C. TESTA, Ricerche sulla soppressione dell’Ordine agostiniano nel regno di Napoli durante l’occupazione napoleonica, in ANALECTA AUGUSTINIANA XXXIX (1976), pp. 207-252.

 

APPENDICE N. 2

DOCUMENTI CIRCA LA SOPPRESSIONE DI S. AGOSTINO ALLA ZECCA

Min. Eccl., 1645.

[P. 239] “S.R.M. Signore. Il Procuratore de Religiosi Agostiniani, figli, e stanzianti componenti la Famiglia del Vostro Reale Monistero di S. Agostino Maggiore di questa Capitale umiliati al trono clementissimo della M. V. da sudditi fedeli e divoti venerano la Sovrana Vostra disposizione ad essi loro comunicata per la soppressione di tal luogo, eretto da secoli dalla pietà de’ Principi Francesi, che dominavano in questo Regno, per la conservazione ed aumento del Culto, e per l’influenza de’ molti vantaggi, quali derivavano dal lodevole instituto a miglioramento del costume e dell’istruzione della Nazione. Dall’epoca di sua fondazione, e per lo corso progressivo di sette secoli surti, dal fervore ed esemplarità de’ Religiosi di quest’Ordine, ha sperimentato il Pubblico il frutto copioso di quegli utilissimi effetti, che in parte han contribuito alla tranquillità e felicità del Regno; e la pruova costante della Regolare osservanza ed irreprensibile condotta in ispecie della famiglia di S. Agostino Maggiore, viene canonizzata dal fatto permanente nel punto dell’esecuzione de’ V. R. ordini per la soppressione, giacchè il Patrimonio di questa comunità s’è ritrovato non solamente intatto, e non diminuito, ma creditore altresì di circa docati seimila di rendita attrassata da reddenti e fittuari, verso de’ quali per le circostanze atuali ha usato indulgenza per concorrere sempre più dal canto suo al sollievo de’ Vostri amati sudditi. Riprotestano non per tanto venerazione ed ossequio alle supreme Vostre disposizioni emanate per la soppressione, e soltanto con sentimenti di filiale fiducia mettono in considerazione del vostro gran’animo, che in questa Dominante non v’è altro convento del loro instituto, ove potessero i supplicanti trasmigrare, e molto meno ne’ pochi luoghi della Provincia, incapaci a ricoverarli ed angustiati per l’indigenza. Il locale del monistero d’Ischia nella maggior parte trovas’ingombrato dall’abitazione del Comandante e del Governatore politico di quell’isola, e la chiesa addetta alla Cattedrale per la celebrazione de’ Divini offici. Rassegnano eziandio alla vostra pietà che l’attuale Famiglia di S. Agostino Maggiore, ridotta a quel numero d’individui che dimostra l’annessa nota, rappresenta Religiosi avanzati in età e cagionevoli di quegl’incomodi di salute, che gli rende inabili a trasferirsi altrove; ma che colla frequenza delle Confessioni, e di altri esercizi di pietà, soddisfano alla divozione e pubblico concorso in quella Chiesa, che mantengono con tutta decenza ed esemplarità. Se irreprensibile s’è sperimentata la condotta de’ supplicanti. Se non altro desiderano essi che continuare a prestarsi utili allo Stato ed a di loro concittadini per tutto ciò che gli permette il loro zelo, per i giorni, che sovrastano al di loro vivere. Se nella Vostra Augusta Persona gareggiano le virtù sublimi ed i pregi singolari che la rendono a popoli amibili. Se la giustizia costituisce l’appoggio più saldo del Trono, che lo perpetuerà a Vostro godimento, [p. 240] ed a nostra felicità, come i supplicanti debbono diffidare di riportare dal magnanimo Vostro cuore la grazia, che implorano, di permettere, che gl’individui figli del soppreso monistero che ne compongono l’attuale famiglia, continuino la di loro permanenza nella stanza del medesimo, prestandosi a’ bisogni spirituali del pubblico nel servizio di quella frequentata Chiesa, e provveduti dalla Vostra pietà di quel sussidio che stimerà proporzionato al di loro religioso sostentamento? Signore. Si auguran essi di non rimanere delusi nella di loro fiducia, fondata nel serto delle Vostre ammirabili prerogative e perfezioni. E siccome l’indulgenza praticata coi rendenti del suppresso luogo forma il soprammentovato credito d’esazione di più migliara, così sono i supplicanti altrettanto sicuri che in su la riscossione di tali quantità debba degnarsi il giustissimo Vostro animo di comandare che restino soddisfatti que’ vestiari a Religiosi, vitalizi, ed onorari attrassati appunto per la commiserazione ed indulgenza praticata con i debitori del luogo; e lo averà ut Deus etc.

