TODI, Il Beato Simone

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TRADUZIONE DEGLI ACTA SANCTORUM

 

IL BEATO SIMONE DA TODI DI BOLOGNA DELL’ORDINE DEGLI EREMITANI DI SANT’AGOSTINO

1 - Gli eremiti agostiniani, che fino al 1263 avevano avuto domicilio fuori le mura della città di Bologna, presso la suddetta chiesa dei santi Filippo e Giacomo di Sàvena, come Tommaso di Errera dimostra nel suo “Alfabeto”, avendolo ricavato dalle bolle pontificie colà dirette, nell’anno successivo, si trasferirono in città, sotto gli auspici di Ottaviano Ubaldini (1240-44), vescovo di Bologna e cardinale di Santa Romana Chiesa, mentre 17 anni prima era stato sollecitato il progetto, ma ne era stata impedita la realizzazione. Allora, comperate le case e la torre nella piazza di S. Donato, nell’anno 1267, furono gettate le fondamenta per la costruzione del nuovo convento e della chiesa, condotte a termine con bella struttura nell’anno 1315, ne venne una grande fama, grazie al B. Simone da Todi, grande per la sua dottrina teologica ed abilità oratoria, più grande, tuttavia per la sua santità. Quanto grande sia stata la sua santità in vita, sebbene a stento qualche relazione sulla sua vita si tramandi, si può conoscere tuttavia dai miracoli che seguirono la sua morte e che il molto reverendo Luigi Torelli, storiografo dell’Ordine eremitano, ci ha tramandato, dopo averli trascritti dai documenti originali; da cui, oltre ai capitoli degli Annali, in parte già editi ed in parte inediti, l’Ordine ha tratto le biografie delle persone illustri per santità, divise in sei centurie, in lingua italiana.

2 - Prima di esporre questi miracoli divisi secondo la nostra consuetudine, ripuliti dalla superficialità di formule sempre ricorrenti, e ridotti per la brevità conveniente a questa opera, bisogna prendere in considerazione l’elogio del beato da vivo, che rimane l’unico ricordo della santità di lui vivente, per mano del beato Giordano di Sassonia, libro 2, dal “Vitasfratrum” cap. 8: “Fra Simone da Todi, Lettore, una volta Priore Provinciale e Priore Locale in molti luoghi, fu uomo di grande riverenza e santità, venne accusato, pesantemente, da alcuni confratelli, davanti al Priore generale nel Capitolo generale, in mia presenza, sebbene egli fosse assente: per queste accuse, così come erano state riferite, sopportò molti, gravi fastidi e calunniosi improperi, egli, poiché sapeva che é stato scritto: “nella vostra pazienza possederete le vostre anime”, sopportò pazientemente tutti i fastidi cagionati ed arrecati contro di lui, per amore di Colui che sopportò dai suoi calunniatori, terribili ingiurie a nostro vantaggio. Egli, che infine fu destinato come predicatore a Bologna, essendo elegante nel parlare, istruì abbondantemente il popolo di Dio con la predicazione, e lo illuminò utilmente con l’esempio della sua vita. Predisse in una pubblica orazione la sua morte, e così, con felice dipartita morì, lui che splendette anche per i tanti miracoli”. In questo modo Giordano, il quale esorta affinché, a questo punto, venga valutato come l’umiltà e la pazienza rafforzino la concordia e la carità tra i confratelli, dice: “infatti se, parlando prima, frate Simone da Todi avesse potuto difendersi, da uomo quale era, avrebbe commosso tutta la sua Provincia, anzi gran parte dell’Ordine, e avrebbe suscitato dialoghi contrastanti di ogni specie”.

3 - Giuseppe Pànfilo ha scritto, nella “Cronaca”, che fu provinciale dell’Umbria, per avervi dimorato certamente ed esservi stato lettore. Infatti, Giovan Battista Possevino, nel “Libro sui beati e santi tudertini”, nell’elogio di questo beato, dichiara che nel convento agostiniano di Santa Prassede di questa città, é conservato il libro manoscritto in pergamena, che contiene molti discorsi di codesto beato per le feste dei santi, pieni di dottrina e santità, e Tommaso Errera dice: “ho letto nell’archivio romano un documento in carta pergamena, munito del sigillo di cera bianca del 27 maggio 1311, nell’8° indizione, in cui il Vescovo di Terni, Matteo (1297-1311), affida la chiesa di San Bartolomeo, situata a Dursagnano, nella diocesi o distretto ternano, posta in un luogo infido e solitario, ai Frati eremiti dell’Ordine del beato Agostino, del convento di San Pietro da Tirlo, di Terni, perché sia abitata da uomini religiosi, i quali, ivi, possano condurre vita eremitica e solitaria, con il permesso dei loro superiori. Attesta poi che il Vescovo accorda ciò, soprattutto per le preghiere e per l’amicizia verso frate Simone Rinalducci da Todi, lettore e amico carissimo in quello stesso Ordine”. L’Ughelli (1717-1722), in “Italia sacra”, nomina questo vescovo Matteo e afferma che intervenne di persona, ponendo la prima pietra della chiesa agostiniana a Spoleto, e che la chiesa, in verità, vi rimase dal 1297 al 1316. Afferma, poi, che Simone da vivo portò vantaggio ai Frati todini e altro vantaggio, simile a questo, possono dire di aver ricevuto, per gli stessi meriti di colui che è già accolto in cielo, i Bolognesi ai quali nel 1323 toccò la parrocchia di Santa Cecilia, che fu unita al loro convento, come scrive Errera, il quale, dopo aver recensito le diverse opinioni delle svariate persone intorno all’anno della morte, le corresse in base alla verità dei processi, che dovevano essere stati resatti.

4 - Quindi l’Errera nomina gli scrittori dai quali beato Simone é onorato con il titolo di beato e sono tutti dell’Ordine Agostiniano, tranne il Possevino, nominato prima, e si dimostra che la sua immagine rifulge dello splendore dei beati; infine, cagiona dolore il fatto che un uomo tanto grande e famoso per tanti miracoli, per la povertà della regola agostiniana o per trascuratezza, non sia stato iscritto nel catalogo degli uomini di Dio, né sia stata menzionata questa trascrizione. Dobbiamo essere addolorati anche noi, e molto più dobbiamo meravigliarcene: sembra che, in tanta abbondanza di miracoli che si diffondevano verso i deboli di ogni genere e condizione, nel raccoglierli sommariamente, si siano impegnati tre notai; ma la celebrità e la fama della sua santità si diffuse per tutta l’Italia a tal punto che, non soltanto dal territorio di Bologna, ma anche da Modena, Faenza, Firenze, Milano, Reggio Emilia, ed altri luoghi più lontani, giunsero per dichiarare apertamente di aver ricevuto una grazia davanti al suo sepolcro di Bologna. Soprattutto sembra che sia necessario meravigliarsi perché le cose ora dette non abbiano infuso, in nessuno dei familiari, il pensiero di descriverne la vita, per far conoscere pienamente, ai popoli devoti e alla posterità, quale uomo egli fu, del quale Dio tanto singolarmente rese evidente la santità.

5 - Appare nel numero 60 e seguenti la sua festa, istituita, per il 20 aprile, non tanto per qualche decreto ecclesiastico, quanto per devozione popolare, lo stesso giorno in cui morì, e che fu negli anni successivi nella bocca e nella venerazione popolare, fu lasciato cadere in dimenticanza. Quando e con quale autorità il corpo del beato venne estratto dalla sepoltura, questo solamente sappiamo da Antonio figlio di Paolo Masini, il quale, nella sua opera “Bologna perlustrata”, indicò questo giorno affinché i bolognesi debbano, per annua memoria, tornare ad onorare il corpo dell’uomo beato sopra l’altare di San Alessio, che é di proprietà della famiglia degli Orsi, e affinché sia custodito ed esposto alla comune devozione. Il Torelli, aggiunge, nella sua lettera, la quale tratta di questi argomenti, che c’è una cassetta dorata, ed elegantemente dipinta che contiene il cranio del beato visibile attraverso un foro frontale, sulla quale si leggono queste parole: “qui giacciono le ossa del beato Simone da Todi”. Il culto che già dopo la sua morte si era affermato, ancor più si accrebbe in questi ultimissimi tempi, dopo che nel 1666 l’Em.mo Card. Geronimo Boncompagni (1651-1684), Arcivescovo bolognese, ebbe visitato piamente il suo corpo; infatti, da quel momento, furono portati più frequenti tesori, sia voti di cera che d’argento, i quali si vedono ancora appesi all’altare; così ha scritto costui.

6 - I miracoli sono stati riportati in tre documenti, compilati nel medesimo tempo: il primo, scritto molto affrettatamente dalla mano di Filippo Papazzone, ha quasi solamente i nomi dei guariti, delle malattie e dei testimoni, come se fosse stato sopraffatto dal numero delle cose da segnare e fosse stato infastidito nello spiegare più diffusamente il modo e la qualità del miracolo. Due altri scritti, contrassegnati dalla mano di Alberto Anselmo e Giovanni da Manelli, appagheranno più completamente il lettore; tuttavia noi presenteremo tutti gli scritti del medesimo ordine, in cui ci sono stati trasmessi, lasciando all’arbitrio dei lettori se vogliono saltare i primi quattro capitoli o leggere sfogliando prima i tre successivi capitoli. Vi sono anche quelli che contano quattro processi, ma mentre vi sono quelli per i quali esiste un quarto, a noi questo sembra che sia piuttosto un’appendice al terzo, come dalla mano del medesimo notaio, se non sotto annotazione notarile, forse poiché c’era l’intenzione di aspettare ulteriori notizie che dovevano essere scritte, e allora finalmente si sarebbero raccolte nella forma di pubblico documento; nel modo in cui sono state redatte queste sono contenute fin qui dai primi capitoli.

 

Traduzione della copia dei documenti che i Bollandisti avevano ricevuto dallo studioso Luigi Torelli, il quale aveva potuto prendere visione dei manoscritti autografi

 

CAP. I – I MIRACOLI AVVENUTI TRE GIORNI DOPO LA MORTE

DEL BEATO SIMONE

7 - Nel nome del Signore. Così sia. Nell’anno del Signore 1322, nella quinta indizione, morì il Beato Simone da Todi, dell’Ordine dei Frati Eremiti di San Agostino, nella città di Bologna, per la cui virtù e per i cui meriti, dopo la sua morte, si manifestarono molti miracoli e segni nella stessa città di Bologna; ma nello stesso giorno in cui morì, e nel giorno seguente, nessun miracolo fu esposto per iscritto, per il fatto che, nella chiesa di San Giacomo, dei frati Eremiti di strada San Donato, in Bologna, ci fu una tale moltitudine di gente, e tanto clamore, che quasi una persona non poteva comprendere un’altra, ed era privilegiato chi poteva toccare il suo corpo. Così gli lacerarono tutte le sue vesti, e per la devozione di quel corpo, si considerava fortunato colui che poteva avere un pezzetto delle sue vesti. Questi fatti si protrassero per questi due giorni, dopo ciò durante la notte seguente, i frati, vedendo che non potevano sostenere una fatica tanto grande, mandarono alla ricerca di qualcuno degli uomini più potenti e considerevoli della città citata, grazie al consiglio ed all’aiuto dei quali, fecero seppellire il corpo del suddetto Frate Simone, cosa che non avrebbero potuto fare senza l’autorità di quegli importanti uomini. Il giorno seguente, poi, apparvero miracoli, scritti più tardi, e prove scritte da me, Filippo del fu Alberto Papazzone, notaio assegnato a ciò nei mesi e nei giorni seguenti, come contenuto nella trattazione che segue.

8 - Il 22 aprile una donna di nome Tomassina, figlia del fu Giovanni da San Marino, che ora dimora a Bologna, nel territorio della parrocchia di San Procolo, nel borgo di Mirasole, disse e confermò con giuramento che da più di quattro mesi non vedeva la luce, ebbe devozione verso il Beato Simone, per i cui meriti e virtù, fu liberata. I fatti raccontati accaddero a Bologna, nella detta chiesa di San Giacomo, alla presenza dei signori: Alberto di Anselmo, notaio; di Pietro di Saladini, e frate Angelo da Napoli e di altri testimoni, convocati ed interrogati per questo. Con questa modalità, ogni miracolo é sottoscritto da tre o quattro nomi di coloro che furono presenti alla testimonianza; la loro attestazione, sebbene non muti la sostanza del miracolo, di cui si rende la testimonianza, lo riporta con maggiore certezza e maggior numero di testimoni. Sembra eccessivo che sia aggiunta la formula “gli atti sono questi” ed anche i nomi dei presenti ad ogni miracolo; li porremo, per questa ragione, uno dopo l’altro, aggiungendo solamente quei testimoni dello stesso fatto, che tanti e contemporaneamente accorsero per deporre sul medesimo miracolo.

