Tomo V

Anni di Cristo 1328 - della Religione 942

1 - [V, p. 438] Quest'anno del Signore 1328 fu nel suo principio, e per alcuni Mesi appresso, molto calamitoso, et inafausto così alla S. Chiesa Romana, et all'Italia tutta, come altresì a tutte le Religioni, e massime alla nostra; attesoche, essendosene passato a Roma il Scismatico Imperatore Lodovico di Baviera con un poderoso Esercito, accompagnato altresì da molti Ecclesiastici tanto Secolari, quanto Regolari, li quali s'erano empiamente ribellati al vero, e legittimo Vicario di Christo Giovanni XXII non cosi tosto fu egli giunto il malvagio Principe in quell'Alma Città, che subito dalla maggior parte di quella, che seguiva il di lui partito, fu incontrato, ricevuto, et accolto con applauso, e pompa straodinaria; ed entrato appena, cominciò ad esercitare la sua barbara tirannide in tutti quelli, che non volevano ribellarsi al Pontefice Giovanni XXII laonde moltissimi, per non incontrare la morte, se ne fuggirono di Roma; e quelli, che rimasero costanti, e non si vollero partire, soggiacquero a grandissime miserie, e molti ancora furono miseramente trucidati.

2 - Non contento di questo il sacrilego Principe, ordinò, che si radunasse in Roma un Conciliabolo di Prelati, ed altri Ecclesiastici di sua scismatica Fattione, affinche deponessero il vero, e legittimo Pontefice Giovanni XXII come intruso, e non legittimo, et un altro n'eleggessero in sua vece. Et ecco, che radunatasi molti de' sudetti Ministri di Satana nel mentovato Concialiabolo, doppo havere fatta la depositione del vero Papa, a beneplacito del sacrilego Bavaro, elessero finalmente per Antipapa un Frate Francescano chiamato F. Pietro di Corbaria, Castello ignobile del Territorio di Rieti, il quale essendo amogliato, erasi già fatto, con licenza della Moglie, Religioso dell'Ordine sudetto; e non così tosto fu egli intronizato, che fu subito dal Bavaro, come vero Pontefice riconosciuto, et adorato, come parimente da tutti gli altri seguaci della sua scismatica perfidia; e chi ricusò di ciò fare incontrò grandissime persecutioni, anzi pure miserabili ruine accompagnate da pene, e da tormenti, e da ingiustissime morti. E perché il parlare di tutti gli accidenti, che avennero a chi non volle adorare l'Idolo de' Scismatici, sarebbe un volere scrivere un Libro intiero, mi ridurrò quivi a narrare brievemente ciò, che successe al Priore del nostro Monistero di S. Trifone, il quale, da molto tempo in qua, communemente chiamasi di S. Agostino.

3 - Questi dunque essendoli stato intimato da Scismatici, che dovesse riconoscere per vero Pontefice l'eletto Antipapa, il quale chiamarono col nome di Nicola V e che di vantaggio lo dovesse come tale adorare, e negando [V, p. 439] egli di voler ciò fare in verun conto, quelli fattolo prigione, e datane parte così al Bavaro, come all'Antipapa, ordinarono questi, che fosse condotto in Campidoglio, e fosse ivi attaccato ad un Trave, il quale era stato posto sopra la fossa, ove si nutrivano alcuni Leoni per ornamento della Città, il qual Trave si alzava, e si abbassava a voglia di chi con arte lo maneggiava, e così appeso, più volte l'abbassassarono tanto, che i Leoni potessero giungere ad afferrarli le fimbrie della veste, e così più volte alzando, et abbassandolo li fecero provare l'agonia dela morte, per veder pure se per iscansare un tanto spavento della morte vicina, si voleva ridurre ad adorare l'Idolo de' Scismatici; ma il buon Priore, che più stimava l'Anima, che il Corpo, e più temeva Iddio, che gli huomini scelerati, sempre più costante rimanendo nella sua determinatione di non volere riconoscere, per vero, e legittimo Pontefice, altri, che Giovanni XXII finalmente ammirando gl'istessi Scismatici una costanza sì grande (così permettendolo Iddio) lo levarono dal periglioso patibolo. Tanto per appunto riferiscono due Soggetti di molto credito, l'un Agostiniano, et è il Card. Egidio da Viterbo; e l'altro Domenicano, et è Alfonso Ciacconio, quegli nella sua nobile Historia manoscritta intitolata Opus viginti saeculorum, che si conserva nella nostra Libraria Angelica di Roma: e questi nel suo Tomo primo de Pontificibus, et Cardinalibus a carte 877.

4 - Le parole poi del Cardinale Egidio sono queste: Scribit (dice il Cardinale, parlando d'un certo Autore per nome Giovanni da cui cavata haveva la narrata Historia) sub Capitolio locum fuisse; ubi Leones ad Urbis ornamentum alerentur, affixus hoc loco S. Triphonis Praeses, alta de trabe pendebat, ut paulatim descenderet, donec propior Leonibus redderetur. Insiliebant praedae avidi Leones, pendulas vestis lacinias rapiebant; hominis fortitudinem, et constantiam cum rescivisset Pontifex, Ordini meo nihil non concessit, etc. Diamo hora il testimonio del Ciacconio nel luogo citato, ove dice: Templi S. Triphonis Praeses D. Augustini instituti Professor, cum sibi subiectis Sacerdotibus, interdicti legem violare constantissime renuit: quare captus atque e trabe pendulus, Leonibus, quasi ab ijs rapiendus, fuit expositus, Romano ex Saxonum familia, Romanae Provinciae Praefecto, teste, tunc Ecclesiae, Urbis, sacrarumque rerum calamitatem deplorante, etc. E tutto ciò viene confirmato dal Cardinale Seripando ne'Commentarj dell'Ordine sotto di quest'Anno, e da Girolamo Romano nella Centuria 10 a car. 63 li quali entambi dicono, che si chiamava F. Giovanni Sassi.

5 - E non fu solo questo F. Giovanni Sassi Priore di S. Trifone, che fosse preso, e carcerato de' nostri, et esposto altresì al periglioso cimento d'essere divorato da' Leoni per la difesa del vero, e legittimo Pontefice Giovannni XXII attesoché l'Autore del registro antico della Romana Provincia, tante volte da noi più sopra citato, il quale in questo tempo viveva, parlando sotto di quest'Anno, della rabbiosa tirannide esercitata contro degli Ecclesiastici di Roma, tanto Secolari, quanto Regolari fedeli al vero Papa, e specialmente de' nostri, dice, che molti di loro furono presi, e carcerati, altri vergognosamente fugati, altri flagellati, e battuti, et altri ancora condotti, et esposti sopra la fossa, o luogo de' Leoni. Produco per hora le parole precice, che dice l'Autore parlando de' nostri: nam aliqui capti, aliqui Carcerati, aliqui verberati, et expoliati, et nonnulli cum multo timore turpiter fugati, et aliqui usque ad ostium Cabiae Leonis ducti, etc.

