Tomo V
Anni
di Cristo 1319 - della Religione 933
1 - [V, p. 368] Non habbiamo in quest'anno
novità più rilevante, che spetti all'Historia universale del Secolo, e della
Chiesa, se non solo la continuatione della guerra fra li due Competitori
dell'Imperio, Lodovico di Baviera e Federico d'Austria; come altresì delle
rabbiose discordie, e diaboliche guerre civili, che passavano più che mai fra
Guelfi e Gibellini, e fra Bianchi e Neri. Quanto poi a gli avenimenti della
Chiesa, habbiamo l'Origine e l'Istitutione del Sagro Ordine Olivetano sotto la
Regola del P. S. Benedetto; il qual'Ordine o Congregatione, hebbe per
Istitutori tre Nobili Cittadini Sanesi, il piu principale de' quali fu il B.
Bernardo Tolomei. Vedi l'Historia Olivetana di D. Secondo Lancilotti.
2 -
Per
quanto si ricava dal Processo fatto per ordine della S. Sede nell'anno del
Signore 1325 in ordine alla Canonizatione del P. S. Nicola da Tolentino,
successe in quest'anno 1319 un stupendissimo Miracolo operato da Dio, per i
meriti di questo glorioso Santo, nel Castello di Belforte, poco lontano dalla
sudetta Città di Tolentino, e fu questo. Un certo Giacomo, detto communemente
Giacomuccio o Giacomaccio, come espressamente nel sudetto Processo si nomina,
di Casa Facciabuona, il quale, per una grave infirmità rimase come mentecatto,
e [V, p. 369] stolido, un tal giorno,
che la di lui Moglie era uscita di Casa per alcune domestiche facende, egli dal
cattivo genio, o vogliamo dir meglio, dal Demonio istigato, prese una fune, e
fatto un laccio, scoritoio, e legatala ad un travicello, si pose il laccio al
collo, ed a quella si sospese, e restò morto. Tornata la Moglie a Casa, e
veduto l'orrendo spettacolo, spaventata, cominciò a gridare, a segno che molte
persone accorsero al rumore, e tagliarono il laccio, ponendo il Morto sopra
d'una tavola, e poscia via se n'andarono. Rimasta dunque ivi sola la Moglie,
come era molto divota di S. Nicola, postasi inginocchioni, con grandissima
fede, pregò il Santo, che si compiacesse impetrare da Dio la Ressurrettione del
suo Marito, attesoche li prometteva ella in contracambio di Gratia così
singolare, di portare alla di lui Arca una soma di Grano; et ecco, che appena
hebbe fatto il Voto, che subito vidde, che già l'estinto Consorte cominciò a
muoversi, et a dare espressi segni di vita, e così proseguendo a ravivarsi, nel
giorno seguente restò totalmente non solamente vivo, ma sano, e gagliardo più
che non era prima, che si appiccasse. Questo caso cotanto miracoloso, viene
altresì communemente riferito da tutti quelli, che hanno scritta la Vita di
questo gran Taumaturgo di S. Chiesa, e specialmente lo riferisce F. Ambrosio
Frigerio nella Vita del detto Santo nel cap. de' Miracoli a carte 138.
3 -
E già,
che siamo entrati a favellare così seriamente di questo Appicato, ritornato in
vita per i meriti di S. Nicola, ci torna quivi in acconcio di produrre alcuni
altri Casi simili di persone però appiccate, per sentenza de' Giudici, de'
quali fanno ben sì memoria gli Autori della Vita del Santo, ma non assegnano il
tempo preciso in cui furono Giustitiati. Devesi dunque sapere, che il
sopramentovato Ambrogio Frigerio nella sudetta Vita, che scrisse di S. Nicola
nell'accennato Capitolo a car. 136, racconta che essendo stati condannati alla
morte due poveri Huomini di Foligno, incolpati di havere rubato un paio di
Bovi, et havendo essi, tutto che innocenti, a forza di crudeli tormenti,
confessato di haver commesso quel delitto, che in verità commesso non havevano.
