e Chiese, che erano nella Città, come fuori, in quella sua vasta Diocesi.12
- Fece altresì, come nel suo proprio luogo scrivessimo nel secondo Tomo di questi nostri Secoli, la solennissima Traslatione de' Santi Corpi de' nostri antichi, e gloriosi Eremiti S. Benigno, e Caro, dall'antico, e già abbandonato Oratorio, in cui doppo la loro beata morte furono seppelliti, nella Chiesa più cospicua di S. Stefano di Malsesine. Concesse a Padri dell'Ordine de' Servi per loro domicilio in Verona la Ciesa di S. Maria della Scala. Si ritrovò presente in Milano alla Coronatione d'Enrico VII Imperatore, et in Bologna si ritrovò nel gran Cosiglio, che si fece davanti l'Apostolico Legato per la ricuperatione di Ferrara dalle mani de' Signori Venetiani, che occupata l'havevano, e molte altre imprese gravissime fece egli, così per beneficio della sua Chiesa, e Diocesi, come per il ben publico della Chiesa universale, le quali se io volessi minutamente riandare troppo sarei prolisso.13
- Così dunque il nostro glorioso Teobaldo, doppo ch'egli hebbe governata con somma rettitudine, giustitia, e carità quella sua Santa Chiesa di Verona, per il lunghissimo spatio di quasi 32 Anni, alla per fine, ricco, e dovitioso di meriti infiniti, in età d'Anni 90 e più, per distillatione di capo, terminò santissimamente la sua, quasi dissi immacolata vita, e fu pianta la di lui morte universalmente da tutti, e massime da' Poveri, de' quali era mai sempre stato amorosissimo, e pietosissimo Padre: successe poi questa nel giorno 19 di Novembre in quest'Anno del Signore 1331. E se bene gli Autori sopracitati non producono alcun Miracolo operato da Dio per i meriti grandi di questo suo Beato Servo, ha però del credibile, che molti ne operasse, li quali poi sono stati tralasciati di riferire, o per la brevità, che studiavano, o per una tale, quasi dissi, innata trascuragine, massime de' nostri Autori. Questo è certo, che fin dal tempo della di lui beata morte sempre goduto, e pur tutt'hora gode il glorioso titolo [V, p. 477] di Beato, e per tale è riverito, et adorato in quella nobilissima Città.14
- In quest'Anno essendo vacata la Cattedra Episcopale di Civitacastellana, alla S. Romana Sede immediatamente soggetta, per la traslatione di F. Guglielmo dell'Ordine Carmelitano, che n'era prima Vescovo, alla Chiesa d'Isernia nel Regno Napolitano; fu perciò dal Sommo Pontefice Giovanni XXII sostituito in sua vece Vescovo della sudetta Città Castellana Maestro F. Franceso Onij da Gubbio, soggetto molto dotto, e qualificato, e ciò successe nel giorno quarto di Decembre, come testifica Ferdinando Ughelli nel Tomo primo della sua Italia Sacra col. 638. Conservasi la Bolla di questa Collatione nel Regesto Vaticano di quest'Anno, come dice lo stesso Autore, il quale soggiunge, che governò quella Santa Chiesa fino all'Anno 1348.15
- Fioriva altresi in questo tempo istesso un insigne Maestro del nobile Monistero Bitterense nella Provincia di Narbona in Francia, il quale chiamavasi col nome di Giovanni; e perché egli era provisto di molta dottrina, e sapere, et era altresì assai destro, e sagace ne' più importanti affari, fu perciò dal Generale Guglielmo fin dall'Anno 1327 come piace ad alcuni Autori, e specialmente all'Errera, impiegato nel gravissimo Ufficio di Procuratore Generale di tutto l'Ordine, nel qual posto ritrovavasi pure quest'Anno presente del 1331 in cui grandemente si affaticò per ottenere il libero possesso del nuovo Convento, che si doveva fondare, per concessione del Sommo Pontefice, ottenuto fin dall'Anno 1327 sudetto, appresso la Chiesa di S. Pietro in Cielo d'Oro nella Città di Pavia, il che poi felicemente successe, come, prima di terminare quest'Anno, ampiamente vedremo. Tutta questa verità poi costa chiaramente per un publico Istromento, che tuttavia si conserva nell'Archivio del poco dianzi mentovato Convento di Pavia: così testifica ancora il diligente Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto Agostiniano a carte 463.16
