Tomo V
Anni
di Cristo 1323 - della Religione 937
1 - [V,
p. 393]
Gravissime contese insorsero in quest'anno fra il Sommo Pontefice Giovanni XXII
e Lodovico Duca di Baviera, asserto Re de' Romani; la cagione poi delle dette
contese fu, perché il sudetto Lodovico haveva mandati gran soccorsi, et aiuti a
Galeazzo Visconti, che haveva occupato Milano et altre Città della Lombardia,
che erano del partito della Chiesa; laonde il Pontefice Giovanni giustamente
sdegnato contro di lui, alli 8 di Ottobre in publico Concistoro nella Città
d'Avignone; fulminò contro di esso la Scommunica, citando di vantaggio a dovere
comparire in Avignone, per scusarsi, e rendere ragione alla S. Sede, di quanto
operato haveva a favore del sudetto Scismatico, et Eretico Principe, ed altri
suoi seguaci; comandandoli in oltre, che dovesse in termine di tre Mesi haver
deposto il nome, e titolo d'Imperatore, non essendo lecito chiamarsi con nome
tale, fin tanto, che non fosse stato confirmato dalla S. Sede Apostolica; e
questo fu il principio delle grandissime ruine, che poi successero negli anni
avenire, delle quali daremo succinto ragguaglio ne' loro tempi e luoghi.
Giovanni Villani e lo Spondano. In questo medesimo anno, il mentovato
Pontefice, con solennissima pompa, Canonizò, col meritato titolo di Santo
l'Angelico Dottore S. Tomaso d'Aquino.
2 - Se bene alcuni Autori nostri scrivono, che il B.
Alberto da Padova, terminasse il corso di sua santa vita [V, p. 394] nell'anno del
Signore 1328, nulladimeno, la più commune, e la più vera opinione degli altri
Autori, e principalmente nel Panfilo, dell'Errera, del Curtio, ed altri simili,
è, che non nel detto anno, ma ben si in questo del 1323 cessasse di vivere in
questa bassa valle di miserie; che però noi per debito del nostro ufficio,
siamo tenuti di registrare in questo luogo, per lo meno in compendio, la di
lui, non meno santa, che dotta vita.
Vita
del Beato Alberto da Padova gran Teologo e Predicatore insigne.
3 - Primieramente dunque, gli è certissimo, che la
Patria di questo grand'Huomo, fu la nobilissima e dottissima Città di Padova;
gli è ben vero però, che fra tanti Autori, che di lui trattano, non ve n'è pur
uno solo, che dica di qual Famiglia egli fosse, né meno come si chiamassero li
di lui Genitori; fa però di mestieri, che fossero Cittadini honorati e timorati
di Dio; attesochè allevarono il loro Figlio nel santo timore di Dio, e lo
fecero altresì istruire da buoni Maestri nelle Lettere Humane e nella
Rettorica, nella quale riuscì poi così eccellente, che hebbe pochi pari nel suo
tempo.
4 - Giunto all'età di 16 anni in circa, come abborrisce
il buon Giovinetto il mondo fallace e lusinghiero, con tutte le sue pompe e
vanità, e molto si sentisse inclinato allo stato Religioso e Regolare; havendo
perciò girato l'occhio, e molto ben considerato lo stato di tutte le Religioni,
alla perfine, così ispirato specialmente da Dio, prese risolutione d'entrare
nella nostra del gran Patriarca S. Agostino; che però scrivono tutti li nostri
Autori, che nell'anno del 1293 egli prese l'Habito nel nostro Convento di
Padova, e che poi terminato l'anno dell'Approbatione, egli fu mandato da'
Superiori maggiori nella gran Città di Parigi, a studiare le Scienze più gravi,
nelle quali, dicono li detti Autori tutti, che hebbe per alcuni anni per
Maestro, il grand'Egidio Colonna Romano, con la scorta del quale, divenne poi
Alberto, nello spatio di poco tempo, un'Oratore così eccellente, et un Filosofo
e Teologo così insigne, che trovò pochi, che in quella sua età l'uguagliassero.
