Tomo V
Anni
di Cristo 1313 - della Religione 927
1 - [V,
p. 332]
Habbiamo in quest’anno del Signore 1313 che Bruseo Re di Scotia finì di
scacciare dal suo Regno gl’Inglesi, li quali alcuni anni prima l’havevano occupato.
In questo istesso tempo la Setta de’ Flagellanti, che alcun tempo avanti erasi
scoperta per Eretica in alcune parti d’Italia, prese più che mai forza e
vigore, attesochè, sotto finto pretesto di penitenza, seminava fra la minuta
Plebe molti gravissimi errori, e fra gli altri uno era questo; che per
cancellare qual si voglia gravissimo peccato, e per ottenere il perdono da Dio,
era di maggior valore una minima flagellatione, che qual si voglia humile
Confessione, et altri così fatti spropositi, che sono riferiti dal Prateolo,
dal Gualtiero, e da altri.
2 - Stando in questo tempo accampato sotto Firenze
l’Imperatore Enrico VII li nostri Religiosi del Monistero antico di S. Antonio
di Ardinghesca della Provincia di Siena, si portarono davanti la Cesarea Maestà
Sua, et humilmente la supplicarono a volere restar servita di prendere il loro
Monistero sotto la sua Imperiale protettione; alle quali supplichevoli
richieste, volendo benignamente sodisfare il detto Principe, li concesse per
tanto un nobile Privilegio in cui ampiamente si contiene la richiesta Gratia.
Fu dato poi il detto Privilegio appresso il Monte Imperiale nel Campo sopra
Firenze in quest’anno 1313 a 5 di Febraio. La copia poi del detto Privilegio,
il di cui originale si conserva nell’Archivio dell’insigne Monistero di S.
Salvatore di Lecceto, è questa per appunto, che siegue:
Enricus Dei gratia Romanorum
Imperator semper Augustus.
3 - Universis Sacri Romanorum Imperij fidelibus praesentes
litteras inspecturis gratiam suam, et omne bonum. Cum Religiosos Viros Fratres
Ordinis Eremitarum S. Augustini de loco S. Antonij de Ardinghesca in nostram
Imperij Protectionem receperimus specialem, fidelitati vestrae studiose
committimus, et mandamus, praecipientes vobis nihilominus seriose, quatenus memoratos
Fratres, aut Loca, quae nunc habitant, vel imposterum ipsos habitare
contigerit, in personis, familia, vel rebus eorum non molestetis, aut
inquietari per alios aliquo modo permittatis, sed ipsos potius contra quoslibet offensores suos manuteneatis, et
Imperiali authoritate fideliter defendatis, si indignationem nostram, et
Imperialis Maiestatis offensam volueritis evitare. Praesentium testimonio
litteram, etc. Datum apud Montem Imperialem in Castris supra Florentiam, nonis Februarij, Anno Domini
1313 Regni nostri Anno 5.
4 - Alcuni Mesi doppo, essendosi
già levato dall’assedio della sudetta Città di Firenze, mentre già si
apparechiava per passare con una potente Armata nel Regno di Napoli, per fare aspra guerra al Re Roberto, ecco,
che giunto in Bonconvento picciolo Castello dello Stato Sanese, ivi s’inferma,
e muore. Scrivono alcuni, che morisse di veleno, ma Giovanni Villani Historico
diligente di questo tempo, punto non parla di questo veleno, tutto che descriva
ben’a minuto questa sua morte; anzi che il Bzovio dice espressamente, che non
morì avellenato, ma di morte naturale, benchè molto repentina, la quale
successe nel Mese di Agosto. Fu poi portato il suo Cadavere in Pisa, ove fu
sepellito con pompa solennissima nella Chiesa Metropolitana di quell’antica
Città; così con la morte di questo Imperatore, restò l’Italia libera dal
timore, che vehementissimo haveva, d’essere dal detto Principe soggiogata; [V, p. 333]
non si fece poi l’elettione del nuovo Imperatore se non doppo 14 Mesi, la quale
non riuscì senza Scisma, che molto diede, che fare alla Germania, come col
divino volere vedremo nell’anno seguente.
