Tomo V
Anni
di Cristo 1315 - della Religione 929
1 – [V,
p. 339]
Mentre in quest’anno stanno li Cardinali più che mai duri, per le loro
discordie, nel venire all’Elettione d’un nuovo Pontefice, tanto desiderato da
tutti i buoni. E dall’altra parte, mentre stavano li due Imperatori eletti, fra
di loro fieramente pugnando, se bene Lodovico il Bavaro, essendo stato eletto
dalla maggiore parte degli Elettori, era il vero e leggittimo Imperatore. Ecco
all’incontro, che il Grande Iddio sommamente sdegnato per gravissime
sceleraggini, che in tutte le parti del Christianesimo in grandissima offesa di
Sua Divina Maestà si commentavano, mandò una Peste, et una carestia così
grande, che ne rimase estinta, allo scrivere di tutti gli Autori, più della
terza parte de’ Viventi, anzi che nelle parti della Polonia e Slesia, le cose
si ridussero a tanta miseria, che i Padri, e le Madri si cibavano de’ propri
Figli, e mangiavano altresì cose sporchissime. Vedi il Bollando, il Bzovio et
il Spondano.
2 – Il Generale Alessandro di S. Elpidio havendo
terminato il triennio del suo Generalato, che era appunto il termine prefisso
di quella sovrana Dignità, radunò per tanto i Padri Vocali dell’Ordine al
Capitolo Generale nell’insigne Monistero di Padova, per doversi fare da essi in
quello l’elettione del nuovo Generale. Essendosi dunque congregati tutti li
sudetti Padri Vocali nell’accennato Convento verso il principio di Maggio, et
entrati in Capitolo per appunto alli 2 del detto Mese, in vece di venire
all’elettione di un nuovo Generale, tutti d’accordo, considerando quanto fosse
utile al buon governo della Religione il dottissimo Alessandro, a gran voci
l’acclamarono Generale per un altro triennio.
3 – Già fin sotto l’anno del 1306 in questo istesso Tomo
al num. 29 e 30 riferimmo, come la B. Vergine apparve al nostro B. Nicola Bruni
da Messina, mentre era Priore di Palermo, e se ne stava in letto opresso da
gravissimi dolori, in quella forma, che si adorava appunto una sua Ven.
Immagine, su l’Altare di S. Martino nella Chiesa del detto Convento, e
liberatolo in un momento dalla sua grave infirmità, gli ordinò che da indi in
avenire l’adorasse e riverisce, e nelle di lui necessità l’invocasse sotto nome
della Madonna del Soccorso, et il medesimo facesse intendere nelle sue Prediche
al Popolo Christiano; il che havendo egli poi fatto, [V, p. 340] cominciò il Popolo,
con gran concorso, a frequentare la detta Chiesa, visitando divotamente
l’Immagine sudetta, invocandola con l’accennato titolo del soccorso, con gran
frutto e beneficio di chiunque divoto ricorreva al di lei patrocinio.
4 – Hora in quest’anno del 1315 successe un altro bel
Miracolo di questa Ven. Immagine nella medesima Città di Palermo; e fu, che
ritrovandosi pure una buona Donna molto divota di Maria sempre Vergine,
grandemente aggravata, et oppressa dalla non meno tormentosa, che noiosa
infirmità della Paralisia, gli apparve parimente la gran Madre di Misericordia
col suo beato Volto simile alla sudetta Immagine del Soccorso, e cingendola con
una Cintola di argento, sana incontanente la rese, e poi le disse: Hora, che
sana sei, porta questa Cintura, ove troverai un’Immagine in tutto a me simile,
et ivi lasciala, perché questa è la mia volontà, e ciò detto disparve. Hor non
sapendo la buona Donna in qual Chiesa precisamente fosse la detta Immagine, si
diede perciò a scorrere, e perlustrare quasi tutte le Chiese di quella gran
Città; ma finalmente essendo entrata nella nostra Chiesa di S. Agostino, appena
vide il Volto della B. Vergine del Soccorso, che subito esclamò: Questo è il vero
Ritratto di Maria Santissima. A questa debbo io consegnare questa Cintola
miracolosa; laonde, havendo manifestato il celeste segreto al P. Priore del
Monistero; et a gli altri Padri, lasciò nelle loro mani quel pretioso Tesoro; e
questo gran succeso avvenne nel giorno 22 di Luglio.
