Tomo V

Anni di Cristo 1321 - della Religione 935

1 - [V, p. 378] Havendo in quest'anno Andronico il più giovine, assediata con una poderosa Armata, l'Imperiale Città di Costantinopoli, per impsssessarsi di quella, e togliere l'Imperio ad Andronico suo Avo, riferiscono gli Autori Greci, che nel tempo del detto Assedio, un Cavallo sopra di cui stava S. Giorgio artificiosamente dipinto nell'Aula del Palazzo Imperiale, fu udito per un giorno et una notte intiera mostruosamente nitrire; il che pure soggiungono haver fatto 117 anni prima, quando per appunto Baldovino Conte di Fiandria, per strano accidente, divenne Imperatore di Costantinopoli.

2 - Si celebrò in quest'anno il Capitolo Generale nella Città di Trevigi nella Marca Trevigiana; e se bene nel detto Capitolo il Generale Alessandro desiderò grandemente di deporre il grave peso del Generalato, quale per lo spatio di nove anni intieri, con sua somma lode sostenuto haveva, nulladimeno era così universalmente amato da tutto l'Ordine per le sue rare virtù, e per la di lui incompatibile bontà, che venuti li Padri Vocali al generale Scrutinio alli 7 di Giugno, tutti di commune accordo, e con pienezza di Voti, fu di nuovo confirmato per il quarto triennio; tanto riferiscono il Panfilo, il Crusenio, il Romano, l'Errera, e l'Autore altresì dell'antico Registro della Provincia Romana.

3 - Il quale aggiunge, che nel detto Capitolo si fecero molti Decreti per il buon governo universale dell'Ordine, fra quali il più notabile fu, che ogni qualunque volta occorresse a Religiosi di passare da un Convento ad un altro; non fosse lecito ad alcuno di essi di fermarsi in casa d'alcun Secolare per mangiare e per bere, e molto meno poi per ivi pernottare, ma dovessero andare, e tornare recto tramite, senza fermarsi in alcun luogo, e ciò sotto pena d'essere dichiarati e castigati come Apostati. Aggiunge poi il medesimo Autore, che in quest'anno istesso si celebrò il Capitolo della sua Provincia nel Convento d'Acquapendente, e fu Vicario in quello, per il Generale, Maestro F. Giovanni Romano, e l'elettione del Provincialato cadde nella persona di F. Domenico da Castello della Pieve hoggidì Città. Non parliamo punto de' Capitoli dell'altre Provincie, perché non ne habbiamo la cognitione.

4 - Havendo intorno a questo tempo un certo Dottore Parigino, chiamato Giovanni di Poliaco, divulgate, per istigatione dal Demonio, alcune sue erronee, anzi pure ereticali Propositioni, contro l'autorità, non pure de' Religiosi Mendicanti, ma dello stesso Sommo Pontefice, anzi contro l'autorità (cosa in vero horribile da pensarsi non che da dirsi) dello stesso Dio, furono perciò in quest'anno condannate con una gravissima Bolla da Papa Giovanni XXII. Le Propositioni poi erano le seguenti. Primieramente diceva: quelli, che confessavano li loro peccati alli sudetti Religiosi, che havevano autorità generale di Confessare, erano tenuti di Confessare di nuovo i medesimi peccati al loro Paroco. Secondo, diceva, [V, p. 379] che stante il Statuto, omnis utriusque sexus, etc. fatto nel gran Concilio Lateranense, il Pontefice Romano non poteva fare, che li Parocchiani non dovessero Confessarsi una volta l'anno al Paroco loro, anzi che né meno Iddio ciò far non poteva. Diceva per terzo, che il Papa non poteva dare licenza generale di Confessare alli detti Religiosi; e che chi si fosse Confessato con uno di questi tali, che haveva la detta licenza generale, non poteva il Papa, anzi né meno Iddio fare, che non fosse tenuto di Confessare di nuovo li medesimi peccati al proprio Paroco.

5 - Questi erano gli errori vomitati da costui contro li Religiosi Regolari, e massime Mendicanti, con tanto pregiudicio loro, e contro l'autorità del Sommo Pontefice Eterno Giesù Christo, e del suo Santo Vicario. Hor havendo havuta notitia di questi sciocchi errori il Dotto e Zelante Pontefice Giovanni, fece ben tosto citare costui a dovere comparire nella Romana Corte per render contro di questa sua nuova pessima Dottrina; et havendo egli prontamente ubbidito, con la stessa facilità, con la quale haveva promulgate le sudette Eresie, le ritrattò, havendoli fatto vedere il detto Pontefice, non havere quelle alcun fondamento, anzi essere onnninamente contrarie alla Cattolica Fede. La Bolla poi, con la quale condannò per false e per erronee et ereticali le tre sudette Propositioni, registrata si legge fra le Stravaganti dell'accennato Giovanni, fra l'altre annesse al Sesto de' Decretali Titulo Hereticis cap. 2. Vas electionis, e fu data in Avignone a' 23 di Luglio, la cui copia è questa che siegue:

Ioannes Episcopus Servus Servorum Dei.