- Essendo stato intorno a questo tempo, con horribile sacrilegio, ucciso da alcuni scelerati, Burcardo Arcivescovo di Maddeburgo, et essendone perciò volata ben tosto all'orecchio del Santo, e zelante Pontefice la funesta fama, tutto ripieno di giusto sdegno per un così horrendo misfatto, tostamente spedì una sua Bolla diretta al nostro Provinciale di Sassonia, et al Prevosto di S. Maria di Maddeburgo, come io stimo, affinchè amendue unitamente insieme formassero Processo sopra quel gran Sacrilegio, e ne dassero poi parte in tutta diligenza alla S. Sede. Ma perché in questo tempo il sudetto Provinciale era forse legittimamente impedito, o da qualche infirmità, o da altro gravissimo affare, onde non poteva con la dovuta diligenza, e prestezza accudire a Ponteficj comandi, et haveva altresì per aventura facoltà dallo stesso Pontefice di potere, in caso di legittimo impedimento, sostituire altro Soggetto idoneo di sua Provincia; per tanto egli girando gli occhi per ogni lato di quella, e non trovando Soggetto più habile a maneggiare una così grave, et importante impresa, quanto che il tante volte da noi negli Anni scorsi mentovato B. Giordano di Sassonia figlio del Convento di Quedlimburgo, il quale in questo tempo appunto, tutto che giovine ei fosse, per la sua molta dottrina esercitava la carica di Lettore nel Monistero d'Erfurt, ad esso perciò diede ben tosto, e consegnò le sue veci, facendolo suo Subdelegato nella sudetta causa insieme con l'accennato Prevosto; e ben tosto conobbe quel buon Provinciale quanto fosse stata prudente la sua elettione; attesochè in brevissimo tempo si terminò felicissimamente quel gravissimo affare con molta sodisfattione del Santo Pontefice: così per appunto riferisce [V, p. 478] ben' a minuto Maestro F. Enrico Voltero figlio del Convento di Colonia, e poi Vescovo d'Erfurt, e Suffraganeo dell'Arcivescovo Elettore di Magonza, nel suo bel Libro intitolato Primas Magdeburgius in Burchardo, il quale Autore viene anche prodotto dall'Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto a car. 37517
- Scrivessimo già sotto l'Anno di nostra salute 1326 che essendo stato fondato poco tempo avanti un picciolo Convento nel Castello di Scarperia nella Diocesi di Firenze, per opera del nostro F. Napolione Galluzzi da Bologna, in virtù, e vigore d'una Bolla di Papa Giovanni XXII la di cui copia producessimo sotto l'Anno del 1324. Soggiungessimo poi, che essendosi opposto a questa Fondatione il Priore della Pieve di Fagnia, et insieme con i Capellani della stessa Pieve fecero istanza al sudetto Pontefice per l'estentione di quella, che però il Santo Padre rimise l'esame delle loro querele al Guardiano del Monistero de' Padri Minori di Firenze; e fu data la Bolla di questa Commissione in Avignone a 17 di Settembre del sudetto Anno, et è per appunto nel Regesto Vaticano l'Epistola 1899 come nota l'Errera nel Tomo 2 dell'Alfabeto Agostiniano a car. 415 havendo dunque il sudetto Guardiano in conformità dell'Apostolica Commissione, esaminate le ragioni del sopramentovato Priore della sudetta Pieve di Fagnia, e de' Capellani di quella; et all'incontro ancora le ragioni, et i fondamenti, che havevano havuti li nostri Padri per fare la detta Fondatione, come forse