Estratto da BIAGIO MINISTERI, La chiesa ed il convento di S. Agostino a Palermo, Palermo 1994.

 

Gli Agostiniani a Palermo - La prima chiesa ed il primo convento

I cronisti dell’Ordine agostiniano, citando Tommaso Herrera (1), fanno risalire al 1256 la presenza a Palermo degli Agostiniani, ai quali è legata la chiesa di S. Agostino. Ma questa data, che lo storico pone come punto di riferimento, più che alla fondazione del convento si riferisce alla Grande Unione nell’unico Ordine degli Eremitani di S. Agostino delle varie Congregazioni di eremiti, che professavano la regola di S. Agostino, sparse un po’ dovunque in Europa, in Italia ed anche in Sicilia. Tale unione viene sancita dal papa Alessandro IV con la bolla Licet Ecclesiae Catholicae del 9 aprile 1256. La data di fondazione del convento l’Herrera la lascia indeterminata affermando semplicemente che “si dice che sia stato eretto quattrocento anni fa”. È noto, egli continua, e si ricava dalla bolla di Alessandro IV, che nell’anno 1256 in Sicilia c’erano conventi degli eremiti di S. Agostino; c’è da credere inoltre che in una città tanto celebre sia stata eretta una casa sin dai tempi in cui i nostri eremiti si stabilirono in quell’isola, ma quanto all’inizio di tale dimora, egli conclude, desunt instrumenta certa, mancano notizie documentarie precise (2). Questa mancanza è confermata e lamentata nella Relazione del convento maggiore di S. Agostino di Palermo fatta e sottoscritta dalla comunità il 14 aprile 1650. In essa infatti si legge: “Il convento di S. Agostino di Palermo (è) situato dentro l’istessa città poco lontano dalla muraglia verso settentrione, in strada publica e popolata. Della sua fondazione non vi è certezza... e per l’incertezza della sua fondazione non s’ha notizia col qual consenso e autorità, e con quali assegnamenti, obblighi e patti fosse fondato” (3). Nello stesso convento non si sapeva dunque nulla del tempo della sua erezione. La stessa Relazione però ci offre la data più antica della presenza degli Agostiniani a Palermo, evidentemente fondata sulla tradizione: è l’anno 1264 o 1268: “Benvero, che nell’anno 1264 o al più nel 1268 nel detto convento prese l’abito del Padre S. Agostino il Beato Agostino Novello da Termini, Consigliere di Manfredi Re di Sicilia, quale regnò dalli 1256 sino alli 1265, e detto Beato Agostino poi fu fatto Sacrista” (4). Il nobile Matteo Novello o Novelli, come vogliono alcuni, era un giurista, giudice e consigliere del re Manfredi. Quando questi fu vinto ed ucciso da Carlo d’Angiò a Benevento nel febbraio del 1266, Matteo, per sottrarsi all’ira dei Francesi, si rifugiò in Sicilia, dove era nato secondo alcuni biografi (5). Quivi, ammalatosi gravemente, fece voto di farsi religioso se fosse guarito. Guarì e, pur desiderando entrare nell’Ordine Domenicano, comprendendo di essere chiamato dalla grazia divina nell’Ordine Agostiniano, cognovit vir sanctus se divina gratia ad locum Fratrum Eremitarum vocatum (6), indossò l’abito di questi religiosi e cambiò il suo nome con quello di Agostino. Era già sacerdote ed esercitava la mansione di Penitenziere della corte pontificia nel 1298, essendo papa Bonifacio VIII, quando fu eletto Generale dell’Ordine nel capitolo di Milano. Rieletto allo stesso ufficio nel capitolo generale di Napoli del 1300, non volle accettare, desiderando dedicarsi alla contemplazione nella solitudine dell’eremo. Fu beatificato nel 1759 (7). Per il convento di S. Agostino è stato sempre considerato un titolo di onore l’avere avuto tra i suoi religiosi questo beato, ma c’è da notare che in nessun documento dell’Ordine e neppure nelle biografie scritte subito dopo la sua morte si fa menzione del suo ingresso in questa casa religiosa. Per il Vassallo “molto probabilmente fu l’eremo degli Scirpi presso Messina che accolse il nobile Matteo Novelli e ne fece l’umile