IL CONVENTO DEGLI AGOSTINIANI A BARLETTA

 

(I parte) In un mattino di giugno, padre Mennato ed io, partimmo per Barletta ove ci attendeva il parroco di S. Agostino, don Michele Morelli. Ci sollecitava il pensiero di leggere, attraverso le attuali testimonianze, la significativa presenza dei fratelli agostiniani in Barletta. Lungo la strada maestra, a un certo punto si apre la grande piazza Principe Umberto nel cui fondo si trova un imponente fabbricato, il complesso di S. Agostino: l'ospedale civile e la chiesa che furono sede dei padri eremitani di S. Agostino. Il gran movimento di gente, la posizione eminente della struttura agostiniana in quella piazza e il contenuto del libro "S. Agostino" dedicato alla storia della parrocchia, mi fecero capire come malgrado l'allontanamento dei frati agostiniani, viva feconda, la memoria dei religiosi agostiniani. Questa presenza agostinana che qualifica la struttura spirituale e culturale dei barlettani, spiega e giustifica l'impegno degli articolisti. Lo spirito agostiniano ha guidato e illuminato la mente di Concetta Doronzo, Italo Muntoni, Riccardo Losappio, Palma Piccolo e al parroco don Michele Morelli che hanno dato vita: al volume "S. Agostino". A conferma di quanto detto ci viene incontro l'espressione del parroco Morelli usata nella presentazione del libro: "Conoscere la storia del tempio e la vita del Santo può essere salutare sotto il profilo culturale e spirituale" queste parole sono espressioni chiare di un agostinianesimo mai spento. D'altra parte come dimenticare la presenza agostiniana se quel che fu il convento, oggi, accoglie e santifica la sofferenza umana, essendo stato  una casa di preghiera, sofferenza e oblazione per vocazione? Proprio lì dove il dolore fa più fortemente sentire la crudezza dei suoi artigli, lì propriamente il male viene accolto e vinto. I cittadini barlettani, volendo conservare il rispetto e la venerazione per quel santo luogo, giustamente stabilirono di impiantare lì l'ospedale cittadino. La struttura architettonica del complesso agostiniano (convento e chiesa) dà ordine e decoro alla piazza Principe Umberto. Gentile e cordiale fu con noi il parroco don Michele Morelli che -concordato giorno ed ora - ci attendeva e fu nostra guida e generoso confratello. Prima di iniziare la visita alla chiesa e al convento il parroco ci regalò il prezioso opuscolo della storia della parrocchia "S. Agostino (il Santo, la Chiesa, la Comunità)" edito da editrice Rotas 1996. Il testo mi è stato di giovamento: prima perchè gli autori degli articoli hanno scritto con sensibilità le realtà storiche e spirituali della loro comunità parrocchiale; in secondo luogo perchè è ricco di notizie e documenti, tanto da alleviare moltissimo questa mia relazione; in terzo luogo, in esso c'è una buona riproduzione delle più significative  immagini e pitture che, nel loro succedersi diventano racconto spontaneo del sentimento religioso. I dati storici acquisiti da me nella lettura del volume "S. Agostino" meritano ogni rispetto e fede, perchè gli autori sono professionisti esperti e coscienziosi. Visitammo l'interno della chiesa. E' ampia, spaziosa, alta, bene illuminata, dall'alto dei finestroni, discreta, scende la luce che non distrae il fedele dalla preghiera intima. Una folta teoria di banchi, insieme con l'ampio presbiterio e gli altari laterali segnano la funzionalità del sacro luogo. Un elegante portale in legno e vetri difende il silenzio della Chiesa dai rumori dell'esterno. Di fronte al portale si estende il presbiterio con l'altare maggiore, con il recentissimo organo, l'ambone e poco fuori si trova il fonte battesimale. […]

 