Ecco, che nell'andare al supplicio si raccomandarono entrambi al glorioso S.
Nicola, acciochè esso, con la sua innata Carità, come che sapeva la loro
innocenza, si degnasse di soccorrerli in così gran pericolo; giungono fra tanto
al Patibolo, et ambi sono sospesi. Ma ecco, che indi a tre giorni, passando per
colà un Gentilhuomo a cavallo, sente una voce, che lo chiama, si rivolge, e
conosce, che quella voce esce da' Cadaveri di que' due Appiccati; laonde punto
non spaventandosi, così li prese a dire: O là, se voi siete Spiriti buoni, che
così parlate in que' Cadaveri, vi prego, che vogliate palesarmi il mistero; se
poi siete Spiriti cattivi, che contaminate que' poveri Corpi, io vi comando,
per la sovrana Virtù dello Spirito Santo, che tosto dobbiate sfrattare da
quelli. All'hora schiettamente parlando i sudetti sospesi, dissero: Sappi, o
Cavaliere, che non siamo Spiriti, ma Anime ragionevoli, che parliamo, e se bene
siamo stati appiccati, siamo però vivi, per la gratia di Dio, e per i meriti
del glorioso S. Nicola da Tolentino, a cui, essendo innocenti, prima di essere
appiccati, ci raccomandassimo di cuore; ed egli tutto pietoso, per tutti questi
tre giorni, sottoponendo le sue mani a nostri piedi, ci ha miracolosamente, non
solo conservati vivi, ma di vantaggio ancora ha fatto, che non habbiamo provato
alcun tormento. All'hora il Gentilhuomo sfoderata la Spada recise ambe le funi,
et essi cadendo in terra, restarono in piedi; e doppo haver ringratiata prima
la divina Bontà, et il Santo, e Poscia quel buon Signore, finalmente lieti [V, p. 370] e contenti, s'incamminarono di
buon passo alla volta di Tolentino, ove giunti, resero di nuovo al Santo le
dovute gratie, a cui anche, per segno del gran Miracolo, offersero i due
Capestri.
4 - Molto simile a questo è un altro Caso, che pure
riferisce lo stesso Frigerio nel Capitolo medesimo a car. 141, di due Fratrelli
da Osimo, de' quali uno chiamavasi Nuzubo e l'altro Vanni. Soggiunge poi, che
essendo andati costoro nel paese dell'Aquila, Metropoli dell'Abruzzo, volle la
mala sorte loro, che nello stesso tempo, che in quel Paese giunsero, fosse
commesso da persona ignota un'homicidio; per la qual cosa, essendo colà passata
la Corte, per prendere il Malfattore, e no havendo ritrovato altri, che li
sudetti due Fratelli forestieri, furono ben tosto da' Satelliti, come Rei,
carcerati, et essendo poi stati esaminati più volte, e nulla mai confessando
essi, perché in vero erano innocenti, il Giudice li fece dare tanti tormenti,
che alla perfine furono forzati a confessare d'haver fatto ciò, che in verità
fatto non havevano; così dunque essendo stati ambi condannati alla Forca, per
divino Volere, appicarono il primo, che Nuzubo chiamavasi, e poscia, indi a
quattro giorni, conducendo a sospender l'altro, arrivati al Patibolo,
ritrovarono, il già sospeso di quattro giorni, vivo, per essersi raccomandato
al glorioso S. Nicola; laonde havendo ciò risaputo il Giudice, diede la libertà
ad ambidue.