P. Luigi Arena procuratore supplica come sopra.

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S.R.M. Signore.

Il procuratore della comunità religiosa del soppresso monistero di S. Agostino della Zecca umilmente espone a V. M. di aver trasentito, che la M. V. prendendo in considerazione le circostanze infelici de’ principali del ricorrente siasi degnata di abbassare i suoi Sovrani ordini all’Intendenza di Napoli, onde la ricorrente comunità religiosa sia situata nel conventino di Pietrabianca detto del Soccorso. Il ricorrente in nome de’ suoi principali protesta a V. M. gli atti rispettosi della di loro più viva riconoscenza alla pietà Sovrana, che prende cura di loro, ma è nel dovere di far presente alla Sovrana intelligenza, che la comunità religiosa del soppresso monastero di S. Agostino alla Zecca, giuste le rivele antecedentemente prodotte e le note passate al zelantissimo Intendente di Gennaro nel momento della soppressione, ascende al numero di circa sessanta individui, e che il conventino del Soccorso all’opposto, il quale non era, che un Ospizio di S. Agostino Maggiore, o per dir meglio un Infermeria, ove i religiosi infermi del convento grande andavano a respirare aria migliore, appena è capace in quanto al locale di contenere quattro o cinque individui, ed in quanto poi alla rendita difficilmente può alimentarni due soltanto. Da tutto questo rileva l’alta intelligenza di V. M. che non può avere esecuzione l’espediente preso d’inviare la comunità di S. Agostino nel picciolo ospizio del Soccorso. E’ dunque necessario che la clemenza sovrana prenda altri mezzi più convenienti, onde in qualche parte riparare alla sventura dei ricorrenti. Il supplicante è incaricato di rassegnare a V. M. che la maggior parte del soppresso monistero di S. Agostino è composta di vecchi acciaccosi ed inabili a porre il piede anche fuori della propria stanza, per lo più privi di ogni rapporto di amicizia e di parentela, e quindi [p. 241] se fossero obbligati di uscire da quel locale non avrebbero neanche il tetto ove potersi ricovrire. Sarebbero essi amanti di rimanere nel monistero istesso, onde terminare il corso della vita in servizio del Signore con un mensuale proporzionato assegnamento che fosse loro sufficiente a potersi alimentare. Gli altri Religiosi, che sono nello stato meno deplorabile, avrebbero l’istesso desiderio sì per prestare i convenienti aiuti ai di loro confratelli, che han consumato il lungo periodo degli anni in servizio del Santuario, come per non lasciare scarsa di operai quella Chiesa ove la divozione è stata portata al miglior punto che si possa bramare, e secondare in questo modo i pubblici voti di quei complateari. Sire. Per quanto siasi esaminato il caso presente, non si è trovato che possa esservi un espediente migliore di quello che si è suggerito ed escogitato dai Padri più ragguardevoli della detta comunità. Sembra poi che questo espediente non apporti un gran dissesto alle mire sempre sagge del Trono, perchè i principali del ricorrente stante la di loro avanzata età, non potrebbero lungamente occupare quel locale, e fra di tanto si darebbe la pace ad un numero non indifferente di religiosi, e si riparerebbe all’amarezza della di loro circostanza. Il ricorrente dunque nel nome come sopra, ricorre alla pietà del Trono sempre propenso al sollievo dei sventurati, e supplica divotamente la M. V. a degnarsi permettere che la comunità religiosa di S. Agostino alla Zecca possa continuare a rimanere nel convento istesso col carico di ufficiare in quella Chiesa; e nel tempo medesimo di stabilire che a ciascun religioso si faccia un congruo mensuale assegnamento, sufficiente alla propria sussistenza, il tutto ut Deus. P. Luigi Arena, procuratore supplica come sopra.

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S.R.M. Signore.

