IL CONVENTO DEGLI EREMITANI AGOSTINIANI A MASSAFRA
di P. Tommaso Autiero
A
chi scende verso Taranto, seguendo la statale 100, arrivato all’altezza di
Massafra, guardando a sinistra, appare, a non più di una cinquantina di metri,
un imponente edificio: è l’antico complesso dei frati eremitani agostiniani. Al
centro della grande spianata, a valle della città di Massafra, si erge la
settecentesca dimora degli agostiniani. Partendo dall’incrocio stradale, in
compagnia del prof. Michele Sforza e del prof. Vicenzo Pignataro, arrivai, dopo
un breve percorso di strada, a piedi, nella grande piazza antistante la chiesa.
Era una stupenda mattinata di mezzo aprile, il sole, nel cielo limpido,
abbracciava tutta intera la sacra struttura. Il silenzio, non rotto dal canto
di uccelli, neanche dal rumore che proveniva dalla vicina strada statale, mi
incantò, mi rapì, mi coinvolse nella magica visione, vidi oltre i muri, al di
là delle barriere, splendori ed udii canti di Angeli e di Santi; vidi Agostino
e Monica rapiti in estasi, che, danzando con i cori celesti, cantavano lodi a
Dio; archi, volute, ed altari sintonizzati nella divina armonia; mi apparve una
teoria di frati umili e raccolti, che, salmodiando, incedevano verso l'altare.
Mi richiamò al presente Vincenzo, perchè Michele era già pronto per la foto.
Non potei visitare il sacro complesso perchè tutte le entrate, sono saldamente
sbarrate e, malgrado mi fosse stato detto che era possibile una visita
all’interno, non potei entrare per i lavori in corso.
In un tempo favorevole gli Agostiniani si
insediarono a Massafra. Fu un evento fortunato soprattutto per due motivi. Il
primo perchè la cittadina di Massafra era, allora, uscita da grave crisi
socio-economica e da poco aveva abbandonato l’antico ambiente delle “grave”. Il
secondo motivo è dato dalla presenza di feudatari, preparati culturalmente e
politicamente. Nel 1500 governarono Massafra tre famiglie feudatarie: i
Pappacoda (1497-1633, primo feudatario Artusio Pappacoda), i Carmignano
(1633-1661), ed infine gli Imperiali (1661-1782, ultimo erede degli Imperiali,
Michele), famiglie nobili imparentate tra loro e tutte legate, da vincoli di
parentela, con i reali di Spagna e con i governatori del regno di Napoli.
Costoro, per l’alto rango che occupavano in quella società e costretti dal
bisogno di salvaguardare la propria dignità, si adattarono alla filosofia e
alle ambizioni della vita cortigiana e favorirono quelli che erano amici ed
alleati della corte spagnuola. Perciò si esprimevano in studiata galanteria, in
attento legalismo, in sofisticata politica. Tale atteggiamento richiedeva
scioltezza e prontezza di linguaggio e di raziocinio che si maturavano nella
dialettica e nella vivacità umanistico-rinascimentale. I feudatari di Massafra
non disdegnarono il gusto del bello, dell'ordine e della buona economia.
Ricordo la disposizione, presa dal Capitolo Collegiale, che i benestanti
concorressero ad estinguere il debito comunale di 130.000 ducati, venutosi a
creare durante il periodo di carestia, di sollevazione dei cittadini (1647-48)
e anche, a disastrose alterazioni atmosferiche, versando la quota dell’ottava
parte dell’introito. In questo periodo di rinascita economica, i feudatari,
insieme con il popolo provvidero alla sistemazione topografica della città, con
strade, viali, e piazze che sostanzialmente rimangono ancora oggi. La giovane
ed intraprendente borghesia locale, insieme con i nobili feudatari del luogo,
espressero le esigenze del loro gusto artistico, richiamandosi alle movenze del
“barocco napoletano”, come stava realizzandosi a Martina Franca e a Taranto.
