FRA LANFRANCO DA MILANO, PRIMO PRIORE GENERALE
DELL’ORDINE AGOSTINIANO
di P. Mario Mattei
Nel
mese di marzo del 1256 a S. Maria del Popolo in Roma, mentre si svolgeva il
Capitolo della Grande Unione, ci fu un momento di sgomento. Il cardinale
Annibaldi aveva appena proposto (o imposto) al nuovo Ordine come Priore
Generale fra Filippo da Parrana, il Priore Generale dei Toscani, quando il
diretto interessato si inginocchiò davanti al cardinale e, singhiozzando, lo
supplicò di sollevarlo da quel compito. Tutta l’assemblea per un attimo
trasalì, perché non era salutare contraddire il cardinale. Anche perchè era
chiaro che questi puntava sui Toscani come i probabili continuatori del
monachesimo di S. Agostino: ciò gli avrebbe permesso di dare un collante ideale
al nuovo Ordine composto da congregazioni così eterogenee. Ma l’Annibaldi non
si scompose: era troppo abituato a cambiare i programmi in corsa senza
indietreggiare di un millimetro. Se i Toscani rinunciavano ad avere la
preminenza tra le congregazioni unite, ciò avrebbe solo anticipato i tempi di
una indispensabile omogeneizzazione del nuovo Ordine. Questa d’altronde era
stata la politica del cardinale perseguita fino ad allora. Infatti una serie di
bolle dello stesso contenuto, e spesso anche dello stesso titolo, avevano
avvicinato e reso simili le varie congregazioni almeno a partire dalla Piccola
Unione del 1244. Poi, per rendere meno dolorosa l’unione, per un certo periodo
si sarebbe usata una rotazione dei Priori Generali incominciando dai Toscani.
C’era un uomo che dava sufficienti garanzie di sapersi muovere tra forze
centrifughe: fra Lanfranco da Milano, il Priore Generale dei Giamboniti. Poi ci
sarebbe stato lui, col suo potere praticamente assoluto, a rimediare alle
eventuali falle in questa barca ormai uscita dal cantiere. Del card. Annibaldi
abbiamo già parlato nell’articolo precedente. Ora vediamo chi era questo fra
Lanfranco: da dove veniva? quale esperienza aveva alle spalle?
La
maggior parte delle notizie che lo riguardano ci vengono dal Processo di canonizzazione
di fra Giovanni Bono, il fondatore della sua congregazione. Infatti vi è
chiamato a deporre il 2 agosto 1251: si presenta come milanese, sacerdote e
priore provinciale della Lombardia. Gli storici assicurano poi che era della
nobile famiglia dei Settala.
Fu
probabilmente mandato a studiare nella celebre università di Bologna e qui
incontrò i frati del beato Giovanni Bono. Costoro avevano fuori le mura della
città il convento di S. Giacomo di Savena, che era un po’ il loro fiore
all’occhiello, perché Bologna era una città ricca, la sede della più celebre
università ed era situata al centro di uno snodo di vie commerciali che
portavano verso l’Italia e l’Europa del nord. Sembra che il convento fosse
stato fondato già attorno al 1218 e quindi era uno dei primi della
congregazione. Col tempo la stima e l’accorrere della gente alla loro chiesa
crebbe a tal punto che il Comune dovette aprire una piccola porta nelle mura
cittadine per permetterne un più facile accesso.
Fra
Lanfranco racconta nella sua deposizione al Processo che aveva vissuto con fra
Giovanni Bono solamente da febbraio ad agosto del 1243. Da questo si deduce
chiaramente che la sua formazione e la sua attività si erano svolte al di
fuori di Cesena. Il legame però con il fondatore, come vedremo, era
estremamente profondo.
Era
stato segretario di fra Ugo da Mantova quando questi era provinciale e poi
quando era diventato generale della Congregazione nel 1249. Fra Ugo stesso
depone che da circa 4 anni fra Lanfranco era “suo segretario e andava con lui,
scrivendo tutte le cose che riguardavano il suo incarico” e con lui aveva
vissuto nei conventi di Bologna, Ferrara, Milano, Mantova e Venezia.