5 -
Non fu
meno maraviglioso, e stupendo il Miracolo, che operò questo gran Santo in
questa nostra Patria di Bologna nel principio del Secolo passato, cioè nell'anno
del Signore 1507, per quanto si ricava da' Registri dell'Ordine sotto il
Generalato d'Egidio da Viterbo, che fu poi Cardinale di S. Chiesa, quale
vogliamo quivi anticipatamente narrare, per accopagnarlo con gli altri di sopra
riferiti; il caso poi nella seguente guisa passò. Un certo Pietro Antonio da
Bologna, essendo stato preso dalla Corte, per certi furti da esso fatti, et
havendolo egli confessato il suo delitto, fu condannato ad essere appiccato, et
ecco, che essendo condotto al Patibolo, come haveva qualche poca di divotione a
S. Nicola, così in quel suo gran travaglio, si raccomandò con grande humiltà
alla di lui potentissima protettione; giunge fra tanto al luogo del supplicio,
salisce su per la scala, e con il laccio al collo, giù di quella vien gettato
dal Ministro della Giustitia, il quale doppo la sua funtione, ivi appeso e
morto lo lascia. Verso la sera, cioè su le 22 hore, vanno i Confrati della
Nobilissima Archiconfraternità di S. Maria della Morte, per distaccare il
Cadavere del povero Giustitiato dall'infame Patibolo, per darle sepoltura; ma
ecco (oh meraglia grande) che tagliato da uno di que' Confrati il Capestro,
quegli, che stimavasi morto, e che era stato appeso lo spatio di molt'hore, si
ritrova essere vivo non solo, ma sano, e gagliardo senz'alcuna offesa; laonde
interogato, come fosse vivo, rispose, che essendosi egli raccomandato a S.
Nicola di tutto cuore, quel pietoso Santo l'haveva sostenuto con le mani, a
segno, che non solo non haveva sentito alcun tormento o dolore, anzi che haveva
provato un grandissimo refrigerio. Alla fama di questo gran Miracolo accorse
ben tosto tutta la Città, et essendo stato condotto alla Chiesa del Duomo a
rendere le dovute gratie a Dio et al Santo, et havendo detto, che voleva essere
Religioso di quell'Ordine, di cui era stato professore il suo Santo
Benefattore; di ciò avisato il Priore di questo Convento di S. Giacomo, che era
il Padre Maestro Giovanni della Ripa, se ne passò egli tostamente con tutti i
suoi Religiosi sotto la Croce in Processione a S. Pietro, per vestire con
l'Habito della Religione il sudetto Pietro Antonio; il che havendo fatto,
dandoli il nome di Nicola, s'inviò di nuovo [V,
p. 371] la Processione de' Padri col seguito di tutto il Popolo, la
qual Processione, tornando in Piazza, e passando sotto il Voltone della Madonna
del Popolo, e volendo il nuovo Religioso genuflesso fare un poco di oratione,
il Popolo se gli aventò, e come fosse stato un Santo ogn'uno cercò d'havere
qualche fragmento di quell'Habito, che pur all'hora indossato haveva, restando
egli di quello totalmente spogliato. Giunto poi nella nostra Chiesa fu di nuovo
rivestito, e doppo havere un'altra volta ringratiato il glorioso S. Nicola
insieme con tutto il Popolo, alla perfine quivi co' nostri Padri, si rimase a far
penitenza de' suoi peccati. Questo Miracolo viene pur anche riferito dal P.
Frigerio, e da tutti gli altri Autori della Vita di S. Nicola, benchè da niuno
si assegni il tempo preciso in cui successe. Fino al giorno d'hoggi nella
vecchia Cappella di S. Nicola, in questa nostra Chiesa, vedesi appeso al muro
una Tavoletta, in cui effigiato si vede tutto questo miracoloso evento, fin da
quel tempo in cui successe.