9 - Nel medesimo giorno una donna di nome Lucia di Aimerico da Marano, del territorio di Bologna disse, e confermò con il suo giuramento, che era impedita e piegata dalla cintura in giù, cosicché non poteva camminare se non con il bastone da tre anni o quasi; ebbe devozione per il Beato Simone e, per i suoi meriti e per la sua virtù, fu liberata. Una donna di nome donna Bilissena, figlia del fu Pietro Pesalana, della parrocchia di San Leonardo disse che, da più di sedici anni, aveva cominciato a sentire, e sentiva continuamente, il braccio destro senza vita e paralizzato; da quel momento in poi non aveva più potuto servirsi del suddetto braccio, ma, per la grande devozione che ebbe per il Beato Simone, per i meriti del quale, fu liberata... Una donna di nome Oliva, figlia di Barnaba, moglie di Bettino di Guidolino, della parrocchia di San Leonardo, disse che soffriva ad un piede di una grande infermità, cosicché non poteva camminare; ebbe devozione per il Beato Simone e per la sua virtù e per i suoi meriti, fu liberata dalla malattia...

10 - Una donna di nome Caterina, figlia di Imelda, su testimonianza e giuramento della detta sua madre, disse e confermò che da più di sette anni e ininterrottamente per tutto il suddetto tempo, era stata impedita, cosicché non poteva camminare se non a carponi e non poteva alzarsi, ma ebbe devozione per il Beato Simone, e fu guarita a tal punto da camminare in posizione eretta... Un fanciullo di nome Francesco del signor Lando di Montecatini, secondo la testimonianza ed il giuramento del padre stesso, disse che Francesco era malato di ernia, ma per la virtù e i meriti del Beato Simone fu liberato, e il medesimo Signor Landi, con un suo giuramento, confermò le notizie appena trasritte.

11 - Il 23 aprile, una donna di nome Vinicia, del Signor Ugnizone da Lucca, abitante a borgo di Panigale, del territorio di Bologna, disse che da sei mesi perdeva continuamente sangue dalla bocca, e che aveva la vista malata e male ad un fianco; ebbe devozione verso il Beato Simone, per i cui suoi meriti, fu liberata dalla sua infermità. Una donna di nome Maddalena, figlia del fu Franco della parrocchia di San Martino da Avesa, disse che era così impedita e piegata, che non poteva camminare se non con il bastone. Ebbe devozione per il Beato Simone e per i suoi meriti e per la sua virtù fu liberata. Sorella Agnese del fu signor Zaino, della parrocchia di Santa Cecilia, e Donatino di Franco, della parrocchia di San Martino, confermano, come testimoni, con giuramento, il suo impedimento ed anche la sua liberazione.

12 - Una fanciulla di nome Giacoma, figlia del fu Toniolo di Bonaventura, da Ulmetola, del territorio di Bologna, per il giuramento di donna Imelda, figlia del signor Carbone e moglie di Gerardo, e anche con giuramento di donna Benincasa, del fu Bonaventura della detta terra, dissero e confermarono che zoppicava dalla nascita e per la virtù e i meriti del Beato Simone fu liberata... Una fanciulla di nome Caterina Chitadella, di quattro anni, che risiede presso l’ospedale di San Pietro maggiore da Bologna, sotto giuramento di donna Margherita, figlia del signor Azzone da Boccaimpani, da Ferrara, che bada ai poveri presso detto ospedale, disse che era stata impedita dal giorno della sua nascita in avanti, ma che per la virtù del Beato Simone fu liberata. Mastro Giacobino da Tranizone, medico che la curava, confermò con un suo giuramento dell’impedimento ed anche della sua liberazione...

13 - Una fanciulla di nome Bona, figlia del fu Giovanni di Rolandino da Porci della parrocchia di San Laurenzio di Porta Sitera, che zoppicava in entrambi i piedi dal giorno in cui si accinse a camminare, e per i meriti e la virtù del Beato Simone fu liberata. Donna Mirabile, moglie del suddetto signor Rolandino; la nonna di detta Bona; donna Francesca, moglie del fu Giovanni e madre della detta Bona, con loro giuramento confermarono il suo impedimento e la sua liberazione... Un uomo dell’età di oltre quarant’anni, di nome Stefano di mastro Alberto dalla Burgundia, disse che era zoppo nel piede destro cosicché non poteva camminare senza stampelle da ventitre mesi, e per la virtù del Beato Simone fu liberato. Il Signor Nicola, del fu signor Mino da Gallizzano, e Bartolomeo, figlio di Salviati da Saliceto, con il loro giuramento affermarono che era zoppo e fu dal suddetto tempo in poi...

14 - Un fanciullo, di nome Nicoletto, figlio di Ghisilardo da Trento, che ora vive a Bologna, della parrocchia di San Giorgio da Poggiale, nel borgo di Durlecchio, aveva macchie o piuttosto squame negli occhi, cosicché vedeva appena, ma per i meriti e per la virtù del Beato Simone riebbe la vista, tanto che vede chiaramente. Ghisalardo suo padre e Simonino, del fu Nicoletto dalla Burgundia, con loro giuramento confermarono la sua infermità e la sua liberazione. Una fanciulla, di nome Bessola, figlia di Brunito di Ivano, della parrocchia di San Giuliano, era paralizzata nel braccio destro da ormai tre anni; per la virtù del Beato Simone fu liberata. Donna Lucia, figlia del signor Domenico di Tettacapre, madre di detta Bessola; donna Dulce, figlia del fu Tommasino, e i suoi vicini lo confermarono... Una fanciulla, di nome Giovanna, figlia di Bongiovanni di Taganello, dal borgo di Panigale del territorio di Bologna, era zoppa nel piede destro dalla nascita in poi, e per la virtù e i meriti del Beato Simone fu guarita. Donna Beatrice di Azzolino, figlia di Pietro di Bongiovanni; Bonaventura figlia di detta Beatrice dalla detta terra di borgo di Panigale e Claudia figlia del fu mastro Lanzalotto di Medico, della parrocchia di San Donato, lo confermarono...

15 - Un giovane, di nome Bonamico, di sedici anni, figlio del signor Ugolino dalla terra di Cheve, del territorio di Bologna, era zoppo nel piede sinistro da più di sei mesi e non poteva camminare, se non con la stampella; per la virtù del Beato Simone fu guarito. Signor Ugolino, suo padre, e Giacomo, del signor Franchino, lo confermarono... Un giovane di quindici anni, di nome Pietrino, figlio di Giacomo da Sion oltre i monti, disse che non vedeva con l’occhio destro da oltre sette anni e per la virtù del Beato Simone riebbe la vista e vede chiaramente. Fratel Biagio, del fu signor Graciolo di Alberto, calzolaio, ed il signor Valle, del fu signor Antonio di Oliviero, notaio, confermarono che le cose dette erano vere, e che vedeva perfettamente... Un fanciullo di dodici anni di nome Domenico del fu Viniano, della parrocchia di Santa Maria del Tempio, era pieno di dolori ed impedito, cosicché non poteva camminare senza bastone da più di due mesi e per la virtù del Beato Simone fu liberato. La signora Bartolomea, figlia del fu signor Stefano, sua madre ed il signor Benvenuto Stracciarolo, del fu Martino, lo confermarono...

16 - Una fanciulla, di nome Checca, figlia di Compagnoni, della terra di Santa Maria in dono, del territorio di Bologna, era piena di dolori ed indebolita, cosicché quasi non camminava dal giorno della nascita, per la virtù del Beato Simone fu liberata. Il signor Compagnone suo padre, Bitinio di Giovanni da Fabri della detta terra, e Manello, figlio del fu Zambonino da Manelli, della parrocchia di Santa Cecilia, lo confermarono... Un fanciullo di nome Bonfiglioso, figlio di Guidaccio da Ceretolo, del territorio di Bologna, era malato di ernia da oltre due anni, e per i meriti di Beato Simone, fu liberato. Bellino di Aldrovandini da Seta e donna Beatrice, moglie di Bortoluccio da detta terra lo confermarono... Una donna di nome Sibillina, figlia del fu Bartoluccio, dalla terra del monte Acuto delle Alpi, era sorda e disse che da oltre dieci anni non aveva facoltà di udire e per i meriti del Beato Simone tutte e due le orecchie si aprirono, cosicché udì chiaramente...

17 - Una giovane di quattordici anni, di nome Margherita, figlia di mastro Grimaldo di Paiolario, della parrocchia di San Matteo da Accarissi, era impedita nel piede destro, cosicché non poteva porre in terra la pianta del piede già da nove anni, ebbe grandissima devozione verso il Beato Simone e per la sua virtù e i suoi meriti fu liberata. Il detto mastro Grimaldo, suo padre; donna Imelda, moglie di Grimaldo e madre di Margherita; Martino, figlio di mastro Bonaventura e Corsino, del fu Bonaventura da Candelio lo confermarono... Un uomo, di oltre sessant’anni, di nome Francesco del fu signor Giacomo, dalla parrocchia di San Vitale da Bologna, disse che da più di otto anni era impedito in entrambi i piedi e lo fu continuamente per tutto questo tempo, cosicché non poteva camminare senza stampelle, ebbe devozione per il Beato Simone, per la virtù e per i meriti del quale fu liberato... Piglo, figlio del signor Gerardo da Castel San Pietro; Rodolfo di Palmerio, della parrocchia di Santa Cecilia; Bartolomeo del fu signor Rodolfo da Mandina e Bartolomeo di Entipitto, da Braina, lo confermarono...

18 - Una donna di nome Tommasina, figlia del fu Rodolfo, della parrocchia di Santa Maria Maddalena di Bologna, disse che da oltre sei mesi soffriva di un gran dolore all’osso del braccio destro e per la virtù e i meriti del Beato Simone fu liberata. Donna Domenica, figlia del fu Giambonino e moglie del fu Ugolino da Rambace, affermò che le cose suddette erano vere. Una giovane dell’età di sedici anni di nome Richimilia, figlia del fu Giovanni da Roncaglia del territorio di Bologna, disse che dai giorni della nascita in poi era debilitata, che zoppicava dall’una e dall’altra parte e fu liberata. Donna Cartilia, figlia del fu signor Simone da Buliveri; donna Beatrice, figlia del fu Albergizio e donna Bonafemmina figlia del fu Rolandino di Campaldo lo confermarono... Un uomo di ventisette anni, di nome Gregorio, figlio di mastro Giovanni di Sartori, disse che era infermo di mal caduco e spesso era stordito, con grande bava alla bocca e non sapeva dove si trovasse; se non ci fosse stata della gente che gli andava incontro e che lo aiutava, molte volte sarebbe caduto; una volta cadde perché non avevano potuto sostenerlo e fu liberato. Il signor Giovanni, suo padre e il signor Giacomo, figlio del fu Bartolomeo di Bissilerio, confermarono che era vero.

19 - Una fanciulla di nome Tommasina, figlia di mastro Francesco da Denti, non vedeva con l’occhio destro da quattro mesi e per la virtù del Beato Simone vide con l’occhio destro. Il signor Francesco, suo padre, affermò che queste cose erano vere. Un fanciullino di nome Tonio, figlio di Nicola, della Pieve di Cento, del territorio di Bologna, era rattrappito nel piede sinistro cosicché, non poteva camminare e fu liberato. Alberto di Renduccio, della popolazione suddetta di Cento, affermò che era da quattro anni che era così rattrappito, e che fu liberato.

 

CAP. II - ALTRI MIRACOLI AVVENUTI NEL MEDESIMO ANNO

DAL MESE DI APRILE FINO A MAGGIO.

20 - Il 24 aprile un uomo nel pieno della maturità, di nome Bonincontro, figlio del fu Giovanni, che risiede nella terra di Argelato, del territorio di Bologna, disse che da quattro anni era impedito dalla cinta in giù, cosicché non poteva camminare, se non con le stampelle e fu liberato. Benvenuto del fu Zambonello, della parrocchia di Santa Maria maggiore; Domenico, figlio del sanato Bonincontro; Tura del signor Matteo della parrocchia di Santa Maria, affermarono le cose suddette. Una fanciulla di dodici anni, di nome Francesca, figlia di Plassellino da Plaselli, della parrocchia di San Giuseppe, del borgo di Galeria Bolognese, disse che da più di due anni aveva fistole nella gola, cosicché a stento poteva tenere eretto il capo ed aveva grandi dolori nei fianchi, e fu liberata. Donna Francesca, figlia del signor Giovanni, della detta parrocchia di donna Bartolomea; la figlia del fu Surano di Guidoni Vittori e donna Benvenuta, figlia del signor Corvolino, lo confermarono. Un fanciullino di nome Bonaparte, figlio di Giacomo, dalla terra di Ulmetola, del territorio di Bologna, era malato di ernia da oltre un anno e fu liberato. Mastro Giacomino da Zovezoni, che lo curava; il signor Giacomo, padre del detto Bonaparte e donna Beatrice, figlia di Rolando da Ragusa, moglie del detto Giacomo e madre del detto Bonaparte, lo affermarono.