5 - Ma qui gli è necessario, che ci fermiamo per brieve
tratto ad esaminare il tempo, in cui dicono li nostri Autori, che il detto
Alberto prese l'Habito della Religione, e quello anche nel quale andò a Parigi,
per studiare sotto la disciplina del grand'Egidio Romano; attesochè io certamente
stimo, che si siano ingannati di ben 10 anni; imperciochè, se egli si fece
Religioso nell'anno del 1293 e poi passò in Parigi, com'essi dicono, doppo
l'anno del noviziato, cioè nel 1294, certo che in quel tempo egli non puote
havere per Maestro in Parigi Egidio Romano; attesochè questi era in questo
tempo Generale, e rissedeva non in Parigi, ma in Italia, e doppo che egli hebbe
terminato l'Ufficio di Generale, il che fu nell'anno 1295, essendo egli stato
creato Arcivescovo di Bourges, non in Parigi, ma in questa Città, si portò egli
a reggere e governare la sua Greggia.
6 - Si che dunque stando le cose nel termine da noi più
sopra giustamente assegnato, fa di mestieri, che diciamo, che se veramente
Alberto, doppo fatta la Professione, fu mandato a Parigi, e studiò per alcuni
anni sotto la disciplina di Egidio, bisogna concludere, che egli prendesse
l'Habito della Religione, non nell'anno del 1293 ma ben sì più tosto in quello
del 1283 perché così meglio verificare si puole, che egli fosse discepolo di Egidio,
il quale [V,
p. 395] appunto in quel tempo stava leggendo in Parigi li quattro
Libri delle Sentenze; laonde io prendo grand'amiratione, che li nostri Autori,
nel dire e nello scrivere, che il B. Alberto, doppo l'anno del 1293 era stato
discepolo del B. Egidio Romano, mentre sapevano di certo, che egli era stato
creato Generale nel 1292, e che mai più lesse alcuna Scienza, né in Parigi, né
altrove, e ciò sia detto con la dovuta riverenza e rispetto, che si deve a
tanti Autori segnalati, che hanno ciò scritto.
7 - Habbiamo accennato di sopra, che questo gran Dottore
riuscì mirabile nell'Arte oratoria; che però essendosi applicato alla santa
Predicatione, divenne ben tosto uno de' più insigni Predicatori del suo tempo,
e diede altresì alla luce alcuni nobilissimi Volumi di quell'Angelica et
Apostolica Professione, de' quali faremo memoria nel fine di questa Vita; e
nota Cornelio Curtio ne' suoi Elogi degli Huomini Illustri Agostiniani in
Alberto, che egli fu il primo, che nel Pulpito cominciasse a predicare con
gesti regolati, e con attione naturale proportionata alla qualità del discorso;
e soggiunge, che havendo havuta notitia di così valente Predicatore il Sommo
Pontefice Bonifacio VIII lo chiamasse per tanto a Roma per udirlo, e ne
restasse poi oltremodo ammirato, doppo, che l'hebbe più volte udito. E con
questo racconto maggiormente vienesi a confirmare la mia Sentenza più sopra
assegnata, cioè, che il B. Alberto si facesse Religioso molto prima dell'anno
1293, quale gli assegnano tutti gli altri Autori; attesochè non ha del
verisimile, che essendo andato giovinetto d'anni 17 a Parigi nel 1294, et
havendo studiato ivi le Scienze più gravi, per lo spatio almeno d'anni 8,
potesse poi nel tempo di Bonifacio, in età giovanile, essere divenuto in un
anno Predicatore di tanta fama, che meritasse d'essere chiamato a Roma dal
sopramentovato Sommo Pontefice, per udire le sue Prediche.
8 - Tornato poscia in Parigi, attese a leggere il
Maestro delle Sentenze, et a comporre altri Libri, de' quali più a basso
parlaremo; e ricevuta poi, che egli hebbe la Laurea Magistrale nella famosa
Sorbona, fece in Italia ritorno, ove per fin ch'ei visse, attese, e con la
penna, e con la lingua, a scrivere molti Libri, et a Predicare ne' più famosi
Suggesti dell'Italia, con tanto applauso, che da tutti era communemente stimato
un novello S. Paolo mandato da Dio in terra a convertire il mal costumato, e
troppo corrotto Mondo; e giunse a tal segno la fama immortale della gran
Dottrina e Santità di questo celeberrimo Religioso, che la di lui dotta Patria,
recandosi a grand'honore d'havere un Figlio cotanto insigne e famoso, volle,
per sua gloria maggiore, inalzare sopra una Porta del suo nobilissimo Pretorio,
la di lui Statua verso la parte Boreale, sopra della quale vi si legge il
seguente Elogio: Alberto Eremitarum Patri singularissimo, vitae /
Continentissimae, Patria Patavino, Studiorum, / Columnae, et Reipublicae
Christianae summo splendori. Sotto la detta statua poi, un altro
bellissimo Elogio vi si legge, punto non inferiore al primo, nella seguente
guisa: Albertus Liberalium Artium, ac Urbis nostrae splendor, / In ordine
Eremitarum Regulam Professus continentissimae / Vitae fuit. Is claruit ingenio
sub celeberrimo Aegidio / Romano eiusdem Ordinis, sacris Litteris apprime / [V, p. 396]
imbutus, sumpta Pariijs infula Magistrali, / tam clarus evasit, ut Paulum
Apostolum, / Moysem, Evangelia, ac Librum Sententiarum / expositione splendissima reseraverit,
idemque / ante omnes suae aetatis viros facundissimus Praedicator / immortali
memoriae hic optimo Iure datur.