6 -
Vogliamo
terminare questi miracolosi racconti con un altro Caso successo in Perugia, il
quale è veramente per ogni lato sopra tutti gli altri singolarissimo. Essendo
stato in tempo, non assegnato dagli Autori, ucciso nella detta Città un'Huomo,
e non trovandosi il vero Malfattore dalla Corte, che n'andava in traccia,
perché s'era nascosto, et havendo questa veduto a caso correre per una strada
un'Huomo, e stimandolo l'Homicida, lo prese, e lo condusse prigione; e se bene
nel primo esame, costantemente negò d'haver commesso il detto eccesso,
nulladimeno posto al Tormento, né potendolo sopportare, confessò d'essere stato
il micidiale; e però fu subito condannato ad essere decapitato. Nel giorno
dunque destinato, prima d'essere condotto al Patibolo, fece una brieve oratione
a S. Nicola, a cui con gran copia di lagrime raccomandò la su innocenza, promettendoli
con solenne Voto che se gl'impetrava da Dio la liberatione da quell'indebita
morte, voleva andare a Tolentino a servire quel suo Convento per un'anno
intiero senza alcuna mercede. Fatto il Voto vien condotto sul Palco, pone il
collo sotto la Mannaia, la quale gagliardamente percossa la Carnefice con un
Maglio di legno forte, non solo non glie lo recide, e punto non lo ferisse, ma
si spezza il Maglio, la Mannaia et il Ceppo, come se ambi fossero stati di
fragil vetro. Ciò veduto il Bargello, fa portare un nuovo Ceppo e Maglio, et
una nuova Mannaia, e tornando di nuovo il Ministro a percuotere con triplicato
colpo la Mannaia, si spezzarono come prima li tre sudetti Ordigni, et egli
restò illeso; la qual maraviglia successe ancora la terza volta. Ma havendo
detto quel povero Innocente al sudetto Bargello, che si affaticava in vano di
troncarli la testa, d'havere in sua difesa un Nome così potente, che tutte
l'Armi del Mondo non lo potevano offendere; per la qual cosa stimando colui,
che egli havesse adosso qualche Breve, o qualche Scrittura superstitiosa,
comandò a suoi Sergenti, che fosse spogliato ignudo, e volendo, che di nuovo
ponesse il Capo sopra il nuovo Ceppo, per ricevere il colpo da una nuova
Mannaia, all'hora quegli rivolto disse: Sappi, o Huomo crudele, che io ho
raccomandata la mia innocenza a S. Nicola, et egli mi pone la mano sul collo, e
rompe il tuo Ferro, e spezza i tuoi Ceppi, e mi conserva in vita. La qual cosa
intesa dal Popolo, che ivi numeroso stava presente, intenerito da così gran
Miracolo, con alta voce cominciò quasi a tumultuare, facendo istanza, che si
dasse la libertà all'Innocente. Al tuono di quelle voci, il Bargello rivolto,
disse al Popolo; Signori, datemi licenza, che io di nuovo provi se veramente
costui dice il vero, o pure il falso, io vi prometto, che se succede come
l'altre volte, all'hora crederò, [V, p. 372] che
sia Miracolo, e li darò la libertà. A queste parole, quietatosi il Popolo,
sottopose il collo di nuovo il Patiente alla tagliente Mannaia, e successe per la
quarta volta il prodigioso Miracolo. Il Bargello all'hora scendendo da Cavallo,
genuflesso chiese perdono all'innocente, e fattolo rivestire, con applauso
universale di tutto il Popolo, a gloria di Dio, e del suo gran Servo S. Nicola,
li diede la libertà, et egli subito inviatosi a Tolentino, sodisfece poi
compitamente al Voto fatto.