21 - Una giovane di quindici anni, di nome Margherita, figlia del fu Burlione da Badale, del territorio di Bologna, disse che era impedita dalla cintura in giù cosicché non poteva camminare senza bastone ed anche senza l’aiuto di sua madre da oltre tre mesi, fu liberata. Donna Vinicia, moglie del fu Furniolo, madre della sopraddetta Margherita, lo confermò. Un fanciullino di nome Domenico, figlio di Francesco di Taccone Becari, della parrocchia di San Giuseppe, del borgo di Galeria era ammalato di ernia da oltre un anno, fu liberato. Donna Mona, moglie del detto Francesco e madre del detto Domenico; il signor Giovanni di Domenico Atrazarolo, della parrocchia di San Giuseppe e il predetto Bartolomeo del fu Francesco di Gessadello, della parrocchia di San Sinesio, lo confermarono... Un fanciullo di dieci anni, di nome Pietro, figlio del fu Cantone, della terra di Plumazio, del territorio di Bologna, era impedito, cosicché poteva camminare a stento, già sono passate sei settimane ed oltre. Benvenuta moglie del detto Cantone, madre del detto Pietro e donna Tommasina, figlia del fu signor Pietrobono di Acquabella, zia del detto Pietro, lo confermarono.

22 - Una donna di età matura, di nome Bona, figlia del fu Curzio, dal borgo di Mirasole e moglie di Giovanni che fa i pozzi, disse che da più di trent’anni, non vedeva chiaramente con l’occhio destro e per la virtù del Beato Simone, riacquistò la vista e vede chiaramente... Una fanciulla di undici anni, di nome Bonafemmina, figlia del fu Giacomino da Varga, del territorio di Lucca, che ora soggiorna a Bologna, nella parrocchia di Santa Maria di Muradelle, era impedita e rattrappita in entrambi i piedi cosicché non poteva camminare, se non con le stampelle ormai da tre anni, fu liberata. Donna Bonaventura, figlia del fu Matteo, dalla detta terra; sua madre, Messina, figlia del fu Vanno dal Monte Fregasesse, del territorio da Lucca e Antoniola, figlia della suddetta donna Messina, lo confermarono... Una donna di età matura, di nome Benvenuta, figlia del signor Bonomo, della parrocchia di San Gervasio, disse che era posseduta dal diavolo da oltre tre anni, fu liberata. Bona, sua figlia e figlia di Bernardino e Giacomo, chiamato Muzolo del fu Mainardino, della parrocchia di San Colombano, lo confermarono. Una fanciulla di dieci anni, o quasi, di nome Felissia, figlia di Agnesina, della parrocchia di San Prospero Bolognese, era storpiata nella mano destra e teneva continuamente il pugno chiuso, tranne l’indice, che teneva sempre rigido e non poteva tenere le dita in alcun altro modo, fu liberata. Donna Nuta, moglie di Andrea da Prato, sua vicina, confermò...

23 - Il 25 aprile un fanciullo di otto anni, di nome Michiluzio, figlio del fu Monti, dalla terra di Monte Rumisso, del territorio di Bologna, era duro d’orecchio fin dalla nascita, ebbe una grande devozione per il Beato Simone, gli si aprirono le orecchie ed ora sente. Un uomo di oltre sessant’anni, di nome fratel Bitino, del fu Alberto, della parrocchia di Santa Maria maggiore, che risiede nel borgo di Pollicino, dell’Ordine dei Frati della Penitenza, disse in virtù dello Spirito Santo e con un suo giuramento che da più di sette anni era impedito nel piede destro e nella tibia della gamba destra, cosicché non poteva camminare senza stampelle; mentre stava nella chiesa di San Pietro maggiore, del territorio di Bologna, ebbe una grande devozione per il Beato Simone e fu liberato ... Una fanciulla di nome Agnesia, di dodici anni, figlia di donna Boninsegna da Mesciazano, era rattrappita nei piedi e nelle mani, cosicché non poteva camminare né aiutarsi da oltre cinque anni... Un fanciullo di nome Nicola, figlio di Domenico, del fu signor Fioravanti da Marano, del territorio di Bologna, era malato di ernia da due anni. Una tale di nome Tommasina, figlia di Pietro da San Donnino, e moglie di Pione dal sopraddetto luogo, disse che da oltre due anni era piena di dolori cosicché a stento poteva camminare. Tutti costoro per la virtù e per i meriti del Beato furono sanati, lo affermarono i testimoni dell’infermità o dell’impedimento, e coloro che erano a conoscenza della guarigione, dei quali abbiamo tralasciato di indicarne singolarmente il nome, così aggiungiamo uno dopo l’altro qui successivamente i soli nomi dei guariti e la malattia.

24 - Un fanciullo di dieci anni, di nome Michele figlio di Giacomo di Aldrovandi, che dimora a Guardia della città di Bologna, presso la croce di Gisso, era sordo da oltre due anni e suo padre lo mandava a scuola, ma dopoché gli capitò la sventura predetta, non volle più andare a scuola. Una donna di nome Guglielma, figlia di Ventura, che venne da Barga, del territorio di Lucca e che ora soggiorna a Bologna nei pressi della parrocchia di Santa Maria maggiore, disse che da circa quattro anni era posseduta dal diavolo. Una fanciulla di sette anni di nome Caterina, figlia di Albertuccio del fu Bencivenne di Casarego, dalla terra di Ulgiano, del territorio di Bologna, aveva un braccio e la mano destra rattrappiti. Un uomo di cinquantacinque anni, di nome Gherarduccio del fu Pietro da Bagnarola, che ora soggiorna nella terra di Alceto, del territorio di Bologna, disse che da quattordici anni era zoppo nella parte sinistra e cominciò a zoppicare fortemente e zoppicava continuamente da oltre detto tempo cosicché doveva camminare con il bastone. Un fanciullo di cinque anni, di nome Francesco, figlio di Giacomo di Bidello, della parrocchia di San Salvatore, aveva un ascesso nel corpo dal quale usciva così grande marciume che i medici non potevano curarlo, dicevano che non poteva scampare e lo abbandonarono. Un fanciullo di dodici anni, di nome Guizzardino di Bandino da Fregnano, disse che da oltre quattro anni era malato di ernia.

25 - Il giorno 26 aprile, una giovane di ventiquattro anni, di nome Margherita, figlia del fu Gioacchino da Persico, del territorio di Cremona, che ora soggiorna a Bologna nella parrocchia di San Marco, era posseduta dal diavolo da oltre cinque anni. Una fanciulla di nome Lucia, figlia di Bertolino dalla terra di Altedo, del territorio di Bologna, era impedita e rattrappita in entrambi i lati e malata di ernia dal giorno della nascita. Un fanciullo di nome Pietro, figlio di Francesco del fu Alberto, della parrocchia di San Barbaziano, era paralizzato nella mano destra cosicché non poteva operare con essa già da tre anni. Una donna di ventitre anni, di nome Margherita, figlia di Rolando di Bondo di Aiguina da Raffeno e moglie di Enrigisto da Fregnano, disse che era posseduta dal diavolo da oltre un anno ed era tutta piena di dolori e di fitte a tal punto che le sembrava che dei cani le corrodessero le viscere e quando il male aumentava si sarebbe gettata in un pozzo, nel fuoco o nell’acqua, dove più presto avesse potuto se la gente non l’avesse trattenuta; per i meriti del Beato Simone fu liberata, come nei casi precedenti e seguenti.

26 - Il 27 aprile, una giovane di diciassette anni, di nome Giovanna, figlia di Laurenzio di Fabro, della parrocchia di San Giuseppe, del borgo di Galeria, che risiede fuori il perimetro di detto borgo, disse che zoppicava fortemente nella parte sinistra poiché un carro le era passato sopra all’anca e sopportò questa infermità per diciassette anni. Un uomo di quarantacinque anni, di nome Giovanni del fu Giacomo, che venne da Parma ed ora risiede nella terra di Roncale, del territorio di Bologna, disse che era paralizzato nel piede e nella mano sinistra cosicché trascinava trasversalmente il piede per terra e non poteva portare la mano alla bocca se non con l’aiuto della mano di un altro, da ormai ventiquattro anni ed oltre. Un uomo di quarant’anni, di nome Ugolino del fu Ugolino dalla terra La Mola, del territorio di Bologna, disse che da oltre dieci anni aveva un dolore all’anca destra e che per l’eccessivo dolore si piegava fortemente sul piede sinistro e camminava con grande fatica con un bastone, disse che non poteva soltanto sollevare quel piede da terra, che non avrebbe potuto salire un solo gradino, se prima non fosse salito con l’altro piede; ebbe una grandissima devozione per il Beato Simone e per la cui virtù, fu liberato; qui, così come negli altri casi, prima di giungere alla sua tomba, della quale cosa, in verità, presso gli altri, non viene fatta nessuna menzione, sembra tuttavia che siano stati tutti sanati presso la sepoltura.

27 - Un fanciullo di due mesi, di nome Pietro, figlio di Giannetto di Nassello, della parrocchia di Santa Maria Maddalena, aveva tre fistole con cinque piaghe nel braccio destro, già da un mese e per i meriti del Beato Simone fu liberato come hanno affermato mastro Giacomino da Zovezone e mastro Bologitto di Riccardo da Cussolara, i medici che lo curavano. Una fanciulla di dieci anni, di nome Giovanna, figlia di Bettino che risiede presso Casedeifabbri del territorio di Bologna, era impedita nell’anca dalla parte sinistra, cosicché zoppicava fortemente dal giorno in cui cominciò a camminare... Una fanciulla di sei anni, di nome Zavola, figlia del fu Ghibertello, della parrocchia di Santa Maria maggiore, era rattrappita ed era impedita dall’una e dall’altra parte cosicché zoppicava fortemente ed aveva i piedi volti indietro da ormai quattro anni, per i meriti del Beato Simone fu liberata come anche è stato detto sopra.

28 - Il 28 aprile, una donna di quarantacinque anni, di nome Alberina, figlia del fu signor Bernardino da Argelato della parrocchia di Santa Maria maggiore e moglie del signor Provenzale del fu signor Fiorino dalla terra di Argelato, del territorio di Bologna, disse che da oltre quindici mesi era posseduta dal diavolo e dal giorno in cui era stata posseduta, non aveva più potuto vedere il Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo; il demone non le permetteva di fare il proprio dovere. Un giorno costui, nemico di Dio, la gettò in un pozzo ed ella, trovandosi dentro, cominciò a gridare. Sua figlia corse verso il pozzo, le porse un bastone con uncino ed ella si affidò al detto uncino e la figlia la poté estrarre dal pozzo. Ella faceva tutte le azioni che fanno le indemoniate, ma per i meriti del Beato Simone, fu liberata. Il signor Provenzale, suo marito, Bonaventura e Isabetta, loro figli lo confermarono.

29 - Il 29 aprile, un fanciullo di sette anni, di nome Bartolomeo, figlio di Fondaccia, della parrocchia di Santa Cristina, era contratto nella mano destra dal giorno della sua nascita. Una fanciulla di dieci anni, di nome Mina, figlia di Pigo, della terra di San Martino del territorio di Bologna, era impedita nell’anca sinistra cosicché fortemente zoppicava con il piede sinistro dal giorno in cui cominciò a camminare in poi. Un fanciullo di nove anni, di nome Pietro, figlio di Francesco, il quale era figlio del signor Pace di Pellipario, della parrocchia di Santa Maria maggiore, e che risiedeva nella casa di frate Bonuzio da Argelato, era paralizzato nel braccio e nella mano destra da ormai due anni cosicché non poteva aiutare se stesso; per i meriti del Beato Simone furono liberati...

 

CAP. III - I RIMANENTI MIRACOLI DEL MEDESIMO ANNO

E DEI TRE ANNI SUCCESSIVI.

