in S. Giacomo di Bologna
a cura di Antonio Cringoli
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[P.
1] Durante le moltissime
trasformazioni che nell’avvicendarsi dei secoli la chiesa di S. Giacomo
Maggiore ha subìto, molte opere d’arte sono andate perdute ed altre sono state
occultate. Di queste alcune esistono certamente, altre sono state segnalate, ma
non si sa se vi siano ancora. Con poca fatica e minor spesa, credo, si
potrebbero far delle ricerche e degli assaggi a riguardo di dette opere,
specie pitture, di cui più sotto faccio l’elenco. E le circostanze per tali
assaggi sembrano propizie pel fatto che, necessitando la Chiesa (già tutta
dipinta) di una generale ripulitura, sarà facile in tale occasione ricoprire le
tracce di ricerche fatte e ciò che eventualmente si scoprisse di non
conservabile. Tali assaggi inoltre sarebbero utili anche in quanto potrebbero
indicare l’antica tinteggiatura della chiesa, intonata certamente alle
molteplici terracotte, di cui essa chiesa è adorna. Di terracotta infatti sono
le 14 statue poste sulla balaustrata che corre sopra le cappelle della parte
anteriore della chiesa, le pilastrate (le grandi con basamento e capitello di
macigno) e i fregi degli archi delle suddette cappelle. Fra uno ed un altro di
questi archi, (coperti, al disotto di ciascuna statua) vi sono quattordici
tondi ornati di cornice in cotto, ora rovinate, con entro una figura a
chiaroscuro raffigurante lo stesso soggetto della statua sovrastante. Altri
quattordici di tali tondi si trovano ai lati dei pilastri: che cosa vi è
dentro? forse iscrizioni od altri dipinti? Nel 1930 ottenni di fare aprire uno
di questi tondi ed apparve la figura dell’Apostolo, come detto sopra, e alcuni
frammenti di cornice, in base ai quali questa potrebbe essere ricostruita. [P. 2] E’ da notare che tutte le cappelle
erano decorate; quindi in molte si potrebbero trovare affreschi, dorature ecc.
che, del resto affiorano spesso dalle fortuite graffiature. Di più, dato che le
cappelle furono terminate, nella decorazione, l’anno 1518 (1) e considerando che tutti i quadri attuali sono
molto posteriori a tale data, in ciascuna cappella si dovrebbe trovare il
quadro primitivo dell’altare, ed alcuni infatti esistono ancora, specialmente
dietro le ancone sovrapposte: quindi tutti gli altari con ancona dovrebbero
essere esplorati.
Intraprendiamo ora
il giro della chiesa cominciando dalla prima cappella a destra, entrando dalla
porta maggiore e cioè dalla cappella 1° (B. Vergine di Consolazione). Quivi,
dietro l’ancona di legno intagliata e dorata, si trova un affresco
rappresentante la Madonna della Cintura col Bambino adorato dai tre Magi (1495).
Il Masini, l’Alidosi e l’Oretti lo attribuiscono al Francia; il Cavazzoni
invece l’attribuisce al Chiodarolo. Esso esiste ancora, e si vede bene e
facilmente la B. Vergine col Bambino. Questa immagine reca nel petto una
stuccatura in gesso e ciò potrebbe corroborare la tradizione, che afferma avere
questa immagine portato sul petto una grossissima pietra preziosa, che nella
devastazione napoleonica fu asportata. E nella copia fedele in tela che sta
sull’ancona, si vede in petto alla Vergine una grossa pietra verde di forma
quadrata. Tutta la cappella inoltre era decorata in fresco e oro, che affiorano
in più parti.
Della 2° cappella
(S. Monica) nelle guide antiche (1686-1732) si legge: "La circoncisione
del Signore a fresco, istoria copiosa e bella e sopra nel lunettone il
sacrificio d’Abramo, da’ lati le altre figure e nel vôlto il Dio Padre e i due
Profeti sono del Bagnacavallo". Anche il Cavazzoni, il Lamo, il Masini,
l’Alidosi, e l’Oretti parlano di tali affreschi.
Nella 3° cappella
(S. Rita, già S. Francesco) dietro al quadro dell’altare vi è un affresco
ritenuto di due epoche. Nella parte più antica (alcuni la ritengono del
principio del 1300) è raffigurata la Madonna in trono col Bambino, e due Santi
ai lati uno dei quali, a sinistra, S. Giovanni Battista. [P. 3] Nella parte meno antica (ritenuta di
oltre un secolo posteriore) vi è dipinto un
angelo recante un giglio. Si suppone che questa seconda parte sia stata
aggiunta per ridurre il quadro simmetrico alla nuova disposizione delle
cappelle, avvenuta dal 1493 al 1501 (2)
.
Nella 4° cappella
(Conversione di S. Paolo, già S. Andrea) vi è un’ancona sovrapposta,
quindi da esplorare.
Nella 5° cappella
(S. Giovanni da S. Facondo, già S. Luca) le emergenze oltre la sovrapposta
ancona, dimostrano chiaramente l’esistenza ivi di un quadro in fresco che
occupava tutta la parete, che però fu tagliato via per quanto ricopre l’ancona
stessa, come io ho potuto constatare.
Altrettanto dicasi
della cappella successiva, 6° (già dedicata a S. Antonio e S. Stefano), però di
questa non posso dire se l’affresco esista ancora o no.
[Rimosso
il quadro nel 1940, l’affresco appare tagliato come il precedente. (nota
dell’Autore fatta a mano sul fascicolo a lui appartenuto)]
Nella 7° cappella (S.