5 - Gioseffo Panfilo Vescovo di Segni nella sua
brieve Cronica Agostiniana a carte 40 parlando del B. Pietro da Camerata, porta
per opinione, che egli terminasse il beato corso di sua santa vita nell’Anno
del Signore 1312, se bene poi non assegna né il Mese, né il giorno della sua
beata morte. Nicola Crusenio nella terza parte del suo Monastico Agostiniano è
di parere, che morisse in questo del 1313. Il Romano poi la prolunga fino
all’anno 1408, non so poi con qual fondamento, mentre di certo habbiamo, che
egli fu coetaneo del B. Agostino Novello, che morì nell’anno 1310, si che la di
luimorte, per mio credere, cade in uno delli due anni accennati di sopra; et io
per me approvo la Sentenza del Crusenio, che morisse nel 1313 tanto più, che la
vedo seguita dal P. Pizzichini più sopra da noi citato sotto l’anno 1311 in una
Relatione, che già mi trasmise di questo B. Pietro fin dell’anno 1651 che però,
ciò supposto, fa di mestieri, che quivi diamo un brieve saggio della sua santa
e penitente Vita.
6 - Questo Beato fu di Patria Fiorentino, e se
bene non si sa quali fossero li di lui Genitori, gli è però certissimo, che
prese l’Habito della nostra Religione nell’insigne Monistero di S. Spirito di
quella nobile Città; e se da Camerata si denomina per ordinario, ciò si fa,
perché egli già Sacerdote, et Adulto, si ritirò, con buona licenza de’
Superiori, nel divoto Eremitorio di S. Pietro detto di Camerata, poco lungi dal
Castello di Monteciano, a menare vita solitaria e penitente, con più rigorosa
osservanza di quella, che regolarmente praticavasi ne’ Monisteri formali. Gli è
ben vero però, che se bene il detto luogo, nel tempo, che vi andò questo Santo
Religioso ad habitare, era ridotto allo stato d’un semplice Eremitorio,
nondimeno alcun tempo prima era stato anch’egli un Monistero qualificato, e già
noi ne facessimo memoria, quando era in stato tale fin sotto l’Anno di Christo
1238 nel Tomo 4 de’ nostri Secoli, se bene all’hora non di Camerata, ma della
Pietra Rondinaia, per ordinario, chiamavasi.
7 - E se alcuno mi richiedesse curioso, quando, e
come si riducesse questo Monistero allo stato d’un semplice Eremitorio, io
direi, e mi persuado certamente, che o poco, o nulla dal vero io mi dilungarei,
cioè, che vedendo li Padri, che habitavano nel detto Monistero, che l’aria del
detto luogo era poco salutifera, et essendo anche stati invitati dalla
Communità della vicina Terra accennata di Monticiano a passare fra di loro,
accettassero volontieri l’invito, e fondassero poi il Monistero poco fuori
della Terra sudetta, che pur anche hoggidì si conserva in ottimo stato; il che
tanto più si conferma, quanto che questo pure si chiama col titolo di S.
Pietro. Quanto al tempo poi della detta traslatione, io dico, che ciò dovette
indubitamente succedere doppo la grand’Unione, il che tanto più verisimile si
rende, quanto che scrive il Pizzichini essere traditione, che il Monistero di
Monteciano, fosse in essere poco prima, o poco doppo la grand’Unione; vero è
ben si, che non per questo abbandonarono affatto i PP. il luogo di Camerata,
anzi che proseguirono per molti anni [V, p. 334] a conservarlo nell’antico stato di
Monistero, benchè con assai minore famiglia; e ciò si convince, dice il
Pizzichini, con alcune Scritture spettanti al detto luogo di Camerata, che
tutta via si conservano nell’Achivio di Monteciano.
8 - Comunque sia, gli è certo, che quando il B.
Pietro si traferì nel detto luogo, era una semplice Grancia di Monteciano, come
pure è al presente. Quali penitenze poi facesse questo Servo di Dio in questo
divotissimo Romitorio non è sufficiente questa penna a poterle descrivere; solo
dirò primieramente con Ambrogio Coriolano nella sua Cronica brieve, che il B.
Pietro in questo luogo si fe conoscere per un Religioso di gran solitudine e
ritiratezza, e di un’Angelica conversatione: Tertius decimus fuit Beatus
Petrus de Camerata, mirae Solitudinis, et Angelicae Conversationis.
Soggiugerò col Venerabile Servo di Dio F. Alfonso d’Orosco nella sua Cronica
Agostiniana, che fu grand’Amatore della solitudine e del silentio, e molto si
esercitò nella santa Penitenza. Hic gloriosus Sanctus fuit amator
Solitudinis, et Silentij, et in Poenitentia valde exercitatus.