30 - Il primo maggio, una donna di trentacinque anni di nome Essica, della terra di Sasso Mussaro, del territorio di Bologna, che ora dimora con il signor Alberto de’ Savioli, della parrocchia di San Gervasio, era rattrappita sul fianco sinistro, cosicché zoppicava fortemente, già sono sedici anni ed oltre; ed ebbe devozione per Beato Simone: mentre, si recava a visitare la sepoltura di Beato Simone, sfrenata, lungo la strada, per la devozione, fu liberata: quelle cose disse ed affermò con un suo giuramento; tre persone a lei vicine di zona hanno affermato che l’hanno conosciuta e vista rattrappita per più di un anno e che ora è liberata.

31 - Il 3 maggio, una fanciulla di ventuno anni, di nome Maddalena, figlia di Pietro di Mariano e moglie di Alberico di Liguccio, della parrocchia di Santa Maria maggiore e che abita nella Puglola, vicino ad Avesella, disse che da un mese ed oltre, aveva il braccio sinistro paralizzato, cosicché non poteva sollevare la mano alla bocca... Una fanciulla di ventisei anni di nome Belda, figlia di Zenone di Freni, della parrocchia di San Leonardo, aveva la spalla sinistra grossa, piena di gocce e di umori, cosicché la gente diceva: “O che gobba!”, or sono otto anni e più; per i meriti di Beato Simone queste persone sono state liberate, e tutte queste affermarono, con un loro giuramento, che queste cose erano vere, e che costoro avevano conosciuto l’impedimento e la liberazione, poiché, da parte di coloro che seguirono così come da parte di coloro che precedettero, erano state viste le medesime cose che erano state riportate.

32 - Il quattro maggio, un fanciullo di sei anni, di nome Bencevenne, che era detto Cevenello, figlio di Giovanni, chiamato Nanne da Saigiana del territorio di Bologna, era ammalato di ernia, or sono quattro anni ed oltre, sul fianco sinistro ed era in un così grande pericolo che le interiora gli uscivano quotidianamente dal ventre. Una donna di quarant’anni, di nome Luchisma, figlia del fu Palmirolo e moglie di Salvieto, figlio del fu Andriolo, della parrocchia dei Santi Simone e Giuda, disse che fu posseduta dal diavolo, oramai sono trent’anni ed oltre, cosicché non aveva potuto occuparsi di alcuna cosa, nè le permetteva di vedere il Corpo del Signore Nostro Gesù Cristo ed aveva nella tibia un cancro, che aveva quattro bocche, ed aveva tutta la tibia tumefatta, cosicché non aveva potuto camminare se non con una grande fatica, le sembrava che dei cani corrodessero tutta la sua persona, da ormai due mesi ed oltre; ebbe devozione per Beato Simone, per i meriti del quale fu liberata, come anche il fanciullo precedentemente nominato...

33 - Il 7 maggio, una donna di quarant’anni, di nome Giovanna, figlia del fu mastro Tommasino da Modena, e moglie di Bartolommeo da Grassi della terra d’Argile, del territorio di Bologna, la quale ora dimora in terra d’Argile, aveva il braccio sinistro paralizzato da sette e più mesi, cosicché non poteva avvalersi della mano e non poteva fare alcuna cosa. Queste cose disse con suo giuramento, ebbe devozione per Beato Simone, e per i suoi meriti e le sue virtù fu liberata.

34 - L’8 maggio una fanciulla di diciotto anni, di nome Bonafemmina, figlia del fu Bellondo di Castel Aglario del Fregnano, e moglie del Petricino del signor Albertino da Semelsana, ha deposto che costei era stata colpita da una certa grande infermità, che spesso la coglieva; così quando starnutiva cadeva a terra e dalla bocca le veniva fuori la schiuma, erano già due anni che i sintomi appena detti la coglievano... Una donna di quarant’anni, di nome Carissima, figlia di Pietro di Raimondo di Castel Leone, del territorio di Bologna, aveva una tibia infistulita ed il braccio destro contratto, cosicché non aveva potuto avvalersene da ormai venticinque anni e negli ultimi quattro mesi non riusciva a sollevare la mano sulla testa. Per virtù del Beato Simone sono state liberate...

35 - L’ultimo giorno di maggio, un giovane di diciotto anni, di nome Gandolfo, figlio del signor Giovanni di Finello dei Perdiveclio da Roncori, del territorio di Reggio, disse, e sotto giuramento lo confermò, che da circa tre mesi era caduto da un noce cosicché si era rotto la tibia, e da tale frattura uscirono tre pezzi di osso. E’ stato un anno in cura dai medici ma non si è potuto liberarlo, andava continuamente con le grucce, in altra maniera non poteva andare. Ebbe devozione nel Beato Simone, venne a visitare la sua sepoltura, e per i meriti e per la virtù di costui, fu liberato...

36 - L’8 di agosto un uomo di trentadue anni, di nome Pietro, del fu Guidone da Cremona, che ora dimora a Bologna sotto la parrocchia di Santa Lucia nel borgo dell’Oro, disse che da tre mesi ed oltre era continuamente contratto ed impedito, cosicché non poteva camminare senza le stampelle; ebbe devozione per il Beato Simone e fu liberato. Andrea del fu Gerardo da Parma, suo vicino, e la signora Giovanna, figlia di Manfredo della parrocchia di Santa Lucia, affermarono con loro giuramento che tutte le cose dette precedentemente erano vere, e lui fu liberato...

37 - Nel nome di Cristo. Così sia. Nell’anno del Signore 1323, IV indizione, il 23 di aprile, una donna di nome Giovanna, figlia di Giacomino di Castel dei Britti nel territorio di Bologna, era impedita e contratta nel lato destro, cosicché non poteva camminare senza le stampelle, ormai sono passati molti anni... Il 26 dicembre, mastro Alberto del fu signor Rolandino da Muglo, di professione fabbro, della cappella di San Felice, che ha cinquant’anni, ha sopportato alla gamba destra una grave malattia, cosicché non poteva camminare. Aveva consultato i medici più e più volte ma nessuno era riuscito di guarirlo; per i meriti di Beato Simone è stato liberato... Anno del Signore 1324, VII indizione, 25 aprile, la signora Benvenuta, figlia del signore Gherardino di Rustighello e moglie del fu Giovanelli di Rolando della terra di San Giovanni in Persiceto, nel territorio di Bologna, la quale ha cinquantacinque anni, disse che da due anni e mezzo era gravata dall’infermità del malcaduco; fece voto a Dio e al Beato Simone che se fosse guarita per meriti di costui, sarebbe andata a visitare il suo corpo e la sua sepoltura. Per virtù di Dio e per i meriti del Beato Simone, fu liberata...

38 - Nel nome di Cristo. Così sia. Nell’anno 1325, indizione VIII, il 5 maggio, la signora Clara, moglie di Ridolfo del fu Palmerio, della parrocchia di Santa Cecilia, sola con sua figlia Ostia di sette anni e mezzo, dissero, e la citata Clara, sua madre lo giurò, che sua figlia Ostia, già da due anni soffriva del mal di pietra, in continuazione, e che di giorno e di notte urinava e marcivano tutti i panni del letto dove giaceva. Pativa un grande dolore allora, e gridava fortemente, cosicché era ammirabile. Mentre la madre si trovava con sua figlia nella casa di Giovanni del fu Giacomo di Simone, nel giorno della festa di San Pietro Martire, il 29 di aprile del presente anno, sopportò un grande dolore, diceva che le sembrava che dei cani le corrodessero tutte le interiora, ed urlava tanto che tutti i vicini accorrevano. Allora la suddetta signora Clara disse: “Beato Simone, aiutami con questa mia figlia o chiedi a Dio che le conceda la morte”. Allora per i meriti e per le virtù del Beato Simone, la sopraddetta Ostia fece uscire opportunamente due quarti di urina e un sasso nodoso, grosso come una noce; dopo queste cose ebbe un enorme flusso di sangue e fu liberata, e lo è, dalla sua infermità...

39 - Il 14 giugno, il signor Gioacchino di Bencivenne da Curioni, della parrocchia di Santa Cecilia, insieme con suo nipote Giacomo, il quale ha sedici mesi, disse che mentre Giacomo era sulla pubblica strada, un uomo con un carro, carico di legna, con due buoi passava per la via e uno dei due buoi colpì col muso Giacomo, che cadde davanti al bue, e la ruota del carro carico salì sopra reni e spina dorsale dello stesso fanciullo, subito tutti i vicini accorsero, credendo che Giacomo fosse morto. Allora la signora Nive, moglie di Bonafede, figlio di Gioacchino e madre di Giacomo, fece voto a Dio e al Beato Simone, che se suo figlio si fosse salvato, avrebbe fatto dipingere un’effigie e una immagine del detto Beato Simone, e offrì tanti altri doni. Per quel voto fatto, per grazia divina, per i meriti e le virtù del Beato Simone, lo stesso Giacomo fu sanato e fu reso libero; la madre con tre testimoni disse di aver visto tutte le cose dette precedentemente e che ogni cosa è vera e che Giacomo è sano ed illeso. Io Filippo del fu Alberto Papazzoni notaio per autorità imperiale, tutte le cose sopraddette, come sono state sopra scritte, scrissi e redissi in forma pubblica, per autorità e licenza a me attribuita e data dal reverendo uomo Rogerio Caccia, vicario venerabile di padre Uberto, Vescovo di Bologna per grazia di Dio, scritta per mano di Giovanni del fu Paolo di Lazarino, dottore e notaio di leggi.

 

CAP. IV - SECONDO PROCESSO DEI MIRACOLI DEL BEATO SIMONE

40 - Nel nome di Cristo. Così sia. Questi sono i miracoli del Beato Simone da Todi, dell’Ordine dei Frati Eremiti di Sant’Agostino della città di Bologna, miracoli che dopo la morte dello stesso Beato Simone, che nell’anno 1322, indizione V, 20 aprile, di questo secolo passò nella patria celeste, apparvero e si verificarono per i meriti dello stesso frate Simone, nelle persone sotto riportate, le quali, prima della morte di Beato Simone, pativano le malattie sotto descritte in parti diverse del corpo, e che furono liberate dalla loro infermità, essendo stati raccolti diligentemente su questi testi degni di fiducia con giuramento, come più sotto sono stati descritti in ordine, e scritti da me, Alberto Anselmo notaio, dall’autorità a me consegnata dal reverendo Rogerio Caccia, Vicario Venerabile del Padre Uberto, per grazia di Dio vescovo di Bologna, nell’anno corrente del Signore 1322, giorni e mesi sotto segnalati.

41 - Il 22 aprile, Egidia, figlia di Giovanni di Bernardino e moglie di Lamberto, della terra di Argelato, nel territorio di Bologna, era posseduta dal demonio ed era debilitata nel braccio destro tanto che non poteva sostenersi, e non poteva camminare senza bastone: patì questa disgrazia per quasi dieci mesi. Fu condotta davanti alla sepoltura del Beato Simone, con grande devozione, per i meriti del quale fu in modo palese liberata, costei aveva posato il bastone sulla tomba del Beato Simone e così liberata si allontanò. I testimoni del miracolo, Francesca di mastro Giacomo e moglie di Gerardino di Guarini, la signora Lucia, figlia di Taddeo da Bernardini della terra di Argelato, entrambe della parrocchia di San Lorenzo da Guarini, giurarono, davanti al Santo Vangelo di Dio, che effettivamente erano a conoscenza del fatto che Egidia soffriva delle dette infermità, e che la stessa era stata liberata dai quei dolori. Atto in Bologna, nella chiesa di San Giacomo dei Frati Agostiniani, presso l’altare dove si trovano le campane, alla presenza dei testimoni.

42 - Nello stesso giorno, la signora Avenante, figlia di Martino di Vignai, della parrocchia di Santa Maria in dono, del territorio di Bologna, zoppicava fortemente al fianco destro dalla nascita e la signora Massima, sua madre, avendo sentito dei miracoli del Beato Simone, con grande devozione condusse la figlia presso la sua sepoltura, e per i meriti e per la virtù di costui, fu liberata, cosicché cammina correttamente, e così sanata si allontanò... Domenico figlio di Zivinino della terra di Possicino, nel territorio di Bologna, disse in presenza di me, notaio, e dei testimoni sotto citati, che aveva camminato con le stampelle per più di sei anni e senza queste non poteva camminare; costui avendo sentito della santità del Beato Simone e dei suoi miracoli, con grande devozione venne a Bologna presso il suo sepolcro, e per i suoi meriti fu liberato, cosicché camminava correttamente e le stampelle le lasciò presso la tomba... Benvenuta, figlia di Placito di borgo di Panigale, disse che era impedita nei piedi e nei ginocchi, cosicché non era capace di camminare senza le stampelle, disse che sopportava tale infermità da circa diciotto mesi: avendo udito dei miracoli del Beato Simone e della sua santità, venne con grande devozione al suo sepolcro, e pregando devotamente con le gambe piegate, per i meriti del Beato Simone fu liberata, lasciando le stampelle presso la tomba...

