da ANALECTA AUGUSTINIANA, LXII (1999), pp. 213-244

 

IL CONVENTO DELL’ANNUNZIATA, POI DI SANT’AGOSTINO DI MONTELEONE ORA VIBO VALENTIA

di Antonio Tripodi

 

* La città, ricostruita nel 1235 col nome di Monteleone, nel 1928 ebbe il nome latino di Vibo Valentia.

 

[P. 215] Le notizie della fondazione del convento degli Eremitani Agostiniani si traggono dall’Historia del Bisogni, stampata in Napoli nel 1710, dalla Relatione del 1650 e dal Regesto del Russo (1). Si legge nell’Historia, che riporta la data del 17 giugno 1423, che la richiesta fu inoltrata dai reggitori della città di Monteleone, d’accordo con i padri Giovanni de Paola, Giacomo de Polo e Giovanni de Buccino, professori agostiniani. Nella petizione era evidenziato che a quell’epoca la chiesa parrocchiale sotto il titolo di Santa Marìa ad Nives era difficile ad essere raggiunta perché abbastanza distante dalle mura di cinta della città, tanto che i cappellani di essa si servivano “tamquam grangia” della chiesetta di San Pietro. I fedeli, timorosi [P. 216] per i disordini causati dalle guerre, non partecipavano alla messa ed alle altre funzioni religiose. Si aggiunse che non esistevano chiese di altri ordini religiosi all’interno della cerchia, allora completa, delle mura cittadine (2). Riporta l’Albanese che Giacomo Ban, governatore della città, nel 1420 concesse ai padri Agostiniani la chiesa dell’Annunziata dallo stesso edificata presso il castello. L’autore erra nell’identificare detta chiesa con quella del monastero delle Clarisse eretto col titolo di Santa Chiara nel 1594 proprio sotto il castello. Probabilmente quel presso doveva essere inteso meglio come nelle vicinanze (3). I padri compilatori della relatione annotarono che Iacopello Bonsignore, per sua devozione, con istrumento stipulato dal notaio Giovanni de Sirica il 17 giugno 1423 aveva concesso un “Palazzo” di sua proprietà onde si erigesse un convento sotto il titolo dell’Annunziata. Il pontefice Eugenio IV con bolla del 23 giugno 1433 delegò Roberto, abate dell’abazia benedettina della Santissima Trinità di Mileto, ad informarsi sulla verità di quanto relazionato dieci anni prima dai reggitori della città e dagli abitanti di questa (4). L’erezione del convento fu confermata il 25 febbraio 1434 con decreto emesso dal detto abate espressamente delegato (5). Per la fondazione sono riportati sia gli anni 1423 e 1424 che il 1434. Le differenze delle datazioni derivano dalle fonti documentarie consultate da ciascun autore (6). La comunità fu visitata dal 7 al 10 settembre 1584 dal priore [P. 217] generale Spirito Anguisciolo, che nella chiesa fondò “Societate(m) Sancta(e) M(atris) Monicae” col consenso dell’ordinario diocesano (7). Nella relazione, che non riporta alcuna notizia dell’architettura della chiesa e del resto dell’edificio, è contenuta una serie di provvedimenti comprovanti incuria ed ignoranza dei religiosi e mancanze nel convento e nella conduzione dello stesso. Nella visita alla chiesa il priore generale impose di rinnovare le Sacre Particole ogni domenica, di provvedere di un vaso per conservare gli oli sacri per i frati infermi, di borse e di corporali, di croci di legno colorate e di sgabelli, sotto pena della sospensione delle celebrazioni. Prescrisse inoltre di esporre la tabella delle messe d’obbligo e di non celebrarne più di sette al giorno, e di installare un recipiente di marmo per poter lavarsi le mani i sacerdoti e di fornirsi di manutergi e di purificatoi. Per la liturgia furono incaricati il priore p. maestro Michele, il p. maestro Giovanni Battista ed il p. Marco di Monteleone (8). I padri Francesco e Lipinimo (?) di Monteleone, Santo di Terranova e Matteo di Tropea furono dispensati da questa prova. Sospesi temporaneamente furono i padri Andrea, Giovannello, Giuseppe e Michele di Monteleone, Bartolo, Orazio, e Spirito di Tarsia, Luca e Ludovico di Belforte (9), ed Antonino di Terranova (10). Le motivazioni del provvedimento erano indicate nell’ignoranza del Sacro Canone e di qualche Preghiera, ed anche della liturgìa e del messale. Per la sua veneranda età fu sospeso definitivamente sia dalla messa che dalle confessioni il p. Giovanni Russo di Monteleone. Riguardo al convento, il priore generale stabilì che annualmente per il vestiario spettavano sei aurei a ciascun sacerdote e la metà ai professi. Ingiunse ai frati che dovevano recarsi fuori dal convento “causa co(n)ficiendi aliq(ua) negocia” di andare vestiti con l’abito nero e non senza aver ricevuto la benedizione dal priore. Ordinò di celebrare in canto la “Missa maior” e di cantare il vespro le domeniche e le festività ed anche i giorni d’officio doppio. Istituì nel convento il noviziato per l’educazione e l’istruzione di sei chierici, stabilendo il maestro di grammatica (11). [P. 218] Sorse agli inizi del ‘500 una controversia con i padri Conventuali per la precedenza nelle processioni. Si concluse un accordo solennizzato con istrumento del 24 aprile 1507 per la penna del notaio Mariano Piacente. I religiosi di entrambi gli ordini avrebbero proceduto “pari passu” con le proprie croci, i Conventuali a destra e gli Agostiniani dall’altro lato. Le due comunità erano dirette da frati di Monteleone, da p. Domenico la prima e da p. Matteo l’altra (12). La relatione, che in assenza del priore p. baccelliere Tommaso Visconti di Belvedere fu sottoscritta l’8 marzo 1650 dal sottopriore p. Salvatore Ursino e dal deputato p. baccelliere Michele Angrisano, entrambi di Monteleone, e dal deputato p. Francesco Carrozza di Tropea, informa che il convento “è situato, e posto sopra le mura vecchie di d(ett)a Città di monteleone dalla parte di dentro, poco distante dal Castello, e predomina tutto il Borgo di essa Città”. Nell’elenco delle spese per il vitto si legge che nel convento risiedeva il padre provinciale e che “per il continuo passaggio” si consideravano presenti ogni giorno due frati forestieri. La chiesa era “di struttura angusta per non essersi fondata la Chiesa e Conv(en)to nel proprio Palazzo del fondatore” ed aveva una lunghezza di 63 palmi “incluso il s(opr)a dorm(itori)o” ed una larghezza di 37 palmi (13). L’anno 1616 si era iniziata la costruzione di una nuova chiesa “contigua” all’esistente, dal lato sinistro, che al momento aveva raggiunto l’altezza delle finestre. Il convento, privo