Alessio, già del B. Simoncino) in una buca, di fianco alla mensa dell’altare,
dal lato dell’epistola si scorge in fresco la Pietà, che da qualcuno si
vorrebbe anteriore al 1300. [O era parte di un
monumento eretto al beato Simoncino nel 1429?, n.d.A.]
Nell’8° cappella,
dietro al quadro di Innocenzo da Imola vi è un affresco, di cui si scorgono due
puttini o angioletti dietro la sommità dell’ancona.
[Qui,
rimosso il quadro come sopra, si vede dipinto in affresco uno stendardo portato
o sorretto da tre angioletti. Nello stendardo si vede un piccolo quadrato dove
evidentemente doveva esserci un’immagine. Ai lati due figure poco meno del
naturale: al lato del Vangelo S. Nicola da Tolentino e al lato dell’Epistola S.
Francesco d’Assisi (almeno sembrano questi), n.d.A.]
Lasciando indietro
la 9° cappella (S. Agostino) e la 10° (S. Rocco), nella quale ultima c’è
l’ancona sovrapposta [cioè è dipinta nel muro
un’immagine di S. Rocco, che esiste
ancora, benché non proprio al centro dell’altare, ma sul lato del Vangelo,
n.d.A.] e "dove fino al 1602 (sembra dal lato dell’epistola)
era una porticella, che immetteva nell’antico cimitero o chiostro de’ morti
(l’attuale chiostro del liceo musicale), ed anche i mantici dell’organo (3), si va
senz’altro alla cappella 12° (S. Giov. Battista, già dei Poggi e che fu la
primitiva sagrestia di S. Giacomo) (4)
ove, dietro all’attuale sottoquadro dell’Addolorata, vi è la famosa
"Madonnina di S. Giacomo", trasportatavi l’anno 1710 da un
pilastro dell’arcata d’ingresso all’abside dalla parte della sagrestia cui era
appesa (5). [P. 4] Essa è la testa della beata Vergine che
faceva parte del quadro del Crocifisso dipinto dietro il coro (6) e precisamente di fronte alla cappella di S.
Bartolomeo, dove ora è la porticella, che dal peribolo absidale immette nel
coro (7). Questo altare fu
dipinto dal Laureti, il quale per ottenere una figura del Crocifisso, il più
possibile perfetta, chiese ed ottenne dalla Signoria il corpo di un bell’uomo ucciso
il giorno stesso, che egli mise in croce, e da tal modello cavò l’immagine del
Crocifisso che "hora è di devotione verso il choro (8).
Passata la sagrestia
si entra nel peribolo absidale dove a destra appena entrati e precisamente
sotto il campanile si trova la 13° cappella (S. Raniero, già S. Giovanni ante portam
latinam). Anticamente questa cappella era più larga e profonda fino
ad un cortiletto tra la chiesa e la sagrestia e d’onde ora si suonano le
campane. Le tracce sono evidentissime: muro segato ove era l’immagine
dell’altare e di fianco in pittura un personaggio indecifrabile e decorazioni
in massima parte ricoperte dall’imbianchitura. Questa cappella esisteva già nel
1339 come dimostra la seguente iscrizione, che vi era: "Hoc altare et
istud sepulcrum coram eo positum est Domini Domini Petri quondam Domini
Philippi de Castagnolo mercatoris et eorum Heredum quae facta et constructa
fuerunt anno Domini 1339, Indictione 7, Die 10 Madii" (9). Ciò
sfata l’asserzione di chi vorrebbe il peribolo absidale aggiunto nel 1408 o
anche solo nel 1341. Ma non è questo il luogo di discutere su ciò, anche perché
la digressione diverrebbe troppo lunga. Spero trattare l’argomento in altra
occasione; e con documenti decisivi mi lusingo poter dimostrare che il peribolo
absidale esisteva già al termine della costruzione della chiesa (1315) (10).
[P. 5] Nella cappella 15° (S. Croce, già Volto santo) oltre diverse pitture
decorative, vi dovrebbe essere una "B. Vergine col SS. Figliuolo con molti
angioli che l’adorano e che segatosi il muro del rovinato palazzo Bentivoglio,
ove era dipinta la sacra immagine, fu qui trasportata e murata. E’ una delle
belle e divote di Lippo Dalmasio" (11).
Duplice quindi l’importanza di tale immagine, cioè storica ed artistica. Il
Masini dice: "E di Lippo Dalmasio è la Madonna della Rosa dietro il
choro" (12) . [P. 6] Ora
siccome l’altare della Madonna della Rosa fu quello attuale della Madonna del
Buon consiglio, già S. Lorenzo e successivamente Madonna antica (guida 1732);
o il Masini fa confusione oppure anche la Madonna antica che si trovava in
questo altare era di Lippo Dalmasio. Ad ogni modo anche in questa 16° cappella
sarà utile l’indagine da estendersi alle pareti e al vôlto.
Tra le cappelle di
S. Bartolomeo (17°) e dei Bentivoglio (18°) vi era un "Altare della
Madonna delle gracie in un pilastro" (13).