7 -
Non
havendo in questo tempo la nostra Religione Monistero alcuno nelle tre famose
Città della Francia, Rens ed Orliens, e né tampoco in quella di Tornai, la
quale era in questo tempo anch'ella soggetta al re di Francia, tutto che
situata nella Fiandra; e bramando la sudetta Religione nostra di entrare in
tutte tre le dette Città, e vedendo altresì che in esse vi erano tre Monisteri,
li quali erano già stati dell'Ordine de' Sacciti, cioè del Sacco, il quale fu
già abbollito nel Concilio celebrato in Lione sotto Gregorio X nell'anno del
Signore 1274, si rissolse per tanto il Generale dell'Ordine, Alessandro da
Sant'Elpidio, di far presentare, così a nome suo, come di tutta la Religione,
un'humile Memoriale alla Maestà di Giovanni Re di Francia e di Navarra,
affinchè si degnasse, per sua somma clemenza, d'interporre la sua potentissima
intercessione appresso il Sommo Pontefice Giovanni XXII, acciò la Santità Sua
si degnasse di concedere, in gratia di Sua Maestà, alla nostra Religione li tre
sudetti Conventi, già de Sacciti, esistenti nelle tre mentovate Città, acciò
potesse colà mandare suoi Religiosi ad affaticarsi per il beneficio e la salute
dell'Anime de' Cittadini di quelle. Et havendo il sudetto Re gratiosamente
intrapreso il pietoso ufficio con il Sommo Pontefice, hebbe questo tanto vigore
appresso Sua Santità, che subito in conformità del desiderio del Re, e della
Religione, spedì una sua Bolla diretta all'Arcivescovo di Rens, et alli due
Vescovi di Tornai ed Orliens, nella quale li comandò, che dovessero consegnare
all'Ordine nostro li sudetti tre Conventi, che erano stati de' Sacciti, se li
pareva, che potessero essere li Religiosi di quello utili per l'Anime de' loro Sudditi
Diocesani. Questa Bolla poi viene prodotta, senza la Data, da Auberto Mireo nel
secondo Libro delle Donationi Fiamminghe capit. 116 etc., e la trascrive
l'Errera dal Crusenio nella terza parte del suo Monastico capit. 12 pagina 148,
et è appunto del seguente tenore:
Ioannes Episcopus Servus
Servorum Dei.
8 - Venerabilibus Fratribus Archiepiscopo
Remensi, ac Aurelianensi, et Tornacensi Episcopis, salutem, et Apostolicam
benedictionem. Ex parte Charissimi in Christo filij nostri Ioannis Franciae, et
Navarrae Regis illustris, Nobis extitit intimatum, quod Loca, quae dudum
Fratres de Poenitentia Iesu Christi, alias de Saccis, in vestris Dioecesibus
obtinebant, iam sunt totaliter derelicta. Qua re Nobis humiliter supplicavit,
et cum Priores, ac Fratres Eremitae Ordinis S. Augustini in eisdem Civitatibus
non habeant mansiones, dicta Loca, quae secundum constituta Concilij Lugdunensis
sunt dispositioni Sedis Apostolicae reservata, eisdem Fratribus Eremitis
concedere dignaremur. Nos igitur eiusdem Regis supplicationibus inclinati,
Fraternitati vestrae, de qua plenam in Domino fiduciam obtinemus, per
Apostolica scripta mandamus, quatenus, si vobis visum fuerit, quod Fratres
praedicti Ordinis S. Augustini in Locis praedictis debeant esse oportuni, Loca
ipsa authoritate nostra eisdem Fratribus concedatis, etc.