paressero al detto Guardiano migliori quelle degli accennati Priore, e Capellani, per tali ancora le rappresentò al Sommo Pontefice: laonde egli, che molto giusto era, spedì ben tosto un'altra sua Bolla all'Inquisitore di Firenze, il quale era dello stesso Ordine de' Minori, nella quale gli ordinò, che stando le cose come gli erano state rappresentate dal sopradetto Guardiano, dovesse in virtù della sua Apostolica Autorità, scacciare dal sopradetto Convento di Scarperia li nostri Frati, a cui poscia dovesse assegnare per loro domicilio la mentovata Chiesa della pieve di Fagnia. Fu data la Bolla di questa nuova Commissione in Avignone l'Anno 15 e di Christo 1331 e registrata si legge nel Tomo 3 del Regesto di quest'Anno, et è l'Epistola 1767 come parimente scrive il citato Padre Errera nel Tomo come sopra. Quello, che poi facesse in virtù dell'accennata Bolla il sopradetto Inquisitore, non l'habbiamo potuto, per qualsivoglia diligenza, rinvenire; stimiamo però probabilmente, che o poco, o nulla facesse; attesochè per quanto habbiamo potuto ricavare da' Registri dell'Ordine, e dalle memorie antiche di quel Monistero, habbiamo ritrovato, che da quel tempo, che egli fu fondato fino a questa nostra età presente, sempre è stato posseduto dalla nostra Religione, che però io mi persuado, che non havendo il detto Inquisitore ritrovate le ragioni degli Aversarj così valide, e di tanto peso, come inviate haveva il Guardiano di Santa Croce alla S. Romana Sede, e datane perciò parte al Pontefice, questi per tanto rivocasse l'Ordine già datoli.18
- Erano già scorsi ben quattr'Anni intieri, da che il buon Pontefice Giovanni XXII ad istanza del Santo Generale Guglielmo, concesso haveva alla nostra sagra Religione di potersi di nuovo riunire per mezzo della Fondatione di un nuovo Convento attaccato alla Chiesa sagrosanta di S. Pietro in Cielo d'Oro, ove riposano le Venerande Reliquie del nostro Santissimo Patriarca Agostino, in virtù d'una sua solennissima Bolla, che comincia Veneranda Sanctorum Patrum, etc. la copia della quale producessimo sotto l'Anno del 1327 in cui fu data: e se bene il Generale sudetto procurò con ogni sua diligenza di presentarla a' Padri Canonici Regolari Mortariensi, li quali [V, p. 479] habitavano all'hora nel vecchio Monistero della detta Chiesa, nulladimeno non fu mai possibile, che la volessero non solo accettare, et a quella ubbidire, ma né meno vederla; anzi che confidati nel favore di Lodovico di Baviera asserto Imperatore, il quale in quel tempo dimorava in quelle parti, et era ribelle, e nemico al Pontefice Giovanni, fecero ogni resistenza possibile, ricorrendo anche, come appellandosi allo stesso Pontefice, e cosi le cose andarono in lungo fino a quest'Anno. Ma essendosi poi partito d'Italia il Bavaro, e venuto nelle parti di Lombardia Giovanni Re di Boemia nemico del Bavaro sudetto, e grand'amico del Pontefice, et essendo divenuto altresì il sudetto Re Padrone, e Signore di Pavia, fecesi il Generale Guglielmo, come mi credo, altamente raccomandare dal Santo Padre a quel Principe amico, per l'esecutione della sopramentovata Bolla. E così col favore del detto Re in quest'Anno del 1331 nel giorno quinto di Giugno alle hore otto della mattina, il sudetto P. Generale in compagnia di Maestro F. Lanfranco da Milano, e F. Rainaldo da Brescia Provinciale di Lombardia , nel Choro della sudetta Chiesa avanti l'Altare Maggiore in forma solenne, alla presenza di varj Testimonj, presentò all'Abbate, et a Canonici dell'accennato Monistero la prefata Bolla Veneranda, etc. inserta in un publico Istromento rogato per Agostino Panizari Notaio publico di Pavia. La copia del detto Istromento è la seguente.In Nomine Domini Amen