6 - Ma, perché non si vidde mai formento senza la Paglia, e senza Loglio; e come disse un Erudito: Nullum est Sacramentum, tam Sanctum, quod suum non habeat sacrilegium; perché in fatti fra buoni stando mischiati anche i [V, p. 440] cattivi; e non v'è Communità Religiosa e così Santa, che non habbi i suoi Giudi, come l'hebbe pur troppo la più Santa, che mai fosse nel Mondo: ecco, che pur anche in Roma fra tanti nostri buoni Religiosi Agostiniani, che si ritrovarono in questo gran sconvolgimento Scismatico, alcuni ancora ve ne furono, che seguirono le vestigia dell'empio Giuda; gli è ben vero però, che niuno di loro fu Romano, e nè tampoco di quella Provincia, perochè ambi furono della Provincia della Marca; l'uno poi d'essi fu F. Nicola da Fabriano, chiamato communnemente il Monaco, perochè, come altrove notassimo, era stato Monaco Benedettino; e l'altro fu un certo F. Andrea da Reccanati: Parliamo prima di F. Nicola, che poi appresso discorreremo di F. Andrea. Costui dunque, quantunque fosse dotato di qualche sapere, e dottrina, nulladimeno, essendo molto inclinato al male, haveva per l'adietro commesse molte sceleraggini, per le quali fu egli, con un publico Decreto fatto nel Capitolo Generale, celebrato in Monpellieri, condannato a dover stare cinque Anni carcerato co' ceppi ai piedi, e poi doppo scacciato fuori dell'Ordine; il qual Decreto noi producessimo sotto l'Anno di Christo 1324 in cui per appunto fu fatto. Ma perché essendo egli Appostata, e perciò fuggiasco, mai la Religione lo puote havere nelle mani: per tanto egli (essendo venuto Lodovico il Bavaro in Italia, et incaminatosi a Roma) quest'empio Appostata aderì, e si pose in compagnia degli altri Scismatici: Laonde essendo poi stato sacrilegamente creato Antipapa Nicola V et havendo costui fatta, per ordine del Bavaro, una creatione di dodici Cardinali, uno di questi, fu il mentovato F. Nicola da Fabriano, quale poi anche fece Vecovo di Camerino, e Legato della Marca, come scrivono il Ciacconio, e l'Errera: e vogliono alcuni, che fosse uno di quelli, che Coronarono l'Imperatore, e l'Imperatrice.

7 - Passiamo hora a favellare della malvagità dell'altro Giuda, cioè di F. Andrea da Reccanati: costui essendo un Frate discolo, fu perciò dal Generale Alessandro da S. Elpidio, che molto bene lo conosceva, per essere della sua Provincia, giustamente castigato, e punito, e posto anche in carcere nel Convento di Todi, ove per avventura dovevasi ritrovare il detto Generale in quel tempo, e doppo haverlo castigato per non so quali sue mancanze, l'esiliò della sua Provincia della Marca, e lo confinò nella Romana; laonde passato egli a Roma, ove stava il Provinciale F. Giacomo Sassi, e simulando un'apparente humiltà, captivò di tal sorte l'animo sincero di quel buon Superiore, che non solo l'accettò nella sua Provincia, ma di vantaggio lo pose di stanza nel suo Convento di Trifone; proseguì egli di tal sorte a disportarsi bene in tutte le sue attioni, e negli ufficj ne' quali fu dall'ubbidienza impiegato, che tutti li Padri Romani cordialmente l'amavano, come fosse stato figlio dello stesso Monistero loro: havevano poi tanta confidenza nella di lui apparente bontà, che quando nascosero gli Ornamenti, e le Suppelleteli pretiose della Chiesa, e della Sagrestia, et anche i Libri, et altre cose rare del Convento, per tema de' Scismatici, che già di momento si aspettavano in Roma, egli fu uno delli tre Religiosi, che seppero in confidenza il luogo, ove stavano nascoste le sudette robbe pretiose: ma, oh quanto sono fallaci gli humani giudicj! Imperciochè non così tosto hebbe posto il piede in Roma il Scismatico Lodovico, con i suoi perfidi Seguaci, quando subito il falso traditore F. Andrea, si accompagnò con essi, e scopertoli il nascosto religioso Tesoro, tutto glielo diede in preda. E nota l'Autore del Registro sopramentovato, che fra gli Ornamenti della Chiesa v'era una ricca Suppelletile inviatali di Francia dal Beato Arcivescovo di Bourges Egidio Colonna, la quale ascendeva al valore di [V, p. 441] di ben mille Fiorini, et in ricompensa di cosi infame ribalderia, fu dal sacrilego Antipapa creato Antivescovo della sua Patria di Reccanati. Ma diamo, per maggiore sodisfattione degli eruditi Lettori, le parole precise, con le quali l'Autore dell'accennato Registro riferisce tutto questo funesto avvenimento, incominciando dalla venuta del Bavaro in Roma fino al tradimento, poco dianzi narrato, del pessimo F. Andrea.

8 - Hoc Anno (scilicet 1328) de Mense Ianuarij in die Epiphaniae Ludovicus de Bavaria intravit Romam, et venit per maritima Thusciae; deinde transiens per montem altum venit Tuscanellam, et de Tuscanella Viterbium, et denique Romam, ubi stragie facta tam Clericorum, quam Religiosorum ad tantam insaniam devenerunt, ut adtentaverint alium Papam, et alios Cardinales facere, vivente Sanctissimo Papa Ioanne, qui fuerat in Sede B. Petri 13 vel 14 Annis, et in Antipapam fecerunt Petrum de Corbaria de Ordine Minorum, et ipse Cardinales aliquos fecit ad modum verae Ecclesiae Romanae inter quos fecit Cardinalem Fratrem Nicolaum Monacum de Fabriano, qui fuerat de Ordine nostro expulsus, et ad carcerem perpetuum iudicatus, secundum quod apparet in definitionibus Capituli Generalis, Montis Pesulani celebrati; et Episcopum fecit de Reccaneto Fratrem Andream de Reccaneto, de Provincia Marchiae ambo. Qui supradictus Andreas per Magistrum Alexsndrum Generalem fuerat Tuderti positus in Carcere, et expulsus ad Provinciam Romanam, et veniens ad Fratrem Iacobum Sassi Provincialem, qui compatiendo sibi, eum suscepit, et charitative ipsum ad suam petitionem Romam Conventualem misit per quatuor, vel quinque Annos, antequam ille caderet in supradicto errore. Qui supradictus F. Andreas ita gratiosus extitit omnibus Fratribus Romanis, ac si esset de dicta Provincia in tantum, quod absente Fratre Iacobo Sassi Provinciali, voluerunt fratres, qui erant tunc Romae, quod ipse Frater Andreas esset unus ex tribus Fratribus Romanis, qui scirent, ubi custodiebatur Argentum, Paramenta, Libri, et res aliae Conventus S. Triphonis; quae omnia abscondebantur propter Tyrannidem maximam, quam supradictus Ludovicus de Bavaria exercebat in Clericos, et Religiosos; propter quam Tyrannidem omnes Fratres de Roma boni recesserunt de Urbe. Nam aliqui capti, aliqui carcerati, aliqui verberati, expoliati, et nonnulli cum multo timore turpiter fugati, et aliqui usque ad Ostium Cabiae Leonis ducti, propterea omnia loca de Roma fuerunt totaliter a Fratribus Romanis derelicta; ipse supradictus Frater Andreas immediate supradictis Schismaticis, et Excommunicatis adhaesit, et totum Thesaurum Sacristiae S. Triphonis supradicto Nicolao Monaco tradidit, et Capellam, quam Frater Aegidius Archiepiscopus Bituricensis Conventui S. Triphonis dimiserat, acceperunt, quae ascendebat ad valorem bene mille Florenorum.