Ed eccoci alla 18°
cappella (S. Giov. Evangelista, già S. Andrea) dei Bentivoglio. Anche qui si
hanno dei fregi in cotto, ma imbiancati; sul quadro dell’altare manca la cimosa
della cornice recante una figura di Cristo risorto del Francia; cimosa che
doveva essere qui ricollocata prima della guerra, ma sopravvenuta questa,
rimase alla pinacoteca dove si trovava per esser poi trasportata qui a guerra
finita, ma finora non vi è stata portata. Nelle pareti vi sono delle
decorazioni in pittura ricoperte dall’imbianchitura; ed una singolare ve n’è
sulla parete vicino all’altare (sopra alla porticella) al lato dell’epistola:
pittura che sembra di epoca precedente alla cappella stessa. Sembra raffiguri
S. Agostino nell’orto di Cassiciaco (presso Milano) seduto sotto l’albero ove
sentì la misteriosa voce che gli ripeteva: Tolle lege. Quel tratto di
muro non potrebbe essere parte del cappellone absidale, sotto cui si sarebbe
trovato l’altare maggiore della chiesa di S. Cecilia e che quasi certamente nel
1483 sarebbe stato soppresso nella decurtazione di detta chiesa per lo
ampliamento della Cappella Bentivoglio? quando cioè, questa chiesa fu voltata,
innalzandosene così il soffitto? [P. 7] Se
ciò fosse, verrebbe a confermare l’ipotesi da me già avanzata (14) e che mantengo tuttora: che, cioè, la chiesa
di S. Cecilia avesse l’altare maggiore precisamente in questo punto e la porta
principale, che dava sulla piazza dei Bentivoglio (ora del Comunale), dove
attualmente è l’altare. L’indagine quindi si impone, dato che finora non sono
stati trovati documenti (15) che
potrebbero risolvere la questione storica di una certa... eleganza se non
proprio di grande importanza. Parimenti molto utile sarebbe uno scandaglio
nella sepoltura della cappella Bentivoglio, per vedere, fra l’altro, se
effettivamente vi esistano tracce del viadotto sotterraneo dal già palazzo
Bentivoglio fino qui; o non piuttosto esso debba arrestarsi alla parrocchia o cappella
di S. Cecilia che era la parrocchia o Cappella dei Bentivoglio. In
questa seconda ipotesi (che ritengo più probabile) non sarebbe, credo,
difficile riconoscere lo sbocco di tale viadotto sotterraneo, nell’attuale
bottega da carbonaio in piazza del Comunale, sotterranea e di fianco alla
presupposta porta principale di S. Cecilia. Da tale sbocco, per una scaletta
attraverso un andito che sembra esistere ancora fra le antiche mura della
città, e la parete esterna della chiesa; e che usciva appunto sotto l’arco della
supposta porta principale, si entrava in chiesa dal lato dell’epistola
dell’attuale altare. Ripeto: di fronte a tali quesiti sembra si impongano delle
indagini in merito. Quanto all’epoca del capovolgimento della chiesa di Santa
Cecilia, il Barbieri ed altri cronisti più recenti lo vorrebbero avvenuto
nel 1483. Ad ogni modo anche
quest’argomento (chiesa di S. Cecilia) spero trattare più ampiamente in
altra occasione.
[P.
8] Della cappella 19° (Gesù nell’orto
- già S. Margherita) consta certamente che "L’anno 1679 essendo disfatta
per l’antichità (1403) la pittura di S. Margherita et altri santi dipinti in
piccola forma di modochè cascavano a pezzi, il P. Sagrestano mosso a pietà vi
pose il quadro di pittura che è Gesù Cristo nell’orto... (16). A fianco di questo altare già esisteva una
porta che dava sotto il portico.
Della successiva
cappella 20° (SS. Pietro, Paolo e Lodovico, anticamente della B. Vergine poi
dedicata a S. Tomaso apostolo e S. Nicola da Tolentino (1407) e più tardi alla
Madonna del Paradiso (1483), l’Oretti dice che la Madonna antica con S. Nicola
da Tolentino sono di buon autore. Il Malvasia poi (17)
scrive "Baglione... ornamento a fresco in S. Giacomo maggiore due cappelle
intere nell’ingresso della porticella piccola sotto il portico e sono le prime
a mano destra per andare all’altare maggiore, de’ suoi soliti spartimenti e
cartelleggiamenti con introdurvi addirittura e in finte tavole santi del
naturale... nella prima vi è S. Francesco e S. Domenico ne laterali ed in
faccia duo santi vescovi ed alludendo alla verginità dei primi e in particolare
di S. Domenico introdusse sopra i medesimi sotto un gran panno aperto certi
vasi pieni di belle piante di giglio... Nei volti certi angeloni in iscorcio
bizzarro, veduti di sotto in su il che replicò nel vôlto della cappella
contigua, fingendo che questi calassero da certi sfondati siccome in faccia li
S. Pietro e Paolo, e ne laterali S. Caterina e S. Chiara". A quest’ultimo
tratto fa riscontro quanto si legge in uno scritto del Ghirardacci (18) e cioè "1345 die 17 augusti... con patto
che detto Fr. Bartolomeo faccia dipingere nel muro posto dopo l’altare della B.
Vergine situato nella nostra chiesa cioè dal lato di dietro in un muro di
presente imbiancato 1° una pittura della B. Vergine, 2° degli apostoli
Pietro et Paolo, 3° la figura della Beata Petronilla...". L’Oretti poi a
sua volta dice: "...li santi laterali cioè il S. Pietro e il S. Paolo, S.
Rosa ed altra santa sono di Cesare Baglione del quale è ancora il primo angelo,
il secondo é di Menichino del Briccio".
[P.
9] La Madonna antica della prima di
queste due cappelle forse è la Madonna del Paradiso che fu trasportata
in S. Giacomo nel 1483 dalla via del Paradiso ove era dipinta, cui per i
miracoli che operava si voleva ivi fabbricare una chiesa, ma non essendovi
spazio fu trasportata qui (19). S. Nicola da Tolentino invece dovrebbe essere
un’immagine dipinta nel 1407 quando fu dedicato l’altare e ai cui piedi si recò
a ringraziarlo un impiccato per furto, che per intercessione di S. Nicola fu liberato
prodigiosamente dalla morte (20). Esistono ancora tali pitture? non so dirlo. Dietro
al quadro dell’altare vi è solo una buca quadrata in senso verticale; ai
fianchi sotto l’imbianchitura si vedono degli ornati in oro, sotto ancora vi
saranno gli affreschi? solo l’indagine può dare una risposta sicura.