fra Agostino da Terano, desideroso di nascondimento, di silenzio e di vita interiore” (8). Un’altra data sicura della già stabile dimora degli Agostiniani a Palermo per il Corrao è il 1275 (9). Egli accetta quanto riferisce il Mongitore, che, trattando dell’origine del convento di S. Agostino, scrive: “Il P. Giacinto Montalto nei suoi mss. della Religione domenicana in Sicilia, che si conservano nella libreria di S. Domenico di Palermo, attesta trovarsi nel tesoro del Duomo lettera sottoscritta dal Priore di S. Domenico, e Priore di S. Agostino nel 1275 per la franchezza dei Religiosi” (10). Probabilmente si trattava della determinazione di norme di comportamento tra i religiosi dei due Ordini. Il primo documento, di cui si è a conoscenza, risale al 29 luglio 1295. Il titolo, scritto nel retro, è il seguente: De Rasalayna panormi utilitate. Panormi 1295. De protestacione frumenti salmarum septem contra fratres sancti Augustini pro quibusdam terris sitis prope Rasalayn. Si tratta di una pergamena originale dei Monumenta Historica Sacrae Domus Mansionis di numero progressivo 277 (270) dell’anno 1295, conservata nell’Archivio di Stato di Palermo insieme ad altre carte della Magione. In tale scritto del decimo anno del Regno della Sicilia di Giacomo di Aragona, (siamo in pieno periodo della guerra dei Vespri Siciliani, 1282-1302), fra Libotto, Precettore della sacra casa della Santa Trinità di Palermo, prega Giovanni de Campo, giudice di Palermo, e Francesco de Notaro Roberto, notaro di Palermo, di recarsi tutti insieme presso la chiesa di S. Agostino della città per ascoltare e testimoniare con atto pubblico, dato il loro ufficio, che detto Precettore intende dare al priore del convento di S. Agostino sette salme di frumento […]. La datazione della pergamena evidentemente rimanda alquanto indietro per la determinazione dell’inizio della presenza degli Eremitani a Palermo. Questi nel 1295 vi hanno stabile dimora già da tempo, il cui inizio può essere posteriore od anche anteriore all’anno 1256, ma se di poco oppure di molto è difficile stabilirlo (11). Allo stesso modo è difficile dire quando fu eretta la Provincia agostiniana di Sicilia, che sicuramente ebbe il suo centro in questo convento, nella quale furono raccolti tutti gli eremiti sparsi per Regnum Sicilie già prima della Grande Unione (12). Essa compare per la prima volta, per quanto si sa, nel 1317 in una Bolla di papa Giovanni XXII inviata Panhormitano et Messanensi archiepiscopis et episcopo Catanensi pro Provincia Sicilie, nella quale si ordina (mandamus) di far rispettare e difendere “i privilegi concessi dalla Santa Sede ai religiosi dell’Ordine… e di non permettere che i frati siano molestati” (13); ma c’è da supporre che sia nata prima, forse non molto lontano dal 1256. A Palermo il convento sorgeva in un ambiente che si prestava all’ideale di quei religiosi, che si dicevano eremiti. La contrada, detta, al tempo degli Arabi, degli Schiavoni, e quindi, al tempo del re Ruggero (1095-1154), dei Transpapireti, era in quel tempo denominata dei Seralcadi. La costruzione, circondata da orti e giardini, si trovava in aperta campagna e fuori le mura. Uno dei più grandi edifici limitrofi esistenti in quel periodo, alla fine del secolo XIII, di cui restano vestigia, doveva essere quello che poi fu detto del Principe S. Giuseppe, ma che probabilmente era appartenuto alla famiglia dei Maida. Le finestre di stile chiaramontano, che si scorgono in alto nella facciata orientale del palazzo, sull’attuale via S. Giuseppe, potrebbero confermare la datazione. “In quel tempo e per tutto il trecento, e forse anche nel quattrocento, la parte del Seralcadio in cui era situato il convento era luogo a verde con edilizia padronale isolata, in cui trovavano posto numerose chiese e conventi che sceglievano quei luoghi perchè tranquilli e ritirati” (14).