9 - Nè furono questi due soli, che delirarono in queste Scismatiche sconvolture; impercioché sappiamo, che anche l'Antipapa Corbario creò in quest'Anno medesimo Vescovo d'Osimo un certo Corrado di natione Todesco, il quale era venuto col Bavaro in Italia: tanto scrive il nostro Errera nel Tomo primo dell'Alfabeto Agostiniano a carte 146 intruse altresì nell'Arcivescovato di Pisa (esclusone Simone Saltarello Prelato di santissima vita) F. Gherardo, altri lo chiamano Gaddo Orlandini, quale dicessimo essere stato creato da Papa Giovanni XXII Vescovo d'Aleria sotto l'Anno del Signore 1322 et egli poi ingrato, e sconoscente adherì al Bavaro, e fu uno di quelli, che coronò lo stesso Bavaro in Roma, e volendo il detto Bavaro fare un Parlamento generale al Popolo Romano, fece per lui un'elegante Oratione allo stesso Popolo il sudetto Gherardo; tanto per appunto [V, p. 442] scrive Gio. Villani nel lib. 10 della sua Historia al cap. 55 il quale ivi aggiunge, che con il medesimo Bavaro era venuta in Roma una gran turba di Chierici, e di Religiosi Regolari di tutti gli Ordini. Che avenisse poi di questo Gherardo, e degli altri, che habbiamo mentovati di sopra, lo diremo, a Dio piacendo, ne' loro tempi, e luoghi: solo quivi diciamo, che il trionfo di questi pessimi Scismatici non durò lungo tempo, impercioché in questo medesimo Anno, havendo inteso il Bavaro alcune rivolutioni insorte nella Germania, con altre sconvolture successe, così in Italia, come altrove, alla di lui Corona molto pregiudiciali, fu necessitato perciò a fare nella Germania ritorno; per la qual cosa gli affari del pessimo Antipapa, e de' suoi perfidi Seguaci, cominciarono a vacillare di sorte, che non instettero poi guari a dare l'ultimo crollo.

10 - Ma partiamoci hoggimai da Roma, piena degli accennati Scismatici, e passiamocene in Avignone a ritrovare il vero, e legittimo Successore di S. Pietro, il quale appunto sta apparecchiato, e pronto a fare un gran favore alla nostra Religione in un suo grave emergente; attesoché, havendo egli inteso, che alcuni Prelati havevano ricusato di benedire le nuove Chiese, e Cimiteri a quelle annessi dell'Ordine nostro, scandalizato della poca carità di quelli, concesse un nobile Indulto a nostri Padri, che potessero, in tale occasione di ripugnanza, ricorrere alla benignità d'altri Vescovi, e Prelati, quantunque li loro Diocesani contradicessero. Fu data questa Bolla in Avignone il primo di Marzo l'Anno 12 del suo Pontificato, e si conserva nella Libraria Imper. di Vienna, et è la seguente:

Ioannes Episcopus Servus Servorum Dei.

11 - Dilectis filijs Generali, et Sacri vestri Ordinis zelantes in Domino commodum, et honorem, illa vobis libenter concedimus, per quae sub motis obstaculis minus legisperitis salutis fructum vobis acquirere, illumquae prae alijs impetrare, liberius, ac efficatius valeatis. Sane porrectae nobis pro parte vestra petitionis feries continebat, quod plurimi Antistites ad instigationem Rectorum Ecclesiarum, intra quorum Parochiarum limites fundata sunt loca Ordinis praelibati, Caemeteria locorum ipsorum benedicere sine causa rationabili retroactis temporibus recusarunt, et etiam in praesenti recusant, quamquam fuerint super hoc a dilectis filijs Prioribus locorum eorundem legitimis temporibus humiliter requisiti, propter quod Fratres dicti Ordinis, qui pro tempore de hac luce migrarunt, in alienis Caemeterijs oportuit sepeliri, non sine scandalo, ac derogatione honestatis, et honoris Ordinis memorati. Quare nobis humiliter supplicarunt, ut tam super hoc, quam super consecrandis Ecclesijs, seu Oratorijs, et Altaribus vestris, in quibus ipsi Antistites difficultates ingerunt, providere vobis, et eidem Ordini de Apostolica Sedis clementia dignaremur. Nos igitur volentes quieti vestrae paternae sollicitudinis studio consulere, vestrisque incommodis providere, necnon clementer annuere votis vestris, huius in hac parte vestris supplicationibus inclinati; devotioni vestrae, si alias vobis habere Caemeteria per Apostolica privilegia sit concessum, auctoritate Apostolica indulgemus Iure Parochialium Ecclesiarum (nisi quantum per privilegia dictae Sedis, vel alias eis derogatum existeret) semper salvo. Ut si praefati Antistites Caemeteria locorum ipsius Ordinis, infra eorum Civitates, seu Dioeceses, sine suorum benedicere, vel eorum Ecclesias, seu Oratoria, et alia consecrare super his a Prioribus, et Fratribus ipsorum locorum humiliter, et legitime requisiti, sine causa rationabli renuerint, ut refertur, ex tunc liceat vobis, aut Prioribus, aut Fratribus praefatis [V, p. 443] eorumdem locorum per alium Antistitem Catholicum gratiam, et Communionem dictae Sedis habentem, de quo malveritis Caemeteria benedici, consecrari Ecclesias, seu Oratoria, et Altaria supradicta. Nos vero eidem Antistiti, faciendi praemissa, concedimus tenore praesentium facultatem. Nulli ergo omnino hominum, etc. Data Avenione Kalendis Martij Pontificatus nostri Anno duodecimo.

12 - In questo tempo istesso ritroviamo, che il Patriarca di Grado, che chiamavasi Domenico, et era stato prima Vescovo di Torcello, concesse alcune Indulgenze in varie Feste dell'Anno, e specialmente in quella di S. Marco, e poi in quelle del Signore, della B. Vergine, de' Santi Apostoli, et Evangelisti, e di molti altri Santi, e Sante, a quelli, che havessero visitata la nostra Chiesa di S. Marco della Città di Trento, et havessero altresì data qualche elemosina, o lasciato qualche legato per la fabrica della sudetta Chiesa, e Convento, che si andava tuttavia proseguendo. E ciò si dichiara di fare, pur che vi concorra il consenso del Vescovo di Trento; et a questo Privilegio si sottoscrivono otto Vescovi, li quali concedono anch'essi la medesima Indulgenza, concessa dal Patriarca sudetto, che era di 40 giorni; et il Vescovo di Trento Enrico, già Monaco Cisterciense, prestò poi il suo consenso nell'Anno seguente a 29 di Marzo, sottoscrivendo il suo nome nel fine del sudetto Privilegio, concedendo anch'egli, come gli altri Vescovi accennati, la medesima Indulgenza di 40 giorni. L'originale poi di questo spirituale Indulto si conserva nell'Archivio del sopramentovato Convento di S. Marco di Trento, la cui copia è la seguente:

Divina miseratione Dominicus Sanctae Gradensis Ecclesiae Patriarca Venetiarum, Dalmatiæ Primas.