Quanto poi
ai SS. Pietro, Paolo, Rosa ed altra santa (o S. Chiara o S. Caterina)
dell’altra cappella, la cui ancona è in
macigno dipinta a stucco, dovrebbero esistere ancora, perchè tanto di fronte che
ai lati (sul vôlto non sono potuto arrivare) esistono degli
"sfondati" o specchi rientranti coperti da un muro a mattoni
verticali, dietro ai quali a tre o quattro centimetri di distanza si vedono gli
affreschi imbiancati. Ciò ho potuto costatare io in un tentativo di assaggio,
ma non ho potuto vedere di più per non... rompere troppo il muro. Sotto ai due
sfondati di fronte, ve ne sono altri due piccoli, pure coperti, forse simili ai
due nei lati e scoperti: non so se ve ne siano altri sulla parte alta. Questi
affreschi però sono del Baglioni del 1345 e del 1407? E dietro al quadro
dell’altare vi sarà forse quella B. Vergine che doveva esser dipinta con S.
Pietro ecc. oppure un S. Giov. Battista decollato cui la cappella era dedicata
in origine? Di fianco poi a questa cappella, al lato del Vangelo, nel 1847 vi
era una scaletta di legno che conduceva tra il vôlto e il tetto del portico (da
dove si accedeva all’organo) e la porta alla sommità di detta scaletta era
immediatamente sopra allo "sfondato" frontale (21).
[P.10] I due angeli poi nel muro di fronte alle due
cappelle, sembra che esistano ancora. Infatti piccole raschiature mettono in
evidenza un affresco (che dovrebbe essere l’angelo attribuito al Baglioni) e più
innanzi si legge facilmente sotto il bianco: "Medicina Dei", che sta
ad indicare la sottostante pittura dell’Arcangelo Raffaele, facilmente
trasparente dalla sovrapposta imbianchitura. [Qui
nel 1580 esisteva un’immagine della B. Vergine. Infatti si legge “exornandi et
expoliandi parietem dicti Chori, qui est contra dictam Capellam (attuale SS.
Pietro, Paolo e Ludovico) … et dummodo non molestetur imago Beate Virginia in
dicta pariete existens” – ASB. 43/1649, n. 73, n.d.A.] Anche a
questi due angeli sembra fossero eretti un tempo due altari.
Nella cappella 22°
(S. Chiara da Montefalco, già S. Pietro, Paolo e Lodovico, poi S. Cecilia) gli
ornati dell’altare, coperti dagli attuali, sono del Baglioni (Oretti).
Dove attualmente è
la porticella che immette dentro al coro, vi era, come si è detto sopra, il
quadro dell’altare del Crocifisso del
Laureti.
Subito dopo la cappella 23° (S. Anna) trovasi una
cappella, chiusa il 20 aprile 1847 e da me scoperta il 14 fehbraio 1930, quando
ottenni che vi fosse fatta almeno una porticella d’accesso per poter osservare
le dodici storiette in fresco del Righetti, poste nell’arcone della cappella
stessa, abbastanza ben conservate e raffiguranti dodici episodii più salienti
della vita di S. Chiara da Montefalco agostiniana, cui la cappella era
intitolata e dove si trovava il quadro, pure del Righetti; e che attualmente
trovasi alla parte opposta del coro (cappella 22°) ove fu trasportata anche
l’iscrizione. L’ancona dell’altare è tutta in stucco, dorata, poi imbiancata.
Appresso a questa
un’altra cappella (intitolata alla SS. Trinità) che ha subìto le stesse
vicende. In essa nulla di interessante, qualche ornato e tracce di un affresco
forse decorativo; l’ancona era di macigno (i resti asportati si trovano nella
cantina) e forse vi stava il quadro attualmente appeso alla parete esterna di
detta cappella, che fu edificata nel 1611 (22).
[P.11] Uscendo
ora dall’abside e passando alla parte opposta dell’altare maggiore, si trova la
prima porta laterale, con l’arcone fregiato in stucco (già dorato, ora
imbiancato) (23).
Sorpassata
la cappella 27° (la Purificazione, già S. Giuseppe) si arriva alla 28° (S.
Nicola da Tolentino) della quale si legge: “Boari….. fece fare la statua di S. Nicola
(1672) nella brutta forma che di presente si vede, con l’altre pitture compagne
sul muro”(24);
e il Ghirardacci dice: “Nel (manca) M. Ercole
Percacini dipinse l’altare et ancona di S. Nicola de Bonasoni.
Nella
cappella successiva 29° (S. Orsola) vi erano affreschi del Felini (25).
In
corrispondenza alla cappella che segue, 30° (S. Tomaso) da Villanova, già S.
Sebastiano e che l’Oretti dice tutta ridipinta da (manca) e cancellati
li freschi) sopra al vôlto di essa esiste un arcone con affresco, che sembra
molto antico, raffigurante il Redentore con in mano un libro in cui è scritto:
“Ego sum lux mundi”, e di qua e di là altre figure non ben decifrabili (forse
angeli o forse apostoli?) Che cosa rappresentava questo arcone? era forse di
una porta laterale della chiesa primitiva? [P.12]
Esso si può osservare tra il vôlto ed il tetto del portico
che corre sul fianco della chiesa in via Zamboni; come pure vi si
osservano più avanti le modificazioni portate all’abside, di cui alla nota 10,
e più avanti ancora si vedono frammenti e tracce di fregi che coronavano il
primitivo edificio di S. Cecilia (1359) di cui distintamente si vede la sommità
delle mura perimetrali antiche e la sommità dalle antiche finestre di essa, per
il resto sepolte dal portico.