9 - Produrrò in oltre il gravissimo testimonio di
Gioseffo Panfilo già Sagrista della Santa Memoria del B. Pio V e poi Vescovo di
Segni, il quale anch’esso nella sua Cronica dell’Ordine nostro parlando di
questo Beato dice, che il B. Pietro visse santamente nel luogo di Camerata, e
morì chiaro per molti Miracoli; e che sovente li fu soministrato il cibo dal
Cielo; e che se bene recitava da se solo l’Officio Divino, pareva però a quelli,
che di fuori ascoltavano, che lo recitasse con una gran moltitudine di
religiosi; e che di vantaggio, egli hebbe il dono singolare di Profetia, a
segno tale, che molti a lui riccorrevano, come ad un Profeta Divino: Petrus
de Florentia, a loco Cameratensi Senarum Dioecesis, ubi vitam beatum duxit, a
Camerata cognominatus, multis clarus Miraculis discessit e vita, cui cibus de
Coelo aliquando mitebatur, et cum ipse solus Officium Divinum persolveret, a
multis magna cum multitudine cantari audiebatur, qui, et frequentissime futura
praedicebat, et propterea ad eum complures tamquam divinum vatem confluebant,
etc.
10 - In conformità poi di quest’ultima prerogativa
del B. Pietro, cioè, del dono della Profetia, habbiamo il testimonio
irrefragabile del B. Giordano di Sassonia, il quale intorno a questo tempo
visse, che per appunto racconta il caso, che noi più sopra riferimmo sotto
l’anno 1310 nella Vita del B. Agostino Novello, cioè, che essendo andati due
Padri a chiamare il B. Pietro nostro, acciò si trasferisse con essi nel
Convento di S. Leonardo per assistere al B. Agostino sudetto nella sua santa
morte, venne il detto P. Pietro fuori del suo Romitorio ad incontrarli, e
prima, che parlassero gli disse: Fratelli, non occorre più, che io venga con
voi, perché di già il nostro buon P. Agostino è andato in Paradiso, et io ho
raccomandata la di lui Anima a Dio.
11 - Parlando poi il sudetto B. Giordano del
tempo, che stette il B. Pietro nel Romitorio di Camerata, e della Penitenza,
che in quello fece, dice, che ivi dimorò per lo spatio di 20 anni, e che in
esso fece un’asprissima penitenza; ecco le di lui parole: Qui (B. Petrus)
circa vigenti annos in quodam Eremitorio, ubi erat locus Ordinis relictus, de
licentia Ordinis in magna austeritate, et sanctitate vitae permanserat, etc.
Si che se egli stette nel detto luogo 20 anni, e morì in questo nel 1313 fa di
mestieri, che in quello da Firenze si trasferisse nell’anno 1293. Soggiunge in
fine Andrea Gelsomini Vescovo di Ascoli in Puglia, nostro Religioso, e gran Letterato
nel suo pretioso Tesoro della Divotione di Maria sempre Vergine al cap. 22, a
carte 250, che questo Servo di Dio fu divotissimo di Maria sempre Vergine, [V, p. 335]
e ben credere lo dobbiamo, attesochè, se non fosse stato divoto di questa gran
Signora, non haverebbe potuto ricevere tante gratie e favori dalla divina Mano,
mentre sappiamo haver seriamente scritto S. Girolamo, che Iddio non conferisce
alcuna gratia a mortali, se prima non passa per le mani della sua Santissima
Madre: Nihil nos Deus habere voluit, quod per Mariae manus non transiret.
E perciò Roberto Abbate chiama Maria Vergine Santissima Collo del gran Corpo
mistico della Chiesa, il di cui Capo è Christo Signor Nostro, attesochè, si
come dal Capo non si può trasfondere alcuna cosa alle membra inferiori del
Corpo, se prima non passa per il Collo, così dal nostro gran Capo Christo niuna
gratia si difonde alle membra del mistico Corpo, se non passa per il Collo, che
è Maria sua Santissima Madre.
12 - Morì dunque il B. Pietro nel sudetto Romitorio
intorno a quest’anno del 1313 e morì santamente, come di commune accordo
scrivono tutti gli Autori, che di lui trattano, e se bene non v’è alcuno di
loro, che in particolare riferisca le precise circostanze della sudetta morte,
nulladimeno potiamo darci a credere, che tutte fossero sante, et esemplari,
attesochè fin da quel punto, et hora, nella quale egli morì, sempre è stato
tenuto, e riverito per Beato, così dalla nostra Religione, come della vicina
Terra di Monteciano, e communemente poi ancora da tutta la Toscana; e le di lui
Immagini, da tempo immemorabile, si vedono in varj luoghi della Religione, et
anche in altri fuori di quella, dipinte con i raggi, e col nome di Beato; come
parimente tutti gli Autori, che di lui parlano, col nome di Beato lo chiamano.