13 - Universis, et Singulis fidelibus, salutem in Domino sempiternam. Splendor paternae Gloriae, qui sua inefabili claritate Mundi illuminat universa, piorum fidelium vota de ipsius clementissima maiestate sperantium, tunc pio, claroque favore prosequitur, cum devota ipsorum humilitas, Sanctorumque precibus, et meritis adiuvatur. Cupientes itaque, ut Ecclesia Beatissimi Marci Evangelistae Loci dictorum Fratrum Eremitarum Ordinis S. Augustini de Tridento iugiter a Christiculis veneretur, omnibus vere poenitentibus, et Confessis, quos quasi per proemia ad merita salubriter invitamus, qui ad ipsam Ecclesiam B. Marci in ipsius Festi solemnitate, et per octavam eiusdem, necnon in Dedicatione eius, et quandocumque in ea proponitur verbum Dei, ac in diebus consecrationum Altarium dictae Ecclesiae, et per octavas earum, ac singulis Festivitatibus Gloriosae Verginis Mariae Beatorum Apostolorum, et Evangelistarum, atque in Nativitate Domini Nostri Iesu Christi, Resurrectione, eius Ascensione, et Pentecoste, atque in solemnitatibus B. Catherinae, B. Luciae, B. Agathae, S. Annae, et S. Ceciliae, S. Agnetis, Undecim milium Virginum, ac per octavas earum, necnon Beatissimi Augustini, S. Pauli primi Eremitae, et S. Villelmi, Sanctorumque Innocentium, et in ultima die Domenica cuiuscumque Mensis propter Congregationem B. Mariae, omnique quarta feria totius Anni propter Congregationem fidelium Defunctorum, et similiter, qui causa devotionis, et orationis ad ipsam Ecclesiam accesserint, et ad ipsius incrementum, et fabricam aliquid de bonis sibi colatis a Domino, dederint, miserint, vel legaverint, ac manum suam porrexerint adiutricem, de Omnipotentis Dei misericordia, et Virginis Matris eius Mariae, et Beatorum eius Martirum Hermagorae, et Fortunati meritis confisi, dumodo ad haec ordinarij Loci consensus accesserit quadraginta dies de inunctis eis poenitentijs misericorditer in Domino relaxamus. In cuius rei testimonium, et [V, p. 444] notitiam sempiternam praesentes litteras iussimus fieri, et sigilli nostri appensione muniri. Datum Venetijs in nostro Patriarcali Palatio die 4 exeunte Ianuario 1328. Et nos Frater Ioannes Dei gratia Episcopus Caprulanus eadem forma, et modo, ut supra quadragenas concedimus, et nostrum sigillum apponi iussimus. Et nos Frater Nicolaus Dei gratia Episcopus Scarpatensis eadem forma, et modo, etc. Et nos Frater Petrus Dei gratia Archiepiscopus de Nazaret eadem forma, et modo, etc. Et nos Frater Antonius Dei gratia Episcopus Ieraprehensis eadem forma, et modo, etc. Et nos Sclion Dei gratia Episcopus Adriensis eadem forma, et modo, etc. Et nos Artichus Dei gratia Episcopus Concordiensis eadem forma, et modo, etc. Et nos Gorzias Dei gratia Feltrensis, et Bellunensis Episcopus, et Comes, eadem forma, etc. Et nos Frater Ioannes Dei gratia Episcopus Buduensis eadem forma, et modo, etc. Et nos Frater Henricus Dei, et Apostolicae Sedis gratia Tridentinus Episcopus, omnibus, et singulis Indulgentijs concessis per Reverendos in Christo Patres Dominum Patriarcam, et Episcopos supradictos nostrum praebemus assensum pariter, et consensum, eadem forma, et modo, ut supra, quadragenas concedimus, et sigillum nostrum apponi iussimus in testimonium praemissorum. Actum, et datum Tridenti in Episcopali Castro nostro boni consilij die 29 Mensis Martij Nativitatis Domenicae Anno 1329 Indictione duodecima.

14 - Già habbiamo detto più sopra, che era Provinciale della Romana Provincia un Religioso di santa vita per nome F. Giacomo Sassi, il quale era forse parente di F. Giovanni Sassi, che in questo tempo era Priore di S. Trifone, e fu poi esposto a Leoni del Campidoglio da' Scismatici, perché non volle adorare l'Idolo dell'Antipapa, come bene a lungo habbiamo più sopra narrato: hor questo F. Giacomo in questo tempo era fuori di Roma, e si ritrovava fors'anche appresso il Legato Apostolico, il quale era il Card. Giovanni Gaietano degli Orsini; et acciò credere m'induco, perché mentre dal Bavaro, e dagli altri suoi Seguaci si commettevano in Roma le sceleraggini, fin'hora da noi in parte riferite, contro l'autorità della S. Sede Apostolica, e del vero, e legittimo Vicario di Christo Giovanni XXII il sudetto Cardinale Legato radunò nella Città di Anagni un'Assemblea di fedeli Prelati, et altri Ecclesiastici di qualità, per ritrovare opportuno rimedio contro i presenti mali; e fra li detti Ecclesiastici uno fu il sudetto F. Giacomo Sassi Provinciale, e non F. Giovanni, come lo chiama il nostro Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto Agostiniano a car. 462 attesoché questo era Priore di Roma, e F. Giacomo era provinciale, e lo dice espressamente il P. Romano nella sua Cronica manoscritta Agostiniana, e lo cavò di certo dall'antico Registro di quella Provincia, tante volte da noi citato.

15 - Tiensi per certo, e lo scrivono quasi tutti li nostri Autori, e specialmente il Panfilo, Curtio, e l'Errera, che in quest'Anno terminasse il beato corso di sua santa vita il B. Agostino Trionfi d'Ancona, che fu uno de' primi Dottori, e Teologi del suo tempo, e si rese poi, per mezzo delle sue Opere dottissime, benemerito in sommo grado della Santa Romana Chiesa, per essere stato accerrimo difensore della Pontificia autorità; che però fa di mestieri, che quivi tessiamo, conforme il nostro consueto, in un brieve epilogo, la sua santa Vita, e le di lui più rare Virtù.

Vita esemplare, Virtù più cospicue del Beato Dottore F. Agostino Trionfi d'Ancona.

16 - [V, p. 445] La nobilissima Città d'Ancona da cui prende la sua denominatione, la non meno grande, e ferace, che fedele Provincia della Marca, fu la Patria del nostro Beato Agostino, il quale in essa nacque l'Anno del Signore 1243 il cui Genitore fu Benedetto della nobile, et antica Famiglia de' Trionfi, dalla quale riconobbe i suoi natali fin dal tempo di Adriano Primo Sommo Pontefice un insigne Prelato per nome Gratioso, che fu Vescovo di Novarra nella Lombardia: il nome della di lui Madre poi non si assegna da verun'Autore, che di lui scrive; solo si sa di certo, che come il Fanciullo era molto inclinato alla pietà,così essendo stato conosciuto d'ingegno molto chiaro, et elevato, et essendo altresì stato applicato allo studio delle Lettere humane, et esercitato in ogni sorte di divotione, riuscì poi in brieve tempo nell'una, e nell'altra Professione in sommo grado insigne.

17 - Per la qual cosa havendo il suo Beato Zio F. Guglielmo Trionfi Religioso nostro di santa vita (di cui nel suo tempo, e luogo facessimo la dovuta mentione) osservata più, e più volte la degna, e santa indole del suo innocente Nipote, si pose in capo di guadagnarlo, se poteva, per la nostra Religione, e non hebbe occasione di affaticarsi molto; attesoché era così ben disposto il buono Agostino a lasciare il Mondo, e dedicarsi tutto quant'era al Divino servitio, che non così tosto gli n'hebbe passata parola, quasi che alla sfuggita, che subito, come se ne gli havesse parlato più volte con ogni serietà, accettò di buona voglia l'invito, e poco appresso doppo haverne fatto consapevole il Padre, e ricevutane la bramata licenza, prese l'Habito Santo della Religione nell'anno 1261 essendo egli all'hora in età d'Anni 18.