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- Anno Nativitatis eiusdem millesimo trecentesimo trigesimoprimo, Indictione quartadecima, die Mercurij, quinto Mensis Iunij, hora octava. In Ecclesia Monasterij S. Petri in Caelo Aureo Papien. videlicet in Choro, et ante Altare ipsius Ecclesiae, Religiosi viri Domini Fr. Guilelmus de Cremona Prior Generalis Ordinis Fratrum Eremitarum B. Augustini, Frater Lanfrancus de Mediolano eiusdem Ordinis in Sacra Theologia Magister, et Frater Rainaldus de Brixia Prior Provincialis in Provincia Lombardiae ipsius Ordinis nomine, et vice dicti Ordinis Eremitarum constituti in praesentia Religiosorum virorum Domini Fratris Philippi Abbatis, Fratris Caroli, Fratris Rubaldi, Fratris Christiani, Fratris Oliverij, et Fratris Georgij, Fratrum, seu Canonicorum Praedicti Monasterij Sancti Petri in Caelo Aureo Papien. eisdem Domino Abbati, et Canonicis eorum nomine, et nomine Capituli, et Conventus ipsius Monasterij, cum plures Canonici non sint in dicto Monasterio residentes, praesentaverunt, notificaverunt, denunciaverunt, ac etiam de verbo ad verbum legi, et publicari fecerunt infrascriptum Privilegium, seu Litteras Papales cuiusdam gratiae factae Fratribus dicti Ordinis Eremitarum non vitiatas, non cancellatas, non abolitas, nec in aliqua sui parte suspectas, sed vera Bulla Papali plumbea ad cordam setae croceae, et rubeae appensione munitas. In qua quidem Bulla erant ab una parte capita duorum virorum cruce mediante cum huiusmodi tenoris litteris S. Pa. S. Pe. ex alia vero parte dictae Bullae erant sculptae quaedam litterae describentes Ioannes Papa XXII cum quibusdam punctis existentibus ex utraque parte Bullae, quarum litterarum tenor noscitur esse talis. E qui siegue poi la Bolla Veneranda Sanctorum, etc. quale può leggere il Lettore nell'Anno di sopra accennato: prosiegue hora il rimanente dell'Istromento il Notaio. Et ibidem praefati Dominus Prior Generalis, Frater Lanfrancus, et Frater Rainaldus nomine, et vice totius dicti Ordinis Eremitarum B. Augustini eisdem Domino Abbati, et Canonicis eorum nomine, et nomine Conventus dicti Monasterij Sancti Petri in Caelo Aureo [V, p. 480] Papiensis denunciaverunt quatenus omnia, et singula, quae in suprascptis litteris continentur, attendere debeant, et effectualiter adimplere. Qui quidem Domini Abbas, et Canonici eorum nomine, et nomine dicti Monasterij praedictas litteras Privilegij, seu Gratiae factae dicto Ordinis Eremitarum eis lectas per me notarium infrascriptum in eorum manibus, cum omni, qua decuit, receperunt, reverentia. Et mandatis Apostolicis obedientes existere, ac quae in dictis litteris continentur adimplere cupientes dictos Dominum Priorem Generalem, Fratrem Lanfrancum, et Fratrem Rainaldum nomine dicti Ordinis Eremitarum in dicta Ecclesia Monasterij Sancti Petri, interveniente osculo pacis, cum omni benevolentia receperunt, et admiserunt: assignantes eisdem stalum in Choro Ecclesiae ipsius Monasterij, et dantes in eorum manibus Pannos Altaris dictae Ecclesiae in signum omnium praemissorum. Quae omnia et singula dicti Dominus Abbas, et Canonici fecerunt, salvo omni eorum iure, et dicti Monasterij. Et inde dictus D. Abbas, et Canonici eorum nomine, et nomine dicti Monasterij, et dicti D. Prior Generalis, Frater Lanfrancus, et Frater Rainaldus nomine dicti Ordinis Eremitarum hanc Cartam, seu Instrumentum publicum fieri rogaverunt praesentibus Dominis Petro de Landulphis, Gregorio Piscario Iuris utriusque peritis, Martino Gato, Ioanne Mangiario, et Alcherio Fabro testibus ad praedicta vocatis, et rogatis. Ego Augustinus Panizarius Imperiali authoritate publicus Papiensis Notarius praedictis omnibus, et singulis dum agerentur una cum testibus suprascriptis praesens sui, et hoc publicum Instrumentum rogatus tradidi, et scripsi, et meum nomen, et signum consuetum apposui in testimonium omnium praemissorum.20