Tanta vivacità d’imprese trova la sua radice nella frequenza dei titolati e
nell’attiva classe borghese mercantile e agraria. Costoro per ragioni di
lavoro, erano costretti a spostarsi continuamente da una città all’altra e
quindi erano sollecitati da contatti con individui e culture avanzate,
portando, quindi a Massafra gli entusiasmi, le innovazioni, i segni del mondo
“rinascimentale”. Attraverso questi mezzi di trasmissione (nobiltà e borghesia)
si diffuse il forte attaccamento ai valori estetici della vita. L'aristocrazia
poetica e la contenutezza morale di Ariosto, si attuano nell’eterno moto di
flusso e riflusso, del bene e del male, amore e morte; il Tasso nel fluido
canto arcadico dell’Aminta, sogna le pure gioie della vita nella pura
obbedienza agli stimoli della natura, i quali stimoli, in seguito, a causa del
conflitto interiore, si trasformano in canto di angoscia e di solitudine, e non
si risolvono neanche nella parte finale della Gerusalemme Liberata. Ho
ricordato solamente questi poeti, che sono veicoli eccellenti di valori e di
sentimenti nobili, non bisogna però dimenticare tanti altri: Macchiavelli,
Guicciardini, o anche i massimi maestri di pittura e di monumenti come Michelangelo
e Raffaello e le melodie del Monteverdi, i quali con le loro intuizioni
poetiche suscitarono sentimenti nuovi. Questo è il retroterra culturale che
promosse la vita civile e sociale di Massafra. In quel secolo e nei successivi,
sorsero scuole e centri di cultura presso le chiese, i conventi ed altri enti.
Nacque, in quel tempo, l’iniziativa da parte del Capitolo Collegiale di inviare
nei vari centri culturali di Napoli, d’Italia e dell'Europa 18 giovani che si
distinguevano per preparazione culturale, per capacità di intelligenza e per
serietà. Le famiglie facoltose della città sopportavano tutto il peso
finanziario, ne curavano le necessità. Conclusi gli studi, i giovani tornavano
a Massafra per essere maestri, nelle varie discipline sacre e profane ad altri
studenti. Non si sa quanto tempo sia durata questa bella iniziativa. I frati
agostiniani si inserirono bene in questo ambiente culturale e meritarono grande
stima e concorsero attivamente all’evoluzione religiosa e morale del paese. In
realtà i vari ordini religiosi, tra cui gli Agostiniani, erano pienamente
impegnati nel servizio della scuola, non trascurando la vita pastorale. Gli
agostiniani raggiunsero tanta stima che il titolo di studio, da loro
rilasciato, era valido e preferito dalle scuole site fuori del territorio di
Massafra. Grande prestigio dava alla città la biblioteca del convento.
Purtroppo nell’assalto, avvenuto verso il 1809, dai rivoluzionari francesi,
venne distrutta, divisa tra la gente colta o anche bruciata. A ricordo di
questa gloriosa attività culturale rimangono elenchi in cui vengono citati i
frati agostiniani con il proprio appellattivo di dottorato. Il prof. Espedito
Jacovelli attesta: “Altri nomi di
agostiniani massafresi, vissuti nel nostro convento, si rilevano da un elenco
riportato negli appunti del Giannotta e del Portararo e nelle carte notarili
del tempo, con la indicazione dei titoli accademici conseguiti e delle cariche
ricoperte. Basterebbero questi nomi per valutare l'importanza e il prestigio di
questa comunità nell'ambito della vita religiosa e culturale di Massafra”. La notizia mi riempie di gioia,
perchè è l’unica volta in cui mi capita, dopo aver visitato tanti antichi
nostri conventi, di leggere i nomi di tanti gloriosi fratelli. Nell'Europa
avvenivano due fatti che misero a soqquadro il sistema politico e scossero la
Chiesa: la trentennale guerra franco-asburgica e la sommossa protestante. Nel
primo evento il viceregno napoletano fu direttamente interessato, in quanto era
una dipendenza spagnuola, inoltre l’Italia divenne il luogo preferito di molte
battaglie. Contemporaneamente a questo fatto di guerra, tutti i paesi
anglo-sassoni furono teatro di aspre contese che determinarono la scissione dei
popoli germanici dalla Chiesa di Roma. Se la lunga guerra in atto preoccupava i
feudatari e Carlo V, non minor disagio li turbava il movimento protestante. La
Chiesa affrontò con fermezza la situazione. Il Concilio di Trento, realizzatosi
dopo tanto parlare, racchiuse in formule giuridiche gli insostituibili e
fondamentali concetti di tutta la dottrina teologica della chiesa.
Contemporaneamente la parte sana del cattolicesimo ridiede vita a quei valori
essenziali che erano stati fortemente trascurati nei secoli precedenti. Gli
antichi ordini religiosi si rifondarono avvicinandosi allo spirito della loro
vocazione; sorsero congregazioni religiose: i Gesuiti, Cappuccini, Frati
Ospedalieri, Educatori di giovani, Teologi ed altri. Ho ricordato questo
difficile problema e le soluzioni date dalla chiesa perchè in questo ambito si
trova il motivo principale dell’arrivo dei religiosi agostiniani in Massafra.