18 - Finito poi che egli hebbe il Noviziato, come da' suoi Maestri fosse conosciuto per un Giovine d'elevatissimo intelletto, e che poteva fare progressi smisurati nell'aquisto dele Scienze più gravi, a gran gloria di Dio, et honore dell'Ordine, ne diedero perciò parte al Reverendissimo Padre Generale, che era Il B. Lanfranco, acciò egli, che zelantissimo era di aumentare quanto più era possibile il numero degli huomini Dotti, e Letterati, gli assegnasse un Maestro, che con la bontà, e Dottrina proseguisse a coltivare l'intelletto, e lo spirito di quel capacissimo Religioso: laonde quel buon Prelato li diede per Maestro il famoso F. Leonardo da Viterbo, sotto di cui apprese in brieve tempo, con tanta perfettione la Logica, la Filosofia, e Metafisica, che fu poi stimato degno indi a non molto, d'essere mandato alla gran Metropoli delle Scienze, la Città di Parigi, a fare il corso della Sacra Teologia, ove come sortì per Maestro l'Angelico Dottore S. Tomaso d'Aquino, così hebbe fortuna d'havere per condiscepolo, fra molti altri insigni Soggetti, il grand'Egidio Colonna.

19 - Sotto un Maestro poi così grande, fece in brieve tempo in quella Scienza Divina un profitto così smisurato, che in termine di pochi Anni, fu con applauso incredibile honorato della Laurea Magistrale; indi fu applicato a leggere la medesima Facoltà, prima a Studenti dell'Ordine nel Monistero, e poi appresso nella famosa Sorbona, in qualità di publico Lettore, universalmente a tutti. E giunse poi a tal segno l'eccellenza del suo alto sapere, e della sua incomparabile Dottrina, che volandone la fama per ogni lato dell'Europa, portò la sorte, che essendo morto nell'insigne Abbatia di Fossanuova, l'Angelo delle Scuole, il gran [V, p. 446] Tomaso d'Aquino già suo Maestro, mentre andava al Concilio di Lione, fu perciò in sua vece a quello chiamato dal Sommo Pontefice Gregorio X il nostro Sapientissimo Agostino, tuttoché fosse giovine d'Anni 31.

20 - E Se bene fino a questo tempo haveva scritte alcune Opere, mentre stava in Parigi, contro la Setta degl'Infami Fraticelli, e contro la vana turba degli Astrologi giudiciarj, de gli Augurj, e degl'Indovini ad istanza massime del Cardinale di Bria, che poi, divenuto Pontefice, chiamossi Martino IV nulladimeno essendo poi stato con grand'istanza invitato a Padova da Francesco Carrarese Signore di quella famosa Città, vi passò egli, con buona gratia de' Superiori, ove giunto, e con la lingua nel Pergamo predicando, e con la penna scrivendo Libri, fece ben tosto conoscere a tutta l'Italia, che la fama percorsa era stata di lungo tratto inferiore delle sue rare, et incomparabili qualità, e virtù. Passato poi in Venetia ad illustrare con la sua dottrina, e virtù quella famosa Regina dell'Adriatico Mare, ivi fra l'altre Opere, che compose, una fu, quel sottilissimo Opuscolo intitolato Destructio Arboris Porphyrij; et è fama, che mentre stava ivi di stanza fossero colà invitati da Carlo II Re di Napoli, Ambasciatori con alcune Galere, i quali, per parte del loro Re, l'invitarono alla sua Reggia Corte, et egli, così comandandoli l'ubbidienza, accettò l'invito, et a Napoli, per gran beneficio dell'Ordine, con li sudetti Ambasciatori, se ne passò. Altri vogliono, che ciò succedesse stando egli di stanza nella sua Patria, e Convento d'Ancona, il quale in quel tempo stava fuori della Città in un luogo, che pure tuttavia fino al giorno d'hoggi chiamasi di S. Agostino Vecchio, attesoche quello, che hoggidì è dentro della Città, che così magnifico si vede, non fu fondato fuori che nell'Anno del Signore 1338 come in quel tempo vedremo.

21 - Giunto a Napoli, conosciuta già da vicino, da quella Reggia Maestà, la gran Sapienza del nostro Trionfi, non si può credere quanta stima ne facesse, e quanto fossero da esso ammirate le di lui segnalate virtù, le quali maggiormente spiccavano, per la gran santità della quale era molto ricca l'Anima grande di quel Beato Religioso: laonde il buon Re Carlo, e Roberto suo figlio primogenito, con tutta la sua Reggia Corte, l'amavano, e riverivano come un Oracolo, sceso dal Cielo a bella posta per rendere più felice quel suo per altro felicissimo Regno, che però lo dichiarò ben tosto suo intimo Consigliere, e nelle sue più gravi, et importanti emergenze, lo mandò anche più volte suo Oratore, e Legato a varj Principi dentro, e fuori dell'Italia.

22 - E perché nella Provincia lunghissima di Calabria la Religione haveva pochissimi Monisteri, Agostino, che zelantissimo era del pubblico bene della sua Santa Madre, e molto bramava, che ella si propagasse in quella Provincia, ottenne perciò dal mentovato Roberto, che n'era Duca, la fondatione di tanti Conventi in varie Città, e Terre di quella, che se ne puote ben presto formare una buona Provincia, la quale hoggidì è divisa in due. Per amor suo credesi altresì, che lo stesso Re donasse alla nostra Chiesa di S. Agostino Maggiore di Napoli la Veneranda Testa del glorioso Evangelista S. Luca, qual'egli medesimo portò per ordine del Re, acciò la presentasse a Padri del Capitolo Generale, che si celebrò nella sudetta Real Città di Napoli nell'Anno di nostra salute 1300 come ivi abbondevolmente scivessimo, essendo egli il B. Agostino all'hora in età d'anni 57. E se bene così il Re Carlo, come Roberto suo figlio, doppo che fu salito sul Trono del Padre, hebbero più volte pensiero di conferirle qualche principale Ecclesiastica Dignità, nulladimeno mai si ridussero a porlo in esecutione, si perché sempre dubbitarono, che [V, p. 447] per la di lui grande humiltà non l'accettasse, e sì anche, perché non hebbero mai cuore di privarsi della presentiale assistenza d'un così Santo, e Dotto Religioso.

23 - E quantunque stasse il B. Agostino quasi del continuo impiegato, et occupato ne' gravissimi affari, che il Re li commetteva, egli non per tanto tralasciava li suoi consueti esercitij spirituali, nè tampoco faceva stare otiosa la sua dotta Penna; attesochè tutto quel poco tempo, che gli avanzava dalli due accennati impieghi, tutto fruttuosamente lo spendeva nello scrivere Opere gravissime a prò, e beneficio di S. Chiesa, e della sua Religione; et hebbe bene occasione di ciò fare nel tempo del Pontificato di Papa Giovanni XXII per cui hora scorre la nostra penna, per le gravissime turbolenze, che commmosse contro il sudetto Santissimo Padre lo Scismatico Lodovico col suo Antipapa Pietro di Corbaria: che però per abbattere l'Eresie, che vomitavano contro la Potestà della S. Chiesa, e l'Autorità del Sommo Pontefice quegl'ignoranti, e maligni Scismatici, compose egli il dottissimo Libro tanto stimato, et ammirato, da tutti i Dotti de Ecclesiastica Potestate, quale dedicò alla Santità dello stesso Pontefice Giovanni XXII la quale Opera insigne ha poi servito a più famosi Canonisti de' Secoli posteriori per cavarne stabili fondamenti per le loro Dottrine, come puole a suo bell'agio vedere l'erudito, e curioso Lettore, leggendo l'Opere insigni del nostro Gio. Andrea Calderini, di S. Antonino, del Cardinale Torrecremata, di Felino, di Decio, di Giasone, del Navarro, del Covaruvias, e d'altri in gran numero, così antichi, come moderni; laonde corse fama in quel tempo, che il Pontefice, per dimostrarsi grato per opera così grande, e così utile al publico bene della Chiesa, havesse stabilito d'honorare il nostro Agostino con la sagra Porpora Cardinalitia; ma prevenuto dalla morte, che lo deliberò delle miserie del Mondo, e lo fece passare a godere l'eterne delitie del Paradiso, non hebbe occasione il Santo Padre di porre in esecutione il suo generoso, e grato pensiero. Così dunque il B. Agostino, come da Santo era vissuto, da Santo ancora morì, e la di lui gloriosa morte successe alli 2 di Aprile in quest'Anno del 1328 essendo egli in età d'anni 85.