- Preso che egli hebbe poi il Generale Guglielmo, insieme con i suoi Compagni, in guisa così pacifica, et amichevole, il possesso del Choro, e della Chiesa, mediante l'esibitione, e presentatione autentica della Bolla Pontificia sopracitata; fece altresì presentare a medesimi PP. Canonici nello stesso tempo, e luogo dallo stesso Notaio, un'altra Bolla, inserta pure in in un publico Istromento rogato per il medesimo Panizari diretta alli Vecovi di Pavia, e di Tortona, et all'Archidiacono della Chiesa Cattedrale d'Orliens, nella quale racchiudevasi la più volte da noi nominata Bolla Veneranda Sanctorum Patrum Doctorum Ecclesiae, etc. quale Bolla diretta a detti Vescovi producessimo già altresì noi sotto l'Anno 1327 doppo quella, che comincia Veneranda, etc. et in essa comandava il detto Pontefice a sudetti Prelati, che dovessero mantenere nell'accennato preso possesso di quella Chiesa la nostra Religione con tutte le clausole, che si sogliono porre nelle dette Bolle. Fu data poi questa Bolla anch'ella nello stesso Anno, e giorno dell'altra, che comincia Veneranda, etc. quale può vedere il Lettore nell'Anno sopramentovato 1327. L'Istromento poi in cui racchiuse in quest'Anno il sudetto Notaio in autentica forma quella seconda Bolla, è questo, che siegue.In Nomine Domini Amen
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- Anno Nativitatis eiusdem millesimo trecentesimo trigesimo primo, Indictione quartadecima, die Mercurij, quinto Mensis Iunij, hora octava. In Ecclesia Monasterij Sancti Petri in Caelo Aureo Papien. Venerabilis Vir Dominus Frater Guilelmus de Cremona Prior Generalis Ordinis Fratrum Eremitarum Beati Augustini, Frater Lanfrancus de Mediolano eiusdem Ordinis in Sacra Theologia Magister, et Frater Rainaldus de Brixia Prior Provincialis in Provincia Lombardiae Ordinis antedicti, in Domini Fratris Philippi Abbatis, Fratris Caroli, Fratris Rubaldi, Fratris Christiani, Fratris [V, p. 481] Oliverij, et Fratris Georgij Canonicorum Monasterij Sancti Petri in Caelo Aureo Papien. praesentia constituti, eisdem Abbati, et Canonicis eorum, et dicti Monasterij nomine praesentaverunt Litteras infrascriptas, non vitiatas, non cancellatas, non abolitas, nec aliqua sui parte suspectas vera Bulla plumbea Papali ad cordam canapis appensione munitas. In qua quidem Bulla erant ab una parte capita duorum virorum cruce mediante, cum huiusmodi tenoris Litteris S.PA. S.Pe. ex alia vero parte dictae Bullae erant sculptae quaedam litterae describentes Ioannes Papa XXII cum quibusdam punctis existentibus circum circa ex utraque parte ipsius Bullae tenor quarum litterarum talis est. E qui inserisse l'una, l'altra Bolla, e poi conclude.Et inde dicti D. Prior Generalis, Frater Lanfrancus, et Frater Rainaldus nomine dicti Ordinis Eremitarum hanc cartam fieri rogaverunt praesentibus Dominis Petro de Landulphis, Gregorio Piscario, utriusque Iuris Peritis, Martino Gato, Ioanne Mangiaria, et Alcherio Fabro testibus ad praedicta vocatis, et rogatis. Ego Augustinus Panizarius Imperiali auctoritate publicus Papiensis Notarius praedictis omnibus, dum agerentur, una cum testibus suprascriptis, praesens fui, et hanc cartam rogatus tradidi, et scripsi, meumque nomen, et signum solitum apposui in testimonium omnium praemissorum.