43 - Zunta Guidone da Casalecchio di Reno disse che era impedita e non era capace di andare senza le stampelle; avendo sentito dei miracoli e della santità del Beato Simone si recò alla tomba, e avendo pregato devotamente, fu liberato da quella infermità, lasciando le stampelle al suo sepolcro... Lucia Aimerici di Mazano, del territorio di Bologna, che era impedita dalla cinta in giù e non poteva camminare senza bastone o stampella, disse che pativa tale infermità da tre anni circa, che si recò presso la sepoltura di Beato Simone e fu liberata, depose la stampella... Giacomo del fu Donato della terra di Idice, del territorio di Bologna, era indemoniato e faceva le cose che fanno gli indemoniati. Nessuno era in grado di tenerlo fermo, diceva quando glielo chiedevano: “io sono il diavolo”. Fu condotto a forza davanti alla sepoltura di Beato Simone e stando per un’ora sopra la cassa fu liberato per i meriti del detto Simone, ritornando nella sua felicità, sanità, buona memoria e intelletto. Questo Giacomo, liberato ed interrogato da me, notaio, su come aveva avuto inizio la sua infermità, giudiziosamente e con buona memoria, mi rispose che, facendo una certa cosa, gli sembrò che mentre stava facendo un pergolaio, un cattivo spirito fosse entrato in lui, (disse) che era atterrito, che da due anni oramai aveva perso la ragione e la memoria, che fino ad allora non era più stato nelle sue facoltà e nel suo intelletto, dicendo che sarebbe stato liberato completamente, lodando Dio e il Beato Simone, per i cui meriti confessò di essere stato liberato, allontanandosi con gioia...

44 - Il 27 di aprile Antonio figlio di Nicola di Cagalani, della gente di Cento, del territorio di Bologna, dell’età di sei anni, aveva il piede sinistro debilitato fino a tal punto che non camminava diritto, anzi zoppicava fortemente e sopportò queste infermità da quattro anni circa come disse Berta, sua madre, che lo condusse presso la sepoltura di Beato Simone, e fu liberato... Il 28 aprile, Pietro figlio di Alberto Ferrari, dalla terra di Plumazio, del territorio di Bologna, dell’età di dodici anni, disse che non sentiva se la gente non urlava fortemente nelle sue orecchie; mentre i parenti lo conducevano al sepolcro, per i meriti del Beato Simone fu liberato, udendo chiaramente e distintamente, sentiva bene gli uomini che parlavano, come le altre persone ascoltano... Castellano, figlio di Uberto, della terra di Marano, del territorio di Bologna, di vent’anni, disse di avere un piede gonfio, così non poteva camminare da tre anni e poiché non poteva lavorare, nessuno voleva che lui si ponesse al suo lavoro, cosicché non poteva guadagnare per cui non poteva mantenersi. Venne presso la sepoltura di Beato Simone, per i cui meriti fu liberato...

45 - Il 29 aprile Zanino del fu Massolo della terra di Soragra, del territorio di Parma, disse che il 28 del mese giocò d’azzardo e perse, per il dolore del gioco e della perdita dei soldi, bestemmiò Dio e Sua Madre e derise il Beato Simone del quale si prese gioco dicendo: “Come può questo Beato Simone guarire i paralizzati? Non può essere. Credo che siano delle truffe anche le grandi virtù; né credo che sia santo, né voglio credere ciò che si dice di lui.”, ed altre derisioni faceva su di lui. Dette queste cose, dopo avere cenato, andò a letto con questa cattiva fede e durante il primo sonno fu preso e gettato dal letto sopra il balcone; improvvisamente smise di parlare e stette muto da quella ora fino a mezzogiorno, non era in grado di parlare. Mosso dal pentimento, si pentì per quello che aveva detto sul Beato Simone, e con grande fede, devozione e lacrime venne presso il suo sepolcro e per la sua virtù e per i suoi meriti fu liberato completamente, rimanendo nella sua sanezza, lodando Dio e il Beato Simone...

46 - L’ultimo giorno del mese la signora Maria, figlia di Michele, della terra di Fano, del territorio di Bologna, era tormentata da un demone e faceva le cose come fanno gli indemoniati; era necessario che fosse legata affinché non procurasse lesioni a se stessa e agli altri. I suoi parenti che conoscevano i miracoli del Beato Simone, la condussero a forza sopra un carro con grande fede e speranza, questa indisposizione la colpì per tre giorni, mentre si trovava a tavola e stava mangiando. Costei mentre stava davanti al sepolcro del Beato Simone, fu liberata da detto tormento per i meriti e virtù del Beato, avendo grande rispetto verso il sepolcro e colmando di lodi lo stesso Beato Simone. Francesco, figlio di Rolando di Mongardino, del territorio di Bologna, dell’età di sei anni, aveva la gola gonfia nel lato sinistro e la signora Giacomina, madre del ragazzo, lo condusse presso il sepolcro del Beato Simone, là pregando con fede per suo figlio, ponendolo sopra l’arca, per i meriti e per la virtù del beato medesimo, fu liberato, mantenendosi sano nella gola...

47 - Il 2 maggio Benvenuta del fu Maggio Gardino, della parrocchia di San Colombano, dell’età di sedici anni, disse che zoppicava fortemente al piede destro e che non poteva mettere le scarpe, se non con l’aiuto di un altro, già da sei anni; venne presso il sepolcro del Beato Simone e fu liberata, camminando correttamente al cospetto di tutti i presenti, per grazia di Dio e del Beato Simone... Giovanni del fu Blasiolo di Loca, di dodici anni, della terra di Reggio, disse che sin da bambino si era fatto male con una lesina nella mano sinistra e per quella ferita aveva perso l’uso della mano e non poteva giovare a se stesso da oramai tre anni. Carmanino di Loca, zio paterno, consacrò Giovanni a Dio e al Beato Simone, il 26 aprile. Avendo lo stesso Giovanni una grande devozione e una grande fede nel Beato Simone, promise che si sarebbe recato presso il suo sepolcro e che avrebbe offerto un braccio di cera con la mano. Durante la notte seguente, avendo grandissima devozione e fede certa che sarebbe stato liberato, concitato dal sonno e svegliatosi si accorse che il braccio era stato sanato totalmente. Alzatosi per la gioia, quella mattina si recò alla casa di suo zio, mostrandosi sanato, e da tutti i vicini fu considerato un miracolo. La fama di questo miracolo si sparse fra tutti nella città di Reggio. Queste cose furono riportate prima al reverendo vescovo, Guidone di Abaisso, Vescovo di Reggio, che improvvisamente mandò a chiamare il fanciullo, e toccandogli la mano sanata, ringraziò Dio e il Beato Simone, avvisandolo che avrebbe dovuto recarsi a Bologna per visitare il sepolcro di Simone. Con grande devozione, rendendogli grazie, portò il braccio con la mano di cera, come aveva promesso, presso la tomba. Scrissi di questo miracolo, facendolo in onore del Beato Simone. Giovanni di Zenardino Canevario, Giovanni di Salvone e Carmanio di Loca, tutti cittadini della città di Reggio, giurarono di averlo visto con la mano debilitata, e che ora era stato perfettamente sanato.

48 - Il 3 del mese Egidia del fu Pace, di Camagnano, del territorio di Bologna, ora abitante presso la parrocchia di San Proculo, dell’età di cinquant’anni, era tormentata da un demone, ed era piuttosto ferita nel piede e nella mano sinistra, e faceva le cose che fanno gli indemoniati, dicendo che suo marito, da quando era così turbata, non voleva che abitasse con lui; questa sofferenza durava oramai da ventiquattro anni. Si recò alla tomba del Beato Simone e per i suoi meriti fu liberata... Il 7 maggio, Bonafante, che era detta Fantina, figlia di Entigitto di Sighicello, da Manzolino, del territorio di Bologna, dell’età di quarant’anni, era ostile e tormentata da un demone, e ciò le accadde in un campo piano, da quel momento in poi non ebbe più sensibilità, memoria ed intelletto. Fu portata a forza sulla tomba del Beato Simone, e fu liberata restando con la sensibilità e in buona memoria... Il 23 maggio, Prissiata, figlia di Nicola di Giacomo della terra di Castel Leone, e moglie di Guiduccio della terra di Gazo, di Castel Leone, era indemoniata e faceva le cose che fanno gli indemoniati, andando di qua e di là senza sensibilità e ragione; aveva cominciato oramai da diciotto mesi un così grande tormento e ciò mentre stava mangiando una pera regina, non avendola segnata; dopo averla mangiata, improvvisamente il suo corpo diventò gonfio. Fu portata sulla tomba del Beato Simone a forza, e mentre stava sopra l’arca del detto beato, fu liberata, rimanendo sana e raziocinante.

49 - Il 14 giugno, Giuliano, figlio di Diomelde di Migareto, del territorio Favenzie, era quasi ostile, mancava di sensibilità e di ragione, dalla Pasqua di Resurrezione aveva perso la vista degli occhi, il 12 del presente giugno si recò a Bologna umilmente e devotamente per visitare il corpo del Beato Simone, affinché lo liberasse dal suo tormento. Essendo davanti al suo sepolcro, offrendo con grande fede le sue umilissime preghiere; da detti dolori fu pienamente sanato, per i meriti dello stesso santo. Il 18 giugno, Zanzono del Tiburtino di Bonzo, della terra di Dugliolo, nel territorio di Bologna, riferì che soffriva alla gamba destra, dicendo che l’aveva avuta tutta gonfia e che aveva molte fistole con molte piaghe, dalle quali usciva una grande quantità di pus, al punto che sua moglie e i figli non potevano più abitare con lui. Affermò che soffriva di questa infermità da quasi sei mesi e che non aveva potuto essere curato in alcun modo. Avendo sentito della santità e dei miracoli del Beato Simone, ebbe una grande fede in lui che lo guarisse e fece a lui voto supplicando che lo liberasse dalla sua infermità. Fece questa offerta nel territorio di Dugliolo presso casa sua e fu sanato. Vedendosi guarito, per la gioia si recò a Bologna per rendere grazie al corpo del medesimo santo e per onorarlo umilmente.

50 - Il 26 giugno Francischino, figlio di Cresmo da Barbagna, cittadino di Milano, che dimora presso la porta Gomesana, in un luogo detto Postoreno, riferì che una donna della città di Milano, aveva chiesto qualcosa ad uno e quello stesso glielo aveva negato. La donna lo invitò affinché cenasse con lei e lui acconsentì; verso sera cenò con lei. Dopo aver cenato, gli diede qualcosa da bere, e poi lui se ne andò; essendo arrivato a casa, fu reso tanto demente da quella bevanda, che perse sensibilità e l’intelletto, e faceva tutto le cose che fanno gli stolti. Disse che talvolta si rendeva conto e sapeva che faceva cose da pazzo, e non se ne vergognava: girava più nudo che vestito, stava in luoghi più sporchi che puliti, si agitava tutto, non poteva stare eretto, si lacerava le vesti. Disse che aveva patito queste situazioni per sette mesi. Fu condotto presso il sepolcro di Beato Simone, e stando là, fu sanato dalle sue infermità, e disse che era stato liberato dal Beato Simone e gli rese grazie... Io, Francesco di Alberto Anselmo, notaio per autorità imperiale e comandato per scrivere detti miracoli e per redigerli in forma pubblica, per l’autorità e licenza assegnatemi dal reverendo Rugerio Caccia... Scritto per mano di Giovanni del fu Paolo da Cospio, dottore di leggi.

 

CAP. V - TERZO PROCESSO SUI MIRACOLI DI BEATO SIMONE

51 - Nel nome di Cristo. Così sia. Dall’anno della sua nascita 1322, indizione V, il 20 maggio, Benella di Michele da Castel Leone, di venticinque anni, alla mia presenza, Giovanni notaio, e alla presenza dei testimoni sotto trascritti, giurarono realmente davanti al santo Vangelo di Dio, che dalla festa della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo appena trascorso, fu ed era tormentata dal demonio, e faceva continuamente cose che fanno gli indemoniati. Tuttavia eccetto una volta, durante il corrente mese di maggio, in cui, essendo in se stessa ed avendo sentito dei miracoli del Beato Simone, si votò a Dio ed al santo, chiedendo a Dio che per i meriti del Beato Simone la riportasse al precedente stato di sanità. Dette queste cose si sentì sanata, e da quel momento in poi non soffrì più di alcuna malattia; per questa ragione volendo visitare il corpo del Beato Simone, si recò presso la sua arca con un’immagine di cera che appoggiò sopra la tomba, avendolo lodato umilmente e devotamente poiché era giunta alla sua sanità e alla sua ragione. Proprio tutte queste cose furono testimoniate ad una ad una dalla stessa Benella, a Bologna nella parrocchia di San Giacomo dei frati Eremiti di strada San Donato, vicino all’arca del Beato Simone, presenti i testimoni, i quali tutti confermarono sotto giuramento che avevano visto che Benella era prima inferma ed ora sanata.