9 -
Questa è
la copia dello squarcio principale della Bolla di Giovanni XXII [V, p. 373] la quale
fu data in quest'anno del Signore 1319, se bene Auberto Mireo, non havendola
copiata tutta, ci toglie il poter sapere in che giorno, et in che Mese fosse
data, communque sia gli è certo, per quanto almeno scrive Nicola Crusenio nella
terza parte del suo Monastico Agostiniano cap. 12 a carte 148, fu dato il
possesso del Convento di Tornai al R. P. Guglielmo Leferon a nome del
Reverendiss. P. Generale Maestro Alessandro da S. Elpidio. Di questo Monistero
se ne fa mentione molte volte ne' Registri Generali dell'Ordine; e spetialmente
ritroviamo, che nell'anno 1463 fioriva in questo Monistero un Maestro di molta
qualità, per nome F. Tomaso, a cui il Generale Maestro Guglielmo Bechij da
Firenze scrive una lettera esortatoria, nella quale l'esorta a fondare nella
Chiesa di quel Convento due Confraternite, cioè quella dell'Immacolata
Concettione di Maria sempre Vergine, e quella altresi del P. S. Nicola da
Tolentino,
10 -
Fu
altresì consegnato in quest'anno alla Religione nostra, benchè non si sappia
precisamente in mano di chi, dall'Arcivescovo di Rens, in vigore della Bolla
sudetta, il Monistero, ch'era stato già de' Frati del Sacco, quale pur
tutt'hora conservasi nell'Ordine, et è Convento di Studio, quale vi fu posto
dal Generale Maestro Christoforo da Padova l'anno del Signore 1563, ad istanza
di Carlo Cardinale di Lorena Arcivescovo di Rens, il quale alcuni anni prima
haveva fondato in quella Città, con Regia Autorità, lo Studio di tutte le
Scienze; tanto per appunto si legge ne' Registri Generali dell'Ordine.
11 -
Così
pure il Convento d'Orliens, che era stato de' sopradetti Padri del Sacco, fu
consignato, in virtù della sudetta Bolla al Provinciale, et a Padri della
Provincia di Parigi, chiamata communemente la Provincia di Francia. Ma, perché
questo Convento era fondato fuori della Città, come altresì tutti gli altri
Monisteri degli altri tre Ordini Mendicanti, volle per tanto la di lui sorte
infelice, che nell'anno 1428 fosse gettato per terra da' Cittadini medesimi,
per il timore, che hebbero, che gl'Inglesi nemici dei Francia, nell'assedio,
che temevano, dovessero porre ben presto alla loro Città, non se né servissero
per Castello; la qual disgratia avenne altresì ben presto alli Monisteri de' PP.
Domenicani, Francescani e Carmelitani. Così riferiscono il Bzovio nel Tomo 15
degli Annali Ecclesiastici all'anno 1428, num. 20, a carte 703, e Carlo Sausseio
nell'Historia d'Orliens appresso l'Errera nel Tomo primo dell'Alfabeto a carte
79, fa però di mestiere, che passata questa furia fondassero un nuovo Monistero
i Padri, perochè hoggidì la Religione possiede un Convento molto nobile nella
sudetta Città, il quale, fra gli altri Soggetti, che ha prodotti, il più
insigne è stato il P. Maestro Leonardo Coqueo Dottore Parigino, il quale non
meno chiaro, et illustre si rese per la cognitione perfetta, ch'egli hebbe
delle tre famose lingue, Hebraica, Greca e Latina, che per i nobili Commentarj,
che scrisse sopra i Libri famosi della Città di Dio del nostro gran Padre S.
Agostino, e per un altro dottissimo Libro, che scrisse in difesa della Fede
Cattolica, contro l'Eresie di Filippo Murneo. Fu poi questo Confessore di
Christiana di Lorena Gran Duchessa di Toscana, che fu moglie del Gran Duca
Ferdinando Primo.
12 -
Ci giova
di notare nel fine di quest'anno, che così il P. Empoli nel suo Bollario
Agostiniano a carte 403, ove registra un Catalogo de' Procuratori Generali di
tutto l'Ordine, li quali erano stati fino al suo tempo, nota fra gli altri in
quest'anno del 1319, F. Roberto da Monte Rubiano, quale io certamente mi
persuado, che sia quel medesimo, che fu pure deputato per lo stesso Ufficio
importante nel Capitolo Generale, [V, p. 374]
che si celebrò in Napoli nell'anno del Signore 1300, se bene poi io credo,
che in quello non perseverasse, che pochi Mesi. Di questo medesimo Soggetto ne
parla pure il P. Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto a car. 446, ove pure lo
registra sotto di quest'anno Procuratore Generale dell'Ordine, come fa il
sopramentovato P. Maestro Empoli.