Al barone Francesco Pappacoda, divenuto consanguineo, tramite matrimonio, con
la casa regnante di Spagna, toccò come eredità della moglie anche la città di
Massafra. Poichè egli viveva con attenzione il travaglio della chiesa, volle
venire incontro alle esigenze dei poveri della città, dando vita a un piccolo
ospedale per i poveri, come avveniva con quello già esistente e affidato alle
cure della Congrega del SS. Sacramento. Il Barone Francesco Pappacoda,
ricordando che alla fine del secolo XI il papa Gregorio VII aveva favorito
l’istituzione di case ospedaliere per i poveri e i viandanti, volle ripetere la
stessa esperienza. Nel Dizionario degli Istituti di Perfezione, volume 2 (Ed.
Paoline) leggiamo: “per l'incremento del commercio e dei
pellegrini, sorsero vari ospizi dove si praticava l'ospitalità cristiana a
favore dei viandanti. Si formavano monaci addetti all'opera di carità. E'
celebre l'Ospizio del Gran S. Bernardo, casa-madre dei canonici regolari di S.
Agostino”. Ricordandosi di questa decisione papale, il Pappacoda ritenne
opportuno invitare gli agostiniani, che egli ben conosceva, a sostenere la sua
opera, aiutati dalla presenza di 4 monaci religiosi, provenienti dalle Alpi,
che vivevano la spiritualità di S. Agostino. Esisteva, giù, ai pedi della
collina di Massafra lontano dall’abitato, una chiesina dedicata a santo
Stefano; il barone concesse ai padri il possesso della chiesa e il vasto
territorio circostante. Incerta è la data precisa dell’arrivo dei frati in
città, infatti troviamo le date del 1545, 1560, 1572. Ritengo che le difficoltà
della trattativa e la costruzione del convento -in seguito rifatto- e la
definitiva sistemazione della comunità, abbiano richiesto tanto lungo tempo,
ciò, però, non impedì che i padri (in numero ridotto) fossero presenti sin
dall’inizio. L’ospedale operò bene dal 1570 al 1620, non sappiamo se l’opera
continuasse perchè in seguito il convento fu ristrutturato per l’interessamento
di padre Maestro Antonio Tarsia di Calabria. Lo stato economico era abbastanza
buono. Infatti: “Nel Catasto Onciario del 1749 la comunità viene riportata al
settimo posto, fra i maggiori possedimenti di Massafra”. Non ho potuto visitare
la chiesa e il convento. A completamento di questa relazione ritengo utile e
necessario riportare (almeno nelle parti principali) la relazione di Espedito
Jacovelli: “La chiesa e il convento degli Agostiniani di Massafra”. “L'idea
della nuova fabbrica degli agostiniani di Massafra, della costruzione ex novo
della chiesa e della ricostruzione del convento, nacque appunto in questo
quadro (verso la metà del 1700) di
rinnovamento culturale, politico e sociale della città ... L'iniziativa,
osteggiata probabilmente dal clero locale e dalle altre comunità monastiche del
luogo, trovò l'appoggio morale e finanziario dell'università e della famiglia
Imperiali, delle due confraternite del Rosario e della Cintura, allogate in S.
Agostino, di quasi tutta la cittadinanza, consapevoli dell'opera che gli
eremitani andavano svolgendo a favore della popolazione, con l'assistenza ai
poveri e agli ammalati a domicilio e nelle proprie sale d'infermeria. Essi si
prodigavano per la conversione degli ebrei, l'assistenza alle truppe di
passaggio, ai pellegrini, ai profughi ed ai perseguitati, spesso ospitati nella
foresteria del convento. Si dette mano all'opera, demolendo innanzitutto la
vecchia chiesa, piccola e forse pericolante... Tutto il complesso, che è
rivolto ad oriente, si estende su un'area di mq. 2500 circa, in leggero declino
verso sud. I lavori si protrassero per diversi decenni. Un documento del 1775,
relativo alla utilizzazione della somma di 507 ducati esistente nel “deposito”
della comunità, così riporta: ‘trovandosi in attual fabrica della nuova
chiesa’. Ma è probabile che la somma doveva servire per le rifinuture interne
della chiesa. Un raffronto con le somme spese nello stesso periodo per la
costruzione della chiesa e del monastero delle benedettine, di cui abbiamo
accennato, ci porterebbe a concludere che gli agostiniani esitarono qualcosa in
più dei 20.000 ducati, tenuto conto dell'ampiezza e del materiale adoperato
specialmente per la facciata della chiesa, un carparo di color rosa proveniente
dalla cava di Citignano a nord di Massafra. Il tempio è a pianta centrale, col
prolungamento dell'abside a forma circolare. E' sollevato di due metri dal
piano stradale, per proteggerlo da eventuali infiltrazioni di umidità, ma anche
per ragioni di acustica. L'accesso è costituito da una scala a doppia rampa con
piccolo sagrato. L'altare maggiore, che non è quello attuale, era dedicato alla
Vergine della Consolazione, come dal verbale di S. Visita di mons. D'Avanzo del
1852; negli altri due del transetto, si veneravano, in uno S. Nicola Tolentino,
la cui statua lignea, sicuramente seicentesca, si conserva tuttora nella
nicchia dello stesso altare, nell'altro la Vergine del Rosario della omonima
confraternita, la cui tela trovasi attualmente nella ex chiesa collegiata.