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- Se poi doppo la presentatione delle sudette Bolle fatta in autentica forma dal P. Generale Guglielmo, e Compagni a Canonici Regolari del Monistero di S. Pietro in Cielo d'Oro, li fosse anche presentata dal medesimo Generale, e Compagni la terza Bolla diretta a sudetti Canonici, nella quale li comandava, che dovessero ricevere, et albergare in qualche parte del loro Monistero alcuni de' nostri Eremiti, fin tanto, che havessero fabricato dall'altra parte della Chiesa di S. Pietro sudetto tanta fabrica del Convento nuovo, che dovevano fondare, che vi potessero alloggiare, e che questa poi li fosse presentata in autentica forma, non lo potiamo asserire con verità; perche si conserva bene la detta Bolla, insieme con l'altre da noi descritte, nell'Archivio nostro di Pavia, ma non è inserta in alcun publico Istromento, come l'altre due; laonde potiamo credere, o che li nostri Padri non stimassero necessario il detto alloggio, o che forse mostrassero amichevolmente la Bolla all'Abbate, et egli senza curarsi dall'altra solennità d'Istromento, cortesemente li ricevesse, il che facilmente ammettiamo. E di vero, se bene i nostri Padri havevano il Convento di Santa Mustiola, in cui stavano fin dall'Anno 1254 per lo meno, come ne' suoi proprj luoghi ampiamente dimostrassimo nel Tomo quarto; nulladimeno era più che necessario, che, doppo il possesso preso della sudetta Chiesa di S. Pietro, qualche nostro Religioso ivi restasse, per non interrompere il detto possesso, dovendo massime ritrovarsi li nostri più volte nel Choro a recitare con li detti Canonici l'Officio Divino.Questa poi la registrassimo pur anche nell'Anno accennato del 1327 e con essa convincessimo di apocrifa una certa Cronica, prodotta da Celso Maffei, e dal Pennotto contro la nostra vera antichità in Pavia. Quello che poi decretassero i Padri dell'Ordine, per l'allegrezza grande di questa gran riunione al Santo Corpo del loro glorioso Padre S. Agostino, ci riserbiamo di riferirlo sotto l'Anno del Signore 1338. Oltre di questo poi si fecero fra le parti alcuni patti da doversi osservare da ambe le dette parti pro bono pacis, quali produce il P. Penotto nel libro primo della sua Tripartita al cap. 63 num. 6 pagina 212 ove li puole a sua voglia leggere il curioso Lettore.23
- Se bene noi certamente ci persuadiamo, che nell'Isola di Corsica havesse la nostra Religione alcuni Conventi; [V, p. 482] attesochè, havendo già cominciato fin' al tempo del P.S. Agostino, e molto più poi in quello del P.S. Fulgentio a fondarne molti nell'Isola, e Regno vicino della Sardegna, come communemente scrivono gl'Historici del sudetto Regno, quali noi producessimo, così nel primo, come nel secondo Tomo di questi nostri Secoli , ha perciò molto del verisimile, che alcuni di que' Religiosi di Sardegna passassero nella vicina Corsica a propagare la Religione: tuttavia come furono ambi que' due Regni, per lungo tempo, tirannggiati da' Saracini, così li sudetti Conveti rimasero per la maggior parte distrutti, massime nella Corsica, nella quale in questo tempo non ve n'era forse pure uno solo. E ciò evidentemente caviamo da una Bolla di Papa Giovanni XXII diretta in quest'Anno nel giorno primo di Decembre alli quattro Ordini Mendicanti de' SS. Domenico, Francesco, Agostino, e del Carmine, a quali comanda, che debbano mandare Soggetti delle loro Religioni, habili, et idonei, a fondare Conventi, e Monisteri di loro Professione nell'Isola sudetta, e massime persone erudite nella Sacra Teologia, e Lettere divine, acciò istruischino quelle povere genti, le quali, fuori del nome, altro quasi non havevano di Christiano; nè alcuni delli detti Ordini haveva in quell'Isola Monistero, salvo solo il Domenicano, che uno ne possedeva nel Castello di Bonifacio nella Diocesi Calaritana. Ma diamo la copia della Bolla:Ioannes Episcopus Servus Servorum Dei.