Non si conosce con precisione il tempo in cui sia la chiesa che il convento ricevettero il titolo di S. Agostino dato che reperti archeologici, trovati in loco, richiamano alla esistenza nello stesso luogo di diversi edifici di culto con titoli diversi. L’Herrera nel 1644 parla di Monasterium olim S. Dionisji et Provinciae Siciliae, nunc S. Augustini et immediatum Priori Generali (15). Ma S. Dionigi non fu il primo titolare di un edificio di culto situato in quel posto: era stato preceduto da S. Nicola di Bari. Questo fatto fu confermato nel 1672 quando, nel demolire le strutture dell’antica chiesa, distrutte da un incendio, i cui segni si notano ancora chiaramente in alcune delle antiche capriate conservate tuttora per la copertura della chiesa attuale, vennero trovati due antichi sarcofaghi a proposito dei quali il Mongitore scrive: “È chiarissimo indizio, ed evidente prova, dell’antichissima origine di questo convento l’avervi trovato nella stessa chiesa, pochi anni sono, cioè nel 1672, rinnovandosi nella forma che oggi si vede, due tumoli, vicini al muro all’entrata della porta piccola alla strada dell’ala destra, che corrisponde con la Cappella della Madonna del Soccorso, i quali per dappocaggine furono oscurati con murarli in quella parte non vista da nessuno; onde per accortezza del M.R.P. Agostino Trabucco, furono collocati nello stesso luogo ma restituiti alla luce. In uno dei quali per essere guaste, e corrose dal tempo alcune parole, vi si leggono però le seguenti: ...O. D.NI M. CIII. XVIII. II. IND. VII. MENSIS OCTUB… SEPULTUS. EXTITIT DNS NIC… …DA MILES SENIOR. QUIESCAT IN PACE A. (Anno Domini 1115 secunda indictione (die) septima mensis octob(ris hic) sepultus extitit Dominus Nic(olaus de Mai)da miles senior. (Re)quiescat in pace. Amen). Questi due tumuli recavano bei motivi decorativi, in uno di essi alberi di alloro, canestri con frutta ed una donzella, nell’altro motivi di geni e mormoni alati” (16). Così li descrisse il Mongitore che vide i due sarcofaghi. Li vide anche il Palermo, che li descrisse più accuratamente (17). Nel sarcofago con l’epigrafe era stato seppellito Nicolò Maida nel 1115. La cappella nella quale si trovava il sarcofago era sicuramente quanto restava di quella chiesa che era citata nel ruolo dei tonni dovuti a varie chiese e cappelle di Palermo. In tale elenco, scritto nel 1439 e citato dal Mongitore, si leggeva: “Pro Ecclesia S. Nicolai de Maida p. 1: e nella Historia di S. Nicolò il Magno, composta dal P. Antonio Beatillo S.J., fra le chiese antiche e moderne di Palermo dedicate al Santo di Bari, è noverata quella di S. Nicolò de Mayda” (18). Nel 1115 dunque, nel posto dove nel 1672 sorgeva la chiesa di S. Agostino c’era stata una chiesa dedicata a S. Nicolò di Bari in memoria di Nicolò Maida. Sotto il regno di Carlo d’Angiò (1265-1285), fu fondata accanto ad essa la chiesa dei santi Dionigi, Rustico ed Eleuterio, protettori della nazione francese. Questa doveva essere un punto di riferimento per i mercanti francesi, che, dopo la sconfitta degli Svevi (Manfredi a Benevento nel 1266, e