Tomo V
Anni di Christo 1302 - della Religione 916
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- [V, p. 224] Essendosi più che mai inasprite le contese, che passavano fra il Pontefice Bonifacio, et il Re di Francia, intanto, che questi haveva sprezzato un Nuncio Apostolico, colà mandato dal Papa, per ridurre quel Re al suo dovere, o se no, a fulminare contro di lui di nuovo la Scommunica, e porre l'Interdetto in tutto il Regno, non l'haveva volsuto il Re ascoltare, anzi da sè, e dal suo Regno, con vilipendio, discacciato l'haveva; le quali cose, come giunsero all'orecchie del sovrano Pastore, li riempirono il cuore di così alto, ma però giusto sdegno, che incontanente radunato un Concilio in Roma di molti Vescovi e Cardinali, in quello di nuovo Scommunicò quel Re, e di vantaggio ancora lo privò del Regno, del quale istituì leggittimo Signore Alberto Imperatore, le quali risolutioni cagionarono poi le funestissime ruine, che nell'anno seguente caddero sopra l'Innocente Pontefice. Francesco Lungo, il Rainaldi, il Bzovio, lo Spondano, et altri.2
- In quest'anno pure fu ritrovato l'uso della Calamita, per l'arte Nautica, e l'inventore fu un Cittadino d'Amalfi, Città situata nella Costa del Golfo di Salerno, chiamato Flavio; la quale inventione è stata poi, et è più che mai utile a Naviganti, e massime a quelli, che s'ingolfano nel vastissimo Oceano, che però è stata potissima cagione, che li nostri Europei habbino ritrovate l'Indie, così Orientali, come Occidentali, attesochè, prima, che si ritrovasse questa benedetta Pietra Calamita, era totalmente impossibile di poter Navigare in parte cotante remote da questi nostri Paesi; laonde la Conversione che si è fatta di tante migliaia d'Huomini alla nostra S. Fede, e le ricchezze immense, che di là si sono riportate in Europa, insieme con tant'altre pretiosissime cose, riconoscono la loro materiale origine da quella. Lo Spondano, Polidoro Virgilio, et altri.3
- Bonifacio intanto, quantunque havesse l'animo totalmente applicato a riparare i continui disordini, che giornalmente insorgevano in buona parte della Christianità, e specialmente nella Francia, per la contumacia di quel Re, non per questo s'era egli scordato di rimediare a gli aggravj, che venivano del continuo fatti alle sagre Religioni, massime Mendicanti, da diversi Ecclesiastici di poca coscienza, e massime da quelli, che havevano cura d'Anime, perochè questi vedendo il gran concorso de' Popoli, che andavano alle Chiese de' Regolari per ascoltare le Sante Messe, e la Parola di Dio, et anche per Confessarsi, e finalmente per seppellire li Morti loro, non cessavano per tanto di travagliarli, procurando appresso de' Vescovi, che non li dassero la facoltà di Confessare, di Predicare, et anche di Seppellire i Morti nelle dette Chiese; essendo perciò ricorso il nostro P. Generale a piedi del buon Pontefice, et havendo supplicata la Santità Sua a volere proteggere, e difendere la sua Religione da tante persecutioni, con concederli un'ampia facoltà di potere, in vigore di una sua Bolla, così egli come tutti i Provinciali, deputare varj Confessori, e Predicatori in tutta la Religione, precedendo però prima un'esame rigoroso, e di potere seppellire chiunque volesse nelle nostre Chiese, e Cimiteri, senza ostacolo d'alcuno. E così anche all'incontro, che non fosse lecito a veruno Ecclesiastico, tanto Secolare, quanto Regolare di celebrare Messe solenni, né seppellire Morti, né fare Esequie, Funerali contro nostra voglia. Al che volontieri assentendo tutto favorevole il buon Pontefice, spedì per tanto una gratiosa Bolla data nel Laterano a 15 di Gennaio l'anno ottavo del suo Pontificato, et è registrata nel Bollario [V, p. 225] nostro Agostiniano del Padre Maestro Empoli a carte 50 et è questa, che siegue:Bonifacius Episcopus Servus Servorum Dei.