9 - Osserviamo poi, che la Città di Padova non
intese solo di magnificare in questi due Elogi l'incomparabile Dottrina di
questo suo gran Cittadino, ma di vantaggio intese d'innalzare fin sopra le
Stelle la di lui gran Santità; attesochè, chiamandolo ella, così nel primo,
come nel secondo Elogio, Huomo di vita continentissima, altro non volle dire,
fuori che egli haveva sempre mantenuta e conservata l'Anima sua purissima
libera, et immune da' vitij, et da' peccati; e fu lo stesso, che dire, che era
sempre stato un gran Servo di Dio, e perciò viene da molti nostri Autori
chiamato, col titolo glorioso di Beato, e come tale stimasi haver terminato il
corso di sua vita, il che successe secondo alcuni, l'anno del Signore 1328 alli
3 di Aprile; se bene ciò veramente avenne, secondo la più commune Sentenza, in
quest'anno del 1323.
10 - Di questo Beato Servo di Dio ne trattano poi,
e generalmente ne scrivono tuti li nostri Autori, e specialmente il Panfilo, il
Romano, il Seripando, il Crusenio, l'Errera, il Curtio, et altri in gran
numero; e degli Esteri, Giovanni Tritemio, il Possevino, il Bellarmino, et
altri molti, quali per brevità si tralasciano.
11 - Resta hora, che diamo quivi il Catalogo
dell'Opere, che questo insigne Dottore diede alla luce, delle quali molte ne
sono state, doppo la di lui morte, date alle Stampe. Primieramente dunque, egli
scrisse cinque Libri sopra del sagro Pentateuco di Mosè, cioè sopra la Genesi,
l'Esodo, il Levitico, i Numeri, e il Deutoronomio. Così pure quattro altri
Libri compose sopra de' quattro Evangelidti. Scrisse altresì sopra le 14
Epistole di S. Paolo altretanti Libri. Spiegò parimente, con quattro Volumi, li
quattro Libri del Maestro delle Sentenze. Compose ancora cinque altri Volumi di
Sermoni, parte Domenicali, parte de tempore, parte de' Santi, parte
della Quaresima, e parte al Clero; et alcune altre Opere non compite.
12 - Teminò parimente la sua gloriosa Vita
nell'antica e famosa Reggia delle Spagne, Toledo, un Principe grande Cittadino
di quella, chiamato D. Gonzalo Ruiz, di cui, perché fu gran Benefattore
dell'Ordine nostro, e perché di vantaggio prese l'habito di nostra sagra
Religione nel fine di sua vita, e ciò che più rilieva, perché fu un gran Servo
di Dio, che Sua Divina Maestà, per i suoi meriti grandi, operò stupendi
Miracoli, perciò noi in quest'anno ne dobbiamo fare solenne memoria, con
tessere quivi, benchè succintamente, come degli altri nostri Santi e Beati
Agostiniani, la Santissima Vita.
Vita
e Morte del glorioso Beato Servo di Dio D. F. Gonzalo Ruiz gran Predicatore in
Ispagna.