Nella cappella 31°
(S. Girolamo) dietro al quadro vi sono i resti di un altorilievo, se non
addirittura statua, di S. Girolamo, in cotto, dal Masini attribuita all’Onofri
e in alto un medaglione pure in cotto, raffigurante, sembra, la B. Vergine
della cintura con S. Agostino e S. Monica. Dopo il 14 febbraio 1930, quando io
la scopersi, si tentò di restaurare detta statua, ma non fu possibile. Ad ogni
modo si può vedere facilmente essendo coperta dal quadro e da cassettoni tutto
su cerniere. Oltre a questa statua sono indicati pure “la S. Annunciata sopra e
li sei santi e gli ornati (che) sono di Bartolomeo Ramenghi detto il
Bagnacavallo” (26).
Nelle due cappelle
seguenti 32° S. Guglielmo (già S Cecilia) e 33° Comunione degli apostoli (già
S. Simone e Giuda) le due ancone, S. Guglielmo del Laureti e la Cena del
Barocci autentica e non copia (27)
celano qualche pittura più antica ?
Il
Ghirardacci nel L. E II, c. 92v dice: “L’ancona dell’altare di S. Cecilia in
chiesa nostra fu dipinta nel 1394 del mese di giugno et fu finita de 1408.
Filippo Dalmasio la dipinse”. Il 32° era l’altare di S. Cecilia: dietro
l’ancona vi sarà ancora il dipinto di Lippo Dalmasio?
E nella
cappella 34° (Angelo Custode, già S. Cristoforo poi S. Lucia e successivamente
Gesù nell’Orto) vi sarà nulla di rintracciabile? Nel 1672 fu proposto al
Capitolo conventuale di togliere l’ancona e fare un nicchio per porvi la statua
dell’Angelo custode ed altri adornamenti: fu approvato a patto che se ne
passasse parola al patrono, (28) ma non
si sa se tale proposta fu eseguita. [P.13]
In Sagrestia
l’attuale ornato dell’altare, molto probabilmente ricopre il medesimo soggetto,
ma fatto in fresco come starebbero ad indicare le due figure di S. Paolo primo
eremita, cui era dedicato l’altare e quella di S. Antonio Abate già coperte
dalla sovrastante pittura, scomparsa in non so quale spolveratura della
sagrestia. Del Capitolo poi (fra la sagrestia e il Chiostro dell’attuale liceo
musicale, chiostro che nel 1511 era tutto dipinto) (29),
l’Oretti dice: “Il Capitolo tutto dipinto nel vôlto in quanto alla quadratura
da Pietro Antonio Cerva pittore di quadratura e prospettiva e le figure nel
fregio sono di Giacinto Cerva”. Uscendo dalla sagrestia dalla parte interna, si
va a sboccare sotto il portico in Via Zamboni passando per la porta ivi segnata
col n° 15, già 2495). Questo passaggio fu aperto nel 1859 (30) e l’andito faceva parte della Chiesa di S.
Cecilia: tutta la parete dì confine colla Cappella Bentivoglio è dipinta con
due se non tre affreschi sovrapposti uno all’altro. In taluni punti sono stati
fatti degli assaggi e sono venute in luce parti di pitture ivi esistenti. Tale
parete è divisa in tre scompartimenti che costituivano tre altari. Nel primo di
essi (vicino al cortile) è raffigurato, sembra, S. Giovanni in ferventis
olei dolium, cui una delle due sante vicine (S. Maria Maddalena e S.
Caterina da Siena?) porge un calice, al quale il santo avvicina le labbra. In
basso, ma in intonaco più arretrato si vedono scalpellati S. Pietro e S. Paolo
(attualmente protetti da una tavola) che sembrano dell’epoca della chiesa
(1359). Sopra la testa di questi due santi vi era una finestra poi chiusa e
sovrapposto ad essa si vede l’affresco già descritto sopra. [P.14] Nel vôlto, in corrispondenza. ditale altare,
vi sono affreschi antichi imbiancati. Più avanti, nell’altare centrale, si vede
ora l’Assunzione di Maria con sotto gli apostoli. Dietro a questa pittura
sembra vi siano due strati di affresco, il più arretrato dovrebbe essere il Cristo
risorto del Francia e il secondo “S. Girolamo e S. Francesco ginocchioni
davanti alla B. Vergine in aria che sono di Tiburzio Passerotti e tutti i
freschi attorno col Dio Padre ed altri del Baglione. (31) Il Dio Padre è nel vôlto centrale in corrispondenza di
detto altare, il resto è imbiancato.
Vicino alla
porta vi era il terzo altare (SS. Crocifisso già S. Alessio, poi S. Apollonia),
col “Crocifisso, colla B. Vergine, S. Giovanni e S. Maria Maddalena dipinto da
Francesco Cavazzoni che vi scrisse il suo nome (32).