di chiostro, disponeva di “un piccolo vaglio” soltanto. Il dormitorio comprendeva dodici camere, sei da un lato ed altrettante dall’altro, ed in più alcune altre a questo “congionte” che erano a disposizione del padre reggente dello studio del convento. Tre locali erano occupati dalla dispensa, dal granaio e dall’ogliaro. Sotto il dormitorio stavano il refettorio, la cucina, la cantina, la legnaia e le carceri. Prima del 1645, anno in cui nel convento fu istituito lo studio, la famiglia religiosa era composta da otto sacerdoti, da quattro-sei novizi, da tre servienti e da un garzone. Nel 1650 erano in numero di undici sia i sacerdoti che gli studenti ed i conversi. Nel precedente mese di novembre erano deceduti i padri Giovandomenico e baccelliere Luigi di Monteleone. Il garzone di nome Pietro accudiva ad un non specificato “animale”, che era certamente l’asino necessario per i servizi del convento. [P. 219] Le entrate provenienti da estagli su terreni aratori, vigne ed oliveti ammontavano a 358,00 ducati. Le pigioni di tredici case fornivano 21,00 ducati, ed altri 146,60 ducati s’introitavano da censi perpetui in denaro ed in olio. I legati di messe, le processioni, i mortori e le elemosine contribuivano con 278,00 ducati (14). La provincia corrispondeva un sussidio di 109,00 ducati per le spese dello studio. Nell’esito erano comprese le messe d’obbligo, delle quali una al giorno in suffragio dell’anima del fondatore. I censi perpetui erano soltanto 11,00 ducati, e si versavano 15,00 ducati ad un sacerdote per la celebrazione di tre messe ogni settimana nella chiesa parrocchiale dello Spirito Santo per il soddisfacimento di un legato lasciato da Cesare Pissina. Si spendevano 32,00 ducati per riparazioni alla chiesa ed al convento, ed altrettanti per l’organista, olio per le lampade, incenso, vino ed ostie, e riparazioni alla sagrestia. Il costo della cera per le messe e per le altre funzioni, per il sepolcro e per la distribuzione ai devoti nel giorno della Candelora importava 26,00 ducati. La provvisione per il padre reggente e le spese per lo studio incidevano per 21,00 ducati. Per i viaggi in occasione dei capitoli, contributi al padre provinciale, e convenevoli ai frati “forastieri” si toglievano dalla cassa complessivamente 36,00 ducati. Per il sostentamento della numerosa comunità si superavano i 500,00 ducati, cifra che corrisponderebbe ad una sessantina di milioni di lire al valore attuale. Il “vestimento” per i frati e per i servienti costava 180,00 ducati. I medici e le medicine, il barbiere e la lavandaia assorbivano 49,00 ducati. L’onorario all’avvocato e le spese di corte erano contenuti in 31,50 ducati. Le spese per l’illuminazione, per il dormitorio (letti e biancheria) e per la cucina ed il refettorio (piatti e vasi) ammontavano a 36,00 ducati. L’importo per il salario del garzone “che guida l’animale del Conv(en)to” e per il mantenimento dello stesso animale “come orgio, paglia, fieno, ferri” era in tutto di trenta ducati. Il convento doveva anche saldare un debito di 118,00 ducati, dei quali di medicine 40,00 ducati, di cera 15,00 ducati, e per varie necessità altri 63,00 ducati. L’anno 1658 il dr. Fabio Attesani fondò nella chiesa del convento la cappella di San Gregorio taumaturgo, col quadro miracoloso (15). [P. 220] L’arciprete del Pizzo, rev. Domenico Profiti, nel 1648 aveva dimorato in Roma, dove “per la servitù, che professava” col vicegerente della città aveva ottenuto una reliquia di San Gregorio che aveva fatto includere “in un relequiario grande” con la relativa scritta indicante l’appartenenza a quel santo (16). Il devotissimo arciprete il 24 agosto 1660 nella chiesa collegiata di San Giorgio del Pizzo consegnò il reliquiario al padre Paolo di Monteleone, appositamente delegato dai suoi confratelli, onde la portasse nel convento di Monteleone per essere collocata nella cappella del santo taumaturgo (17). Si apprende da un istrumento del 10 ottobre 1661 che la nuova chiesa, iniziata nel 1616 ed in avanzato stato di costruzione nel 1650, all’epoca era già. aperta al culto (18). Quel giorno nel refettorio del convento i padri Fulgenzio di Monteleone priore, Francesco Carrozza di Tropea ed Antonio di Belforte, tutt’e tre baccellieri, Domenico di Belforte, Michelangelo e Bonaventura di Paola stabilirono con l’artista Filippo Grimaldi “originario Ianuense, educato vero in Regno Siciliae” il contratto per la stuccatura “perfettionatam(en)te tutta, et integra” della cappella di San Gregorio eretta nella chiesa del convento. La cappella era posta nel “mezzo delle tre che hoggi sono fatte in detta Chiesa” che erano state costruite “sfondate” dentro la chiesa vecchia. Si legge infatti nella relatione del 1650 che dal lato destro la nuova chiesa “si delaterà” in quella “angusta” esistente. Per “pagamento e sua mercede” di centoquindici ducati il Grimaldi s’obbligò “di stucchiare tutta, et integra detta Cappella, così dalla parte di dentro, come ancora l’arco di essa di dentro, e dall’affacciata, e prospettiva di fori di dett’arco, allo finimento, seu colmo del quale habbia da fare un Serafino, o una mezzola; e restando loco proporzionato in mezzo lo membretto delle Colonne, e pilastri dell’angoli, habbia da fare una calata di frutti con suoi ligazzi; e che le colonne siano tutte relevate, e tutti li membri ancora appartenenti a dette colonne, conforme richiede l’architettura, e serrata la forma di detto disegno, e finalmente che dett’opra habbia da essere di tutta perfettione senza difetto, o mancamento, ad uso di bon maestro, [P. 221] e persona esperta in detta professione, conforme se ricerca in opra simile, e che sia resistente all’humidità” in conformità del “disegno in Carta” consegnato dall’artista, che fu firmato dallo stesso, dal padre priore e dal notaio stipulante. I frati avrebbero fornito il materiale ed i ponteggi necessari, ed “un figliolo” per assistere nel lavoro il Grimaldi, al quale per tutto il tempo avrebbero assicurato “camera, e commodità di dormire, et lo vitto a tavola di detti Padri, conforme magnano li stessi Padri”. Il termine per la consegna dell’opera compiuta fu fissato entro la fine di maggio del successivo anno 1662. Nel corso degli anni seguenti proseguirono i lavori per il completamento della chiesa, per i quali era stato deliberato di