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- Dilectis filijs Magistro Praedicatorum, et Generalibus Minorum Ministro, ac Eremitarum S. Augustini, ac B. Mariae de Monte Carmeli Fratrum Ord. Prioribus salutem, et Apostolicam Benedictionem. Sperantes in Domino, et fiduciam obtinentes, quod Ordines vestri, qui rutilant in Ecclesia Dei bonis operibus, et exemplis per suos alumnos dictorum Ordinum Fratres, praesertim in sacra pagina eruditos, et praedicatione Dominici verbi facundos indigenos, habitatores Insulae Corsicae, quae ad ius, et proprietatem Beati Petri spectare dignoscitur in Fide Catholica, sicut fide digna relatione percepimus, seminudos, rudes, et hebetes, utpote minus sufficienter infomatos in illa temporibus retro actis, quamvis glorientur nomine Christiano, in eadem fide, bonisque moribus, salubriter, et prudenter instruantur, ac dirigantur ad salutem, deliberate providimus, ad tantum praefatae bonum fidei procurandum, gubernandum, et etiam ad augendum, ut in Insula iam dicta, in qua, sicut asseritur, nullus Religiosorum locus existit, praeterquam in Castro Bonifacij Calaritan. Dioecesis in quo tu fili Magister, et Fratres dicti Ordinis Praedicatorum unum tantum locum habetis, Ordines ipsi aliqua loca recipiant, et in eis ad Dei cultum, et huiusmodi suum peragendum obsequium, aliorumque Christicolarum spiritale commodum ex dictis Fratribus, nunc, et in posterum Fratres collocent opportunos: ea propter iuxta providentiam huiusmodi singulis vestris Ordinibus supradictis, tria loca in dicta Insula, in locis videlicet aptis, et congruis eiusdem Insulae per vos legitime acquirenda, unicum dumtaxat locum in singulis tribus locis praefatis, et in quolibet ipsorum trium locorum recipiendorum Oratorium, et necessarias Officinas, cum suo ambitu iuxta morem, seu consuetudinem dictorum Ordinum, construendi, nec non ad habitum inbi Fratres ipsius Ordinis ad divinum perpetuum servitium, ad aedificationem salutis, eorumque ipsorum indigenarum, et habitatorum, et aliorum fidelium, deputandi absque praeiudicio Parochialium Ecclesiarum dictorum locorum, et cuiuslibet alterius alieni Constitutione faelicis recordationis Bonifacij Papae VIII [V, p. 483] praedecessoris nostri prohibente, ne Fratres praedicti, et aliorum Ord. Mendicantium loca de novo accipiant, absque Sedis Apostolicae licentia speciali faciente plenam, et expressam de prohibitione huiusmodi mentionem, nequaquam obstante, plenam, atque liberam auctoritate praesentium licentiam impartimur. Volumus autem, quod in eadem Civitate, seu Villa, seu Castro aliquo locum reciperet, alij vestrum recipere loca minime valeant in eisdem. Nulli ergo nostrae provisionis, donationis, voluntatis infringere, etc. Kalen. Decemb. Anno 16.25
- Questa Bolla viene prodotta dal Vadingo nel Tomo 3 degli Annali de' Minori, et è nel Regesto la 217 si maraviglia poi il detto P. Vadingo, che il Pontefice nella Bolla assolutamente dica, che nella detta Isola non v'era altro, che un Convento de' Domenicani, e pure dice egli, che al tempo di S. Bonaventura vi erano sette Conventi dell'Ordine de' Minori, come dice costare dalla divisione delle Provincie, che di quell'Ordine si fece nel Capitolo Generale di Narbona, nel tempo, che il detto Santo era Generale; e nel 1304 pure vi erano Conventi del detto Ordine, come costa, dice, da alcune Lapide. E ciò, che maggiormente stringe, e milita anche l'Ordine nostro, e del Carmine, lo stesso Giovanni, due Anni prima, cioè sotto l'Anno del 1329 ad istanza di Alfonso Re d'Aragona, ordinò pure a gli Ordini medesimi Mendicanti, con un'altra sua Bolla, quale registrassimo altresì noi sotto il detto Anno, che li Conventi delle due Isole, e Regni di Sardegna, e di Corsica, dovessero stare soggetti alli Provinciali del sudetto Regno d'Aragona: dunque supponeva il detto Pontefice, che nelle sudette Isole vi fossero