Forse anche qui vi era la finestra come dall’altra parte. Nel terzo vôlto poi,
in corrispondenza di detto altare, nella parte raschiata, si vede dipinta in un
ottagono S. Apollonia e vicino, parte di un edificio. Uscendo definitivamente
nel portico, all’estremità di esso verso piazza del Teatro Comunale, si vede
una nicchia sepolcrale ora coperta da vetro, con entro una pittura antica,
assai rovinata che rappresenta Cristo risorto, in alto, e sotto le pie donne al
sepolcro consolate da un angelo. Indicano molto chiaramente il soggetto, le
parole che vi si leggono ancora e cioè: “Nolite time(re) scio (quod Iesum
qu)eritis / non est hic (surrexit) / (Maria Magd)alene Iacobi et Salome
venerant ad monumentum / ...s dixit
Angelus... / Ioanes …ellus?”. Sulla parete di questo portico, sotto gli
archi dovrebbero rintracciarsi almeno due delle antiche finestre di S. Cecilia,
una sotto la seconda arcata e una sotto la quarta, partendo sempre da piazza
del Comunale e più precisamente tra il mezzo dell’arcata e il capitello (o
goccetta) rispettivamente terzo e quinto. Sotto a quest’ultimo esisteva una
porta d’ingresso alla chiesa di S. Cecilia, apertavi forse dopo la chiusura di
quella principale in piazza del Comunale, però molto probabilmente dopo il
1506, epoca degli affreschi (33) che da
tale porta sembra siano stati tagliati. [P. 15]
Lungo tutto il portico vi sono tombe e, sopra, nicchie con entro affreschi ed
iscrizioni. Qualcuna di esse risale al 1294 come risulta dall’iscrizione che vi
si vede all’esterno, postavi probabilmente nel 1827 quando il P. Tomaso Aurelio
Vasconi fece aprire dette nicchie. Furono aperte tutte e ne furono estratte
tutte le iscrizioni o solo alcune? Non so se tali nicchie esistano nel tratto
che va dall’inizio dell’abside fino alla porta d’ingresso al n° 15. Esse
potrebbero essere state distrutte quando fu abolita la primitiva parete o
spinta in dentro (vedi nota 10). La B. Vergine di Lippo Dalmasio a cui
Bartolomeo ortolano detto Bertacchia nel 1389 ordinò che si edificasse
l’altare; dove era precisamente situata? Il Cavazzoni (1602) dice: “Lippo
Dalmasio: Madonna sotto il portico di S. Iacomo dentro a una grada di ferro con
Christo et molti angeli con frasche di foligelli (bozzoli) molto devota. Sotto
l’istessa accanto la porta di S. Cecilia una Madonua con S. Cosmo e Damiano”.
Ora se sotto la Madonna dei filogelli ve ne era un’altra bisogna dire che la
prima fosse dipinta nel lunettone costituito dall’arcata del vôlto, e ciò
potrebbe far pensare che tutto il portico fosse dipinto così (né sarebbe
assurdo), e che la Madonna sottostante con S. Cosmo e Damiano fosse entro
qualche nicchia sepolcrale sul fianco di S. Cecilia, a sinistra o a destra
dell’antica porta in cotto, attualmente chiusa. Oppure se sotto
si deve intendere: più in giù verso la fine del portico: allora
bisognerebbe pensare che la Madonna con S. Cosmo e Damiano fosse dove
attualmente è la porta n. 15 o poco prima; e più in su (verso S. Giacomo) fosse
la Madonna dei foligelli. Se mai non sarà cosa inutile esplorare anche di sotto
alla porta di S. Cecilia. (Oso dire che se tali immagini fossero state
asportate, non mi meraviglierei che fossero in S. Giacomo per es. nelle
cappelle 14° e 15°).
[P.
16] Il Lanzoni nel 1605 dà come esistente ancora “l’Altare
di S. Maria de li folicelli sotto il portico”. Anche l’Oretti parla di “una Madonna sotto il portico (di Lippo
Dalmasio) custodita sotto una grata di ferro”. Si parla anche di un’altra
Madonna sotto il portico. Si legge infatti (34) “1680, li 23 giugno, li Padri di S. Giacomo fecero
serrare la porta che entra dietro al coro quale era dove ora è posta quella B.
Vergine sotto il portico coperta con cassa di legno presso S. Cecilia”, e cioè
di fronte alla dodicesima colonna, venendo da piazza del Comunale. Oretti a sua
volta dice: “Portico di S. Giacomo, una Madonna dipinta da Giuseppe Gebi” e
“Portico di S. Cecilia, una Madonna con baldacchino e padiglione con
ornamento”. Quest’ultima forse è quella che si vede tutt’ora in piazza del
Comunale sulle mura antiche della città ove era addossato il portico (demolito
poi nel 1906) che si univa a quello di S. Giacomo.
Con questo elenco
non intendo di aver segnalato tutto ciò che vi può essere di occultato in S.
Giacomo; nessuna meraviglia quindi che nel cercare venga fuori qualche altra
cosa non segnalata; ma ho voluto semplicemente riunire le notizie, che in
merito ho trovato sparse qua e là o che io stesso ho potuto rilevare; colla
segreta speranza che ciò possa invogliare competenti e responsabili a fare
delle indagini; dalle quali molta luce potrebbe scattar fuori per la storia di
S. Giacomo, tanto povera finora, di notizie documentarie. Il P. M° Serafino
Bolognini e il P. M° Cherubino Ghirardacci (il famoso ed autorevole storico di
Bologna) ambedue agostiniani, avevano fatto una storia di S. Giacomo, ma
purtroppo non si è riusciti ancora a trovarne i manoscritti, dispersi forse
nella devastazione napoleonica. Molti archivi privati debbono possedere
documenti e codici agostiniani riguardanti S. Giacomo. Gli Agostiniani di
Bologna saranno molto grati a possessori e studiosi, che eventualmente ne
venissero a conoscenza, se vorranno loro segnalarli. [P. 17] Bisognerebbe che si risvegliasse un sentimento di
benevolo interessamento per questo bel S. Giacomo, monumento nazionale di
prim’ordine; fulgida gloria del Senato e del popolo di Bologna, come ricorda
questo distico posto sulla porta principale, cioè: Hoc Augustino Templum
Divoqu. Iacobo / Felsinei postere viri iustusq. Senatus (anch’esso però
insidiato dal tempo edace).