spendere annualmente settanta ducati da prelevare dalle rendite. Si ha notizia che la comunità “se ritrova le mani in fabricar il Campanile” da un istrumento del 31 luglio 1665. Quel giorno d’estate nel refettorio si riunirono i padri di stanza nel convento: p. maestro Fulgenzio vicario provinciale (19), p. Pietro Paolo priore, p. Celestino definitore, p. Francesco, p. Aurelio, tutti di Monteleone, p. Tommaso di Pannaconi (20), p. Cesare di Polistena procuratore, e p. Nicola di Feroleto (21), per contrarre un debito con il magnifico Biagio de Cesare (originario di Cava, detta in seguito “dei Tirreni” in prov. di Salerno) negoziante in Monteleone. Il vecchio organo della chiesa, che poteva considerarsi “una delle primarie di detta Città e ben servita”, mostrava evidenti i segni del deterioramento. Onde recuperare quella parte dei pezzi ancora utilizzabili e quindi diminuire la spesa, si era pensato di commissionare un organo nuovo necessario in quanto erano “regolarm(en)te li nostri Padri poco esperti nel canto fermo” e senza l’accompagnamento dell’organo non si potevano celebrare solennemente le messe e le altre funzioni liturgiche. I religiosi garantirono con la cessione di alcuni crediti il devoto Biagio de Cesare, che prestava senza interesse i necessari settanta od ottanta ducati che gli sarebbero stati restituiti ad agosto dell’anno successivo (22). Le cappelle del lato sinistro della nuova chiesa non erano state ancora costruite nel 1668. Il 15 gennaio di quell’anno il barone Scipione Marzano, proprietario di una casa palaziata e casella bassa [P. 222] lateralmente ed orto recintato da muri attorno, e devotissimo del taumaturgo San Gregorio, cedette una quantità di terreno uguale a quella necessaria per la costruzione delle tre cappelle “sfondate” simmetriche e delle stesse dimensioni di quelle già esistenti sul lato destro della chiesa. In realtà si trattava di una permuta, perché le cappelle avrebbero occupato una striscia della strada pubblica che saliva verso il castello, e quindi la cessione del Marzano era una compensazione onde la larghezza stradale fosse rimasta invariata. Nell’istrumento di vendita di una casa, il 4 novembre 1662 fu indicato che questa era sita nel “loco detto sopra la Chiesa di Sant’Agostino”. La toponomastica mostrava che l’edificio era divenuto riferimento urbanistico per il rione in mezzo al quale sorgeva (23). Nella comunità religiosa nel 1689 erano presenti sei sacerdoti: il priore p. Carlo, il vicario provinciale baccelliere p. Filippo Cimino, il baccelliere p. Giacinto Garìa, tutt’e tre di Catanzaro, il sottopriore p. Agostino di Vazzano, il procuratore p. Agostino di Novara ed il baccelliere p. Pasquale di Malta. Il 29 agosto ed il 17 novembre di quell’anno furono concesse in fitto rispettivamente una casa con camera superiore e basso alla “Cerasarella” ed una casa terranea sita “fuora la porta di S(anto) Antonio, limito lo furno di d(ett)o Convento”. I canoni annui erano di 1,45 e 1,60 ducati pagabili ogni mese di agosto (24). Nel mese di aprile 1692 furono convocati in capitolo nel convento tutti i padri che avevano il diritto di voto per l’elezione del padre provinciale e dei suoi collaboratori. I lavori dell’assemblea dei grandi elettori non procedettero con serenità, e se ne hanno notizie da due dichiarazioni rese davanti al notaio Francesco Valente in Monteleone. Si riunirono in un locale del convento il 26 aprile 1692 i padri che avevano partecipato al capitolo provinciale ed attestarono che a causa dei richiami al p. baccelliere Girolamo di Francavilla (discreto di quel convento) ed al p. Nicola di Davoli (priore di Soverato) per essere giunti con ritardo all’adunanza non si erano registrate ripercussioni sull’andamento dei lavori, tanto che si proseguì “con una concordia, e pace tranquilla, con edificat(io)ne di tutta la Città, e tutti R(everendi) P(adri) d’una volontà, e di nessuna discrepanza” avevano eletto alla guida della provincia agostiniana di Calabria Ultra il p. baccelliere Filippo Cimino di Catanzaro (25). [P. 223] Il documento del 20 agosto 1692, invece, offre una cronaca meno edificante riguardo al capitolo provinciale celebrato nell’aprile precedente. In qualità di procuratore del padre provinciale eletto nel detto capitolo si costituì Giulio Antonucci di Monteleone, ed asserì che “nel medesimo tempo nulliter alcuni puochi P(ad)ri di d(ett)a Religione, parte de’ q(ua)li non haveano voto” si erano autoconvocati nel convento di Francavilla, dove “senza l’assistenza della mag(gio)r parte de’ Vocali, e delli Officiali, che devono presedere al capitolo” avevano eletto un altro padre provinciale. Informato delle due avvenute elezioni, il padre generale delegò il p. maestro Gregorio Gagliardi di Paola per lo svolgimento delle opportune indagini. Ma costui, senza “far provista alcuna di consultore, anz’eccedendo i termini della sua commess(io)ne”, nominò nuovi priori di conventi alcuni padri “inimici” dell’eletto provinciale Cimino. Questo era stato “confinato” nel convento di Catanzaro dopo essere stato “levato” da quello di Monteleone insieme con i frati a lui fedeli. Il modo di procedere del p. Gregorio Gagliardi era causato dal risentimento per una condanna inflitta ad un suo parente dal p. Cimino all’epoca di un precedente suo provincialato (26). Il notaio, accompagnato dal giudice ai contratti e dai testimoni, si recò presso il p. Gagliardi per la notifica della protesta consegnatagli dal procuratore del p. Cimino. L’interessato, dopo averla ascoltata, negò gli addebiti dichiarandoli falsi, e terminò accusando il protestatario di aver commesso molti “gran delitti” per i quali non finì “afforcato nel Castello nuovo della Città di Napoli” perchè era stato “agiutato” dall’ordine religioso di appartenenza. Lettagli la replica del p. Gagliardi, al procuratore del p. Cimino non restò che protestarsi “una, due, tre, e quante volte” fosse stato necessario in difesa dei diritti del rappresentato (27). Nella chiesa del convento, con istrumento notarile del 31 ottobre 1741, fu fondata la confraternita sotto il titolo della Madonna della Consolazione, particolare devozione agostiniana. I padri assicurarono l’assistenza spirituale in tutti i giorni festivi ed ogniqualvolta gli iscritti l’avessero richiesto per i loro esercizi di pietà. Per il