5 – Ricevutala dunque i nosri Padri, la riposero, con
grandivotione, fra le Reliquie più insigni di quella S. Chiesa, come cosa
venuta dal Cielo, e presentata da così alta Regina, la quale per mezzo di
quella Beata Cintura, ha poi fatto grandissimi Miracoli e Prodigi fino a nostri
tempi, e più che mai ne fa, portandola continuamente i Padri a poveri Infermi,
et in particolare aiuta in estremo le Povere Parturienti, e si espone molte
volte fra l’anno su l’Altare della sudetta Madonna del Soccorso alla vista del
Popolo che divoto, e riverente l’adora, fatta in foggia di Croce, e tutte le
quarte Domeniche si porta in Processione. La Festa della sudetta Immagine poi
si celebra ogni anno con solennissima pompa alli 8 di Decembre, e per sette
Mercoledì antecedenti al sudetto giorno, si espone la sagra Cintura, si fanno
bellissime Musiche, e si sermoneggia in lode della B. Vergine con gran concorso
di quel Popolo numeroso. In fatti questa è una delle più insigni e miracolose
Immagini di Maria, che possieda la Religione.
6 – Accade in questo tempo istesso una disgratia di gran
rilievo a questo nostro insigne Monistero di S. Giacomo di Bologna, la quale
viene riferita dal nostro P. Cherubino Ghirardacci nel Tomo primo dell’Historie
della detta Città, e fu, che havendo li Padri Carmelitani abbandonato il loro
primo Convento di S. Nicolò in Carpineto, sopra il picciolo fiumicello
dell’Avesa, e fatto passaggio alla Chiesa Parochiale di S. Martino, denominata
anch’ella dallo stesso Fiumicello dell’Avesa, per fondare a canto di quella un
nuovo Monistero; subito ciò vedendo i nostri PP. di S. Giacomo, si opposero
alla detta Fondatione, con mostrare, che non la potevano fare in quel luogo,
per non essere quello dalla nostra Chiesa lontano con la dovuta distanza di 140
canne, come doveva essere, in conformità del Privilegio concesso all’Ordine
Agostiniano dalla santa memoria di Papa Bonifacio VIII quale più sopra habbiamo
registrato sotto l’anno del Signore 1295 n. 4, et in effetto il litigio era ridotto
a segno, che li sudetti PP. Carmelitani erano necessitati o di far ritorno
nell’abbandonato Convento di S. Nicolò, o di fondare il nuovo in sito più
lontano dal nostro.
7 – [V,
p. 341] Hor
vedendosi li sudetti PP. del Carmine ridotti in queste angustie, presentarono
un Memoriale al Senato della Città, supplicandolo a volersi interporre in così
grave affare con la loro sovrana autorità (perochè in questo tempo haveva il
detto Senato l’assoluto Dominio della detta Città) con esortare li nostri Padri
a volere, in gratia del detto Senato, cessare dalle molestie, che loro davano;
et in effetto il Senato si compiacque di prendere la loro protettione, e di
proporre con amorevoli parole li nostri Padri a volere in gratia sua lasciare
proseguire la fabrica incominciata a gli accennati Padri del Carmine, ma
havendo risposto li nostri con mansuete et humili parole, che non potevano in
verun conto ciò permettere senza loro gran pregiudicio, perché sarebbe la detta
permissione passata facilmente in esempio; et essi ne sarebbero altresì stati
non solo biasimati, ma etiamdio severamente puniti dalli loro Superiori
maggiori; ma replicando il Senato altri argomenti per ridurli al suo volere, e
persistendo i nostri più che mai costanti nella loro ragionevole negativa; alla
perfine il detto Senato ripieno di grandissimo sdegno, ordinò, che la Fabrica
si proseguisse, e ritogliendo al nostro Monistero tutti i frutti e l’entrate,
che concesse gli haveva, e specialmente il Ponte dell’Idice con l’Ospitale
vicino con alcune Possessioni annesse, il tutto, per maggior onta de’ nostri,
donarono a’ Padri Carmelitani.
8 – Ma a questo funesto racconto, che fatto habbiamo di
questo nostro nobilissimo Convento, ci giova di aggiungere, in proposito del
medesimo, uno più lieto, il quale è questo: Che havendo dato principio li
nostri primi Padri (che vennero dall’antico Convento di S. Giacomo Filippo di
Savena a fondare questo di S. Giacomo nella Strada di S. Donato) alla fabrica
della Chiesa fino dall’anno 1268 con le limosine così del Senato, come de’
pietosi Cittadini, e con quelle, che altresì si raccolsero dalli Diocesani di
Bologna, di Modana e d’Imola, finalmente si ridusse in questo medesimo anno
all’ultima perfettione; che però li nostri Padri di questo tempo, tutochè
havessero ricevuto un colpo si pesante dal sudetto Senato, come habbiamo
riferito nel numero antecedente, nulladimeno grati per le mentovate limosine
ricevute così da esso, come dagli altri Cittadini, posero questi due Versi
sopra la Porta maggiore della detta Chiesa; ne’ quali con la mentovata
gratitudine, si dichiara altresì essere quella consagrata, non solo
all’Apostolo S. Giacomo Maggiore, ma etiamdio al nostro P. S. Agostino; i versi
sono questi: Hoc Augustino Templum divoque Iacobo Felsinei posuere Viri,
iustusque Senatus.