Aveva quattro cappelle laterali, di cui si ignorano i santi titolari. In una di
esse si venerano sicuramente i SS. Agostino e Monica, protettori della
confraternita della Cintura, la cui presenza nella chiesa degli agostiniani
viene documentata fin dalla prima metà del sec. XVII. Le due porte che
dall'interno fiancheggiano l'ingresso portano, attraverso stretti corridoi e
scalinate, al vano-cripta sottostante alla chiesa, attualmente murato... Oltre
all'organo, nell'abside era istallato il coro ligneo, oggi distrutto. Nei
timpani che ornano queste due porte d'ingresso, sono scolpiti un cuore trafitto
e una cintura emblemi dell'Ordine Agostiniano. Interessante un'acquasantiera in
pietra montata su colonna, posta dopo l'ingresso, accanto all'altare
dell'Immacolata. Molto bella l'ornamentazione interna del tempio, costituita da
una serie di semicolonne con capitelli compositi di buona fattura, su cui si
sovrappone un cornicione a triplice ordine, che corre lungo le facciate, in
armonico sviluppo con il cupolino centrale e le quattro volte a vela della
crociera, illuminato da sette grandi finestroni. La facciata esterna denota
finezza di stile e lavorazione accurata, prodotto di specialisti nell'uso dello
scalpello. Si erge maestosa in una luminosità e ricchezza di particolari
architettonici che, nelle linee concave e convesse, risentono della scuola
borromiana, con l'inserzione qua e là di motivi decorativi e ornamentali del
tipo barocchetto locale. Essa si divide in due ordini: in quello inferiore
spicca nella parte centrale il portale sormontato da cartiglio e da timpano
piatto, retto da due piccole mensole; il portale è lateralmente fiancheggiato
da una coppia di nicchie prive di statue e da sei colonne con fastosi
capitelli, seguite da due paraste di chiusura con pinnacoli e volute di raccordo.
Nel secondo ordine, l'unico motivo è rappresentato da un finestrone
fiancheggiato da lesene notevolmente elaborate, su cui insiste un elegante
frontone triangolare... Il campanile poggia sul lato sinistro del tempio ed
affaccia sul chiostro... ha una torretta con cupolino schiacciato comune ad
altri campanili pugliesi. E' privo di campane, ma fino al 1971 ne aveva due,
entrambe ottocentesche, rubate da ignoti. Il monastero ha la forma quadrata e
da due lati confina con la chiesa. E' costituito da un piano terreno che si
sviluppa intorno al chiostro con ampi corridoi ad arcate, trasformate
successivamente in finestre. Da essi si accedeva ai vani di servizio e alle
grandi sale di rappresentanza. Le scuderie e i magazzini avevano accessi
separati. Un ampio scalone portava al piano superiore costituito da 27 stanze,
precedute da corridoi spaziosi con finestre, che affacciavano nel chiostro.