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- Dilectis filijs Generali, et Provincialibus Prioribus Fratrum Eremitarum Ordinis S. Augustini praesentibus, et futuris, salutem, et Apostolicam Benedictionem. Inter solicitudines nostras, illa debet esse praecipua, ut super Dominicum gregem, commissum Nobis, observemus vigilias, indefessam exerceamus curam, et exactam diligentiam apponamus, ne illum Lupus rapax invadat, et eius sanguis secundum Prophetam de nostris (quod absit) manibus requiratur. Hoc autem bene sit, si oleo dulcedinis verbi Dei foveantur subditi, increpationis vino peccatorum suorum vulnera medeantur, et poenitentiae acrimonia purgata tegantur. Ad id vero exequendum, scientia divinae legis exposcitur, desideratur Ordo, vitae integritas flagitatur; scriptum est enim: Tu scientiam repulisti, et ego te repellam, ne Sacerdotio fungaris mihi, quia labia Sacerdotis custodiunt scientiam, et legem requirunt ex ore eius; alias (prout ad eum pertinet) inter Lepram, et Lepram non posset discernere; nec peccator existens, Dei deberet narrare iustitias, et testamentum illius assumere per os suum; nam cuius vita despicitur, consequens est, ut eius praedicatio contemnatur. Quia propter, ut ipsi Gregi eadem Cura nostra eo plenior impendatur, quo plures operarij in agro Domini fuerint constituti, vesterque Ordo, qui Sacerdotibus abundat, et in suis Fratribus viget scientia, et vitae synceritate per Dei gratiam pollet, in eodem agro fructus ubere afferat. Tibi fili Prior Generalis per te, vobis vero Provinciales Priores in provincialibus vestris Capitulis, cum Deffinitoribus ipsorum Capitulorum, Fratribus eiusdem vestri Ordinis Sacerdotibus, in sacra pagina eruditis, examinatis, et approbatis a vobis praedicationis, et tam ipsis, quam alijs Fratribus dicti Ordinis, ad id idoneis, audiendi Confessiones, absolvendi confitentes, iniungendi eis poenitentias salutares, officia auctoritate Apostolica commitendi, eisdem quoque Fratribus, quibus dicta officia per vos taliter commissa fuerint, quod illa libere valeant exercere, plenam tenore praesentium damus, et concedimus facultatem; districtius inhibentes, ne quis, Fratres ipsius Ordinis, quibus dicta Officia taliter committenda duxeritis in executione Officiorum ipsorum audeat quomodolibet impedire. Ad haec sepulturam in Ecclesijs, et locis vestris, liberam esse censemus, et eorum devotioni, et extremae voluntati, qui se illic seppeliri deliberaverint, nisi excommunicati, vel interdicti, aut etiam publice usurarij fuerint, nullus obsistat. Statuentes, ut nulli Religiosi, vel saeculares (vobis invitis) aliquorum corpora Defunctorum in vestris Coemeterijs seppelire, aut in ecclesijs vestris Missarum solemnia, vel pro animabus eorum, qui ad loca vestra tumulandi feruntur, ibidem exequias celebrare sine vestro assensu, et voluntate praesumant ... Constitutionem ... quam super praedicationibus faciendis, Confessionibus audiendis, iniungendis poenitentijs absolutionibus impendendis ... portione obventionum tam Funeralium, quam relictorum datorum, et donatorum in personis Fratrum Praedicatorum, et Minorum Ordinum olim edidimus, in vobis, et vestri Ordinis Fratribus per omnia volumus integraliter, et inconcusse servari; ita quod considerata personarum, quas ad id habueritis idoneas, et Cleri, ac Populi quantitate eorum, quos ad huiusmodi audiendarum Confessionum Officium eligetis, metiamini numerum; vos infra medium congruum continentes, et nunquam in aliquo excedentes, ut sic moderatione servata, [V, p. 226] nec alios, quibus hoc per eandem Constitutionem nostram concessimus, ad invidiam, vel scandalum, nec locorum Episcopos, quibus a vobis electos praesentare debetis, ad repulsam provocetis ipsorum. Nulli ergo omnino hominum, etc. Datum Laterani 17 Kalen. Februarij Pontificatus nostri Anno 8.5