52 - Il primo giugno Benvenuta del fu Giacomo degli Andrei, della terra di Sant’Agata del territorio di Bologna, che abitualmente dimorava col detto Giacomo e Misotto da Saladini, e che ora abitava con Bartolommea da Guidozaini, dell’ età di quarant’anni, giurò che già da dieci anni e più aveva il gozzo e la gola molto grossi e gonfi. Benvenuta udendo e vedendo i miracoli del Beato Simone, con tutto il cuore si rivolse a Dio affinché, per i suoi meriti, volesse guarirla dalla sua infermità. Fatto ciò, si recò presso l’arca del Beato Simone e fu liberata dall’infermità... Il 3 giugno, la figlia di Pacio e moglie di Martino di Grazie di Firenze, della popolazione di San Lorenzo, dell’età di trent’anni, anche lei stessa di Firenze, giurò che improvvisamente, durante il maggio precedente, l’aveva colpita una infermità nel dito indice della mano sinistra, cosicché non poteva in alcuna maniera muovere detta mano e non poteva giovare a se stessa; sembrava che stesse per morire, poiché i medici non sapevano darle nessuna soluzione. Così ricordandosi del Beato Simone, fece un voto a Dio perché, per i suoi meriti, fosse liberata e che se ciò fosse accaduto, si sarebbe recata personalmente a fare visita all’arca del detto beato. Dopo aver fatto questo voto, si sentì sanata. Per questa ragione volendo adempiere al voto fatto, subito si presentò a Bologna presso l’arca del Beato Simone, per rendergli lode, e da quella infermità rimase completamente guarita.

53 - L’11 giugno Gerardo di Gosmaro, sarto, della parrocchia di Santa Lucia, dell’età di trent’anni, padre di Gosmarino, suo figlio dell’età di cinque anni, giurò che Gosmarino, suo figlio, era impedito nelle gambe e nelle tibie, cosicché non poteva muoversi in alcun modo e così, gravato dall’infermità, stette per due anni e più. Inoltre, essendo in questo stato, il morbo colpì anche il braccio e la mano sinistra, cosicché non poteva essere di aiuto a se stesso, soffrì anche del mal caduco. Gerardo, vedendo i miracoli del Beato Simone, consacrò suo figlio a Dio, dicendo che se Dio avesse sanato da quel tormento il figlio, per i meriti del Beato Simone, lui stesso l’avrebbe condotto alla sua arca con un’immagine in cera, che avrebbe posto sulla medesima tomba. Fatto questo voto, Gosmarino cominciò ad essere sanato, vedendo ciò Gerardo condusse suo figlio presso l’arca del beato per tre giorni e così Gosmarino per la virtù di Dio e per i meriti del Beato Simone, fu liberato e Gerardo, suo padre, essendo suo figlio stato sanato completamente e senza dolori, colmò subito di lodi Dio e il Beato Simone...

54 - Il 13 giugno Ghisella, figlia di Zano e moglie del fu Andrea, della parrocchia di Sant’Antonio, di trent’anni, giurò che già da quattro anni aveva avuto ed aveva le gambe e le tibie completamente rotte, cosicché non poteva portare sopra i panni e quasi non poteva camminare, e le medicine che provavano su di esse non giovavano a nulla. Ascoltando e vedendo i miracoli che avvenivano per i meriti del Beato Simone, votò se stessa a Dio, pregando nostro Signore Gesù che, per i meriti del Beato Simone, la liberasse dall’infermità; e fece voto per dieci giorni e più; esaudita la preghiera, fu sanata. Non volendo d’altra parte essere ingrata per il suddetto beneficio, subito si presentò presso l’arca di Beato Simone...

55 - Il 21 giugno, Nicolino di Emonizio da Bentassio, del contado di Savoia, giurò che, mentre lui era in mare a pescare in una nave di Gambacorto, a causa di un fortunale e di un rischio, pericolò ed affondò in mare, cosicché tutti coloro che si trovavano sulla nave, morirono affogati. Lo stesso Nicolino trovandosi in pericolo sulla nave, si ricordò dei miracoli che aveva sentito attribuire al Beato Simone, con tutto il cuore e tutta l’anima si votò a Dio ed al Beato Giacomo, pregando loro affinché per i meriti di Simone fosse salvato da quel pericolo, chiedendo che anche il Beato Simone porgesse le dette preghiere a nostro Signore Gesù Cristo, affinché per i suoi meriti potesse uscire da quel pericolo, che se ne fosse uscito, egli stesso si sarebbe recato personalmente a visitare il corpo del detto Beato Simone con un bastone di ferro in mano legato ad una catena di ferro con un collare di ferro al suo collo. Fatto questo voto, stando lì, prima che il voto fosse compiuto, apparve al medesimo Nicolino, un’asse di legno che veniva davanti a lui; vedendola, cominciò ad avvicinarsi ad essa, e vi si buttò sopra con il petto; per la virtù di Dio e di San Giacomo e per i meriti del Beato Simone, con quell’asse uscì dal mare e scampò dal pericolo. Volendo allora adempiere al voto fatto e alla promessa, subito il 21 giugno, con un bastone fra le mani, unito ad una catena di ferro con un collare in ferro alla gola, si presentò presso l’arca del Beato Simone, ponendo la catena ed il collare sulla tomba, tutte le cose sopra indicate furono attestate...

56 - Il 24 agosto Missina, figlia del fu Relone, moglie di Berto, da Butrio, che abitava nella terra di Gallissano nel territorio di Bologna, dell’età di venticinque anni, giurò che potevano essere passati quindici giorni da quando lei che stava nella sua casa a Gallissano, mentre beveva, fu presa dal demonio; le sembrò di avere bevuto il demonio in quella bevanda. Improvvisamente cominciò a fare le cose che fanno gli indemoniati, gridando e facendo le altre cose come fanno gli indemoniati, cosicché nessuno, in alcuna maniera, poteva tenerla. Ciò nonostante disse che essendo in se stessa, il 13 agosto lei e sua madre fecero voto a Dio pregandolo affinché, per i meriti del Beato Simone, detta Missina fosse liberata da quella infermità. Fatto questo voto, il sabato 14 agosto fu condotta, non ancora sanata, sopra un carro presso l’arca del Beato Simone e là stette indemoniata ed ostile fino alla domenica seguente, in cui, dopo pranzo, per la virtù di Dio e del Beato Simone, fu sanata. Per questo motivo volendo che tutte le cose suddette fossero svelate, subito si presentò presso l’arca del Beato Simone, sanata e liberata dall’infermità, colmando di lodi Dio, la gloriosa Vergine Maria e il Beato Simone stesso, mantenendo la propria capacità di intendere.

57 - Anno 1323, indizione VI, il primo marzo, le sorelle Sandra e Rossa, figlie di Franco da Sambuca, che ora dimorano a Bologna presso la parrocchia di Santa Caterina di Saragozza. Sandra, di ventiquattro anni, e Rossa, di trentacinque, giurarono che la stessa Sandra era indemoniata ed impazzita, così rimase per quattro anni e più, per cui si comportava quasi continuamente come fanno gli indemoniati, tanto più era presa dal demonio, che non riusciva a camminare né voleva farlo, non poteva recarsi in alcuna chiesa, e neppure voleva e poteva vedere il Corpo di Cristo. Anche giovedì 24 febbraio passato, nel giorno di San Mattia, improvvisamente perse la vista, cosicché in nessun modo poteva vedere. Così essendo nel giorno di domenica, ultimo giorno di febbraio, la detta Rossa vedendo che Sandra, sua sorella, era così grave, disse alla stessa Sandra: “sorella mia, voglio che tu preghi Dio affinché per i meriti del Beato Simone tu sia liberata, ed io per quanto idegna lo pregherò con tutto il cuore che, per i meriti della sua gloriosissima Madre Maria e dello stesso Beato Simone, si degni di liberarti”. Allora detta Sandra fu condotta a forza quella domenica presso l’arca del Beato Simone, e lì stettero con lei fino a quella domenica, ieri, l’ultimo giorno di febbraio, alle nove. Poco fa, all’ora nona di ieri, fu sanata alla vista e dalla prigionia del demonio, sollevandosi e poi con le gambe piegate davanti all’arca di Beato Simone e ponendosi davanti al Crocefisso, lodando devotamente e benignamente Dio, la gloriosa Vergine Maria, il Beato Simone e tutti i Santi e le Sante di Dio, là rimase fino ad oggi, vide il corpo di Cristo che lodò, raccomandandosi a Lui.

58- Il 22 maggio Lucia, moglie di Francesco, della parrocchia di San Leonardo, madre di Bartolameo, di due anni, e del figlio del fu Francesco, giurò che, mentre suo figlio Bartolomeo si trovava, il 19 del presente marzo, nella strada pubblica di San Vitale, con un randello fra le mani, un carro, tirato da due buoi, transitava per la detta strada, e uno di questi buoi percosse con le corna il fanciullo e lo lanciò in terra davanti a lui, pose uno degli zoccoli sopra la faccia e la testa di Bartolomeo, e un altro sopra il piede del fanciullo. Passato così il bue, le ruote del carro passarono sopra il corpo e le braccia del bimbo e sopra il randallo, che aveva fra le mani. Allora detta Lucia, che si trovava sotto al portico, davanti alla strada, avendo visto, ad alta voce gridò con tutto il cuore: “Beato Simone, aiuta mio figlio, ve lo raccomando”. Si alzò e corse in strada, afferrò suo figlio e lo sollevò da terra credendo che fosse morto, ma scoprì che era sano, senza alcun danno o malore, e il randello, che il bambino aveva avuto fra le mani, era stato distrutto dalle ruote del carro. Poi non volendo essere ingrata per i tanti benefici, oggi ha portato suo figlio presso l’arca del Beato Simone, con una grande immagine di cera, che il bimbo stesso ha deposto sopra la tomba...

59 - Il 29 marzo Blasio del fu Pietro Pasaselate, della terra di Funo, nel territorio di Bologna, ora dimorante a Ronchi, padre di Giacomo, e Bartolomea moglie di Blasio e madre del detto Giacomo di sei anni, giurarono che loro figlio da cinque anni non poteva camminare e quando il Beato Simone morì era ancora paralizzato. Costoro stando a Ronchi e avendo sentito dei miracoli del Beato Simone, consacrarono loro figlio a Dio e al Beato Simone e lo condussero presso l’arca del beato, là stettero per due giorni e poi tornarono, con il figlio non guarito. Dopo questi accadimenti, erano nella loro abitazione e nuovamente avendo sentito dei miracoli di Beato Simone, fecero voto a Dio e al Beato, dicendo che se loro figlio, per la virtù di Dio e i meriti di Simone, fosse stato liberato, essi stessi, dalla loro povertà, gli avrebbero offerto un’immagine in cera sopra la sua arca. Fatto questo voto, subito, tre giorni dopo il voto, detto Giacomo cominciò a camminare e fu completamente guarito, camminava correttamente e rimase tale, senza alcun dolore. Poi, volendo rispettare il voto fatto, oggi presentarono loro figlio sanato, con un’immagine di cera, presso l’arca del Beato Simone, rendendo grazie a Dio, alla Gloriosa Vergine Maria e al Beato Simone...

60 - Il 9 aprile Giovanni, di venticinque anni, figlio di mastro Francesco Giuliano, della terra di Gazano, nel territorio di Bologna, giurò che dall’anno appena trascorso, durante la Settimana Santa, mentre si trovava in un campo a zappare, improvvisamente fu colpito da fitte molto dolorose all’anca, cosicché in alcun modo poteva camminare, né muoversi. Perciò stette impedito dai dolori fino al tempo in cui si miete la biada; così avendo sentito dei miracoli del Beato Simone, si votò con tutto il cuore a lui. Fatto ciò, dopo pochi giorni nella terra di Gazano improvvisamente si alzò guarito, poi non volendo essere ingrato per detto beneficio e per la grazia, oggi, si è presentato guarito presso l’arca di Beato Simone, con uno stivaletto in mano che ha offerto e deposto sopra l’arca del beato...