24 - Fu poi data honorevole Sepoltura da' nostri buoni Padri al di lui glorioso Cadavere in un Sepolcro particolare, nella Lapide del quale, con un ben degno, e nobile Epitaffio, fu espressa la Santità, e Dottrina del Beato Servo di Dio F. Agostino Trionfi, nella seguente guisa:

ANNO DOMINI MCCCXXVIII / DIE SECUNDA APRILIS / INDICTIONE XI / OBIIT BEATUS AUGUSTINUS TRIUMPHUS DE ANCONA / MAGISTER IN SACRA PAGINA / ORDINIS PATRUM EREMIT. S. AUGUSTINI,/ QUI VIXIT ANNOS LXXXV / EDIDITQUE SUO ANGELICO INGENIO / XXXVI VOLUMINA LIBRORUM. / SANCTUS IN VITA, ET CLARUS IN SCIENTIA, / UNDA OMNES DEBENT SEQUI / TALEM VIRUM, / QUI FUIT RELIGIONIS SPECULUM. [V, p. 448] E con tutto che morisse così Santo, nondimeno L'Enschenio, et il Papebrochio lo ripongono inter praetermissos, non so poi per qual ragione.

25 - L'Opere poi, che egli compose sono registrate dal Panfilo, et anche dal Curtio nell'Opere loro, cioè da quello nella sua brieve Cronica Agostiniana a carte 46 e da questo ne' suoi Elogj a carte 137 e sono per appunto e seguenti:

Quodlibeta: quae Parisijs publice defendit. In quatuor Libros Sententiarum. Contra Divinatores, et Somniatores: hortatu Simonis S.R.E. Presb. Cardin. Sanctae Caeciliae. Super facto Templariorum. Liber de Amore Spiritus Sancti, et alter de Ressurectione Mortuorum: quos Leonardo Quercino S.R.E. Card. Albano dedicavit. De Spiritu Sancto contra Graecos. De Praedestinatione, et praescientia. De Libero Arbitrio. De Consolatione Animarum Beatarum. Decretalem, firmiter, de Summa Trinitate, et Fide Catholica explanavit: rogante Ioanne Britanno viro illustri, et Ecclesiae Varadiensis Rectore. In Ezechielem, in Matthaeum, in Marcum in Ioannem. In Epistolas omnes Pauli lib. 14. Catena Patrum in omnes Epistolas Pauli. In Acta Apostolorum. Catena Patrum in Acta Apostolorum. In Apocalypsim. In Epistolas Pauli Canonicas: novum, et copiosius ingeniosiusque opus tertio edidit, quod Gerardo Archidiacono Tolosano, Gerardi Parmensis Cardinalis Episcopi Sabinensis Nepoti inscripsit. In Cap. I Lucae Super Missus est, Super Ave Maria. Super Canticum Magnificat. De introitu Terrae promissionis. De Cantico Spirituali, sive de decem Chordis. De Potestate Ecclesiastica ad Ioannem XXII. De Potestate Collegij mortuo Papa. De Potestate Praelatorum. De Thesauro Ecclesiae. De Sacerdotio, et Regno, ac de Donatione Constantini. De Praedicatione generis, et specie. Destructio Arboris Porphyrianae. De cognitione, et potentijs Animae. Expositiones, et Quaest. in lib. Priorum Arist. Commentatio in lib. Posteriorum. Commentarios in lib. Priorum, et Posteriorum. Distinctius postea, ornatiusque digessit, rogatu Conradi filij Guidonis Comitis Montis Feretri, Fratris Augustiniani, Discipuli sui. Commentatio super duodecim Libros Metaphysicorum. Sermones eius Dominicales ad Clerum, et Sermones de Sanctis ad eundem: extant Romae in Bibliotheca Augustiniana. Tabula sive Index in Moralia S. Gregorij, aliosque eius Libros, et tractatus: est in Bibliotheca S. Marci Mediolani. Milleloquium, insigne ex scriptis D. Augustini Volumen idem inchoavit, sed mors interveniens scribentem interturbavit. Bartholomaeus deinde Urbinatium Episcopus, et ipse Augustinianus perfecit: quare, et huius nomen praefert.

26 - Questo Cattalogo dell'Opere del B. Agostino, l'habbiamo di peso cavato dal sopramentovato Cornelio Curtio; il quale soggiunge, che tutte queste Opere furono fatte copiare a prorie spese, dalli loro Originali da' Cittadini Anconitani, et hora si vedono nella famosa Libraria Vaticana; alcune però di quelle sono stampate, e massime l'Opera insigne De Potestate Ecclesiae. Trattano poi di questo Beato tutti li nostri Autori Agostiniani, o specialmente il Coriolano, il Seripando, l'Orosco, il Romano, il Crusenio, il Panfilo, il Curtio, l'Errera, et altri ancora.

27 - [V, p. 449] Essendo in quest'anno vacata la Chiesa Cattedrale di Sinigalia, per essere stato trasferito il Vescovo di quella, che Federico chiamavasi, alla Chiesa di Rimini, fu perciò dal Sommo Pontefice Giovanni XXII destinato Vescovo in suo luogo Maestro F. Giovanni da Santa Vittoria, il quale, come era un Religioso di santa vita, et amava di vivere nella sua Religiosa quiete, così con humile modestia, rendendo le dovute gratie alla Santità Sua, rinuntiò nelle sue mani la conferita Dignità: laonde poi il Pontefice sostituì in suo luogo F. Giovanni d'Ancona dell'Ordine de' Minori: così per appunto scrive l'Errera nel Tomo primo dell'Alfabeto Agostiniano a carte 426 il quale soggiunge havere ciò cavato dal Regesto Vaticano; laonde io mi maraviglio, che l'Ughelli, et il Vadingo non habbino fatta mentione di questo nostro Giovanni, e della di lui non meno humile, che generosa rinuntia, nelle opere loro.

28 - Vivevano in questo tempo due famosi Soggetti di nostra Religione, li quali fra gli altri molti si rendevano notabilmente cospicui per la loro rara virtù, e dottrina, e sono molto celebrati da gli Autori di questo tempo; l'uno fu Maestro F. Gio. d'Alorio grandemente encomiato da Alfonso Ciacone in Ioanne XXII e l'altro Maestro F. Dionigio dal Borgo S. Sepolcro Dottore Parigino, gran Teologo, e celeberrimo Matematico, et Astrologo, la di cui fama celebre si rende nell'Opere di Giovanni Villani, e di Francesco Petrarca, de' quali fu amicissimo, come pure fu carissimo a Roberto Re di Napoli: e di questo insigne Dottore tornaremo a favellare più volte negli Anni a venire.