- A questa Bolla, o privilegio di Papa Bonifacio, mi giova di aggiungerne quivi un altro di D. Dionigio Re di Portogallo concesso da esso in quest'anno al Monistero maggiore, che hoggidì possiede la Religione nella famosa Città di Lisbona, Metropoli ben degna di quel Nobilissimo Regno; il qual Convento, se bene hoggidì si chiama di Nostra Signora della Gratia, per una Immagine, che porta questo titolo gratioso (dipinta già, come si stima dall'Evangelista S. Luca, la quale, in tempo a questo posteriore, posta in questa Chiesa, cominciò a fare Miracoli grandissimi, quali pur anche tuttavia prosiegue a fare) tuttavolta in questo tempo in cui camina la nostra Historia, portava il titolo glorioso del nostro Padre S. Agostino, et anche un tempo prima chiamavasi con quello di S. Ginesio in memoria di due altri Conventi, che la Religione haveva havuti in diversi siti di quella Città col titolo del detto S. Ginesio; hor dunque a questo Monistero, mentre chiamavasi di S. Agostino, concesse egli il Re D. Dionigio il Privilegio, di cui hora stiamo parlando. In questo poi Sua Maestà lo prende sotto la sua Regia Protettione, e Difesa insieme co' Religiosi, et Huomini di quello, con tutte le loro Possessioni, et altri beni, spettanti al detto Monistero, fu dato in Lisbona a 19 di Settembre nell'Era 1340, che viene pure a cadere in quest'anno del 1302. Questo Privilegio poi viene prodotto dal P. della Purificatione nel Tomo 2 della sua Historia Prov. Agost. di Portogallo a car. 110, Col. 3, e tradotto da noi dall'Idioma Portoghese nel nostro, è il seguente: Don Dionigio per la gratia di Dio Re di Portogallo, e d'Algarve, etc.6
- Faccio sapere a quanti vedrano questa Carta, che io prendo, e ricevo sotto la mia protettione, raccomandatione, e sotto la mia diffesa, il Monistero di S. Agostino di Lisbona, e tutti li Frati di questo Monistero, li suoi Huomini, le sue Tenute, e tutte l'altre sue Eredità, e Possessioni, e tutte l'altre sue cose. Data in Lisbona a 19 di Settembre nell'Era 1340, cioè nell'anno 1302.7
- L'eruditissimo Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto a car. 5, parlando del nostro B. Agostino da Vicenza, stima, che egli terminasse il felice corso di sua santa vita intorno a quest'anno del 1302 et il di lui fondamento è questo, perché il B. Giordano di Sassonia, che descrive le Virtù, et i Meriti di questo Servo di Dio, asserisce d'haverle intese da' Padri vecchi, che conosciuto havevano il detto Beato, laonde per questa Relatione del B. Giordano, che scrisse il suo Libro delle Vite de' Frati doppo il 1350 congettura poi essere potuta accadere la morte di questo Beato in questo tempo; laonde noi seguendo la traccia di questo prudente Scrittore, tesseremo quivi un brieve Compendio della Vita di questo Beato.Vita, e Morte beata del Glorioso Servo di Dio il B. Agostino da Vicenza
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- [V, p. 227] Quantunque il B. Giordano sopramentovato nel libro 2 delle Vite de' nostri Frati al capitolo 30 a carte 201, parlando di questo Servo di Dio, dica, che egli fu di Patria Vicentino, nulladimeno non dice poi quali fossero i di lui Genitori, se nobili, o ignobili, né quando egli si facesse nostro Religioso, e quando si fece, se egli era giovinetto, o pure adulto; attesochè, dicendo egli, nel progresso della vita di lui, che egli era molto intelligente dell'arte della Medicina, ci dà perciò occasione di congetturare, che egli forse da Sacerdote professasse quell'arte, altrettanto utile all'humana vita, quanto Virtuosa.9