13 - Nacque dunque D. Gonzalo Ruiz, come habbiamo
accennato di sopra, nella famosa città di Toledo, e fu suo degno Genitore Rui
Gonzales di Toledo, come scrive il P. Girolamo Romano dell'Higuera Giesuita nel
Libro, che fece delle Famiglie Illustri di Toledo, o pure di [V, p. 397]
Rui Guttierez di Toledo, come vuole il Conte di Mora. Il nome della madre non
l'habbiamo potuto rinvenire da veruno delli due accennati Genealogisti; bisogna
però credere, che fosse anch'ella una Signora d'alto Lignaggio. Hor come poi da
questi due Nobilissimi Genitori allevato il buon Gonzalo, non meno nel santo
timore di Dio, che in tutte l'altre virtù, che rendono caro, et accetto l'Huomo
a Dio, et a gli Huomini; così poi egli cotanto in tutte quelle si approfittò,
che perciò fu eletto per uno de' suoi più cari dal Re D. Sancio il Bravo, e
dalla Regina D. Maria sua Moglie ambi Re di Castiglia, a cui poscia diedero ad
istruire nelle buone creanze, quando fu in età più stabile e ferma, con titolo
di Aio, li loro Figli D. Alfonso XI che regnò poscia doppo la morte del Re suo
Padre, e l'Infanta D. Beatrice.
14 - Due volte si accasò il nostro Principe con due
Principesse sue eguali; la prima fu Donna Aldonza, dalla quale hebbe tre Figli,
uno maschio, che fu Don Martino Fernandez di Toledo, e due femine, cioè Donna
Teresia e Donna Maria. La seconda Moglie fu Donna Maria Gonzalez figlia di
Fernando Gonzalez di Mena, e di Donna Maria Sanchez, della quale non hebbe
alcun figlio. Dalla di lui Progenie poi discesero i Conti d'Orgaz, li quali
hoggidì tengono luogo fra primi Titolati della Spagna. E questi notar si deve,
che il nostro D. Gonzalo in questo tempo era entrato in tanta gratia del Re di
Castiglia, che l'haveva creato non solo Alcalde Maggiore di Toledo, titolo
sufficiente ad illustrare qual si voglia suo pari, ma etiamdio Notaio Maggiore,
o vogliam dire gran Cancelliere del Regno di Castiglia.
15 - E quantunque questo buon
Principe fosse così nobile nell'esistimatione degli Huomini, quanto alla
Descendenza di sua Eccellentissima Prosapia; nulladimeno, molto più nobile si
rese egli con la sua santa vita, e con le sue incomparabili virtù nel cospetto
dell'Altissimo; e se bene egli del continuo s'impegnava in opere pie;
tuttavolta la di lui premura maggiore era di beneficare le Sante Religioni, le
quali vedeva egli così indefessamente affaticarsi del continuo per la maggior
gloria di Dio, e per la salute universale dell'Anime redente col Sangue
pretiosissimo di Giesù Christo; e specialmente molto sempre si segnalò
nell'amare, e beneficiare la nostra; attesochè bene, e sovente andava a
visitare la Chiesa nostra, che era fuori della Città, vicina alle ripe del
famoso Tago, e perché vedeva, che i Religiosi di quel Monistero erano gran
Servi di Dio, e vivevano con gran povertà, perciò il buon Servo di Dio li
mandava spesso grossi soccorsi e copiose limosine.
16 - E perché conobbe, che in quel Luogo poco buono, per
l'aria cattiva, e per la lontananza della Città, stavano que' poveri Servi di
Dio malamente adagiati; si pose per tanto in cuore il Santo Principe, di
tirarli nella Città, con fondarli in quella un nuovo Convento. E perché il
Signor Dio si fa sempre conoscere propitio a gli Huomini di buona volontà, ed
intentione, ecco appunto, che possedendo la Regina Donna Maria sua Signora un
Palazzo ben grande, che era stato di D. Federico suo Cognato, si arrischiò il
buon Gonzalo, di supplicare la Maestà della sudetta Regina a volergliene fare
un cortese dono; attesochè egli intendeva di formarne un Monistero per i Padri
Agostiniani, che stavano nel Convento di S. Stefano vicino al Tago, nel luogo
detto la Solaniglia; et havendo ottenuta la gratia, procurò poi anche la
necessaria licenza, di trasferire dentro della Città il sudetto Monistero, dal
Sommo Pontefice, come già scrivessimo sotto l'anno di Christo 1312, e nota
l'Autore del Protocollo di quel Regio Monistero, che non contento Gonzalo
d'haver donato a' nostri Padri il sudetto Palazzo, volle anche di vantaggio [V, p. 398]
fabricare il Chiostro grande, di cui tre Ale apena puotè finire, forse dalla
morte frastornato.