servizio, i religiosi avrebbero percepito “tutti quelli jussi, emolumenti, e caritativi sussidi” corrisposti dalla confraternita del Rosario ai padri domenicani della stessa città (28). [P. 224] I confratelli della Consolazione il 13 maggio 1797 chiesero l’aggregazione alla confraternita di Sant’Omobono eretta dai sarti nel mese di giugno 1667 dentro la propria chiesa. La nuova istituzione, che si denominò sotto entrambi i titoli uniti, si estinse verso la fine degli anni ‘30 di questo secolo (29). Le difficoltà finanziarie della comunità e le necessità del complesso convento-chiesa sono evidenti da un istrumento del 4 maggio 1752. Quel giorno si costituirono il padre provinciale Celestino Morrone, il priore p. Pasquale Basile, il sottopriore p. Agostino Ruffo, i p. baccellieri Guglielmo Mazza e Prospero Bonelli, il procuratore fra Antonio Nobile ed “altri in unum coadunati ad sonum campanulae ut moris est, habita prius conclusiones inter ipsos” per contrarre con il sig. Carlo Pagano un prestito di mille ducati all’interesse annuo del sei per cento. La somma era necessaria per “costruire di nuovo tre Cappelle nella loro chiesa, e l’altare Maggiore, e far og’altro di necessario in quella, che al p(rese)nte malsconcia si ritrova, e terminare di fabrica il Campanile, che imperfetto si vede, con aprire altresì una via con muri a canto detta chiesa per commodo del loro Conv(en)to”. I padri ipotecavano un fondo di cento tomolate con olivi e terre aratorie nella contrada “Iacopello” nel territorio di Monteleone e un censo perpetuo di ventitre ducati esigibili annualmente sopra un altro fondo di trentasei tomolate, anche questo con olivi e terre aratorie, in località “la Conicella” in territorio di San Gregorio Superiore (30). L’interesse scadeva nel mese di agosto di ogni anno (31). Nel febbraio 1783 si abbattè sulla Calabria l’orribile “flagello” del terremoto, che seminò distruzioni e lutti nelle misere popolazioni continuamente alle prese con i problemi della sopravvivenza. La descrizione della chiesa e del convento è contenuta nella perizia eseguita per conto della Cassa Sacra sette anni dopo la catastrofe. La chiesa, nella quale il coro sopra la porta per i frati ed il pulpito erano di legname, si presentava “tutta in buon essere a riserba di una lesione” nell’angolo vicino al portico sotto l’antico campanile. I sette altari, il maggiore ed i sei laterali, erano “ornati di Pilastri, e Colonne di Stucco, con Mensa parim(ent)e di Stucco, e con Quadri in mezzo”. Il tetto ed il soffitto erano anch’essi “in buon essere”. La sagrestìa era “sana” ed in essa dentro un armadio si trovavano custoditi i sacri paramenti e suppellettili. [P. 225] Il convento, abbastanza danneggiato dalle fortissime scosse telluriche, era stato assegnato “per Casa di Corte” e già si era eseguita la perizia per i lavori di ristrutturazione (32). La chiesa era retta dall’ex priore p. Giovanni Tripodi, divenuto sacerdote secolare dopo la soppressione dei conventi decretata dal governo napoletano l’anno seguente al disastroso terremoto (33). La chiusura della chiesa al culto, conseguenza della “sospensione” del convento, è lamentata dai due sindaci della città in una lettera inviata al vescovo di Mileto nel gennaio dell’anno 1793. Si chiedeva al pastore dell’estesa diocesi, anche a nome di tanti abitanti del rione, di “ordinare colla sollecitezza possibile” che nella chiesa fosse destinato un economo per la celebrazione della messa e delle altre funzioni religiose e per l’amministrazione dei sacramenti (34). Il visitatore della chiesa il 21 novembre 1800 interdisse la sacra pisside fino a quando non fosse stato dorato all’interno il coperchio, e la sepoltura vicino all’altare del Crocefisso fino alla provvista di una nuova lapide (35). Il convento, che il 26 giugno risultava abitato da due sacerdoti, da un laico professo e da due oblati, il 7 agosto 1809 fu abolito (36). La campana grande, che dall’alto del campanile per secoli aveva battuto “il segno” della fine della giornata alle due ore della notte nell’estate ed alle tre nell’inverno, il 6 ottobre 1810 fu consegnata alla confraternita dell’Immacolata. La sede di questa era stata trasferita nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, annessa all’abolito convento dei francescani riformati (37). Il priore e gli iscritti sottoscrissero la regolare ricevuta al sindaco pro-tempore della città (38). [P. 226] In seguito al Concordato tra la Santa Sede ed il Re di Napoli, concluso a Terracina il 18 febbraio 1818, fu stabilita la ripristinazione del convento agostiniano di Santa Maria della Croce di Francavilla Angitola-Filadelfia (39). Ma, con un “Dispaccio” del 24 maggio 1821, l’Alta Commissione per l’esecuzione del Concordato ordinò il trasferimento della comunità “nel locale una volta delle monache di S(anta) Chiara” di Monteleone (40). Il successivo 23 giugno il p. maestro Giuseppe Maria Fazio, nella sua qualità di procuratore, fu immesso nel possesso “del Locale del Convento altra volta di S(anta) Chiara sito in questa Città consistente in cinque picciole stanze, e moltissime fabbriche dirute” dal signor Basilio Scrugli amministratore del patrimonio regolare nella diocesi di Mileto (41). In data 1 settembre 1821 fu inviato al sovrano un ricorso contro lo stabilimento nel convento di Monteleone, del quale fu evidenziato che il “locale” assegnato non era “sufficiente perchè composto di sole quattro celle” ed in esso non poteva abitare una comunità di dieci persone. Oltre a non essere adeguate di numero, quelle celle erano “circondate da case di particolare” e pertanto rimaneva esclusa ogni “speranza” di ampliamento. I ricorrenti, tre padri e cinque fratelli laici che “giurarono essere membri del monistero di Filadelfia” al momento del rientro nell’ordine dopo le secolarizzazioni di fine ‘700, esposero che si era trattato di “manovre e ragiri” dei padri maestri Giuseppe Maria Fazio e Tommaso di Francia, che conoscendo le difficoltà della sistemazione a Monteleone miravano ad “ingoiare e stravizzare” le rendite come avevano fatto già l’anno precedente. I supplicanti chiedevano la rimozione del p. Fazio “come inimico spietato della religione e come sfacciato [P. 227] predatore delle rendite” e di sostituirlo con l’ex provinciale p. maestro De Stefano, religioso di “ottima