61 - L’11 aprile Agnesia, di quindici anni, figlia del fu Guglielmo da Clussuri di Arcoato, nel territorio di Piacenza, come asseriscono, giurò che già da un anno e più soffriva del mal caduco; nel giorno della festività per la conversione di San Paolo, appena passata, era venuto a Bologna a trovare Giovanna, del fu Enrico della parrocchia di San Vitale e Bisina di Castelfranco, ed in quella casa ebbe più volte delle infermità. Stando in tale maniera, le due donne, Giovanna e Bisina, dissero alla stessa Agnesia che avevano fatto voto a Dio e al Beato Simone affinché la guarissero. La detta Agnesia mentre ascoltava queste cose, con tutto il cuore e l’anima si consacrò a Dio e al Beato Simone, porgendo loro le sue preghiere, perché da questa infermità fosse liberata; già sono trascorsi due mesi e più da quando ha fatto quel voto, e da quel momento in poi non ha più sofferto di quel male, che era abituata ad avere due volte alla settimana, due volte al giorno...

 

CAP. VI - ALTRA PARTE DEL TERZO PROCESSO

62 - Il 20 aprile Bartoluccia, figlia di Bandino e moglie di Sumentino dall’Orto, la quale dimora a Rocca maggiore, madre di Giuliana, di cinque anni, giurò che detta Giuliana soffriva del mal caduco, due volte alla settimana, da più di due mesi. Ha fatto voto da tre settimane a Dio affinché, se per i meriti del Beato Simone le avesse guarito la figlia, lei stessa avrebbe fatto dipingere per il Beato un’immagine. Fatto questo voto, da quel momento sua figlia non soffrì più di quell’infermità; credette che fosse veramente sanata, poiché, come dice sopra, aveva sofferto di questa infermità non meno di due volte alla settimana e come aveva promesso fece dipingere il frate Beato Simone e portò la figlia presso la sua tomba. Lo stesso giorno, Martino di Accursio, della parrocchia di Sant’Antonio, lavoratore, ed Egidia, sua moglie, giurarono che loro figlio Cursio, di quattro anni, era nato malato di ernia, così fu fino al mese di gennaio o di febbraio appena trascorso, portando continuamente un cinto. Stando così, uno dei già detti mesi, essendosi ricordati dei miracoli del Beato Simone, fecero voto a Dio e al Beato Simone che avrebbero portato loro figlio presso l’arca nel giorno della festa del Beato, e che avrebbero appoggiato sull’arca il cinto per l’ernia, che portava di continuo, e che avrebbero deposto un’immagine di cera sull’arca. Fatto ciò, Cursio fu sanato e da quel momento in poi rimase tale, così come avevano fatto voto, lo hanno portato oggi presso l’arca e hanno deposto il cinto e hanno portato il cero sull’arca, mentre lodavano Dio e il Beato Simone.

63 - Il 3 maggio, Bartolomea, figlia del fu Buoninsegna e moglie di Marcadante di Bazallenio, della parrocchia di Sant’Egidio, madre di Antonio di nove anni, figlio anche di Mercadante, giurò che il figlio era ammalato di ernia da circa otto anni e così ammalato stette fino al tempo della morte del Beato Simone. Morto il Beato Simone, lei stessa e il marito Mercadante, vedendo i suoi miracoli, derivati dall’alto, consacrarono e fecero voto a Dio che se, per i meriti del Beato Simone, loro figlio fosse stato liberato da questa infermità, essi avrebbero fatto bruciare una torcia sopra la tomba del Beato Simone. Per il malato avevano cominciato a fare bruciare la torcia da più di tre mesi, e loro figlio, per virtù di Dio e per i meriti del Beato Simone, è stato sanato... Il 14 maggio, Antonio di Giacomo Ortolano, della parrocchia di Sant’Antonio, giurò che un suo figlio di nome Nanni, di quindici mesi, all’inizio della Quaresima appena passata, cadde pesantemente a terra, cosicché era ammaccato e distrutto. Antonio avendo visto queste cose, fece voto a Dio che se, per i meriti del Beato Simone, suo figlio fosse stato liberato, lui stesso avrebbe fatto dipingere l’immagine del Beato Simone nella parrocchia di San Antonio. Fatto questo voto, dopo quasi tre settimane suo figlio fu guarito e lo è ancora; ha aspettato fino ad oggi per portare il figlio presso l’arca del Beato Simone, perché voleva vedere se suo figlio si era sanato completamente, così, per virtù di Dio e per i meriti del Beato Simone, è stato realmente guarito e ha portato il figlio presso l’arca del beato...

64 - Il 14 giugno, Bartolina, figlia di Stefano di Ortolano da Favenzia, e moglie del fu Ugolino da Cassadello, che dimorava nella città di Favenzia nella porta Montanara, giurò che da circa venticinque mesi, lei stessa, mentre si trovava nella città di Favenzia sotto il portico di casa di una sua vicina, fu improvvisamente paralizzata nei piedi, nelle mani e in tutta la persona, cosicché non poteva essere d’aiuto a se stessa, né poteva muoversi in alcuna maniera. Così avendo sentito dei miracoli del Beato Simone, si fece portare su di una carretta da Favenzia all’arca del beato, oramai quattro mesi fa’; là stette fino al giorno della festa del beato, durante il mese di aprile appena trascorso, quel giorno fu liberata e lo è tuttora. Ora, così si avvale delle gambe e delle mani e va dove vuole senza l’aiuto di nessuno... Il 26 giugno, Giacomino del fu Amico da Vaussio di Milano, di quarant’anni, giurò che già da ventisei mesi, lo stesso essendo nella città dei Senari per lavorare nel loro palazzo dei Saraceni, lui con molti altri cadde da quel palazzo in terra e questi che caddero con lui morirono, lui sopravvisse, tuttavia ogni sua ossa era rotta, e tutte le sua interiora erano andate nella parte inferiore e non poteva usare in alcun modo il braccio destro. Ieri, mentre veniva nella città di Bologna, di nuovo sentì dei miracoli del Beato Simone, e udendoli, con tutto il cuore puro e con tutta l’anima si recò alla sua arca e lì, stette ieri ed oggi, e per virtù di Dio e per i meriti del Beato, oggi, è stato guarito al braccio...

65 - Il 29 giugno, Richelda, di quarant’anni, figlia del fu Gerardino e moglie di Berto, della parrocchia di Santa Maria del Tempio, giurò che già da tre anni non poteva sollevarsi sulle ginocchia, nelle quali aveva dei dolori, cosicché in alcun modo poteva stare eretta, né camminare senza bastone. Avendo udito i miracoli del Beato Simone, si votò con tutto il cuore a Dio e al Beato, chiedendo a Dio stesso affinché, per i meriti del Beato Simone, fosse guarita. Fatto questo voto, fu sanata, otto giorni dopo il voto circa, sicché andava dovunque rettamente, senza bastone e priva di dolore. Non volendo dunque tenere nascoste le cose appena descritte, oggi si è presentata, sanata, presso l’arca di Beato Simone ringraziando Dio e il beato stesso... Il 26 luglio, Egidia, moglie di Bernardo, della parrocchia di Sant’Egidio, giurò che un suo figlio di nome Giovanni, da due mesi e più era malato d’ernia. Vedendo ciò, lei stessa votò suo figlio a Dio e al Beato Simone perché si preoccupassero di sanarlo; fatto il voto, essendo ancora malato, suo figlio è stato guarito, poi, oggi, lo ha presentato presso l’arca del Beato...

66 - Il 10 agosto, Francesca, moglie di Giacomo di Vittorale, della parrocchia di Santa Cecilia, giurò che suo figlio di nome Bartolomeo, dal giorno della sua nascita aveva avuto una grandissima escrescenza sulla testa nel lato destro, grande come un uovo di oca, e il consulto del medico non aveva potuto trovare alcun rimedio che potesse liberarlo. Francesca vedendo dunque e ascoltando i miracoli del Beato Simone, fece voto a Dio, già sono sei mesi, che se, per i meriti del Beato Simone, lo avesse sanato dalla sua infermità, lei stessa avrebbe offerto e portato sull’arca del Beato una testa di fanciullo in cera. Fatto questo voto, quasi quindici giorni dopo, suo figlio fu completamente guarito; volendo, dunque, adempiere al voto, oggi, ha portato il figlio sanato, con la testa in cera presso l’arca di Beato Simone...

67 - Il 3 ottobre, Rainaldo di Lorenzo da Firenze, familiare di Marco, del fu Lanfranco da Pistoia, che ora dimora a Bologna nell’ospizio dell’albergatore Sotto, giurò che il venerdì passato, il primo del mese di ottobre, lui mentre stava nell’ospizio di notte, sentì che dei cavalli stavano lottando insieme ed avendo udito ciò si alzò e si recò da loro. Essendo giunto nella stalla gli sembrò di vedere sopra uno dei cavalli un uomo, così si spaventò e cadde a terra non potendo più sollevarsi, camminare e anche parlare e così stette da quel giorno. Fattosi giorno, essendo venuto Marco alla stalla, trovò detto Rinaldo così giacente che non poteva essere di aiuto a se stesso, né poteva parlare. Marco rimise Rinaldo nelle mani di Dio e del Beato Simone, e lo fece condurre ieri mattina, così infermo, presso l’arca del beato, all’ora nona fu sanato ed oggi si è presentato... Il 4 ottobre, Pellegrina, moglie di Francesco del fu Giacomo da Apossa, della parrocchia di San Vitale, giurò che una sua figlia di nome Cola, di venticinque mesi, dal giorno della sua nascita e per i dieci giorni seguenti, divenne cieca, in verità, aveva cominciato e vedere un poco per dieci giorni, ma male. Stette così quasi cieca, poiché non vedeva, fino al mese scorso. Pellegrina, sapendo dei miracoli del Beato Simone, consacrò la figlia a Dio e al Beato Simone, e la condusse più volte all’arca del beato. Sono passati quindici giorni da quando è stata liberata e oggi l’ha portata.

68 - Anno 1324, indizione VII, 16 aprile, Massara, figlia del fu Damiano e moglie di Bonaventura di Giovanni da Mascardi, che dimora a Funo, nel territorio di Bologna, giurò che un suo figlio di nome Antonio, di circa tre anni, era colpito dal mal caduco. Avendo visto e sentito dei miracoli del Beato Simone, fece voto a Dio che se per i meriti del Beato Simone suo figlio fosse liberato, lo avrebbe portato presso l’arca del beato e gli avrebbe offerto una candela di cera della grandezza di Antonio. Fatto il voto, il malato fu sanato, e già sono trascorsi otto o dieci mesi, che quindi non ha più questa malattia, di cui era solito soffrire una o due volte alla settimana... Lo stesso giorno, Margherita di Ghiberto, moglie di Baldino da Marci, di Funo, del territorio di Bologna, balia della figlia di Venetico da Personaldi di diciotto mesi, giurò che il 5 aprile appena trascorso, detta bambina essendo nel cortile di Margherita, improvvisamente cadde in terra sul lato sinistro, e perse l’uso del braccio e della mano sinistra, né poteva essere di aiuto a sé. La portarono allora da un medico, credendo che il braccio si potesse muovere, ma il medico scoprì che non vi riusciva e così fu per un giorno ed una notte. Margherita la rimise nelle mani di Dio e del Beato Simone, poiché se l’avesse guarita, l’avrebbe condotta presso l’arca del Beato e gli avrebbe offerto, come forma di ringraziamento, una candela di cera della stessa grandezza della bambina. Fatto il voto, fu liberata e cominciò a muovere il braccio...