Il procuratore della comunità religiosa del soppresso monistero di S. Agostino Maggiore di questa capitale umilmente espone a V. M. che sono già terminate quelle picciole provviste che furono ad essa lasciate nel momento della soppressione dall’incaricato Intendente di Gennaro. Incomincia dunque a sorgere il bisogno di pensare al vitto cotidiano specialmente di tanti poveri Padri vecchi che non sono in grado di sortire neppure dalla soglia della propria stanza. All’incontro debbono essere giunti a V. M. i dettagliati rapporti che nel monastero di S. Agostino altre di essersi trovata l’azienda nello stato più perfetto, che si possa sperare, frutto dell’economia e della buona fede di quella comunità, siasi di più trovata un esigenza attrassata di circa ducati seimila. Se non si crede giusto che questa somma debba liberarsi a beneficio della comunità medesima, è giusto senza dubbio che si pensi agli alimenti di tanti infelici religiosi rimasti nel pericolo di perire d’inedia; e che di più si soddisfà loro l’importo del vestiario, onorario e vitalizio fino al giorno della soppressione; sicuro il ricorrente che la religione [p. 242] di V. M. voglia risolvere l’occorrente sull’altra supplica prodotta al V. R. Trono riguardo alla di loro situazione pel tempo successivo. L’oratore dunque supplica vivamente la M. V. a prendere in considerazione l’esposte circostanze e dare a tal effetto gli ordini opportuni onde ai principali del monistero si faccia una provvisoria liberanza che basti a fargli sussistere fino al tempo delle Sovrane risulte sul di loro destino, il tutto ut Deus. P. Luigi Arena procuratore supplica come sopra.

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Nota dei Religiosi figli e stanzianti del soppresso monastero di S. Agostino alla Zecca di questa città.

P. Guglielmo Orefice, Confessore e Priore, di anni 62

P. M. Tommaso Tuccillo, Confessore, di anni 72

P. M. Michelangelo Latilla, Confessore, di anni 62

P. M. Guglielmo Sorrentino, Confessore, di anni 59

P. M. Pezzella, Confessore, di anni 46

P. Bacc. Felice Lufrani, di anni 82

P. Bacc. Felice Canale, di anni 80

P. Bacc. Agostino Novelli, di anni 60

P. Bacc. Nicola Signorelli, Confessore, di anni 60

P. Bacc. Nicola Eschena, di anni 54

P. Bacc. Giovanni Barbati, di anni 48

P. Gaetano Sica, di anni 48

P. Bacc. Fedele Amalfi, Confessore, di anni 44

P. Bacc. Raffaele Fortini, di anni 44

P. Bacc. Giuseppe Spinoso, Confessore, di anni 40

P. Bacc. Arena, di anni 40

Laici professi:

fr. Salvatore Rossi

fr. Prospero Padano

fr. Nicola Savio

fr. Andrea Moselli

fr. Giuseppe di Maio

fr. Gregorio de Angelis

fr. Luigi Guadagno

fr. Giuseppe Riccardi

fr. Mariano Caporosso

fr. Tommaso Pizzorusso

fr. Michelangelo Guida

fr. Diodato Fanelli

fr. Bernardo di Siervo

fr. Sempliciano Veccia

fr. Giuseppe Schipani

fr. Isidoro Napolano

fr. Giuseppe Morsicato

fr. Croce Scianna [p. 243]

Padri stanzianti in detto monastero:

P. Bacc. Luigi Ragondino, figlio di Marano

P. Bacc. Diodato Iovine, figlio di Marano

P. Andrea Rieciardi, figlio di S. M. del Soccorso

P. M. Tommaso Cristoforo, figlio della Provincia Terra di Lavoro

P. M. Mariano Mascia, figlio della Provincia Terra di Lavoro

P. Bacc. Michelangelo Perrotta, Confessore, figlio della Provincia Terra di Lavoro

P. Carrella, figlio della Provincia Terra di Lavoro

P. Nappi, figlio della Provincia Terra di Lavoro

P. Siciliano, figlio della Provincia Terra di Lavoro

P. Agostino Silvestri, figlio della Provincia Terra di Lavoro

P. M. Baldassarre, figlio della Provincia dell’Aquila

P. Regg. Xuereb, figlio della Provincia di Sicilia

P. Laviosa, figlio della Provincia di Sicilia

P. Caccavale, figlio della Provincia di Chieti

P. Mastromattei, figlio della Provincia di Puglia

P. Fezio, figlio della Provincia di Sicilia

P. Mercurio, figlio della Provincia di Calabria Ultra

Padri stanzianti con ordine della Polizia:

P. Agostino Scaramuzzi, figlio di Calabria Citra

P. Luigi M. Zacco, figlio di Roma

P. Fulgenzio Saviano, figlio di Roma

fr. Bruno Savino, ex camaldolese