morale” e di provate doti di governo (42). Nella prima congregazione capitolare della costituita provincia napoletana, celebrata in Napoli il 19 maggio 1827, fu stabilita la “famiglia” composta da cinque sacerdoti e tre laici: i padri maestri Agostino Bertucci priore, Giuseppe Maria Fazio collettore e Tommaso di Francia, i padri lettori Emilio Sardanelli ed Agostino Stanganelli, ed i fratelli Tommaso Mazzotta, Agostino Bilotta e Giuseppe Michienzi. La convivenza nella novella comunità agostiniana di Monteleone non deve essere stata delle più armoniose, perchè i padri Bertucci e Stanganelli ed i tre laici erano tra i ricorrenti contro i padri Fazio e di Francia (43). Nella chiesa officiata dai Figli di Sant’Agostino a metà dell’ottocento fu collocato il gruppo statutario dei santi martiri Cosma e Damiano. Il p. priore Giuseppe De Lelio commissionò l’opera il 6 gennaio 1853 allo scultore-architetto Francesco Morani di Polìstena (RC), che s’impegnò di consegnarla entro il mese di luglio dello stesso anno per il compenso di cento ducati che gli furono corrisposti in due rate (44). Si legge in una descrizione della città redatta nel 1859 che nella chiesa “nulla vi ha di notevole” e che se anche “non molto grande” era tuttavia “commoda per gli abitanti di quel rione”. Il convento, non ancora completato, aveva due piani abitati. Il portico intorno al cortile in forma quadrata era poggiato su pilastri. Posto nella zona alta, la vista spaziava sull’Aspromonte e sui monti della vicina Sicilia (45). La fine fu segnata dalla decisione dell’amministrazione comunale di fondare un “Asilo di mendicità” nei locali del convento, ormai abitato dagli ultimi due agostiniani rimasti. Su invito del sottoprefetto Gaetano Antinori a “contentarsi di una porzione del locale” il consiglio comunale presieduto dal sindaco marchese Enrico Gagliardi il 25 aprile 1866 deliberò di concedere un “conveniente alloggio” ai due padri a condizione che quelli “accettassero la direzione provvisoria della Pìa Istituzione” dal momento che sarebbe stata operante (46). [P. 228] L’iter burocratico era iniziato da un paio di mesi, quando il 7 luglio 1866 fu emanata dal parlamento la legge per la soppressione di tutti gli ordini, congregazioni e corporazioni religiosi ancora attivi nel territorio nazionale. La legge attribuiva ai Comuni ed alle Province il diritto di chiedere all’apposita “Amministrazione del fondo per il culto” l’assegnazione gratuita di edifici dei conventi soppressi per essere destinati al funzionamento di istituzioni di pubblica utilità. Inoltrata nuovamente con delibera consiliare del 19 dicembre 1866 la richiesta, ritenuta meritevole di accoglimento, i locali del convento agostiniano furono ceduti al Comune con istrumento stipulato il 26 gennaio 1869 dal notaio Giuseppe Costantini (47). Si costituirono il conte Ettore Capialbi, sindaco in rappresentanza del Comune di Monteleone, ed il signor Giuseppe Castaldi, ricevitore del registro e bollo, appositamente delegato dall’Amministrazione del fondo per il culto. L’edificio, secondo la descrizione contenuta nel documento notarile, era composto “di una Chiesa, nove stanze a pianterreno, venticinque stanze a primo piano e due terrazzi ad uso giardini” ed era delimitato dalla Strada Santa Chiara, dal palazzo ed orto del conte Antonio Capialbi e dal terreno seminativo del signor Francesco Pasquale Cordopatri (48). Inaugurato l’1 febbraio 1876 l’Asilo di mendicità, fu concesso l’alloggio temporaneo, in quello che era stato il loro convento, agli ultimi religiosi agostiniani presenti. L’amministrazione comunale, cedendo alle pressioni delle autorità militari, con delibere del 14 gennaio e del 15 maggio 1879 concesse il vano della chiesa onde si potessero sistemare per un breve periodo di tempo alcune reclute destinate al Presidio della città (49). In esecuzione di tali determinazioni, previa deliberazione della Giunta del 3 giugno 1879, il successivo giorno 6 il padre Nicola Tavella rettore della chiesa consegnò i sacri arredi e le suppellettili di questa al signor Bruno Giordano in qualità di priore della confraternita di San Giuseppe che aveva sede nella chiesa già dei gesuiti, dove tuttora si trova. Nello stesso atto, redatto dall’avv. Antonino Crispo, era contenuta l’intimazione dello sgombero del convento entro il 31 dicembre di quello stesso anno. I padri ottennero una proroga soltanto fino al 15 gennaio 1880. [P. 229] Nell’elenco allegato al verbale di consegna erano compresi calici e pissidi d’argento, pianete, tonacelle, piviali, una campana grande e due piccole, le statue lignee di Sant’Agostino, di San Nicola da Tolentino, e dei santi Cosma e Damiano, ed una di cartapesta di San Francesco di Paola (50). Visto che dalla chiesa erano “tolti i quadri fin dal soffitto, trasportate altrove le statue dei santi, verso le quali era universale nel paese la venerazione, rimosse le sacre suppellettili e per fin le campane”, gli abitanti del rione elevarono una protesta e inoltrarono una petizione con la richiesta della riapertura al culto del piccolo tempio, che fu perentoriamente indicato dover avvenire prima del 27 settembre dello stesso anno. Nonostante la riconsegna dell’organo, del pulpito, dei confessionali, degli scaffali della sagrestia, e dei sacri arredi, e l’assicurazione che sarebbe stato nominato rettore della chiesa l’abate Ottavio Ortona (al momento parroco di San Michele), nella situazione non si registrò cambiamento alcuno. La definitiva chiusura della chiesa al culto fu segnata dal decreto del re Umberto I, emanato il 29 gennaio 1880. Nessun effetto produssero una supplica rivolta al sovrano da cittadini “di ogni classe e condizione” ed un’altra del conte Antonio Capialbi in data 30 marzo 1880. Il patrizio si obbligava per il mantenimento della chiesa aperta al culto a proprie spese ed a versare anche l’annuo canone perpetuo di cinquanta lire (51). La durezza delle leggi poneva fine, dopo quattro secoli e mezzo di apostolato, alla presenza agostiniana nella comunità monteleonese. I frati dovettero abbandonare le “fabbriche” che avevano reso abitabili imponendosi “non pochi sacrifici” nel corso di un cinquantennio (52). L’ultimo Figlio di Sant’Agostino, l’ottantenne p. Giorgio De Rosis, chiuse l’esistenza terrena il 27 giugno 1881 alle ore quattro pomeridiane (53).