6 - Vas electionis Doctor eximus, et egregius Praedicator, cuius praedicatio Mundum docuit universum, praesumptuosam illorum audaciam refrenare sollicitus, qui prudentiae propriae innitentes, in errores proprios prolabuntur, non plus sapere, salubri doctrina suggessit, et iuxta Sapientis eloquium. Quisque suae prudentiae modum ponat. Sane dudum cum dilectum filium Magistrum Ioannem de Poliaco Sacrae Theologiae Doctorem certis ex causis de Fratrum nostrorum consilio ad nostram praesentiam vocavissemus; fide digna relatio ad nostrum perduxit auditum, quod ipse in quibusdam Articulis tangentibus poenitentiae Sacramentum non sobrie, sed perperam sapiebat, infrascriptos Articulos periculosos continentes errores, docens publice in suis praedicationibus, et in scholis. Primo siquidem astruens, quod confessi Fratribus habentibus licentiam generalem audiendi Confessiones, tenentur eadem peccata, quae Confessi fuerant, iterum confiteri proprio Sacerdoti. Secundo, quod stante omnis utriusque sexus edicto in Concilio Generali, Romanus Pontifex non potest facere, quod Parochiani non teneantur omnia peccata sua semel in anno proprio Sacerdoti confiteri, quem dicit esse Parochialem Curatum; immo nec Deus posset hoc facere, quia (ut dicebat implicat contradictionem. Tertio, quod Papa non potest dare potestatem generalem audiendi Confessionem, immo nec Deus, quin confessus habenti licentiam teneatur eadem confiteri proprio Sacerdoti, quem dicit esse (ut praemittitur) proprium Curatum. Nos igitur scire volentes si suggesta nobis veritatem haberent, Articulorum praemissorum copiam eidem Magistro Ioanni fecimus assignari, et ad sui defensionem plenam audientiam sibi praebuimus, tam in nostra, et Fratrum nostrorum praesentia in Consistorio quam alias coram aliquibus ex ipsis Fratribus, per nos ad huiusmodi officium deputatis. Verum licet praefatus Magister dictos articulos, et contenta in ipsis defendere niteretur asserebat tamen separatum credere, et tenere in [V, p. 380] praemissis, et alijs, quae tenenda, et credenda esse Sedes Apostolica definiret. Nos igitur attendentes, quod praedictorum Articulorum assertio, praedicatio, et doctrina redundare poterant in multarum perniciem animarum, ipsos per praefatos Magistros in Theologia examinari fecimus diligenter. Nos ipsi etiam cum dictis Fratribus nostris collationem, et examinationem super his habitas, comperimus praemissos Articulos doctrinam non sanam, sed periculosam multum, et veritati contrariam continere. Quos etiam Articulos omnes et singulos, idem Magister Ioannes veris sibi rationibus opinioni dudum suae habitae contrarijs demonstratis, in Consistorio revocavit, asserens se credere eos non veros, sed ipsorum contrarium verum esse, edicens se nescire rationibus sibi factis in contrarium respondere. Ideoque ne per assertionem, praedicationem et doctinam huiusmodi in errorem (quod absit) animae simplicium prolabantur, omnes articulos, et quemlibet eorum tamquam falsos et erroneos, et a Doctrina sacra devios auctoritate Apostolica condemnamus et reprobamus de Fratrum nostrorum consilio praedictorum, doctrinam contrariam, veram et contrarium esse Catholicum asserentes, scilicet, quod illi qui praedictis Fratribus confitentur, non magis teneantur eadem peccata confiteri iterum, quam si ea alias confessi fuissent eorum proprio Sacerdoti ixsta Concilium generale. Optantesque veritatis vias notas esse fidelibus cunctis, et praedictis erroribus praecludere aditum, ne subintrent errores, felicis recordationis Alexandri Quarti et Clementis Quarti Romanorum Pontificum praedecessorum nostrorum vestigijs innintendo, universis, et singulis inhibemus districtius, ne quisque premissos Articulos per nos (ut praemittur) damnatos et reprobatos, et contenta in eis, vel aliquo ipsorum, utpote a Catholicis mentibus respuenda, tenere audeat, seu defensare quomodolibet, vel docere. Quocirca universitati vestrae per Apostolica scripta praecipiendo mandamus, quatenus universis, et singulis vestrum in Civitatibus, et Dioecisibus vestris convocato Clero et Populo communiter omnia praemissa, et singula per vos, seu alios solemniter publicetis. Nos etiam eidem Magistro Ioanni mandamus, quod in Scholis, et Sermone Parisijs praedictos Articulos, et contenta in eis tamquam veritati contraria propriae vocis Oraculo, asseveratione constanti publice debeat revocare; quod se facturum dictus Magister Ioannes efficere repromisit. Datum Avenione 8 Kalend. Augusti Pontificatus nostri Anno quinto.