(II parte) La prima domanda che ci poniamo: dove ubicare la sede e quando sorse il convento degli eremitani di s. Agostino? Nei documenti storici non c'è alcun cenno sull'argomento. E' da ritenersi -anche perchè nella cronaca non si trovano cambiamenti di siti- che la zona, sia la stessa su cui fu costruita la prima sede monastica. Questo lo rileviamo: da un affresco esistente nella chiesa di S. Agostino "....come già detto, la decorazione del soffitto eseguita nel 1740 e costituita da un grande scudo rappresentante le armi degli Agostiniani circondate da altre più piccole relative ai vari ordini religiosi che seguivano la stessa regola". I Cavalieri Teutonici fanno parte di quelle istituzioni militari religiose sorte dopo la prima crociata (sec. XII) a difesa dei luoghi sacri e dei pellegrini. Nella zona barlettana, come in tante altre parti, i cavalieri teutonici risiedevano fuori della città ed operavano nella chiesa di san Tommaso e si rifacevano alle norme dettate da s. Agostino. Infatti "una silloge di testi morali pubblicata nell’812 da Ludovico il Pio che fu detta "Institutio Aquisgranensis" conteneva norme per una vita religiosa, ordinata e sana. Un grandissimo numero di disposizioni fu preso dalla "regula Augustini" e da altre sue opere. "Nel rinnovamento spirituale del secolo X e XI i fondatori di ordini religiosi si rifecero a questa "Institutio Aquisgranensis", tra questi ricordiamo Giovanni Gualberto, Romualdo ecc..." E' certo che tutti quegli uomini che si riunivano in vita eremitica si servivano di questo ordinamento aquisgranense. Non fa dunque meraviglia ritenere che i cavalieri teutonici, riunitisi in vita eremitica, abbiano seguito i suggerimenti di S. Agostino (cfr. in Giornate Agostiniane C.D. Fonseca pag 276). La riproduzione pittorica, dunque, vuol ricordare la grande fusione di quegli eremiti di regole diverse nell'unica comunità guidata dai teutonici che erano i più numerosi. Si riunirono in una sola comunità non per scelta propria, ma perchè i concilii del XIII secolo proibivano nuove istituzioni religiose. Il Concilium Lateranense IV (1215) detta: "Chi volesse abbracciare una forma religiosa di vita, scelga una di quelle già approvate. Ugualmente chi volesse fondare una nuova casa religiosa assuma la regola e gli ordinamenti degli ordini religiosi già approvati”;  dal  Concilio di Lione (1274) si apprende: "Rinnovando la costituzione, proibiamo severamente a chiunque per il futuro di istituire un nuovo ordine o una nuova forma di vita religiosa, o di prendere l'abito di un nuovo ordine. Proibiamo per sempre tutte, assolutamente tutte, le forme di vita religiosa e gli ordini mendicanti sorti dopo l concilio, che non abbiano avuto la conferma dalla sede apostolica e sopprimiamo quelli che si fossero diffusi”. Tra gli altri ci fu la fusione di eremiti che nel 1240/46 diedero origine all'Ordine Eremitano di S. Agostino cui aderirono tanti altri eremiti presenti nell'Italia Meridionale tra cui quelli che vivevano nella zona pugliese come i cavalieri teutonici di Barletta ed altri di minor numero che rimasero nella sede in cui già abitavano.

   La data del 1289 è particolarmente importante per la nostra storia perchè presenta una comunità canonicamente eretta, formata da individui numerosi e rispettabili, obbedienti, alle regole dell'ordine religioso, stimati dal popolo per la loro vita. Se non ci fossero state queste condizioni, come spiegare il diretto intervento del papa Niccolò IV (1289) che concede indulgenze a coloro che danno elemosine per la costruzione della chiesa? Le date del 1293 e 1298 ci dicono che quella comunità già si era ben costituita nello spirito e nelle regole agostiniane e la vita interiore e missionaria si qualificava per stile di vita e per comportamento religioso. Possiamo concludere questa prima fase agostiniana in Barletta dicendo che non andiamo molto lontano dal vero se affermiamo che la prima comunità agostiniana si costituì tra il 1275 e il 1280.

   L'importanza del convento si rileva, molto ben chiaramente da un documento del 1325: "Nell'atto del 24 Febbraio 1325 che descrive la cerimonia di pubblicazione del processo contro l'imperatore Ludovico IV il Bavaro, scomunicato da papa Giovanni XXII il 23 Marzo 1324. Alla presenza di fra' Matteo di Foggia "Provincialis Prioris Provincie Regni Apulie" e di numerose autorità locali civili e religiose, viene data lettura del processo contro il duca di Baviera e successivamente "accese le candele e suonate le campane e adempiute le altre solennità a ciò necessarie" alla presenza del popolo lì riunito, viene proclamata la scomunica". Ritengo che il sunnominato Padre Provinciale fu prescelto perchè figlio ed erede dell'ordine militare dei cavalieri teutonici. Questa testimonianza ci mette in grado di poter affermare che la giovane comunità agostiniana ha superato le difficoltà del primo impatto. Inoltre il carisma di vita cotemplativa e operativa ha caratterizzato il ritmo della comunità. Il modello di vita claustrale e l'inserimento attivo e soprattutto la preparazione specificatamente culturale attira la sensibilità cittadina verso i frati ai quali non si fa mancare l'aiuto caritatevole in donazioni, benefici, e  testimonianze di autentica stima. Nei documenti, del 1300/400 rileviamo che tantissimi cittadini, con pubblico testamento, destinavano parte delle sostanze per celebrazione di suffragi o per la sepoltura nella chiesa dei frati. In un  testamento del 1293 si attesta che un certo Nicolaus Mansus lascia un legato per la chiesa dei frati, così pure in un testamento del 1298. L'elenco dei beni, mobili e immobili, certamente non finiva con il breve accenno suddetto, anche se la lista non si estende ai secoli 1600 e '700. A tal proposito è bene ricordare che nella metà del 1400, i padri della nostra comunità ritennero opportuno ed urgente operare o un rifacimento o una revisione  di assestamento al vecchio convento e antica chiesa. La comunità, malgrado i tanti beni immobili esistenti in citttà o anche nei paesi limitrofi, non possedeva la somma necessaria per i lavori. I religiosi decisero di rivolgersi all'autorità costituita per ottenere la possibilità di alienare i beni del convento per affrontare l'onere della spesa.