 

Religiosi illustri:

1) GIOVANNI AGOSTINO, eletto alla sede vescovile di Sebaste, in Armenia intorno al 1411.

2) GIOVANNI BATTISTA, maestro. Provinciale nel 1533, e poi nel 1579 e 1585.

3) ANGRISANO MICHELE. Baccelliere. Provinciale nel 1646.

4) FARFAGLIA PIETRO. Pubblicò nel 1670 il volume Artis Gramaticae in lingua latina.

    Rimò in verso eroico due canti del Tasso, rimasti inediti.

5) GALEANO GIOVANDOMENICO, Baccelliere. Provinciale nel 1634.

6) MATINA FULGENZIO, maestro. Priore di Monteleone nel 1661, provinciale nel 1662,

    e vicario provinciale nel 1665.

7) MORELLI MICHELE, maestro in Sacra Teologia. Pubblicò a Bologna nel 1581 un volume

    di orazioni latine e di epigrammi. Provinciale nel 1587, 1601 e 1614.

 

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Abbreviazioni:

AGA = Archivio generale degli Agostiniani - Roma.

ASDM = Archivio storico diocesano di Mileto

ASC VV = Archivio storico comunale di Vibo Valentia

AS VV = Archivio di stato di Vibo Valentia

AS CZ = Archivio di stato di Catanzaro

not. = protocolli del notaio

istr. = istrumento

 

(1) G. BISOGNI, Hipponii seu Vibonis Valentiae, vel Montisleonis, Ausoniae Civitatis accurata Historia, Napoli 1710 rist. anast. Cosenza 1980, p. 147; AGA, Relatione del Convento di Monteleone dell’Ordine di Santo Agostino Diocesi di Mileto, e Provinia di Calabria Ultra in Conformità della Constitutione della Santità d’Innocentio X sotto il 22 Xmbre 1649, fondo Ii, vol. 60, f. 59; F. RUSSO, Regesto vaticano per la Calabria, vol. 2, Roma 1975, p. 221 (10125).