- Comunque sia, quest'è certissimo, che doppo havere preso l'Habito di nostra sagra Religione, et essendo stato, doppo fatta la Professione, applicato da Superiori allo studio delle Scienze più gravi, e massime della sagra Teologia, fece in quella, in poco tempo, profitto così smisurato, che fu appresso creato Lettore, e mandato poscia in varj Conventi della Religione a leggere ciò, che con tanto vantaggio imparato haveva, a Giovani Studenti, e specialmente fu da esso esercitata questa carica importante ne' Monisteri di Ratisbona e di Padova; e ben si poteva chiamar felice chi era destinato d'havere questo buon Lettore per Maestro, imperciochè insieme con le scienze imparavano da esso tutte le più rare virtù, che si recavano in un perfetto Religioso.10
- Nelle quali tutte, se bene era eccellente al pari d'ogni altro, tuttavolta poi in quella, tanto necessaria ad ogni Religioso, cioè della Castità, sopra tutti di longhissima mano si avanzava; et in prova di ciò, racconta un caso molto esemplare di lui successoli, mentre era Lettore in Ratisbona; il caso poi fu questo, che essendo un tal giorno andato, con altri Religiosi del Monistero a visitare una santa Matrona inferma a morte, gran benefatrice della Religione, et havendo ella porto il braccio ignudo, acciò li toccasse il polso, non lo volle toccare così ignudo, ma presa la manica della Cappa in mano, in quella forma glie la toccò, la qual cosa osservata da uno de' suoi Compagni, questi mezzo sdegnato li disse: padre Lettore, non havresti già perduto la virginità se haveste toccato il braccio di questa Vecchiarella moribonda con la mano ignuda.11
- Proseguie poi a narrare il B. Giordano d'havere intese gran cose di questo buon Servo di Dio dagli antichi Padri, e specialmente, che egli era nemico mortale dell'otio, imperciochè, o studiava, o faceva oratione, o si esercitava in qualche atto di carità; e conclude, che era cosi casto, e puro, che si teneva per cosa certa, che egli fosse morto vergine. Ove poi morisse, et in qual giorno, né il B. Giordano, né il Coriolano, che anch'egli ne scrive nel Comentario 37, sopra la terza Regola di S. Agostino, né il P. Errera lo dicono, però né meno io lo posso scrivere.12
- In quest'anno medesimo si compiacque il Pontefice Bonifacio di honorare la nostra Religione con la creatione d'un Arcivescovo, e d'un Vescovo; parliamo prima dell'Arcivescovo, che poi appresso discorreremo del Vescovo. L'Arcivescovo dunque fu il B. Giacomo da Viterbo, il quale, come era uno de' più sapienti Maestri, che havesse in quel tempo la Religione, così in tutte le morali virtù, e massime in quella dell'humiltà, che è il fondamento di tutte l'altre, era meravigliosamente radicato; come sotto l'anno del Signore 1300, con occasione di descrivere gli atti del Capitolo Generale, che in detto anno celebrossi in Napoli, [V, p. 228] ne registrassimo un raro esempio; hor questa Virtù dunque fu quella senza alcun dubbio, che lo fece innalzare al nobilissimo Trono della Chiesa Metropolitana di Benevento, la quale poco dianzi era stata liberamente rassegnata nelle mani del Sommo Pontefice, da un Prelato, che chiamavasi Adenolfo, il quale anche prima era stato Arcivescovo di Capua; la Bolla poi della promotione del nostro B. Giordano all'Arcivescovato di Benevento conservasi nel Regesto Vaticano di quest'anno a fol. 250 et è l'Epistola 227.13