Conventi di tutti quattro gli Ordini Mendicanti. A questo non si può dare altra risposta, salvo solo, che quella, che habbiamo noi motivata sotto il numero 23 di quest'Anno, cioè, che se bene vi erano stati molti Monisteri, così del nostro, come degli altri Ordini Mendicanti in quelle isole ne' tempi scorsi, quelli poi, massime nella Corsica, o per l'ingiuria de' tempi, o per la barbarie de' Dominanti, o finalmente per la rozzezza, e fierezza de' Popoli, si fossero annichilati; communque sia, questo è certo, che la nostra Religione hoggidì nell'Isola di Corsica, non conserva fuori che un solo Convento il quale è membro del Monistero di Pisa.26
- Possedeva in questo tempo la nostra Religione un nobile Monistero di Monache nella Provincia d'Ungheria, il quale era situato in un'Isola del Danubio dirimpetto al castello di Buda, et era in questo tempo in pieno stato. Costa poi l'esistenza di questo Convento da una Bolla di Giovanni XXII diretta ad Elisabetta Regina d'Ungheria; imperciochè desiderando questa Regina di fondare, per sua divotione, un Monistero, non di Monache di Santa Chiara, come scrive l'Errera nel Tomo primo dell'Alfabeto a carte 499 ma ben si di Frati Minori, in qualche luogo del suo Regno; ne presentò per tanto un Memoriale alla Santità del detto Pontefice, et egli gli ne concesse volontieri la gratia, con questo patto però, che non dovesse fondare il detto Monistero nell'Isola del Danubio, ove era fondato il Monistero, o Convento di S. Agostino, governato, e retto da una Priora, al qual Monistero spettava tutta la detta Isola, come nè meno nel detto Castello di Buda. Questa Bolla poi fu data a 22 di Luglio di quest'Anno presente, e la produce il Vadingo nel Tomo 3 de' suoi Annali de' Minori a carte 214 nel Regesto, et è la 255 eccone la copia.Ioannes Episcopus Servus Servorum Dei.
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- Carissimae in Christo Elisabeth Reginae Ungariae. [V, p. 484] Eximiae devotionis sinceritas, quam ad Romanam geris Ecclesiam, sublimisque tui status magnificentia promeretur, ut desideria potissime, quae pietatem sapiunt, et cultus divini incrementum respiciunt ad exauditionis gratiam admittamus. Sane petitio pro parte tua nobis exhibita continebat, quod tu de salute propria cogitans, et pie desiderans transitoria in aeterna faelici commertio commutare in aliqua Civitate, Casto, seu Villa regni Ungariae, unum locum cum oratorio, ac Caemeterio, et alijs necessarijs Officinis, in quo loco Fratres Ordinis Minorum ad laudem divini nominis valeant commorari, de bonis proprijs construere de novo proponis. Nos itaque tuis devotis in hac parte supplicationibus inclinati, construendi propterea de novo de bonis proprijs in aliqua Civitate, Castro, seu Villa Regni praedicti, in loco tamen ad hoc convenienti Insula Danubij prope Castrum Budae ad dilectas in Christo filias Priorissam, et Conventum Monasterij de dicta Insula, per Priorissam soliti gubernari Ordinis Sancti Augustini, spectante, et etiam Castro praedicto Vesprimien. Dioeces. Exceptis, unum locum cum Oratorio, ac Caemeterio, et alijs necessarijs officinis, etc. Datum Avinione II Kalen. Augusti Pontificatus nostri Anno 15.28
- Essendo passato all'altra vita in questo medesimo Anno nella Città di Firenze, un gran Servo di Dio, chiamato Barduccio, il quale nella detta Città fino al giorno d'hoggi viene communemente honorato col titolo di Beato; fu perciò seppellito con gran concorso di Popolo nella nostra Chiesa di S. Spirito: tanto per appunto testifica Giovanni Villani, che in questo tempo viveva, nell'Historia, che scrisse di quest'Anno; e lo stesso afferma altresì l'Errera nostro nel Tomo primo dell'Alfabeto a carte 256 il quale stima, che il detto Servo di Dio fosse nella detta nostra Chiesa sepolto, o perché forse era nostro Oblato, o Tertiario, o per lo meno dell'Ordine divoto.