69 - Il 5 maggio, Verdillia, figlia di Benvenuto da Tiziano, del territorio di Bologna, e moglie di Martino da Onebeni da Coro, presso Bologna, giurò che una sua figlia di nome Bartolomea, di quattro anni, era nata zoppa e così fu per tre anni. Verdillia, avendo sentito dei miracoli del Beato Simone, mise la figlia nelle mani di Dio e del Beato un anno fa’, sempre un anno fa’ la portò sull’arca del Beato Simone, e là stette per un giorno intero. Così, stando presso la tomba, detta Bartolomea fu guarita e condotta a casa sanata, e tale stette fino al giorno odierno stando attenta se fosse stata liberata veramente. Vedendo, dunque, che rimaneva guarita e lo era, affinché le cose predette non rimanessero nascoste, oggi si è presentata presso l’arca del Beato Simone, per porla lei stessa sopra l’arca... L’11 luglio, Agnesia, figlia del fu Bartolomeo e moglie di Alberto da Batano, della parrocchia di S. Sismondo, ed Egidia, sua figlia, di quattordici anni, giurarono che detta Egidia, nella festa di Carnevale appena trascorsa e per tutto il mese di luglio, fu colpita da una infermità gravissima, che al lato destro aveva il corpo tutto gonfio, la gamba e la tibia con un grossissimo gonfiore, cosicché non poteva quasi camminare. Essendo in questo stato ebbero consulti con molti medici, i quali tutti dicevano che era necessario fare un impiastro e porlo sopra detto male, affinché affiorasse l’ascesso e potesse così essere inciso. Avendo udito il primo di luglio, entrambe fecero voto che se Egidia fosse stata liberata senza un’incisione, esse stesse avrebbero offerto e portato una grande tibia in cera e che avrebbero fatto dire una messa in onore di Dio e del Beato Simone. Fatto questo voto, l’ammalata cominciò a guarire e si sentì sanata...

70 - Il 28 luglio, Pietro di Giacomo da Castagnolo maggiore, che ora dimora a Ronchi, nel territorio di Bologna, giurò che un suo figlio di nome Giovanni, sabato durante la vigilia di Santa Caterina, nella Quaresima appena passata, a causa di una percossa, si ammalò di ernia. Allora lo condusse a Bologna da un medico e lo fece medicare bene per un mese, ma non poteva essere sanato. Vedendo che non poteva essere guarito, Tessola, sua moglie e madre di Giovanni, già sono dei mesi, fece voto a Dio che se suo figlio fosse stato liberato, per i meriti del Beato Simone, lei stessa lo avrebbe portato presso l’arca del beato e avrebbe offerto un bimbo di cera, ciò per tutto il tempo della sua vita, e che avrebbe digiunato con pane ed acqua la vigilia del Beato Simone. Fatto detto voto, dopo pochi giorni fu sanato ed ancora oggi è sano. Io, Giovanni di Nicola da Manello, notaio per autorità imperiale, citati tutti i miracoli soprascritti, come sono stati scritti, io pubblicamente li scrissi e nella forma pubblica secondo l’autorità etc. come sopra.

 

CAP. VII - APPENDICE DEI MIRACOLI AL TERZO PROCESSO

71 - Nel nome di Cristo. Così sia. Anno dalla sua nascita 1324, indizione VII, 11 settembre, Sania, figlia di Fugerio, e moglie di Benvenuto di Michele da Lecco, che dimora a Guazzarello, nel territorio di Bologna, alla mia presenza, Giovanni Manello, notaio, e a quella dei testimoni sotto citati, giurò, effettivamente davanti al Santo Vangelo di Dio che un suo figlio di nome Michele, di quattro anni e mezzo, essendo a casa sua, nel mese di luglio appena trascorso, una mattina accadde che la gamba destra di detto Michele, dal ginocchio fino al piede, era tutta storta, simile alla maniera di un arco e non poteva quasi camminare; quando andava, portava il piede tutto storto. Savia, vedendo queste cose, portò suo figlio spesso dai medici, ma non trovò nessuno che lo potesse guarire o sapesse qualcosa. Vedendo, dunque, che non poteva essere sanato si ricordò dei meriti del Beato Simone, e stando nella sua abitazione, con tutto il cuore e tutta l’anima fece voto a Dio che se suo figlio, per i meriti del Beato Simone fosse stato sanato, essa stessa avrebbe condotto il figlio presso l’arca del Beato, avrebbe offerto una gamba con piede in cera, ed avrebbe fatto dire e celebrare una Messa in onore di Dio; fece questo voto una sera del mese di agosto appena passato. Fatto questo voto, di mattina suo figlio si alzò e fu sanato da detta infermità. Volendo adempiere al voto, oggi ha portato suo figlio sanato presso l’arca del Beato Simone con il voto sopracitato, lodando Dio e il Beato, disse certamente queste cose e fu attestato dai presenti testimoni: da mastro Tommasino del fu mastro Lanzalotti; da Pietro di Gerardo, calzolaio, e da Massimbene di Alberto.

72 - L’8 ottobre, Francesco del fu Pasqua, drappiere, della parrocchia di Santa Lucia, e Giovanna sua moglie giurarono che un loro figlio di nome Nicola, di quattro anni, essendo sotto un portico di casa loro, durante la Settimana Santa dell’anno appena passato, un altro loro figlio di nome Antonio, essendo sopra il cavallo di Francesco, e portandolo per il portico e correndo, detto cavallo scalzò Nicola, cosicché lo gettò a terra e batté la testa in un muretto, tanto che gli uscirono gli occhi dalla testa, con una grande fuoriuscita di sangue. Lo portarono da molti medici e tutti concordemente dicevano che aveva perso gli occhi e la vista; allora Giovanni avendo udito queste cose, con tutto il cuore e l’animo fece voto a Dio e alla Beata Maria che se per i meriti del Beato Simone avesse liberato suo figlio, lo avrebbe condotto presso la sua arca e gli avrebbe offerto un’immagine in cera. Fatto questo voto, cominciò ad essere guarito, nella mattinata del giorno di Pasqua di Risurrezione appena trascorso. Fu totalmente sanato... In quei giorni, nello stesso luogo, Francesco disse, sotto giuramento a dei testimoni, che il 3 del corrente mese, mentre si trovava a letto, improvvisamente gli venne una febbre altissima, cosicché credeva che sarebbe morto subito e stando, così nel letto, nel tremito della morte, si ricordò del Beato Simone. Allora fece voto a Dio e alla gloriosa Vergine Maria che, se per i meriti di Simone fosse stato liberato, avrebbe fatto dipingere un’immagine di detto frate. Fatto questo voto, il malato fu sanato e lo è ancora... Il 24 novembre, Francesca figlia di Spinello, e moglie di Giacomo di Benvenuto, della parrocchia di Santa Maria degli Alemanni, giurò che un suo figlio di nome Giulio, di sette anni, era malato di ernia già da due anni, fece voto a Dio che se, per i meriti del Beato Simone, suo figlio fosse stato liberato, lei stessa avrebbe fatto bruciare una lampada, per un anno ininterrottamente, presso l’arca del Beato Simone, e già è un mese ed oltre che suo figlio è stato ed è guarito...

73 - Anno 1325, indizione VIII, 15 marzo, Giacomina, che è detta Mina, figlia di Giacomo e moglie di Nicola Fabbro, della parrocchia di San Blasio, giurò che un suo figlio di nome Francesco, di venti mesi, quando aveva tre mesi i sui occhi divennero grossissimi e gonfi, quindi lei lo fece medicare, in fine i suoi occhi si erano sciolti in lacrime e tutti i medici erano concordi che erano usciti tutti e che non avrebbe potuto più vedere, così stette per quattro mesi senza vedere. Vedendo le cose dette precedentemente, fece voto a Dio che se suo figlio, per i meriti del Beato Simone, fosse stato liberato, lei stessa lo avrebbe portato, con le sue mani, presso l’arca del beato e sopra tale arca avrebbe offerto una immagine in cera per la riconoscenza di Francesco e che per tutto il tempo della sua vita avrebbe digiunato il giorno della vigilia del Beato Simone. Fatto questo voto, quasi lo stesso giorno, suo figlio aprì gli occhi con una luce chiarissima e fu ed è tuttora guarito.

74 - Il 24 marzo, Guido di Bitinio di Cappello, da Crevalcore, nel territorio di Bologna, che aveva vent’anni, giurò che durante il maggio appena trascorso, improvvisamente gli venne una malattia nella gola al lato sinistro, che è detta: non mi toccare, cosicché quasi morì per causa sua. Vedendo queste cose, la zia di nome Bona, fece voto che se detto Guido, per i meriti di Beato Simone, fosse stato sanato, lei stessa lo avrebbe condotto presso l’arca del beato e questa avrebbe fatto fare un cero statuario di cera ; fatto detto voto, il malato il medesimo giorno fu liberato.

75 - Il medesimo giorno, Albertino Ognibene Terclario, del territorio di Galiera, a Bologna, e Laurenzia, sua moglie, giurarono che dal mese di febbraio appena trascorso nel periodo di digiuno dalla carne, improvvisamente venne allo stesso Albertino, nella parte sinistra del petto, una grandissimo gonfiore, tale che non poteva riposare. Allora loro vennero a Bologna ed ebbero un consulto con molti medici della città di Bologna, i quali tutti dicevano che sarebbe morto e che non c’era possibilità di guarigione, dicevano infatti che quella era l’infermità chiamata: non mi toccare, e che non sapevano che consiglio dargli se non quello di andare alla tomba di Sant’Antonio da Vienna. Sentendo queste cose abbandonarono la città di Bologna e si recarono a casa piangendo, non sapendo che cosa fare poiché avevano quattro figli piccoli. Oggi sono trascorse tre settimane, da quando stava per morire e lo credeva, fecero voto a Dio ed alla Beata Vergine Maria che se Albertino fosse stato sanato, per i meriti del Beato Simone, e se fosse tornato ai suoi detti quattro piccoli e bisognosi figli, gli stessi sarebbero venuti personalmente presso l’arca del beato, per offrirgli quattro immagini in cera come i quattro figli che avevano. Fatto questo voto, cominciò a guarire e dopo il voto nel lasso di tempo di otto giorni fu e lo è ancora guarito...

76 - Lo stesso giorno, Rainerio, di ventisette anni, figlio del fu Pietro calzolaio, di Modena, della cinquantina di San Marco nella parte interna, giurò che la gamba destra era stata colpita da una gravissima infermità, cosicché si era gonfiata tantissimo, tanto che fu incisa due volte dal mastro Pietro che è detto di Medighino, figlio del mastro Enrico di Cardellino da Modena, medico. A causa di questa incisione i nervi si ritrassero cosicché quando detta incisione fu saldata, detta gamba e i nervi rimasero contratti, tanto che Rainerio non poteva camminare senza le stampelle e così stette per due mesi. Vedendo dunque che non poteva essere salvato, essendosi ricordato della santità del Beato Simone, fece voto a Dio e alla gloriosa Vergine Maria che se fosse stato liberato, per i meriti del Beato Simone, sarebbe venuto personalmente a piedi, a visitare la tomba del beato stesso, questo voto lo fece nel mese di maggio appena trascorso. Fatto detto voto, dopo sei o otto giorni, fu sanato bene ed ora cammina liberamente ovunque...

77 - Il 10 di aprile, Giacoma figlia del fu Gerardo e moglie di Guidone di Calzolario, della città di Modena, e della cinquantina dei Beccari, giurò che suo figlio di nome Giovanni, di undici anni e mezzo, essendo nel letto dal giorno di domenica, per la festa di San Lazzaro appena trascorsa, improvvisamente perse la vista e la parola, e così stette dalla mattina fino all’ora nona, quasi morente. Vedendo che Giacoma urlava e implorava, cosicché i vicini e le vicine accorrevano da lei, qualcuno di loro andò dai medici di Modena, i quali, avendolo visto e visitato, dissero che era in pericolo di morte; in alcun modo era possibile aprirgli la bocca e la mano, e si comportava come coloro che stanno morendo. Questa vedendo che suo figlio era in pericolo di morte, si ricordò del Beato Simone, ed insieme a tutti i vicini e le vicine, che si trovavano in casa sua con lei per vedere le cose dette prima, Giacoma ad alta voce cominciò ad urlare e a dire: “O Santissimo Simone, prego voi affinché vi piaccia di rendermi mio figlio, se è per il meglio, e di sanarlo”. Detto ciò, insieme a tutti i vicine e le vicine e le molte altre persone che erano lì, credendo che il figlio fosse morto, costui si alzò dal suo letto senza alcun dolore e cominciò a vestirsi e diceva a sua madre: “Da dove venivano tutta quella luce, che ora era qui?” Quando fu vestito, uscì fuori guarito; avendo visto ciò, tutti coloro che erano lì, inginocchiatisi, resero lode a Dio e al Beato Simone. Non volendo poi essere ingrata per il miracolo e volendo visitare il corpo del Beato Simone, Giacoma venne con il figlio dalla città di Modena a piedi, scalza e col cilicio presso l’arca del Beato, e oggi col figlio stesso si è presentata sulla tomba raccontando e lodando Dio e il Beato Simone. Raccontò tutte queste cose con i testimoni presenti, Guidone di Antonio Sartore che era di Modena; Giovanni di Domenico della parrocchia di San Vitale; Martino di Giacomo Barberio e Raido di Alberto della parrocchia di San Sismondo, tutti quanti testimoni.