- Appena era egli stato sublimato il nostro buon Prelato Giacomo su la famosa Cattedra Archiepiscopale di Benvenuto, quando subito Carlo Secondo Re di Napoli suo grande Amico, et amiratore della sua insigne Dottrina, e Santità, li volle far provare forse anche, senza saputa sua, i soliti effetti della sua Regia Benignità, attesochè havendo inteso questo magnanimo, e divoto Regnante, che molti Beni della Chiesa Metropolitana di Benevento coltivabili, erano situati sotto il Baronaggio di Montefarcolo, ed altri Luoghi circonvicini, de quali era Signore feudatario il Siniscalco del Regno di Sicilia, per nome Carlo di Legonissa, il quale era anche Consigliero del Re, si compiacque la Maestà Sua di raccomandare con grand'efficacia, con un suo Diploma, o Lettera Reggia, li detti Beni al mentovato Signore, comandandoli di vantaggio, che dovesse procurare per la riverenza della sua Regia Maestà, che fossero coltivati li detti Beni, ordinando a suoi Vassalli, che lo facessero con ogni diligenza, e ciò dice di fare per la stima grande, che di quel gran Servo di Dio faceva, in riguardo della di lui incomparabile Dottrina, molto bene da esso con longa esperienza conosciuta; concludendo in fine, che così facendo havrebbe fatta cosa alla Maestà Sua molto grata. Fu dato questo Regio Diploma in Napoli alli 2 Ottobre di quest'anno 1302, la di cui copia come appunto la registra Bartolomeo Chiocarelli nel Libro, che scrisse De Archiepiscopis Neapolitanis a car. 192 è questa che siegue: Scriptum est Carolo de Legonissa Militi Regni Siciliae, Siniscalco, dilecto Consiliario, Famigliari, et Fideli suo, etc.14
- Ad omnes Ecclesiarum Praelatos pro Ecclesiasticae reverentia dignitatis sincerum habemus in Domino Charitatis affectum; sed dum specialium dona virtutum, et splendorem scientiae specialem Venerabilis in Christo Patris Fratris Iacobi de Viterbio, Sacrae Theologiae Magistri, Archiepiscopi Beneventani, Apostolica noviter assumptione provisi, diligenter attendimus, dum conversationem eius amicabilem nobis experientia diuturna pensamus, prosecutionem eius, et in eo ipsius Beneventanae Ecclesiae speciali affectu, et propitiatione praecipua duximus assumendam, igitur intellecto, quod tam in Montefarculo, quam in certis alijs terris tuis quaedam ipsa Beneventana Ecclesia bona tenet, quae per agriculturam praesertim expedit procurari, ea tibi attentius commendamus, volentes, et iniungentes expresse, ut et tu pro nostra reverentia Maiestatis, illa recommendata suscipias, et Vassallis tuis illorum locorum colenda pro dicto Archiepiscopo recommendes, sciturus te nobis inde quamplurimum placiturum. Datum Neapoli sub parvo sigillo nostro die 2 Octobris primae indictionis.15
- Soggiunge il mentovato Chiocarelli, che non contento il generoso Re d'haver scritta questa Lettera al detto Signore in raccomandatione del B. Arcivescovo, un'altra simile ne volle scrivere a D. Filippa Vedova del già Giovanni di Legonissa; ne' Feudi della quale doveva per avventura havere altri simili [V, p. 229] Beni la medesima Chiesa di Benevento. Da queste Lettere poi, come se ne deduce l'affetto, e l'amor grande che il Re Carlo portava a questo gran Soggetto, così all'incontro argomentare si puole quanto grande fosse la Dottrina, e Santità di quello, mentre era stata bastante a guadagnarsi la gratia e la benevolenza d'un Re così grande. Le parole poi del Registro Regio, con le quali ciò si esprime, al riferire del medesimo Chiocarelli, sono queste: Eodem die ibidem, simili modo, et forma scriptum est: Philippae relictae quondam Ioannis de Legonissa Militis.16
- Passiamo hora a vedere chi fosse quel Vescovo, che pure in quest'anno creò di nostro sagro Istituto il Pontefice Bonifacio. L'abbate Ughelli nel Tomo 5 della sua Italia sagra alla colonna 1420 dice, che essendo passato a miglior Vita F. Enrico dell'Ordine de' Minori Vescovo di Chioza, poco appresso fu dal Pontefice sudetto creato, in luogo del morto Vescovo della medesima Città, F. Roberto dell'Ordine degli Eremiti di S. Agostino; e ciò fece nel primo giorno di Ottobre. Chi poi fosse questo F. Roberto, di qual Patria, e di qual Monistero figlio, fin'hora io non l'ho potuto rinvenire; bisogna però credere, che egli fosse un Soggetto molto qualificato, mentre un Bonifacio VIII Sommo Pontefice cotanto occulato, e guardingo nel conferire simili Chiese, lo creò Vescovo della detta Città.17