Corradino a Tagliacozzo nel 1268,), si erano impiantati a Palermo da padroni. L’antica chiesa della famiglia Maida fu incorporata a questa nuova chiesa. Anzi, dalle notizie posteriori si deduce che sia passata nelle funzioni di cappella della medesima famiglia con un nuovo titolo, lasciando quella di S. Nicolò ed assumendo prima quello di S. Martino e poi, dal 1306, quello della Madonna del Soccorso e conservando il diritto di patronato dei Maida che poi passò per successione alla famiglia Belvis ed in seguito ai Landolina (19). Intorno all’anno 1275 gli Eremitani ebbero la chiesa dei SS. Dionigi, Rustico ed Eleuterio e con essa quella della famiglia Maida e vi costruirono accanto il loro convento. L’Inveges in proposito scrive: “Circa l’anno 1275 colloco la fondazione del famoso convento di S. Agostino a Palermo, poiché Bernardo Riera e Pietro Catanzaro la ripongono regnando Carlo in Sicilia. Succedente Carolo, scrive il Riera, data est Eremitanis Panormi Ecclesia SS. Dionysii, Eleuterii et Rustici, patronorum gallicae nationis; secus quam cenobium constructum est magnum, quod aetate mea ex vetusto redditum est novum (20). Accenna così alla costruzione del nuovo convento e del nuovo chiostro del 1560 circa. Ma la data del 1275 segna la costruzione di un nuovo grande convento vicino alla chiesa concessa loro in esercizio o la venuta degli Eremitani a Palermo? È difficile precisarlo. Nel marzo del 1282 scoppiano i Vespri Siciliani. I Francesi sono scacciati. È ovvio supporre che il titolo dei santi patroni francesi, Dionisio, Eleutenio e Rustico, che ricordava gli odiati oppressori, non dovesse essere più gradito; lo si sostituì con quello di S. Agostino, almeno nella indicazione comune, pur restando liturgicamente titolari i santi francesi sino alla riconsacrazione. Il 1282 potrebbe essere la prima data sicura: in quest’anno la chiesa di S. Agostino cominciò ad essere chiamata con tale nome. Allora gli Eremitani, allontanati i patroni francesi, si sentirono anche liberi di costruire una nuova chiesa più ampia, alla quale fu annessa, ancora una volta, l’antica chiesa dei Maida, già intitolata Cappella di S. Martino, altro santo francese. Sorse dunque la chiesa di S. Agostino verso la fine del Duecento quando, iniziato il governo aragonese (1282) ed affermatosi con la proclamazione a Re di Sicilia di Federico III (1285-1337), si affermarono anche le grandi famiglie feudatanie siciliane che avevano appoggiato il re. E’ noto che queste famiglie, quasi a gara tra loro, o per affermare il loro potere e prestigio o, se si vuol credere, anche per amore di religione e devozione, si diedero alla costruzione di opere monumentali di architettura, castelli, chiese, palazzi, che ancora sopravvivono, arnicchendoli inoltre con notevoli opere di pittura e scultura. Tra le famiglie più illustri erano anche quelle dei Chiaramonte e degli Sclafani. Alla loro munificenza si deve l’erezione o l’ampliamento della nuova chiesa di S. Agostino se poterono apporvi i loro stemmi, che si vedono ai lati del portale della facciata principale, a destra quello