13 - Quanto poi al luogo della di lui Sepoltura,
se bene non si sa certamente qual sia, nulladimeno, dice il P. Pizzichini nella
sua Relatione, più volte da noi mentovata, essere antichissima traditione di
quelle parti, che fosse sepolto fuori nel cemeterio alla parte destra del muro
della Chiesa; il fondamento poi di questa traditione consiste in questo, che da
tempo immemorabile, nell’accennato luogo in ogni tempo vi si sente un’odore
mirabile, la di cui qualità non si sa; et è da notarsi, che nel detto luogo non
vi nascono mai fiori di sorte alcuna, ma solamente sterpi, e bronchi, herbe
selvaggi, e felci; e quantunque sia opinione commune, come habbiam detto, che
ivi sia seppellito il suo Corpo, non v’è però mai stato alcuno fino all’hora presente,
che habbi havuto ardire di sconvolgere quel terreno, per ritrovare le di lui
Sante Reliquie, perochè ogn’uno attende, che Nostro Signore un giorno le
discuopra per maggior Gloria di Sua Divina Maestà, et honore del suo Beato
Servo. Conservasi ancora questo divoto Romitorio, il quale è in molta
veneratione appresso tutti que’ Popoli circonvicini, si per essere dedicato al
Principe degli Apostoli S. Pietro in Vincola, nel cui giorno vi si celebra la
Festa con gran concorso; e si anche per la divotione, che hanno al B. Pietro,
alla di cui intercessione molti si raccomandano nelle loro necessità spirituali
e temporali, con molto frutto. Benedictus Deus, quimirabilis est in Sanctis
suis.
14 - Nicola Crusenio (riferito anche dall’Errera
nel Tomo 2 del suo Alfabeto a carte 13) nella terza parte del suo Monastico
Agostiniano a car. 147 riferisce, che in quest’anno del 1313 era Vescovo
Labacense nel Regno di Ungheria F. Ladislao Sbrovolki; e soggiunge poi, che a
questo Ladislao, che forse dovette morire nel detto anno, successe pure, nel
medesimo tempo un altro Religioso nostro Agostiniano, per nome Giovanni, a cui
parimente successe, in tempo incerto, un altro F. Giovanni del nostro medesimo
Ordine; et aggiunge il sopramentovato Crusenio nel luogo citato, che nell’Archivio
del nostro Monistero di Monaco [V, p. 336] in Baviera vi si conservano alcuni
Diplomi di questi due Giovanni, della qual cosa fa anche mentione Felice
Milensio nel suo Alfabeto de Monachis, et Monasterijs Germaniae Ordinis
Eremitarum Sancti Augustini. Chi poi fossero questi Prelati, da chi fossero
promossi alla sudetta Dignità, con altre circostanze, non lo potiamo dire,
perché gli Autori accennati non ne parlano di vantaggio.
15 - In questo medesimo tempo ritroviamo, che ne’ Regni,
ed in tutto il Dominio del Serenissimo Re di Aragona, era Vicario, e Visitatore
Generale dell’Ordine nostro un Religioso Italiano figlio del Convento di
Novara, per nome F. Guglielmo, quale fa di mestieri, che fosse ben provisto, e
di dottrina, e di talento molto riguardevole, mentre i Superiori maggiori lo
stimarono degno d’essere spedito in quella Provincia, così grave e rimota, ad
esercitare sopra que’ Religiosi due Cariche di così grande importanza. La
notitia poi di questo Religioso l’habbiamo cavata da un publico Istromento
fatto, e celebrato in Tortosa in quest’anno alli 14 d’Aprile, qual produce il
dotto Errera inserto in un un altro del 1377, ne’ quali tutti si contiene la
Compositione de’ nostri PP. di Castiglione della Plana della Provincia di
Aragona col Rettore della detta Terra.
