da CLAUDIA CASTELLANI, Gli insediamenti agostiniani della Puglia meridionale, Galatina 1988

 

Il Convento di S. Agostino di Taranto, uno dei più antichi della Provincia, venne eretto nel 1402 al tempo del P. M. Matteo da Bertinoro Anconitano, Provinciale della Puglia. L’atto di concessione della chiesa e del convento, rogato dal notaio Guglielmo de Molendinis, dettava precise condizioni: proibizioni di innalzare la croce fuori la chiesa conventuale, limitazione dello “jus funerandi” senza licenza dell’Arcivescovo e beneplacito del Capitolo e clero tarantino, divieto di portare la croce o reliquie prima del Capitolo e del clero, obbligo di versare la quarta funerandi. Presso la Chiesa conventuale venne eretta altresì una Confraternita intitolata a S. Nicola da Tolentino: il 27 febbraio 1582 venne richiesta, con atto rogato dal notaio Giovanni Sauro Girocco di Taranto, l’aggregazione alla Confraternita di Santa Maria della Consolazione di Bologna. Dagli atti del Capitolo provinciale tenuto a Barletta nel 1583 risulta che la famiglia conventuale annoverava quattro sacerdoti e alcuni diaconi ai quali venivano corrisposti rispettivamente 5 e 3 ducati e che era stato eletto Sacrista Fra Gabriele da Spoleto e Procuratore Fra Agostino da Acquaviva. Tra i Padri partecipanti al Capitolo provinciale del 1599 celebrato ad Acquaviva è presente Fra Lorenzo da Taranto, il quale sottoscrive gli atti quale secundus visitator”. In tale anno la comunità tarantina annoverava il Baccelliere Fra Adeodato da Fabriano quale Priore, Fra Agostino Senior da Taranto, Fra Angelo da Taranto, Fra Adeodato da Taranto, Fra Lorenzo da Taranto, Fra Giovanni da Cursi quale Procuratore e Fra Egidio da Taranto. A questi sette sacerdoti vanno aggiunti due professi: Fra Giacomo da Taranto e Fra Matteo da Cascia. Due frati, Fra Giacomo e Fra Battista furono destinati al convento di Modugno. Nel 1646 venne eletto Priore Fra Ascanio da Massafra il quale, dichiarato “incapax Priorati” nel Capitolo provinciale di Bitonto del 1647, venne sostituito dal Baccelliere Fra Celestino da Matera. Nel 1649 dal Diffinitorium venne eletto Priore per un biennio Fra Stefano da Taranto, nel 1650 Fra Stefano da Melpignano, confermato nel 1651 “pro tertio anno ratione capituli et plurimorum beneficiorum il cui mandato priorale venne prolungato di un altro anno (1652). Nel 1653 ricompare eletto Priore dal Capitolo provinciale di Bitonto Fra Ascanio da Massafra, la cui “incapacità” dichiarata nel 1646 era, forse, giuridica, verosimilmente legata alla giovane età o a qualche altro impedimento. Priore troviamo nel 1654 Fra Bonaventura da Montescaglioso, Fra Stefano da Melpignano nel 1655 e 1656. Nel 1659 Fra Stefano da Melpignano firmava gli atti capitolari in qualità di terzo definitore e in quell’anno il priorato di Taranto “fuit serbatus in pectore R. di P. M.stri Alexandri a Tarenti”. Il Capitolo del 1660 elesse nella carica priorale Fra Paolo da Taranto. Dalla Relazione del 1650 si evince che la famiglia conventuale annoverava sei sacerdoti “stante le carestie correnti e mancanza de sacerdoti in questa Provincia”: Fra Stefano Siciliano da Melpignano quale Priore, Baccelliere Fra Alessandro Ventura da Taranto, Fra Guglielmo Roggieri da Melpignano quale Sottopriore, Fra Giovanni Battista delli Ponti da Taranto, Fra Bernardino Galeria da Taranto indicato come “teologo”, Fra Tommaso Dattino da Melpignano; un chierico diacono Fra Alessandro Castagnada da Taranto, due conversi professi, Fra Giacomo Popissa da Massafra e Fra Silvestro d’Alessio da Casalnuovo. La famiglia agostiniana tarantina venne, dal Cinquecento in poi, interessata alla ufficiatura liturgica della chiesa della comunità greco-albanese del Casale di Carosino, un centro distante una quindicina di chilometri da Taranto. La Chiesa, di proprietà della famiglia baronale Simonetta, era stata concessa in beneficio ad un altro membro della famiglia, l’Abate Giovanni Battista; costui aveva provveduto per le esigenze spirituali della popolazione ad assumere due cappellani, l’uno latino, un agostiniano di Casalnuovo, l’altro greco-albanese, Papa Demetrio Capuzio di San Martino, i quali officiavano su due altari distinti. Dagli atti della visita pastorale di Mons. Lelio Brancaccio, Arcivescovo di Taranto, effettuata all’indomani del Concilio di Trento, risulta che il Cappellano per la parte della comunità latina era un agostiniano del convento di Casalnuovo, il quale aveva espressa licenza dal suo Provinciale di risiedere fuori del convento: per il servizio prestato riceveva annualmente 24 ducati. Prima dell’arrivo dell’agostiniano di Casalnuovo (questi era venuto da circa un mese e mezzo) provvedevano gli Agostiniani del Convento di Taranto che, senza risiedervi, raggiungevano Carosino settimanalmente fino all’arrivo stabile del loro confratello di Casalnuovo. L’impegno del servizio liturgico nel Casale albanese venne ripreso anche nel Seicento dagli Agostiniani di Taranto: lo dimostra la facoltà concessa il 9 novembre 1600 dal P. Vicario Generale Fulvio Ascolano a Fra Angelo da Taranto ut, annuente Provinciali, in sui conventus familia persistat, ibique ecclesiae S. Mariae de Carosino in spiritualibus inserviat et ibi pernoctare valeat, quotiescumque et quandocumque opus fuerit.