Fra
Lanfranco racconta poi che al tempo della morte di fra Giovanni Bono (1249) si
era ammalato di lebbra. Aveva cercato inutilmente qualcuno che lo potesse
guarire, finchè a Venezia un medico, di nome mastro Angelo, con le sue medicine
per poco non lo aveva fatto morire. Perciò da quel momento passò alle sole cure
divine.
Nel
mese di maggio del 1251, tre mesi prima del Processo, quando il corpo di fra
Giovanni Bono venne traslato dalla terra in un’arca di marmo, fra Lanfranco era
presente nella chiesa di S. Agnese in Mantova. Aveva guardato dentro l’arca e,
fissando il volto del fondatore, aveva pregato sottovoce: “Ti chiedo, padre
mio, che se è a maggior gloria di Dio e per il bene dell’anima mia, tu
interceda per me presso il Signore perchè mi liberi da questa malattia. Nove
giorni dopo, prima che l’arca fosse chiusa, sentii e vidi che la guarigione mi
era stata accordata e nel mio corpo non rimase alcun segno di quella lebbra”. I
commissari e il notaio controllarono sul corpo “decorosamente denudato” di fra
Lanfranco che non vi fosse rimasto nessun segno di malattia.
A
partire da quel momento possiamo dire che la guarigione gli fosse stata
accordata davvero per il bene dell’Ordine e per la gloria di Dio: terminato il
mandato di Provinciale in Lombardia, lo troviamo infatti nel 1253 priore di S.
Giacomo a Bologna. Nel mese di dicembre di quell’anno in un capitolo che si
svolse prorio nel suo convento, fu eletto Priore Generale della sua
Congregazione, al termine di un doloroso scisma durato quasi tre anni.
Riunificò gli animi dei suoi confratelli e si circondò della fama di uomo santo
e saggio, tanto che il Card. Annibaldi, quando fra Filippo da Parrana rifiutò,
pensò subito a lui. Fra Enrico da Friemar, che lo vide a Milano, dice solo che
fu posto a capo dell’Ordine “per la grande fama del suo nome e per riverenza
alla sua persona”. Fu infatti una scelta felice, tanto che venne rieletto nei
capitoli successivi fino alla sua morte, avvenuta a Milano nel 1264.
Durante il suo generalato contribuì in modo determinante a realizzare
ciò che la Santa Sede si aspettava dal nuovo Ordine. In modo particolare uno
dei suoi primi atti fu quello di acquistare una casa a Parigi dove era la più
importante università di Teologia del medioevo. L’Ordine, composto da
congregazioni che fino a qualche anno prima vivevano fuori dei centri abitati
ed erano dedite solo alla preghiera e alla penitenza, nel giro di qualche anno
si era messo alla pari dei Francescani e dei Domenicani sia nel campo degli
studi che in quello della predicazione e dell’osservanza regolare.
Sono andati perduti i registri del suo generalato e quindi non possiamo
conoscere molto di più della sua personalità. Ci piace però ricordare che fra
Lanfranco è il figlio e il frutto di quell’Ordine che con radicalità ed eroismo
ha cambiato il corso della storia della Chiesa. E che quindi è la storia stessa
che parla per lui.
Il
primo che gli diede l’appellativo di beato fu l’agostiniano milanese Andrea
Biglia verso il 1430 e il primo argomento in favore del suo culto fu una
immagine aureolata del 1466, vista dall’Herrera nella chiesa di S. Maria della
Cella, vicino a Genova.
Durante il restauro dell’antica chiesa agostiniana di S. Marco a Milano,
nel 1956, si pensò di aver scoperto il suo sepolcro. Secondo gli studi più
recenti, il bellissimo monumento sembra appartenere invece ad un altro fra
Lanfranco Settala, che porta il nome del suo avo illustre, un Lanfrancus
magister Sacrae Paginae all’Università di Parigi e confessore
dell’arcivescovo di Milano, morto il 29 gennaio 1355. Si è certi che anche fra
Lanfranco, il priore generale, morto nel 1264, sia stato sepolto nella chiesa
di S. Marco, tuttavia il suo sepolcro è andato perduto nei numerosi
rimaneggiamenti della chiesa.
P. Mario Mattei