9 – La nostra Chiesa del Convento di Sulmona, Città
antica e nobile dell’Abruzzo, già prima dedicata fin dal suo bel principio al
glorioso S. Martino, in quest’anno essendo stata di nuovo fabricata, et in più
ampia e magnifica forma ridotta con le grosse limosine e soccorsi, che per tale
effetto furono largamente soministrati da un divoto Cittadino di quella Patria
chiamato Ravallo di Sanità, lasciato il vecchio titolo di S. Martino, prese
quello del nostro glorioso Padre S. Agostino. Della fondatione di questo
Monistero ne habbiamo scritto a bastanza più sopra in questo Tomo 5, sotto
l’anno di Christo 1282.
10 – Se bene Gioseffo Panfilo nella sua Cronica
Agostiniana, favellando del Monistero di Marsiglia, che hoggidì possiede la
Religione in quella famosissima Città su la Ripe del bellissimo Porto di
quella, scrive, che fu ivi trasferito dal vecchio, che posseduto haveva la
Religione fuori della detta Città per longo tempo vicino a S. Lazaro nell’anno
del Signore 1351. Ma all’opinione di questo Autore si oppone il P. Girolamo
Romano [V,
p. 342] nella Centuria decima delle nostre Historie a car. 69 ove
assolutamente dice, che questa traslatione dell’antico nostro Monistero, che
era fuori di Marsiglia, fu fatta dentro della Città in quest’anno del 1315 e
ciò col favore del Re di Francia, che era in questo tempo Lodovico X che fu
figlio primogenito di Filippo il Bello, morto nell’anno antecedente. Alla
sentenza poi di questo Autore si sottoscrive di buona voglia il dotto Errera
nel Tomo 2 dell’Alfabeto Agostiniano a car. 116.
11 – Riferisce parimente l’Errera nel sudetto Tomo 2
dell’Alfabeto a carte 221, per relatione di Diego d’Ainsa, e di Vincenzo
Blaschi ambi Historici illustri del Regno di Aragona, che in questo, o
nell’anno antecedente, Domenico Raimondo Acuti Canonico d’Osca, e Archidiacono
di Serrabro fece patto con i nostri Padri, stabilito con un publico Istromento
rogato per Giovanni di Sos publico Notaio di Aragona alli 12 Gennaio 1315 di
darli la Chiesa di S. Maria di fuori, affinchè appresso di quella fondassero un
Monistero di loro Religione. Ma questo patto così solenne non hebbe poi effetto
in questo tempo, imperciochè il sudetto Domenico Raimondo pentito di quanto
haveva fatto, qual se ne fosse la cagione, non volle attendere la promessa; anzi
che nel suo Testamento, che fece nell’anno del Signore 1328 si dichiarò, che
quantunque li Frati di S. Agostino havessero, od ottenessero mai per via di
ragione la sudetta Chiesa, ove haveva introdotte alcune Vergini, in tal caso
non li sia data alcuna cosa del suo, salvo solo quel tanto, che si contiene in
un’Istromento di Donatione fatta alli detti Padri Agostiniani, il quale fu
rogato per il mentovato Giovanni di Sos o nell’anno 1314 o 1315; la clausola
poi, che tutto ciò contiene è questa: Et si aliquo tempore Fratres Ordinis
S. Augustini petierint dictam Ecclesiam Virginum, et de iure habeant, et
obtinuerint eamdem, in hoc casu volo, et mando, quod non detur eis aliquid,
nisi ea, quae continentur in quodam Instrumento donationis inter me et ipsos inito,
confecto per Ioannem de Sos Notario Generali Aragoniae pridie Idus Ianuarij
Anno Domini 1314 vel 1315. Come poi doppo 195 anni ottenesse la
Religione, ad onta del Demonio, il libero possesso della sudetta Chiesa di S.
Maria di fuori, con tutte le sue attinenze, ci riserbiamo di dirlo, a Dio
piacendo, sotto l’anno di nostra salute 1510.
12 – Habbiamo detto di sopra, come li PP. Carmelitani di
Bologna, abbandonarono in questo anno il loro vecchio Convento di S. Nicolò in
Carpineto, e passarono nella Chiesa di S. Martino dell’Avesa, per fondarne ivi
un nuovo. Hora nel sudetto Convento di S. Nicolò furono introdotte alcune
Monache dell’Ordine nostro Agostiniano, le quali però vi stettero poco tempo;
attesochè nell’anno 1322 lasciato insieme con l’Habito l’Ordine Agostiano, et anche il detto Convento di S.
Nicolò, s’incorporarono al Monistero, et alle Monache di S. Guglielmo
dell’Ordine di S. Benedetto vicino alla Porta della Mascarella, la quale verità
ampiamente dimostraremo, col divino favore, con produrre un publico Istromento
della sudetta incorporatione dell’accennato anno 1322.