(2) A. TRIPODI, Le chiese di Monteleone alla fine del XVI secolo, in “Calabria letteraria” XLII (1994), nn. 10/12, p. 25. La chiesa di Santa Maria ad Nives, nota col titolo di Santa Maria Maggiore e successivamente (e tuttora) di Santa Maria Maggiore e San Leoluca, fino al 15 maggio 1632 fu l’unica chiesa parrocchiale della città; G. VAIANELLA, Una chiesetta della vecchia Monteleone: S. Pietro Apostolo, in “Diakonìa” II (1992), n. 5, p. 5; G. BISOGNI, Hipponii..., pp. 147-148.

(3) F. ALBANESE, Vibo Valentia nella sua storia, Vibo Valentia 1975, vol. I, p. 209.

(4) AGA, Relatione..., f. 59.

(5) AGA, Relatione..., f. 59.

(6) G. BISOGNI, Hipponii..., p. 147; F. ALBANESE, Vibo Valentia ..., p. 279; D. TACCONE-GALLUCCI, Monografia della città e diocesi di Mileto, Modena 1882 rist. anast. Bologna 1984, p. 145; IDEM, Monografie di storia calabra ecclesiastica, Reggio Calabria 1900, p. 127; P. TARALLO, Raccolta di notizie e documenti della città di Monteleone di Calabria, Monteleone 1926 rist. anast. Vibo Valentia 1997, p. 287; A. LIPINSKI, Antichi conventi agostiniani di Calabria e Lucania, in “Archivio storico di Calabria e Lucania” XIII (1943), n. 2, pp. 123 e 125; G. FIORE, Della Calabria illustrata, vol. 2, Napoli 1743 rist. anast. Bologna s. d., p. 386; A. PLACANICA, I redditi di conventi e monasteri di Calabria alla fine del Settecento, in “Rivista storica calabrese n. s.” IX (1988), p. 233 (tabella Agostiniani); F. RUSSO, Storia della Chiesa in Calabria, vol. 2°, Soverìa Mannelli 1982, p. 616.

(7) AGA, Visita del 1584, fondo Dd 41, f. 83.

(8) AGA, Visita..., f. 83. Non è evidente dal manoscritto che i tre padri fossero tutti della stessa città.

(9) V. F. LUZZI, Le “memorie” di Uriele Maria Napolione, Reggio Calabria 1984, p. 89. Il casale di Belforte scomparve a metà dei secolo XVIII.

(10) AGA, Visita..., f. 83v. La reintegra dei padri Luca di Belforte ed Antonino di Terranova (non è specificato se il paese era Terranova Sappo Minulio in prov. di Reggio C. o Terranova di Sibari in prov. di Cosenza) dipendeva dal giudizio dei deputati delegati ad accertare la raggiunta idoneità.

(11) AGA, Visita..., f. 84.

(12) G. BISOGNI, Hipponii..., p. 148.

(13) C. SALVATI, Misure e pesi, Napoli 1970, p. 27. Il palmo napoletano equivaleva a 0,2637 metri, e quindi le dimensioni della chiesa erano di 16,61 x 9,76 metri.

(14) La conversione da scudi romani a ducati napoletani è stata operata sull’equivalenza 1 scudo = 0,95 ducato, come specificato in alcune voci di entrata e di uscita nella Relatione del 1650.

(15) AS VV, not. G. B. Lombardo, istr. 24/08/1660. Nel documento si legge che da tre anni nella chiesa del convento era eretta la cappella dedicata a San Gregorio “con sua Imagine, dalla quale se recevono molte gratie”.

(16) P. GAUCHAT, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, vol. 4, Padova 1964, p. 74. Nominato vescovo di Alatri (Fr) il 20/09/1632, sede che per sua rinuncia il 04/05/1648 fu provvista del successore, Alessandro Vittricio ricoprì anche gli incarichi di assessore del Sant’Uffizio e di vicegerente e governatore di Roma. In quella città morì in settembre-ottobre 1650.

(17) AS VV, not. G. B. Lombardo, istr. 24/08/1660.

(18) AS VV, not. G. B. Lombardo, istr. 10/10/1661; A. TRIPODI, Opere di artisti siciliani per le chiese calabresi - Diocesi di Mileto e di Tropea (secc. XVI - XVIII), in “Messina e la Calabria” (atti del 1° colloquio calabro-siculo, Reggio C.-Messina, 21-23/11/1986), Messina 1988, pp. 39-40, ora in A. TRIPODI, In Calabria tra cinquecento e ottocento, Reggio C. 1994, p. 262.

(19) AS VV, not. G. B. Lombardo, istr. 17/11/1661. Nel convento era priore il p. baccelliere Fulgenzio Matina di Monteleone; G. FIORE, Della Calabria..., p. 387. L’anno 1662 il p. maestro Fulgenzio di Monteleone era provinciale.

(20) Pannàconi è frazione del comune di Cessaniti (VV).

(21) Non e possibile stabilire quale dei due Feroleto fosse il paese: se il comune di Feroleto (ora della Chiesa) in prov. RC, oppure quello di Feroleto (ora Antico) in prov. CZ.

(22) AS VV, not. G. B. Lombardo, istr. 3 1/07/1665.

(23) AS VV, not. G. B. Lombardo, istr. 15/01/1665 e 04/11/1662.

(24) AS VV, not. F. Valente, istr. 29/08 e 17/11/1689.