- Riferisce parimente Girolamo della Corte nella sua Historia di Verona, citato ancora dal nostro P. Errera nel Tomo 2 del suo Alfabeto Agostiniano a cart. 436 che in quest'anno il nostro B. Teobaldo Vescovo di Verona, solennemente consagrò la Chiesa di S. Maria detta della Ghiara, nella quale in detto tempo stavano li Padri dell'Ordine degli Humiliati, il quale essendo poi stato estinto dalla Santa Memoria del B. Pio V vi subentrarono poi in luogo di quelli, alcun tempo doppo, li PP. Teatini, che pure tutta via vi dimorano.18
- In questo medesimo anno havendo un certo Dottore di Legge, per nome Ugo de' Fabri Nobile Patritio di Siena, fondato un picciolo Convento tre miglia fuori della detta Città, sotto l'invocatione di S. Maria Maddalena, in una Villa chiamata Montecchio, e dotatolo con un poco d'entrata, lo donò poscia a Padri nostri del Monistero di S. Agostino della medesima Patria, nel quale eravi un figliuolo del sudetto Dottore, et era Maestro di Teologia, e chiamavasi F. Giovanni, con patto espresso, che la Famiglia, che dovevano porre nell'accennato Convento, fosse una medesima con quella del Monistero di Siena, e che mai si potessero separare in alcun tempo, contestando in caso di contraventione, la Divina Vendetta a' mancatori; volendo in oltre, che i Padri fossero tenuti di fabricare la Chiesa, et un Portico, e tutto ciò si fece dal detto Ugo nel giorno 23 d'Aprile 1302. Hoggidì pur anche si conserva nel suo primiero stato questo Convento, e tuttavia si osservano gli accennati patti; perochè sempre vi stanno di famiglia alcuni pochi Religiosi del Monistero mentovato di Siena. Come poi si ottenesse il necessario beneplacito della S. Sede, per la validità di questa Fondatione, ci riserbiamo di scriverlo sotto l'anno 1305 in cui per appunto si ottenne.19
- Abbenchè le monache del Monistero di S. Catterina della nobil Terra di Voghera della Diocesi di Tortona, stimino, che il sudetto loro Convento non sia più antico dell'anno 1354 tutto, perché in un Libro da Canto, che hanno nel Choro, quale fu già scritto da persona poco perita, si dice, che nel detto anno era stato fondato il Monistero loro dell'Ordine di S. Agostino. Ma in verità, egli è certissimo, che la Fondatione di quel Convento è anche più antica di quest'anno del 1302 attesochè, per quanto si ricava da [V, p. 230] una Relatione, trasmessami da un Canonico della Colleggiata di S. Lorenzo della detta Terra, in quest'anno fu fatto un Inventario di tutti i Beni stabili posseduti dalla detta Collegiata, e fra gli altri vi sono nominate alcune pezze di Terra, le quali confinavano con alcuni Terreni del Convento delle sudette Suore di S. Catterina; onde chiaro costa, che questo Monistero era prima stato fondato. Gli è ben vero però, che poco dianzi doveva haver havuto origine, attesochè, come soggiunge l'Autore, prima di quest'anno non ne ha ritrovata memoria nelle Scritture antiche, che sono nell'Archivio della mentovata Chiesa di S. Lorenzo, in cui si conserva l'Inventario sudetto.20
- Come poi questo Convento di Santa Catterina, in progresso di molto tempo, si aggregasse alla Congregatione della SS. Annunciata, di cui era Capo il Convento del medesimo Titolo di Pavia, e la cui Priora era, come Generalessa di tutte le Monache Agostiniane della detta Congregatione, le quali da Papa Eugenio IV furono esentate dalla Giuridittione de' Vescovi, et anche del Generale, con molte altre circostanze assai curiose, e degne di memoria, ci riserbiamo di riferirlo a Dio piacendo, ne' suoi proprj luoghi nel Tomo Sesto.