La profonda crisi
economica non permetterà forse grandissime cose, ma una ripulitura che renda
meno indecoroso un monumento di tal genere e anche, anzi principalmente, la
casa di Dio s’impone; e il danaro speso a tale scopo non sarà infruttifero,
soprattutto perchè il Signore farà scendere più copiose le sue grazie e
benedizioni su quel popolo, che cura il decoro della casa di Dio.
NOTE:
(1) Ghirardacci
Libro Economico II c. 77.
(2) Ghirardacci, Historia III, alla fine.
(3) Lanzoni.
(4) Ghirardacci L. E. I, c. 106.
(5) Archivio di Stato di Bologna 67/1673, n° 37: vi è la
memoria dettagliata dell’avvenimento.
(6) Memoria Ms: in Convento.
(7) Lanzoni.
(8) Lanzoni e Ghirardacci L. E. II, c. 92.
(9) Ghirardacci L. E. III, c. 95. Questa iscrizione fa
parte di una raccolta manoscritta delle iscrizioni esistenti ed esistite in S.
Giacomo maggiore da me iniziata dal 1915. Ne ho già raccolte complessivamente
un 550, che però rappresentano un esiguo numero in confronto di quante ve ne
furono. Sarò molto grato a chi rintracciandone altre vorrà gentilmente
segnalarmele. Fra questa cappella e la successiva vi era (e vi è tuttora) una
corsia con pozzo d’acqua salutifera et bona. Conf. Lanzoni.
(10) L’abside per quanto rimasta nella struttura
sostanzialmente originaria, pure ha subito delle trasformazioni più o meno
importanti. Per es. la parete dalla parte di via Zamboni deve essere stata
portata un poco in dentro (nella chiesa) altrimenti non si spiegherebbe come
delle pilastrate siano state stroncate, come dei pilastri siano stati tagliati
longitudinalmente e come nei fianchi di questi sia stato addossato un muro
sulle loro pitture in fresco. Questo fatto è forse in relazione con quanto si
legge in un documento all’archivio di Stato di Bologna (7/1613, n° 44) cioè:
“Quem locum (ove si doveva edificare l’altare di S. Filippo e Giacomo, che era
immediatamente prima dell’abside) ellegerunt et esse voluerunt … iuxta murum
novum nuper factum de anno presenti (1338) … qui murus est tenus strata
S. Donati a latere desubtus dicte ecclesiae”. Cosi il coro non era tutto chiuso
come attualmente, ma vi erano delle aperture archiacute, non so se finestre od
archi interi: se ne ha traccia prima del pilastro vicino all’altare attuale di
S. Chiara (cappella 22°) come si può vedere da un foro di esplorazione in alto,
da me fattovi praticare nel 1930. Parimenti le cinque finestre tonde dentro
al coro, prima erano lunghe e archiacute. Sempre dentro al coro in alto sono
visibilissime le tracce di una finestra che vi si apriva dal campanile; come
evidenti sono le tracce di due finestre lunghe archiacute che si aprivano sopra
le due arcate d’ingresso all’abside. Una di tali finestre è coperta dal
campanile mentre l’altra si vede benissimo sulla parete esterna della parte
opposta. Il vôlto attuale del coro fu rifatto nel 1686 quando il coro fu
rimodernato e i tre archi di prospetto, già a sesto acuto, furono ridotti a
sesto tondo. (Vedere memoria dettagliata all’Archivio di Stato di Bologna
60/1666, n. 36).
(11) Cavazzoni, Oretti e Guide 1686-1803. Il polittico che
trovasi in questa cappella e che fu già in parecchie altre non è quello fatto
da Lorenzo di Venezia per l’altare maggiore che poi fu disfatto dopo il 1636
(vedi Lanzoni); ma la parte superiore è di Iacopo di Paolo (firmato) e la parte
inferiore, dove sono riportati tre miracoli di S. Nicola da Tolentino, fra cui
quello della liberazione dell’impiccato (vedi alla cappella 20°) avvenuto ne 1505, non può essere che
posteriore a questa data.
(12) MASINI, Bologna perlustrata.
(13) Alidosi. L’Oretti e le guide dicono invece
posteriormente: Altare Peratini Levera; la Visita della B. Vergine a S.
Elisabetta e Santi sono dello Spisanelli. (Forse questo è il quadro,
attualmente in sagrestia, che fino al 1913 era nella cappella 16° del Buon
Consiglio, e che nel lato inferiore ha una incavatura dove stava la cornice del
sottoquadro. Questo è uno dei cinque, se non sei, altari soppressi qui
nell’abside, cioè: questo, i due degli angeli prima di S. Chiara, quello del
Crocifisso, ove ora, è la porticella del coro e due dopo l’altare di S. Anna.
Il Masini, infatti, nella sua Bologna perlustrata del 1650 dice che a S.
Giacomo vi erano quaranta altari.
(14)
Conf. L’Avvenire d’Italia 6-7 gennaio
1934.
(15) Molto
utile sarebbe compulsare l’archivio parrocchiale di S. Cecilia, che trovasi
presso la parrocchia di S. Sigismondo: il Ghirardacci, che fu parroco di S.