17 - E non fu questa la prima, né ultima Opera pia, nella
quale s'impegnasse questo buon Signore; attesochè riferisce il nostro Errera
nella Genealogia della Famiglia nobilissima del detto Principe, registrata da
esso nell'Historia, che scrisse, e divulgò dell'insigne Monistero del nostro P.
S. Agostino di Salamanca a car. 210, che oltre la donatione del Palazzo
sudetto, e la fabrica del Chiostro mentovato del nostro Convento, a cui anche diede
alcune Tenute o Poderi per sostentamento di quella Religiosa Famiglia, e
specialmente la terza parte d'un luogo detto l'Haverta, che era vicino al
Convento nella ripa del Tago; la quale anticamente chiamavasi l'Haverta de
Almalaque; perochè ristorò altresi in gran parte la Chiesa di S. Tomaso, e
quella ancora di S. Giusto dentro della Città; e fuori delle mura edificò la
Chiesa di S. Antonio, e la dotò con sufficienti rendite, e poi la consegnò a'
Religiosi dell'Ordine di S. Antonio di Vienna sotto la Regola del P. S.
Agostino, et in suo nome a D. F. Pietro, che quell'Ordine teneva in Spagna con
titolo di Commendatore; con questo patto però, che doppo la di lui morte
ritornasse il Iuspatronato a D. Martino Fernandez suo figlio; e soggiunge
l'Errera, che la Scrittura di questa Donatione fu fatta nella Città di Palenza
a 20 di Settembre 1316.
18 - Ma ritorniamo a riferire l'ultima delle gratie fatte
da questo gran Servo di Dio alla nostra Religione, quale per mio giuditio, fu
sopra tutte l'altre la più segnalata, e fu questa; che volendo hoggimai il
clementissimo Iddio rimunerarlo per tante sue santissime operationi, col premio
eterno della sua Santa Gloria, lo fece distendere nel letto con una infirmità
mortale, quale conoscendo molto bene, che doveva essere l'ultima di sua vita,
egli, che sempre haveva portato un sviscerato affetto alla Religione
Agostiniana, volle nell'ultimo di sua vita divenire suo figlio con prendere,
come fece con grandissima divotione e tenerezza, il di lei Habito Santo dal
Priore del Monistero sudetto, nel quale poscia, indi a pochi giorni, santamente
morì.
19 - E se bene il di lui Santo Cadavere sepellito nella
Chiesa Parocchiale di S. Tomaso, nulladimeno, perché le di lui intestine furono
altresì seppellite nella Cappella dell'Altare maggiore dalla patrte
dell'Evangelo, ove gia prima, che si rifabricasse la sudetta Capella, allo
scrivere del P. Girolamo Romano, leggevasi il seguente Epitaffio, in cui
esprimevasi tutto ciò, che habbiamo poco dianzi detto di sopra, in lingua
Spagnuola, il quale tradotto da noi nella nostra d'Italia, era di questo
tenore: Qui giace D. Gonzalo Ruiz Alcade maggiore di / Toledo, che fu Aio
del nobilissimo Re d'Alfonso XI / E dell'Infanta D. Beatrice al tempo, che
finì; / E Notaio maggiore di Castiglia, e acquistò / Queste Case dalla nobilissima Regina D. Maria, / e ne fece un Monistero per la
devotione, che haveva / a S. Agostino, et ottenne la conferma dal Papa; / e
prese l'Habito, e morì nel giorno di Santa Leocadia / a 9, di Decembre nell'Era 1361. Cioè in quest'anno del Signore
1323. Questo Epitaffio poi, insieme con alcuni altri, che erano nella detta
Cappella prima, che fossero cancellati, furono copiati dal P. Romano sudetto, e
registrati poscia da esso nella sua Cronica [V, p. 399] manoscritta Agostiniana,
la quale si conserva nella Libraria dell'insigne Monistero di Salamanca, come
riferisce il nostro P. Errera nel luogo di sopra citato.
20 - Passiamo hora finalmente a narrare l'alte
maraviglie, che il Signor Dio, per sua misericordia, si compiacque dimostrare
nella miracolosa Sepoltura di questo Principe Religioso; le quali serviranno
per una famosa autentica della di lui gran Santità, e per esempio a' Grandi
d'essere divoti delle sagre Religioni, e di beneficare con le loro pietose
limosine i Servi di Dio. Il caso poi nella seguente guisa passò; essendo già
stato portato il di lui Santo Corpo nella sudetta Chiesa Parocchiale di S.