   Il padre provinciale fra Domenico di Lanzano (1458) dietro esplicita richiesta dei frati della comunità di Barletta concede ad essi la facoltà "a vendere alienare ed affrancare le loro proprietà per consentire la riparazione dell'immobile". Certamente si deve pensare che i lavori, per il convento richiedevano una forte somma che la comunità non possedeva per mancanza di depositi nelle casse del convento. Non si può quantificare la ricchezza mobile ed immobile del convento perchè mancano i documenti. Però ritengo che i frati (forse) in obbedienza al voto di povertà e in forza della carità cristiana, non riscuotevano quanto si poteva esigere dai beni immobili. Si trovavano i frati in gravi difficoltà per il motivo quì sopra accennato, quando dovettero affrontare i lavori della chiesa e del convento.

   Non ci sono documenti scritti attraverso i quali poter documentare il tenore di vita spirituale, pastorale, culturale dei nostri frati, perchè la loro biblioteca fu distrutta nel 1527 dagli invasori francesi nella lotta per la spartizione del regno napoletano tra Francesi e Spagnuoli (nello stesso periodo in cui avvenne "la disfida di Barletta"). Che non sia possibile curare la storia dell'attività dei frati ci viene confermata sin dal 1574, quando il provinciale degli agostiniani, che in quel tempo risiedeva ad Andria- invita il notaio "Petrus de Geraldinis" a fare delle ricerche sulle origini del convento di S. Agostino. Lo studioso comunica che non è possibile perchè l'archivio diocesano era stato completamente distrutto nel sacco di Barletta nel 1528 ad opera dei Francesi. La mancanza di una ben determinata documentazione se non permette un attento studio, tuttavia le molteplici e sicure memorie attestano che quel convento ebbe vita attiva. Elenco alcuni fatti più significativi realizzatisi lungo il corso dei secoli; essi ci fanno ben capire quanto vivace sia stata la vita di quei frati. Sappiamo che la comunità con determinato impegno, fu presente ai fatti religiosi, politici e sociali della città.

a) Il convento fu sempre ben curato dai religiosi e dalla cittadinanza. Numerosi erano i frati che componevano la comunità. Provenivano dai centri vicini e lontani (oltre i barlettani, vi erano frati del molisano, dell'Abruzzo, dai lontani centri pugliesi come Taranto, Acquaviva e finanche da Rutigliano mentre non si fa menzione della presenza dei frati agostiniani calzati di Noicàttaro. Mons don Angelo Latrofa però mi ha dato notizia di frati agostiniani scalzi elencati nei registri dell'archivio parrocchiale di Noicàttaro);

b) c'è un gran nunero di superiori locali (fra Matteo di Foggia di cui ho già parlato, Nicolaus de Trano, dottore in teologia, nell'anno 1545, Petrus Paulus de Perusio, 1579, Alexander de Botunto, 1584) questi vengono nominati per la loro dottrina;

c) la particolare attenzione nella guida spirituale verso i fedeli e l'istituzione dei centri operativi: la Confraternita dei Cinturati fondata nel 1439 e la Confraternita del Salvatore,

d) tanti furono i benestanti ed i signori che chiesero d'essere seppelliti nella chiesa di S. Agostino (questa scelta è presente fino a tutto il 1700);

e) la promozione del culto al SS. Salvatore, la cui cappella fu abbellita dai notabili del tempo, Robertus de Rentius de Virgiliis di Bisceglie, costruì un altare dedicato a S. Maria dell'Incoronata, costui fa anche dipingere per mano dell'artista Marinus de Bellis de Rutiliano una tela ad olio dedicata alla Madonna. Degno di attenzione è la tavola "Cristo alla Colonna" del XVI sec.

 

Il convento e la città

Fu sempe attenta la manutenzione per il convento.