degli Sclafani ed a sinistra quello dei Chiaramonte (21). Non è possibile dire con precisione come si presentasse tale chiesa perché fu distrutta da un incendio verso il 1670. Dalla facciata superstite si deduce che era ad una navata, alta quanto la stessa facciata chiaramontana e larga approssimativamente quanto la chiesa attuale se nella ricostruzione del 1672 si poterono usare per la copertura alcune capriate di quella distrutta. Per il resto, guida preziosa è la Relazione del convento del 1650 (22). A proposito della chiesa vi si scrive: “Sta la Chiesa sotto il titolo di S. Dionigi, ma è comunemente detta la Chiesa di S. Agostino. Detta Chiesa ha la porta maggiore verso ponente di longhezza canne 23 inclusovi il choro, la larghezza è di canni 5 e palmi tre (nota che la canna è palmi otto) (23). Al mezzogiorno vi sono sei cappelle sfondate di larghezza e longhezza canni due; alla parte di tramontana vi sono otto cappelle di sfondato palmi sei e non più perché corrispondono ad una ala del claustro; sopra la porta maggiore vi è un lettenino fondato sopra tre archi a due colonne di longhezza due canne e due palmi e la larghezza è quanto la larghezza della chiesa; vi sono altre quattro porte piccole, due verso mezzogiorno e due verso tramontana. Il tetto è di legno depinto, vi sono 21 altari. La facciata del choro è tutta di marmo sino al tetto con la vita del Padre S. Agostino, intagliato, e molti miracoli della Madonna del Soccorso, con altre statue di marmo. Innanzi l’altar maggiore vi è una balaustrata di pietra porfidiana con 26 pilastri, e cornicioni sotto e sopra dell’istessa materia” (24). Così si presentava la chiesa nel 1650. Ma in origine non c’erano sicuramente né “la facciata del choro di marmo... intagliato”, che fu realizzata nel 1506, nè la “balaustrata”; inoltre, alle sei cappelle “sfondate” del lato meridionale dovevano corrispondere altre sei cappelle, anch’esse “sfondate” di m. 4x4, del lato settentrionale, che vennero demolite per la costruzione del chiostro attuale intorno alla metà del ‘500 e sostituite con “otto cappelle di sfondato di palmi sei e non più” (m. 1,50). La prima chiesa dunque aveva un corpo centrale con sei cappelle per lato. La lunghezza si può dire uguale a quella della chiesa attuale (quella canne 23 = m. 47.38, questa m. 47); uguale la larghezza media (m. 10,70). Sopra la porta centrale c’era forse il “lettenino”, una tribuna o cantonia, che era in comunicazione con il convento e forse serviva da coretto per la comunità. Del complesso antico, chiesa e convento, anteriore a quello attuale, la maggior parte è andata penduta o per deterioramento o per cause accidentali, tra le quali un incendio; tuttavia ne è rimasto abbastanza per farcene conoscere il valore. Restano ancora la facciata della chiesa, sei capriate, l’arco romanico sul portale di via S. Agostino, due portali con tre monofore dentro il chiostro, un tratto di muro con una serie di monofore accecate nella facciata orientale del convento. A questi elementi si devono aggiungere i sarcofaghi allora deposti nella cappella dei Maida.