Tomaso, per sepellirlo nel Sepolcro de' suoi Maggiori; ecco, che doppo haverli
i Religiosi et i Sacerdoti celebrate le solennissime Esequie, mentre già si
stava per porlo nella Sepoltura, scesero di repente dal Cielo, in quella Chiesa
alla vista di tutto il popolo, che ivi in gran numero si ritrovava presente, li
due gloriosi Santi, Stefano Protomartire et Agostino, quegli come Titolare
della nostra Chiesa fondataci del Beato Gonzalo, e questi Padre et Istitutore
de' suoi Eremiti; e prendendo a vicenda quel Beato Cadavere, l'uno da capo, e
l'altro da' piedi, lo posero, con gran stupore e maraviglia di tutti, nell'aperta
Tomba, dicendo queste parole: Così viene honorato da Dio, chi serve ad esso,
et a' suoi Santi Servi; il che detto, in un momento disparvero lasciando in
questa guisa quel Popolo divoto molto affetionato alla Santità, già dichiarata
dal Cielo, di questo nostro Beato Principe e Fratello.
21 - Scrive il sopramentovato Errera nel Tomo primo del
suo Alfabeto a car. 280 havere più volte operati prodigiosi Miracoli il
benignissimo Iddio, per i meriti grandi di questo suo glorioso Servo, per li
quali si mossero già li suoi nobilissimi Discendenti a procurare in Roma la di
lui solenne Canonizatione; ma o fosse per il tedio della longhezza, che si
richiede per trattare negotij di così grand'importanza, o fors'anche per le
spese gravi, che si devono fare in così ardua impresa, o qual'altra se ne fosse
la cagione, non guari andò, che s'intepidirono non solo, ma si rafreddarono
affatto, e più non ne trattarono; preghiamo Nostro Signore, che ispiri quelli,
che vivono hoggidì a proseguire con la dovuta patienza e generosità, quel
tanto, che intrapresero a fare, e poi tralasciarono li loro Antenati, e ciò per
maggior gloria di Dio, et honore del suo Santo Servo Gonzalo.
22 - Havendo di già li nostri Padri di Bologna, alcuni
anni prima, terminata la fabrica della loro bellissima Chiesa, dedicata alli
due gloriosi Santi Giacomo Apostolo il Maggiore, et Agostino gran Dottore di S.
Chiesa, attendevano per tanto a servirla, et officiarla con la dovuta maestà e
decoro, che si conviene; ma havendo vicino, anzi contigua alla loro sudetta
Chiesa quella di S. Cecilia vergine e martire, la quale era Parocchiale, come
pur tuttavia è di presente, et era officiata, e servita da Preti Secolari,
perciò non poco disturbo ricevevano li nostri Padri da una tale vicinanza;
attesochè mentre questi stavano recitando li Divini Officj, venivano
grandemente disturbati dal suono delle Campane della detta Chiesa di S.
Cecilia, et altri incommodi pativano, che li tenevano in una continua
apprensione; per la qual cosa, havendo più volte li Superiori di quel tempo, posto
in consulta questo gravissimo affare nel loro Conventuale Capitolo, alla
perfine presero deliberatione di pregare, con un supplichevole Memoriale, il
Vesc. della Città Arnaldo, dell'antica, e nobile Famiglia degli Accarigi (il
quale appunto verso il fine dell'anno scorso era stato eletto dal Clero) a
volerli concedere la sudetta Chiesa, et unirla al loro Monistero; perochè essi
si esibivano di osservare [V, p. 400] tutti que' più convenevoli patti,
che fossero ad esso paruti. Egli dunque, che benignissimo era, et era altresì
molto affetionato all'Ordine nostro, si compiacque di farci la gratia, con
tanta istanza richiestali, della quale ce ne fece un nobile Diploma, che si
conserva in questo nostro Archivio, e fu dato nel Palazzo Episcopale di
Bologna, col consenso del Capitolo nel giorno primo di Marzo di quest'anno 1323
quale io quivi alla lettera non registro, per essere smisuratamente lungo, e
non contenere poi in sostanza, per il proposito della nostra Historia, salvo
solo, che la detta Unione. Hoggidì ne tiene tuttavia il possesso questo nostro
Convento, e vi mantiene un suo Religioso per Curato, quale al presente è il P.
Bacciliere F. Agostino Nelli da Bologna, che con somma diligenza e carità,
esercita il detto Ufficio.