7 - Gioseffo Panfilo nell'Indice, che fa de' Santi e Beati del nostro Ordine nel fine della sua brieve Cronica, vi registra fra quelli li nomi di due Beati ambi chiamati col nome di Pietro, l'uno della Città d'Angiò in Francia, e l'altro della Terra di Monteciano nello Stato di Siena. Girolamo Romano parlando del primo Pietro nella Centuria 10 sotto l'anno 1386 a car. 73 pensa, che sia lo stesso, che il B. Pietro di Gubbio, non so poi con qual fondamento ciò pretenda, perché niuno ivi ne produce. Il Ven. P. Alfonso d'Orosco, parlando dello stesso B. Pietro D'Angiò, dice, che grandemente si segnalò nell'importantissima virtù dell'Ubbidienza, e volle dire in ristretto, che egli si rese illustre in tutte le virtù; attesochè, chi è perfetto ubbidiente, prontamente esequisce tutto ciò, che Dio comanda nella sua Santa Legge, nel che fare consiste l'esercitio perfetto di tutte le Virtù. Diamo hora le parole precise del P. Orosco: Beatus Petrus de Engabia (vuol dire de Andegavia) Vir magnae Obedentiae in qua praecipue resplenduit.

8 - Quanto poi all'altro Beato Pietro detto da Monteciano, li tre accennati Autori, e con essi il P. Errera, che li produce nel secondo Tomo del suo Alfabeto [V, p. 381] a carte 238 fuori del nudo nome nulla affatto ne dicano; io però probabilmente mi persuado, che questo fosse quel F. Pietro, il quale in quest'anno del 1321 era Priore del Convento nostro di Monteciano, come testifica F. Gio. Battista Pizzichini Bacciliere in sagra Teologia, figlio del detto Convento, in una Relatione fedele, che già mi trasmise 28 anni sono delle cose più notabili del detto suo Monistero. E questo Pietro non si può confondere con il B. Pietro Fiorentino detto da Camerata, attesochè questo cessò di vivere nell'anno del Signore 1313 come in quel tempo habbiamo veduto, come dare ivi altresì un brieve saggio della sua santa Vita.

9 - Fioriva in questo tempo nel nostro Real Convento di S. Agostino Maggiore di Napoli, un gran Dottore e Maestro, alunno, e figlio del Convento di Narni, per nome F. Pietro, il quale si tratteneva nel sudetto Monistero di Napoli, attesochè era Consigliero di Roberto Re di quell'ampio Regno, il quale essendo poi morto, proseguì a servire con l'istessa carica la Regina di Sancia, et il Re Carlo suo figlio; anzi che in quest'anno del 1231 si sottoscrisse insieme con altri Ministri Regi, ad un'Istromento publico, fatto fare per ordine della sudetta Regina, per il buon governo dell'insigne Monistero del Corpo di Christo dell'Ordine di S. Chiara, sontuosamente da essa edificato, in cui anch'essa Monaca si rese, doppo la morte del Re Roberto suo Marito. E questo Istromento fu poi confirmato con una Bolla Apostolica del Pontefice Giovanni XII come scrive il nostro Errera nel Tomo 2 dell'Alfabeto a car. 276 per relatione del P. Vadingo; dice però lo stesso Errera, che di questo F. Pietro non ha altra notitia, che questa.

10 - Noi dunque, che habbiamo veduto, e letto il nono Tomo dell'Italia Sagra dell'eruditissimo Abbate Ughelli, potiamo, alla notitia dataci dall'Errera, aggiungere un'altra molto maggiore, et è questa; che in quest'anno appunto del 1321 fu questo valente Dottore, e Maestro F. Pietro da Narni creato Arcivescovo di Reggio nella Calabria ulteriore dal Pontefice Giovanni accennato, e la di lui elettione, dice l'Ughelli, che si fece ad istanza del mentovato Re Roberto, e ciò soggiunge costare, per una Bolla del detto Pontefice data in Avignone a' 20 d'Aprile, et è per appunto l'Epistola 66 nel Regesto Pontificio di quest'anno, vedasi quest'Autore nell'accennato Tomo 9 in Ecclesia Rhegina alla colonna 441, num 33.