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(1) T. Herrera, Alphabetum augustinianum, Matriti 1644, II, p. 296.

(2) T. Herrera, ibidem.

(3) Relazione del Convento maggiore di S. Agostino di Palermo. Archivio generale agostiniano (Roma), Relationes innocentianae, Ii, 6, f. 1. Nel 1649 il papa Innocenzo X (1644-1655) per avere un quadro completo “sullo stato dei Regolari” in Italia, delle loro case e delle loro possibilità di vivere la vita religiosa come si deve, ordina a tutti i conventi una relazione dettagliata. Il convento di S. Agostino soddisfa la richiesta con questa Relazione. In seguito a tale censimento molti “conventini”, case con pochi religiosi e pochi mezzi di vita, furono soppressi. A proposito della fondazione dei conventi e delle condizioni richieste per aprire e mantenere in vita una casa religiosa, cfr. S. Cucinotta, Popolo e clero in Sicilia nella dialettica socio-religiosa fra cinque-seicento, Messina 1986, p. 433.

(4) Relazione del convento..., ibidem.

(5) I quali però non sono concordi a proposito della città. Nacque a Palermo per B. Riera, Vita Beati Augustini Novelli, Panormi 1664, e per V. Anna, Il beato Agostino Novelli palermitano. Palermo 1710; nacque a Termini Imerese per O. Lo Cascio, Descrizione dell’origine, vita, costumi, morte e miracoli del B. Agostino da Termene. Palermo 1611; nacque invece a Terranova di Sicilia, oggi Gela, per A. Corrao, La Patria del Beato Agostino Novello, Roma 1915. Ma negli Atti del Capitulum Generale de Mediolano dell’anno 1298, in cui Agostino fu eletto Generale dell’Ordine agostiniano, si legge: In absentia Generalis novi fratris Augustini de Tarano (Analecta Augustiniana, II, 1907-1908, p. 436; Jordani da Saxonia, Liber Vitasfratrum, New York 1943, p. 458 nota 34; G. Orsini, Vita del B. Agostino Novelli da Tarano in Sabina, Roma 1707), ed Augustinus de Tarano è detto sempre in tutti i documenti scritti mentre era in vita (A. Vassallo, Agostino Novelli a servizio del regno di Sicilia e del papato in Matteo Novelli e l’agostinismo politico del trecento, Palermo 1983, pp. 81ss). C’è infine chi lo dice senese essendo la sua famiglia oriunda di Siena.

(6) A. Corrao, Sopra la dimora degli Agostiniani a Palermo, Palermo 1921, p. 7, dove è citato il ms.K VII 36 della Biblioteca comunale di Siena.

(7) Jordani de Saxonia, op. cit., p. 463 nota 52.

(8) A. Vassallo, op. cit.,  p. 93; A. Corrao, op. cit., pp. 8-9.

(9) A. Corrao, op. cit., p 6.

(10) A. Mongitore, Le chiese e le case dei regolari a Palermo, Ms. del sec. XVIII della Biblioteca comunale di Palermo, II, Qq E 6, f. 6. In questo ms. le prime 32 pagine, non numerate, sono minute o appunti dello stesso Mongitore o di informatori. L’opera comincia al f. 1 col titolo: Chiesa e convento di S. Agostino. Nel citare questo ms. le prime 32 pagine vengono indicate come “minute”, le altre come ff. (fogli).

(11) A. Corrao pone questo inizio addirittura “non tanto lontano... dal sec. V”, in Sopra la dimora, cit., p. 13.

(12) B. Attardi, Il monachesimo in Sicilia, Palermo 1741, p. 89; A. Corrao, op. cit., p. 10.

(13) E. Esteban, De iudicibus conservatoribus ordinis concessis, in Analecta Augustiniana, IV, 1911, p. 1, nota 1.

(14) U. Conti-D. Hung, Il convento di S. Agostino di Palermo, Palermo 1968, p. 19.

(15) T. Herrera, Alphabetum augustinianum, II, p. 296.

(16) A. Mongitore, Le chiese e le case, cit., II, minute 6-7 e f. 20.

(17) G. Palermo, Guida istruttiva per Palermo ed i suoi dintorni, riprodotta da G. Di Marzo-Ferro, Palermo 1858, pp. 560 e 563.

(18) A. Mongitore, op. cit., f. 2; A. Corrao, Sopra la dimora degli Agostiniani a Palermo, p. 14.

(19) G. Palermo, op. cit., pp. 560-561.

(20) A. Jnveges, Annali della felice città di Palermo, Palermo 1651, III, pp. 750-751.

(21) G. Bellafiore, Palermo. Guida della città e dei dintorni. Palermo 1978, p. 94; E. Sessa, Le arti decorative nella chiesa di S. Agostino di Palermo. Tesi di Laurea nella Univ. di Palermo, 1983-1984. Relatore Prof. M.C. Di Natale. Pp. 27 ss.

(22) S. Cucinotta, Popolo e clero in Sicilia, p. 488.

(23) Negli ambienti in cui è possibile ancora verificare le misure ordinariamente la canna = m. 2,06, il palmo cm. 25.

(24) Relazione del convento, f. 1.