Questo, nelle condizioni attuali, si presenta coperto da una fitta vegetazione
di piante e di erbe selvatiche che coprono il pozzo, la cui volta sembra
interamente crollata. Sulla facciata principale si aprono due artistici
portali, una volta sormontati da balconi in ferro battuto, e da finestre con
timpano a linea spezzata. Interessante il vano destinato a refettorio (lato
nord del chiostro), sul cui architrave è inciso il distico
latino: “Quisquis amat dictis absentum rodere vitam
hanc mensam indignam noverit esse suam”, parole ammonitrici del
Santo fondatore, la cui traduzione dice: chi è uso a sparlare degli assenti, sappia
che questa mensa non è per lui. La parete di fondo del refettorio è occupata da
un dipinto a tempera, di scarso valore artistico, raffigurante l'ultima Cena di
Gesù, mentre, nel salone delle adunanze, si intravedono tracce evanescenti di
un riquadro con la figura della Vergine col Bambino. Al centro di una delle
piccole volte a vela del corridoio del piano inferiore è scolpito lo stemma
degli agostiniani, quasi simile allo scudo che sovrasta il pulpito ligneo della
chiesa. Nel primo l'aquila bicipide coronata ha sul petto un cuore trafitto,
nel secondo l'aquila sostiene col becco una cintura. Le forme, le strutture, i
motivi architettonici e i resti pavimentali di alcuni ambienti dimostrano che
una parte dell'antico monastero rimane inglobata nel nuovo mediante
accorgimenti tecnici che hanno garantito solidità a tutto l'edificio, tranne
nell'ala sud, rafforzata successivamente con catene e contrafforti. La
soppressione napoleonica del 1807 aveva colpito gli Ordini religiosi
mendicanti: a Massafra scomparveno i cappuccini e gli osservanti. Quella del
1809 pose fine, invece, agli ordini possidenti costituiti dagli agostiniani e
dai conventuali. Il paese se ne dolse, anche se i motivi politici generali e di
parte vennero addotti per giustificare la soppressione dei conventi e la
cacciata dei monaci. La storia della comunità, come abbiamo già scritto, si
intreccia strettamente con quella del paese e dei suoi abitanti, godendo gli
agostiniani la fiducia delle grandi famiglie e del popolo minuto, il favore dei
ricchi e dei potenti, ma anche dei poveri e dei diseredati... Le donazioni, i
benefici, i lasciti, a volte anche di un solo albero di olivo, furono raccolti
e ordinati in una Platea “seu campione” del 1711, citata
nell'inventario e nel verbale del 1809, redatti dall'apposita commissione per i
monasteri soppressi, che era formata dal consigliere provinciale Giuseppe De
Notaristefani e dai decurioni Clemente Frappietri e Vincenzo Calvi, con
l'assistenza del sindaco Antonio Scarano. Nel Catasto Onciario del 1749 la
comunità viene riportata al settimo posto, fra i maggiori possedimenti di
Massafra: “Il Venerabile Convento di S. Agostino sotto
il titolo di S. Stefano è l'unico di cui viene denunciato il numero dei frati,
che sono otto. Possiede numerosi fondi di pochi tomoli ciascuno, quasi tutti
ulivi, 128 alberi d'ulivi in fondo d'altri, un palmento, un casamento con
cisterna, due altre case e quattro casegrotte, una casalamia, una bottega,
tutti affittati e una giumenta. L'entrata maggiore però è costituita dai numerosi
censi enfiteutici che riscuote. Ha complessivamente una rendita di 818,17 once,
da cui vengono sottratte 438,24,6 once di pesi”. La giumenta di cui si
fa cenno in questo documento serviva per i viaggi del padre priore e per la
questua nelle masserie e nei paesi vicini. Una tradizione locale vuole che i
monaci possedessero anche cavalcature da passeggio. La vita della comunità si
svolgeva secondo l'osservanza della regola agostiniana: severa e austera. La
presenza di dotti e santi sacerdoti contribuiva in maniera determinante alla
crescita educativa e culturale della popolazione, creando centri di istruzione
per la gioventù... Nel 1714 le sale del convento furono, invece, impegnate per
l'istruttoria del clamoroso processo sulla “difesa di Castiglione”
tra l'università di Massafra, il marchese Michele Imperiali e il duca di
Martina. Ben altre destinazioni ebbe l'edificio dopo la soppressione. Fu
adibito prima a caserma per la gendarmeria reale e la truppa di passaggio, poi
per caserma dei Carabinieri a cavallo ed infine per stabilimento industriale.
Dal 1859 al 1866 ospitò un ristretto numero di frati minori dell'osservanza. La
chiesa, prima di patronato della Mensa vescovile di Castellaneta, passò, con la
soppressione dei beni ecclesiastici del 1866, all'Amministrazione comunale di
Massafra, divenuta, nel frattempo, proprietaria anche del convento. Divenne
rettorato della confraternita dell'Immacolata, istituita nel 1872. Del
patrimonio artistico mobile rimangono soltanto una statua lignea di S. Nicola Tolentino
e una tela raffigurante S. Agostino, entrambe seicentesche, e un troncone di
statua di pietra, raffigurante il Santo di Padova, recante alla base
l'iscrizione: A.D. 1751.
Bibliografia:
1) ESPEDITO
JACOVELLI, La chiesa e il convento degli Agostiniani di Massafra
2) ESPEDITO
JACOVELLI, Massafra nel sec. XVII, Edizioni Rettoria Madonna della Scala 1983
3) Documenti
di storia generale con riferimento agli eventi della terra di Massafra sec.
1400-1800.