1) Un primo accenno dei lavori (come già detto) lo troviamo nell'anno 1289-1298 quando si costruì chiesa (e convento),

2) essendo diventato il convento un punto di riferimento e la comunità  apprezzata per il dinamismo, i religiosi -alla metà del 1500- diedero decoro alla costruzione come richiedeva il costume del tempo. Ricordiamo per esempio, nel 1568 il magister Johannes Teballus de Andria ha il compito di preparare sei colonne, in pietra, "a ponerli in lo claustro de la porta grande" e costruirvi sei basi ed altrettanti capitelli. Nel 1580 due costruttori "Thomas de Abate et Cola de Andrie" costruirono "una scala de petra ne la prospettiva dello claustro";

3) a testimonianza della partecipazione dei religiosi alla vita socio-politica militare ricordiamo che nel 1557 "presso la porta della Chiesa, Antonio Carrafa, duca di Andria "et Capitaneus ad guerram in terra Baroli" fa firmare a tutti i soldati ed ufficiali nella nostra Città e al servizio del re Filippo II di Spagna, apposite dichiarazioni di saldo delle rispettive spettanza militare... La stessa localizzazione del complesso, all'estrema periferia nord-occidentale della città può anche spiegare la rilevanza di tanti fatti d'armi".

4) Il secolo XVIII terminava il suo percorso in condizioni tragiche. L'avanzata dei rivoluzionari Francesi sconvolgeva tutta intera l'Europa. A Napoli la rivoluzione e la controrivoluzione avevano seminato lutti, lacrime e rovine, aggravando, in tal modo, la precaria situazione della povera gente. L'effimero affermarsi -a Napoli- della rivoluzione francese scompigliò le vecchie strutture statali, ma non creò un mondo nuovo come era nei desideri di tutti. Rimane ancora oggi vivo il risentimento morale per la soppressione dei beni appartenenti alla Chiesa voluta dai rivoluzionari dall'anno 1799 al 1815.. [   ] Dal 1799 fino al 1818, andati via i frati, il convento fu trasformato in casa militare, mentre la chiesa fu chiusa. Nel 1813 si fece un primo tentativo da parte del comune di utilizzare il convento come ospedale, invece fu usato come caserma dei "Fucilieri Reali". Dal 1818 fino al 1866 il convento, non essendo stato occupato dagli agostiniani, fu affidato ai "Fatebenefratelli" di San Giovanni di Dio. Costoro apprestarono una decina di posti-letto per gli ammalati ed essendo stato dato loro anche la chiesa, vi operarono alcuni lavori: la pavimentazione della chiesa e del chiostro. Per questo ultimo lavoro utilizzarono le basole tolte dalla chiesa, distruggendo, in tal modo, la memoria di tante famiglie cui avevano affidato il ricordo.

   Nella seconda ondata di repressione anticlericale (1864), il convento fu definitivamente abbandonato dai religiosi per divenire proprietà dello "Stato". Nel 1866, il comune di Barletta, avuta la proprietà del complesso religioso, trasformò quella struttura, in ospedale civile, per il conforto degli uomini sofferenti in obbedienza all'insegnamento di carità voluta da S. Agostino. Il comune di Barletta trasferì nel convento la "Congregazione di Carità". Sistemato tutto l'ambiente e trasportati ivi i loro degenti, unendoli a quelli già esistenti, si diede origine all'Ospedale Civile che, per convenienza, fu intitolato "Principe Umberto". Il giorno 12 febbraio 1867 l'ospedale Principe Umberto, iniziò il suo corso che, per la quantità dei servizi che offre, è pienamente efficiente. L'ospedale, sorto in una struttura non recente e destinata a scopi ben diversi, fu oggetto di continua attenzione da parte delle autorità civili. "Nel 1935 furono compiuti i lavori di ampliamento dell'Ospedale con la costruzione degli altri piani fino all'altezza attuale e l'avanzamento della facciata con la conseguente eliminazione della rampa".

   La chiesa di S. Agostino ebbe una sorte migliore di tante altre chiese agostiniane. Nel 1866 (neanche ad un anno dalla soppressione) la chiesa fu riaperta al culto per il vivo interessamento del sacerdote don Giovanni Sfregola, padre spirituale del "capitolo di San Giacomo"; vi sorse anche la congregazione del SS. Salvatore ufficialmente nel 1884. Non visto, non sentito, impercettibile scorre nelle vene del popolo barlettano lo Spirito di S. Agostino "Cuore e mente": chiesa e ospedale di S. Agostino.

Le notizie storiche, sono state prese dall'art. di Italo Muntoni nel volume "S. Agostino".

 

P. Tommaso Autiero