29 - Se bene Gioseffo Mozzagrugno Canonico Regolare nel libro 2 delle sue Narrationi, che fa delle Attioni fatte da Canonici Regolari a carte 18 dice, che li nostri Religiosi del Convento d'Asti nel Piemonte, siano preceduti nelle Processioni da' Padri Francescani, come dice costare in un'Istromento, che si conserva appresso li Canonici lateransensi; nulladimeno, il nostro Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto Agostiniano a carte 74 trattando dell'antichità dello stesso Convento d'Asti, dimostra, che l'Istromento, che produssero gl'istessi Canonici Lateranensi al tempo di Pio IV per provare la precedenza, che essi havevano havuta sopra li Padri di S. Benedetto (il quale Istromento fu fatto per ordine di Arnaldo Vescovo d'Asti) parlandosi in esso dell'Ordine della precedenza, che si doveva osservare fra le Religioni della Città nelle publiche Procesioni, dicesi nella seguente maniera: Talis ordo servetur, videlicet, quod Fratres Minores praecedant, deinde Eremitae, postea Praedicatores, Humiliati post eos, etc. Fu poi dato questo Istromento nell'Anno 1328 nell'undecima Indittione. Laonde si vede che il detto nostro Convento fu fondato prima dell'Anno 1266 nel quale hebbe principio quello de' Padri Francescani, come scrive il Vadingo sotto il detto Anno al numero 19 per lo meno siamo poi certissimi, che egli era in pieno stato in quest'Anno 1328. In questo istesso Monistero si celebrò un Capitolo Generale l'Anno 1419 in cui fu eletto Generale il B. Agostino Favaroni Romano: fra gli altri Figli cospicui, che ha prodotti questo Monistero, molto chiaro si rese Maestro F. Antonio intorno a gli Anni di Christo 1508 di cui fa più volte honorata memoria ne' suoi eruditissimi Registri il Card. Egidio da Viterbo.

30 - Habbiamo parimente certezza, che prima di questo tempo fossero stati fondati li Conventi di Piombino, e di Monticiano; attesoché in quest'Anno del 1328 furono Vicarj del Capitolo Provinciale, che si celebrò nel Convento d'Acquapendente nella Provincia Romana, F. Giacomo da Piombino, e F. Giovanni da Monticiano, li quali ancora furono destinati dal Generale [V, p. 450] Visitatori della Provincia della Valle di Spoleto, cioè dell'Umbria: tanto per appunto registrato si legge nel Registro antico della Provincia Romana sotto di quest'Anno.

31 - In quest'Anno parimente si fece la traslatione del nostro insigne Monistero di S. Agostino di Cordova dal Posto dell'Alcazar, ove hora è il Tribunale della Santa Inquisitione, al sito nobilissimo in cui hora si vede il bellissimo Convento, che forse un altro simile non ne ha l'Ordine nostro in tutta Spagna. Fecesi poi questa così presta mutatione di cotesto Convento dal posto dell'Alcazar al sudetto sito ove hora si vede, perché il Re D. Alfonso XI di Castiglia volle fare un'Alcazar, o Castello, ove era il nostro Convento; laonde per servire una tanta Maestà, ci convenne passare in un altro luogo, in cui egli ci diede il sito, e ci donò alcune Case acquistate da esso con alcuni Orti, e con la commodità dell'acqua necessaria per inaffiare li detti Orti; e tutto ciò in ricompensa del Monistero, che la Religione lasciò nelle sue Reggie Mani. E ciò poi chiaro apparisce per un suo Privilegio Reale, che tuttavia si conserva nell'Archivio di quel nobile Convento; il qual Privilegio fu dato in Cordova a 16 di Febraio in quest'Anno del 1328 e fu poi anche confirmato dallo stesso Re con un altro suo Privilegio dato in Siviglia a 16 di Settembre nell'Anno del Signore 1333. La copia poi del sudetto primo Privilegio la produce nel suo idioma Spagnuolo, in cui fu scritto per ordine del detto Re il nostro Errera nella sua Historia del Convento di S. Agostino di Salamanca a carte 82 e tradotto nel nostro d'Italia è del seguente tenore.