16 - L’occasione poi del detto Istromento di
compositione fu, perché havendo promesso li nostri Padri, quando fondarono il
detto Convento di Castiglione nell’anno di Christo 1298 (come all’hora
ampiamente scrivessimo sotto li numeri 22 e 23) al Rettore della detta Terra,
molte cose, che nell’Istromento formato in quell’anno si leggono, et essendo
poi morto quel Rettore, che Bertrando chiamavasi, e successoli un altro per
nome Francesco, né volendo mantenere a questo le promesse sudette, furono
perciò Scomunicati dal Vescovo di Tortosa, il quale anche di vantaggio pose
l’Inderdetto nel Monistero loro. Per la qual cosa havendo considerato li
sudetti Padri, che non havevano havuto ragione di negare al nuovo Rettore, ciò,
che havevano promesso al morto, pentiti del fatto, fecero intendere al Prelato
mentovato, che erano pronti ad attendere ciò che promesso havevano, laonde ciò
inteso il Vescovo gli assolse dalla Scommunica, e levò dal Monistero
l’Interdetto. Diamo hora la copia della detta Compositione nella quale
v’intervenne il sudetto F. Guglielmo da Novara, come Vicario, e Visitatore
Generale, e la produce l’Errera nel Tomo primo a carte 163.
17 - Cum etiam, post mortem dicti Bertrandi, Franciscus de
Olivarijs fuisset factus Rector Ecclesiae supradictae, et petijsset a Priore,
et Fratribus Erem. S. Augustini Domus praedictae, quod dictam Compositionem, et
omnia contenta in ipsa servarent sibi, prout promiserunt, per dictum publicum
Instrumentum; et dicti Prior, et Fratres hoc sibi facere, et complete
denegassent, dicentes, quod dicta Compositio non valebat, nec promissa in eo,
dicto Francisco contrarium asserente; et cum propter hoc Frater Iacobus
Berengarij Prior dicti Conventus nominatim excommunicati fuerint, Canonica
monitione praemissa, et eorum Monasterium fuerint suppositum Ecclesiastico
Interdicto per Rev. Patrem, et Dominum D. Franciscum, et Dominum G. Episcopum
Dertusensem; dictus Frater Iacobus, et Fratres, qui excommunicati fuerant
recognoscentes errorem suum, petierunt humiliter absolvi, et Interdictum
relevari a Monasterio supradicto. Quibus Fratribus iuxta formam Ecclesiae
absolutis, et relevato praedicto Interdicto, post etiam multos tractatus
habitos inter eos de voluntate, consilio, et assensu eiusdem R. Patris, ac
Domini D. Francisci, D. G. Episcopi Dertusensis, et Fratris Guilelmi de Novaria
Vicarij, et Visitatoris Generalis Ordinis supradicti in tota terra Domini
Regis, [V,
p. 337] fuit facta talis compositio, et conventio inter Fratrem
Iacobum Zarriera nunc Priorem, Fratrem Iacobum Berengarij, etc. Quod est actum
Castilione, pridie Idus Aprilis anno Domini 1313. Signum R. P. et D. Francisci
miseratione Divina Episcopi Dertusensis. Signum F. Guilelmi de Novaria Vicarij,
et Visitatoris Generalis. Signum F. Iacobi Zarriera. E doppo la sottoscrittione
d’altri otto Frati seguita: Signum Francisci de Olivrijs Rectoris Ecclesiae
Castillionis.
18 - Fu fondato in quest’anno un Monistero di
nostra Religione nella Pomerania in un luogo chiamato Ancklam, avendo donato
una Rocca, che doveva esser vecchia, e disabitata, per farvi la detta fondatione, Vuarislao IV Duca di
Pomerania. Habbiamo di questa fondatione il testimonio sincero di Maestro F.
Enrico Vuoltheri da Colonia nostro Religioso, che fu poi Vescovo di Erfurt, e
Suffraganeo dell’Arcivescovo Elettore di Magonza; e riferisce il di lui
testimonio l’Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto Agostiniano a carte 74.
19 - Lo stesso autore volendo registrare nel
sudetto suo nobile Alfabeto il Monistero delle nostre Monache di S. Martino di
Firenze, e non havendo alcuna cognitione, o notitia del tempo in cui fu
istituito, e fondato, ricorre al tempo della fondatione della detta Chiesa,
qual dice, che fu già fondata, insieme con un’Ospitale, per i poveri Bambini
esposti, in quest’anno del 1313 dalla nobile Famiglia de’ Lioni di Lapo Polini,
nel fine della strada della Scala; in questo luogo poi vi entrarono le nostre
Monache, le quali tuttavia vi dimorano, se bene non si sa in qual tempo vi
entrassero, come né meno di donde venissero, e da chi ottennessero il detto
luogo.