Cecilia per oltre 15 anni, potrebbe aver lasciato, in qualche libro
parrocchiale, delle notizie preziose. Finora però sono state vane le mie ed
altrui ripetute richieste, onde ottenere l’accesso a tale archivio o comunque
averne cognizione, data l’assoluta mancanza di tempo del Parroco per darmene
l’opportunità.
(16) Lanzoni. Questo quadro prima era all’altare
dell’Angelo Custode (cappella 34°).
(17) Cesare Malvasia, Felsina
pittrice.
(18) Ghirardacci, L. E. I,
c. 38.
(19) Lanzoni.
(20) Ghirardacci, Historia
III, anno 1505.
(21) Da un progetto di restauro del 1847 di Giovanni
Bartoli (figlio di quel Giacomo che nel 1827 restaurò il portico come risulta da
una noticina trovata in convento) gentilmente esibitomi dal Chiar.mo Professor
Emilio Farolfi.
(22) Lanzoni.
(23) Qui prima era
l’altare di S. Caterina, che fu trasportato ove è attualmente (cioè, vicino
all’ingresso dell’abside dal lato del Vangelo) l’anno 1702 quando vi fu chiusa
la porta che vi era stata aperta quattordici anni prima in sostituzione di
quella dietro al coro (cappella 19°). La cappella attuale di S.
Caterina fu già dedicata a S. Filippo e Giacomo (1338) e poi a S. Sempliciano.
La Madonna nel pilastro, secondo il Masini, dovrebbe essere quella che dal
palazzo Bentivoglio, ove era dipinta sopra alla porta dello studio di Galeazzo,
fu trasportata in S. Giacomo in un altare dietro il coro, poi portata qui.
Questa Madonna colpita con un piccone da un villano, cambiò di colore, lacrimò
e operò molti miracoli. (Conf. Ghirardacci, Historia III, anno 1507).
(24) Lanzoni, Oretti e
Guide. Ghirardacci L. E. II, c. 92.
(25) Oretti, Guide
1686-1776. Le guide dal 1786 in poi dicono invece: il dipinto nuovo è di Carlo
Bernia.
(26) Masini, Oretti,
Guide. Il tentativo di restauro alla detta statua e quanto fu fatto in tale
altare; come pure l’apertura del tondo nella parete di fronte (sotto alla
statua) e delle due porticelle nelle cappelle già di S. Chiara e della SS.
Trinità, furono eseguiti per ordine della locale Sovrintendenza ai monumenti,
la quale per mancanza di fondi non estese la sua attività nè a queste nè ad
altre opere d’arte, da me scoperte o comunque segnalate in quell’epoca.
(27)
Archivio di Stato di Bologna 63/1669,
n. 9.
(28) Archivio di Stato di
Bologna 119/1725, c. 90
(29) Ghirardacci: L. E.
II, c. 79-80: “Le muraglie, le facciate di detto chiostro erano tutte dipinte
con historie della Bibia, di Vite dei Santi bellissime, dipinte per mano di
valenti pittori… Vi erano ancor altre bellissime figure fatte di colori
finissimi e di gran spesa. (Conf. anche Lanzoni).
(30) Altro progetto
dell’Architetto Giovanni Bartoli.
(31) Guide.
(32) Guide.
(33) Nel secondo affresco (professione di fede di Valeriano)
del Costa, in alto a destra di chi guarda, in un cartello giallo scuro
triangolare posto sull’arco della porta di un edificio si legge la data, cioè
1506.
(34) D. Giuseppe Manini:
Diario bolognese 1680-1693, Ms. alla Biblioteca Comunale di Bologna, n° 426.
N.B. Quanto alle fonti da cui ho ricavato le notizie non
sempre le ho citate tutte, ma solo le più comuni. Rare volte ho citato
documenti isolati e ciò per non esser troppo farraginoso. Anzi, a fine di semplificare
il lavoro delle singole citazioni, per non ripetere sempre il titolo di quelle
opere che ricorrono più volte ne faccio qui l’elenco, limitandomi poi a citare
solo il cognome dell’autore.
ALIDOSI, Antichità ecclesiastiche. Ms. all’Archivio di stato di Bologna, n° 43.
BARBIERI DIEGO, Raccolta di varie notizie sulle Chiese di Bologna.
Ms. alla Biblioteca Comunale di Bologna. (Gozzadini, n° 269).
GHIRARDACCI
CHERUBINO O.S.A., Historia di
Bologna Vol. III. Ms. alla Biblioteca
universitaria di Bologna.
IDEM, Libro economico.
Ms. all’Archivio di Stato di Bologna, 122/1728.
LAMO PIETRO, Graticola di Bologna. Ms. Biblioteca Comunale
di Bologna.
LANZONI P. MARCO
O.S.A., Obblighi della Sagrestia e
Convento de RR. PP. di S. Giacomo di Bologna. Ms. alla Biblioteca Universitaria di Bologna.
ORETTI MARCELLO, Le pitture nelle Chiese di Bologna, n. 30.
IDEM, Descrizione delle pitture e sculture e delle
fabbriche principali che ammiransi nelle strade e luoghi pubblici della città
di Bologna, n. 109.
IDEM, Notizie de’ professori del Disegno, cioè pittori
scultori ecc. Ms. alla Biblioteca Comunale di Bologna, n. 123.
MANINI D.
GIUSEPPE, Diario Bolognese
1680-1693. Ms. alla Biblioteca Comunale di Bologna, n. 426.
MASINI ANTONIO, Bologna perlustrata. Edizione 1666.
GUIDE DI BOLOGNA dal 1686 al 1825.