11 - E questa verità potiamo confirmare, con un Decreto, fatto in un Capitolo nostro Generale, che fu celebrato nel nostro gran Convento di Parigi nell'anno del Signore 1329 sotto il Generalato del B. Guglielmo da Cremona; nel qual Decreto si determinò, che i Libri, che erano stati della buona memoria di F. Pietro da Narni Arivesc. Di Reggio (li quali in quel tempo conservavansi nel Monistero di S. Agostino di Napoli) si dovessero trasmettere al Convento di Narni, da cui haveva tratta la sua religiosa origine il detto Prelato; se però li Padri di Napoli non mostreranno, nel termine della futura Pasqua di Rissurrettione qualche cosa in contrario; ecco il detto Decreto, che fu appunto il secondo del detto Capitolo: Secunda Deffinitio huius Capituli fuit ista. Deffinimus quod libri Rever. in Christo Fratris Petri, et Archiepiscopi Rhegini sunt, et esse debeant Loci, et Conventus de Narnia, unde idem P. Venerab. existit oriundus, nisi Fratres Conventus Neapolitani ante Pascha Ressurrectionis proximum aliquid in oppositum produxerint.

12 - Habbiamo così a lungo, e con tanta esatezza dimostrato essere stato creato in quest'anno Arcivescovo di Reggio questo nostro Maestro F. Pietro da Narni, per disignare l'erudito Vadingo, il quale in un'Additione [V, p. 382] sotto il numero 2 che fa nel fine del settimo de suoi Annali de' Minori al terzo Tomo, parlando d'un tal F. Pietro del suo Ordine qual dice essere stato prima di questo tempo Arcivescovo di Reggio, soggiunge, che al detto Pietro successe un altro F. Pietro, qual dice, che non sa se fu dell'Ordine de' Predicatori, o pure del suo de' Minori; ove si noti, che pare, che questo Autore certamente supponga, che il Pontefice o non potesse, o non fosse solito di creare Vescovi Regolari, fuori che delli due Ordini sudetti; hora, da quanto habbiamo più sopra chiaramente dimostrato, intenda, e sappi, che questo F. Pietro non fu Religioso dell'Ordine de' Predicatori, né tampoco di quello de' Minori, ma ben si fu dell'Ordine nostro Agostiniano; tralascio, che il nostro F. Pietro non successe ad un altro F. Pietro Minorita, come così francamente scrive il detto Vadingo, ma ben sì ad un Guglielmo Cittadino della medesima Città di Reggio, come nota l'Ughelli nel luogo sopracitato; anzi che di vantaggio io non ritrovo prima del nostro Pietro alcun Arcivescovo di Reggio Minorita, fuori che un certo F. Gentile, il quale fu creato Arcivescovo da Papa Nicola III l'anno 1279 e governò quella S. Chiesa fino all'anno 1307.

13 - Fu parimente verso il fine di quest'anno, cioè a 21 di Decembre creato Vescovo di Castro nel patrimonio di S. Pietro dallo stesso Giovanni XXII un Religioso nostro per nome F. Pietro; tanto per appunto testifica l'Abbate Ughelli nel Tomo primo della sua Italia Sagra alla colonna 619, non si sa però di qual Patria, anzi né meno di qual Provincia o Natione egli si fosse questo F. Pietro, penso nulladimeno, che egli fosse Italiano.

14 - Viveva altresì in questo istesso tempo nel Regno di Scozia, un dottissimo Maestro della famosa, in quel tempo, Provincia d'Inghilterra, chiamato Frat'Alano, nato nella Città di Tifedale, di cui testifica Tomaso Dempstero gran Letterato del sudetto Regno di Scozia, che intorno a quest'anno del 1321 illustrò grandemente, con alcune sue Opere dottissime la Patria e la Religione Agostiniana; così da questo Autore riferisce l'Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto a car. 53.

15 - Arnoldo Conte d'Ascelet nella Provincia di Fiandra, qual già più sopra nel suo proprio luogo scrivessimo haver fondato nella sudetta sua Terra d'Ascelet un nobile Monistero per la nostra Religione, ritroviamo altresì, che in quest'anno del 1321 fondò, e con sufficienti rendite dotò, nella Chiesa dell'accennato Convento, una sontuosa Capella in honore di S. Humberto, di cui era grandemente divoto; così testifica Auberto Mireo nella Notitia delle Chiese, e Monisteri di Fiandra a car. 170, appresso il nostro Padre Errera nel Tomo primo dell'Alfabeto a car. 360.