32 - Nel nome di Dio, Padre, e Figlio, e Spirito Santo, che sono tre Persone, et un Dio vero, che vive, e regna sempre in eterno, e della B. Vergine Santa Maria sua Madre, quale noi teniamo per Signora, e per Avocata in tutte le nostre opere; et ad honore, e servitio di tutti i Santi della Corte Celeste, perché ogn'huomo, che fa bene, desidera, che lo portino avanti, e che non se lo scordi, e non si perda, che se aviene, che si fermi, e manchi il corso della vita in questo Mondo, resti di quello la memoria. E questo Bene è la guida dell'Anima sua a Dio. E per non cadere nella dimenticanza, comandarono li Re, che si ponesse in iscritto ne' loro Privilegi, acciò che gli altri Re suoi successori fossero obligati ad osservarli, e di continuarli con la conferma di nuovi Privilegi; perciò noi bramando questo, vogliamo, che sappino per mezzo di questo Privilegio tutti gli Huomini, che hora sono, e faranno per l'avenire, qualmente noi D. Alfonso, per la gratia di Dio Re di Castiglia, di Toledo, di Lione, di Galizia, di Siviglia, di Cordova, di Murcia, di Iaen, di Algarve, e Signore di Biscaglia, e di Molina; per il gran desiderio, che habbiamo d'avantaggiare l'Ordine di S. Agostino, per la divotione, che a quello habbiamo, per far gran bene, e gratia singolare alli Frati, che hora sono, e saranno per l'avenire, acciò siano obligati a pregare Iddio per le Anime delli Re D. Sancio nostro Avolo, e D. Ferdinando nostro Padre, e della Regina Donna Costanza nostra Madre, che Dio li perdoni, e per la nostra vita, e nostra salute, che Iddio ci lasci vivere, e Regnare per suo servitio molto tempo, e bene. E parimente, perché hora li leviamo il posto, e sito del loro Monistero, che essi havevano cominciato a fare nella nobile Città di Cordova, per fare un nuovo Alcazar, che hora comandiamo, che si facci, li diamo in cambio, per il sito del loro Monistero, che li leviamo, le Case, che furono di Bernardo Mateos, e di Maria Fernandez sua moglie, e le Case, che furono di D. Egidio, e di D. Maria sua moglie, e le Case di D. Christoforo, e di Maria Domenica sua moglie, e le Case, che furono di Assenssio Perez, [V, p. 451] e di Donna Pasquala sua moglie, e le Case di Egidio Martinez, e di Agnese Alonsa sua moglie, e le Case di Domenico Steffani, e di Donna Teresia sua Moglie, e le Case, che furono di Benedetto, e d'Ignatio (aliàs Giacomo) Egidio suo fratello, e le case di Pietro Martin Moreno, e di Donna Elvira sua Moglie, e l'Orto, che fu di Martino Gomez, che doppoi fu del Conte D. Alvaro, le quali Case, et Orti, che noi diamo alli detti Frati, sono confinanti per una parte, con le Case di Donna Maria Zaffogna, e con quelle di Garzia Perez di Cagnete, e l'Orto di S. Maria, e le case di Sancio Martin Canfino, e la nostra Strada, che viene dalla Fonseca al Pozanco, e dall'altra parte con le Case d'Alfonso Perez Tessitore, e con le Case di Gio. Alfonso, e dall'altra parte con le Case, che furono di Giovanni Serrano, e le Case di Domenico Ruiz, e dall'altra parte con le Case di Pietro Martin Cansio, e con le Case di Donna Elvira la Tendera, e le Case d'Ilinal Perez, e le Case di D. Luca, e di Maria Sanchez sua moglie, e la nostra Strada, che chiamano di Domenico di Quero; le quali Case, et Orti, che li diamo, e si contengono ne' sopradetti confini, noi le comprassimo da gli Heredi di cui erano, che detti sono della Collatione di Santa Marina della Xerquia della detta Città. E li diamo altresì la metà dell'acqua del Canale, che chiamano del Fonte Santo, il quale è nostro, di tal sorte, che li detti Frati la prendino dove più li piace, e che la possino prendere per il loro Monistero, et Orti; li quali siti di Case, et Orti, che tutti sono siti confinanti, diamo alli detti Frati, che hora sono, e saranno per l'avenire, acciò che faccino, e possino fare un Monistero del sudetto Ordine di S. Agostino, e che lo habbino per legge di heredità per sempre in perpetuo libero, e quieto, et esente da qual si voglia servitù Reale, con entrata ed uscita, con tutte le sue pertinenze quante ne ha, e ne deve havere così di fatto, come di ragione, dall'Abisso fino al Cielo, di tal sorte, che possino lavorare, e fare nel detto suo sito, e fondo lavori alti, e bassi quanti voranno, e saranno necessarj alla loro Chiesa, e Monistero. E parimente per maggior bene, e gratia più grande alli detti Frati, li esentiamo, che non paghino Gabelle in alcun luogo de' nostri Regni, per le cose necessarie alla fabrica del detto Monistero, nè per il legname, che havranno di bisogno di condurre per il medesimo effetto, né per qual si voglia altra cosa, che sia necessaria al suo Monistero. E di vantaggio, per farli ancora gratia più segnalata, li riceviamo sotto la nostra Regia Protettione, e Difesa, il Convento, ed i Frati, tutti li loro Huomini, e tutte l'altre cose loro, e li confirmiamo tutte le Gratie, Privilegi, Franchigie, e Libertà, che hanno ottenute dalla S. Chiesa di Roma, e dalli Re, da' quali noi veniamo, e da noi: e niuno habbi ardire di opporsi, nè far torto, e contrariare, nè di fare alcun male, nè impedire li Corpi di que' Morti, che comandaranno di essere sepolti nel detto Monistero. E comandiamo, e difendiamo, che niuno habbi ardimento di contradire, e di contravenire a questo nostro Privilegio, Gratia, e Donatione sopradetta, che noi li facciamo, nè contra alcuna parte di quelle; nè rompere o spezzare, o sminuire in alcuna cosa; e parimente, che niuno gl'impedisca la metà dell'acqua del detto Canale, nè li lavori del detto Monistero loro; e qual si voglia, che ciò facesse, incorrerebbe nel nostro sdegno, e di più haverebbe da pagare mille Maravedis in contanti della moneta nuova, per ogni volta; et alli Frati del detto Monistero, che hora sono, e saranno per l'avenire, pagaranno duplicatamente il danno, che gli haveranno dato. E sopra ciò comandiamo alli Governatori, et altri Ministri della Giustitia della detta Città di Cordova, che hora sono, e faranno ne' tempi a venire, et a qual si voglia [V, p. 452] altro a cui sarà mostrato questo nostro Privilegio, o Transunto di quello segnato da un publico Scrivano, che osservino, difendino, e proteghino le sopradette gratie, che facciamo alli detti Frati, e a ciascheduna di quelle, e che non permettino ad alcuno l'andare contro di quelle, o rompere, o sminuire alcuna di loro in cosa alcuna: e se alcuno haverà ardire di contradire, o contravenire, e contrafare ad alcuna di quelle, paghi la sudetta pena di mille Maravedis, per ciascheduna volta, che contraverà, e l'osservino, per far di quella ciò che noi comandaremo, e che faccino rimettere alli detti Frati duplicatamente il danno dato, e non faccino in altra maniera sotto la detta pena, e di più in riguardo de' Corpi, come sopra, altrimente ce ne dovrebbero rendere conto a noi. Ed acciò questo Privilegio sia fermo, e stabile in perpetuo, comandiamo, che li sia dato sigillato con il nostro Sigillo di Piombo. Fatto il Privilegio nella nobile Città di Cordova a 16 di Febraio nell'Era del 1366 che sono di Christo 1328. E noi il sopradetto Re D. Alfonso Regnante in Castiglia, in Toledo, in Leone, in Galizia, in Siviglia, in Cordova, in Murcia, in Iaen, in Baeza, in Badajoz, nell'Algarve, in Biscaglia, et in Molina, concediamo questo Privilegio, e lo confirmiamo. Si sottoscrissero poi a questo Privilegio del Re Alfonso tutti li Prelati, et altri Baroni de' suoi Regni fino al numero di 74 e nel fine delle dette sottoscrittioni si legge: Ferdinando Rodriguez Cameriero del Re, comandò, che si facesse, per ordine del sudetto Signore, è nel sesto decimo Anno del Regno del sudetto Re, et Io Ruì Sanchez della Camera lo feci scrivere.

33 - In quest'Anno fu fondato il nobilissimo, e religiosissimo Monistero di Santa Marta nella Città di Siena; e la Fondatrice di quello fu Milla figlia d'un Conte della nobilissima, et antichissima Casa Delci, la quale da tempo immemorabile gode un Feudo libero. Questo Convento, per la struttura, e vaghezza della Chiesa, per l'ampiezza, e ricchezza, e per il numero delle Velate, le quali ben sovente giungono al numero di 100 quasi tutte della primaria Nobiltà, così di questa, come d'altre Città d'Italia, si può dire, che sia uno de' più cospicui Monisteri di Siena. Vivono queste Madri con grande osservanza, et in pura communità, e nel tempo, che viveva il glorioso Padre S. Bernardino erano molto riverite, e stimate le Religiose del detto Convento, per la loro Santità, e fino al giorno d'hoggi si conservano con molta riverenza, come pretiose Reliquie, molte Lettere del detto Santo, scritte da esso, quando era fuori di Siena, alle Madri del mentovato Monistero. Fra le molte Religiose d'altre Città, che in varj tempi hanno preso l'Habito Agostiniano nell'accennato Monistero, ve ne sono state non poche della Città di Milano; e fra l'altre una ve ne fu, la quale vi fu condotta, alla maniera de' Santi Magi, da una Stella, e questa chiamavasi Nicolina, et era d'una delle più nobili Famiglie della sua Patria. La Chiesa sopradetta, come è abbondevolmente provista di molti, e tutti nobili, Arredi sagri, così possiede una numerosa quantità di Sagrosante, e Venerande Reliquie, e fra l'altre v'è un pezzetto considerabile del Santo Legno della Croce, una Spina della Corona di Nostro Signore, et una Pianeta con la quale celebrava il sopradetto P. S. Bernardino.

34 - Tutta questa Relatione l'habbiamo ricevuta da Carlo Piochi Notaio, e Cittadino Sanese, e Cancelliero della Curia Archiepiscopale di Siena, il quale, per ordine dell'Arcivescovo Ascanio Piccolomini d'Aragona, la ricavò dalle Madri del sudetto Monistero: con la quale occasione prese anche informatione d'altri cinque [V, p. 453] Monisteri dell'Ordine nostro, che sono in quella Città, cioè di S. Monaca, della Concettione, di S. Maria degli Angeli detto communemente delle Santuccie, di S. Maria Maddalena, e di S. Paolo. Oltre di questi, vi è un Ospitale, governato, e retto da alcune Vergini Nobili, le quali, se bene osservano la Regola nostra Agostiniana, e portano l'Habito a quella conveniente, nulladimeno non si astringono con alcun Voto: chiamasi poi questo di Madonna Agnese, e la Chiesa del detto Ospitale porta il titolo di S. Nicolò. Di tutti questi poi ne parlaremo, a Dio piacendo, più esattamente ne' loro tempi, e luoghi.