(25) AS VV, not. F. Valente, istr. 26/04/1692; A. TRIPODI, Notizie e documenti sul convento agostiniano di Santa Maria della Croce di Francavilla Angitola, in “Analecta augustiniana”, LIX (1996), p. 374. Negli anni 1690 e 1697 furono turbolenti anche i capitoli provinciali di Feroleto Antico (Cz) e di Acquaro (VV) rispettivamente.

(26) G. FIORE, Della Calabria..., p. 387. Il p. baccelliere Filippo Cimino di Catanzaro era provinciale nel 1686. La stessa carica fu ricoperta dal p. maestro Gregorio Gagliardi di Paola negli 1687, 1693 e 1703.

(27) AS VV, not. F. Valente, istr. 20/08/1692.

(28) AS VV, not. N. Loschiavo, istr. 3 1/10/1741; A. TRIPODI, Spigolature per la storia delle confraternite calabresi, in “Calabria Sconosciuta” XV (1992), n. 55, p. 51.

(29) ASDM, cartelle confraternite (Monteleone).

(30) Si chiama ora San Gregorio d’Ippona (VV).

(31) AS VV, not. N. F. Pisani, istr. 04/05/1752.

(32) AS CZ, Liste di carico della Cassa Sacra, vol. 23, f. 420; M. AIELLO, Le opere pie vibonesi nel Regno d’Italia, Vibo Valentia 1992, pag. 172. Il convento degli agostiniani sotto il titolo di Sant’Agostino fu concesso al comune di Monteleone con atto del 22 giugno 1810 per essere destinato a carcere.

(33) ASDM, cartelle Monteleone - secolarizzazioni, fasc. n. n. L’assenso vescovile per la secolarizzazione del p. baccelliere Giovanni Tripodi, che fu incardinato nella parrocchia dello Spirito Santo, porta la data del 13 luglio 1784.

(34) ASDM, cartelle Monteleone - chiese, fogli n. n.

(35) ASDM, Visite pastorali, vol. 13, f. 14.

(36) U. CALDORA, Calabria napoleonica (1806-1815), Napoli 1960, p. 216; S. BATTAGLIA (a cura di), Grande dizionario della lingua italiana, vol. II, Torino 1981, p. 729. Si chiama oblato a una persona che entra a far parte di una comunità religiosa, osservandone le regole essenziali e vestendone talvolta l’abito, senza pronunciare i voti solenni e senza abbandonare completamente la vita secolare.

(37) I locali del convento sono stati ristrutturati per essere adibiti a sede del convitto nazionale. La confraternita dell’Immacolata, eretta il 27 giugno 1580, si è estinta l’anno 1935 per disaccordi tra i confratelli ed i padri cappuccini che officiano la chiesa.

(38) F. ALBANESE, Vibo..., p. 280. In una nota è riportato il testo della ricevuta della campana; ASDM, cartelle Monteleone - conventi. Nella lettera di protesta inoltra­ta al vescovo Vincenzo Maria Armentano il parroco della chiesa di San Michele, d. Teodoro Putignano, precisava che “prima della soppressione del Convento de’ PP. Agostiniani di q(uest)a Città” la fine della giornata veniva scandita dalla campana grande di quel convento. La lettera, non datata, deve porsi tra il 1824 ed il 1834, essendo quello il periodo del contemporaneo impegno nei rispettivi ministeri pastora­li del vescovo di Mileto e del parroco di San Michele in Monteleone.

(39) C. TESTA, Ricerche sulla restaurazione dell’ordine agostiniano nel regno di Napoli (1816-1838), in “Analecta augustiniana” XLII (1979) p. 265. L’ottenuta riaper­tura del convento di Santa Maria della Croce fu comunicato al padre generale dal delegato p. Giuseppe Pezzella, poi vescovo di Teramo e successivamente di Calvi e Teano, con lettera del 15 maggio 1820; A. TRIPODI, Notizie e documenti..., p. 370. Il suolo sul quale sorgeva il convento di Santa Maria della Croce era posto all’incrocio del confine dei territori di Francavilla, Filadelfia e Montesanto. Quest’ultimo è ora frazione di Filadelfia.

(40) C. TESTA, Ricerche..., p. 244.

(41) ASDM, cartelle Monteleone - conventi.

(42) C. TESTA, Ricerche..., pp. 270-271.

(43) C. TESTA, Ricerche..., pp. 258 e 271.

(44) F. ALBANESE, Vibo..., pp. 280-281.

(45) F. CIRELLI (a cura di), Il regno delle Due Sicilie descritto e illustrato, Napoli 1859 rist. Vibo Valentia 1996, pp. 264 e 266.

(46) M. AIELLO, Monteleone di Calabria - Storia di alcune istituzioni insediate in un manufatto architettonico del 500, p. 85; ASC VV, Registro delle deliberazioni del Consiglio Comunale n. 28 del 26/ 04/1866.

(47) AS VV. Nei protocolli del not. Giuseppe Costantini l’istrumento del 26/04/1869 non è riportato.

(48) M. AIELLO, Monteleone..., p. 86.

(49) ASC VV, Registro..., n. 1 del 14/01/1879 e n. 56 del 15/05/1879.

(50) F. ALBANESE, Vibo..., p. 280; ASC VV, Registro delle deliberazioni della Giunta, n. 56 del 03/06/1879. Il priore Bruno Giordano era anche consigliere comunale.

(51) M. AIELLO, Monteleone..., pp. 91-92.

(52) C. TESTA, Ricerche..., p. 245.

(53) ASC VV, Registro degli atti di morte dell’anno 1881, n. 159. Il p. Giorgio De Rosis era nativo di San Giorgio di Cosenza, probabilmente l’attuale San Giorgio Albanese in prov. di Cosenza; F. ALBANESE, Vibo..., p. 281. L’autore scrisse che l’agostiniano era morto nel palazzo del conte Capialbi, dove certamente aveva ricevuto ospitalità dopo lo sfratto dal vicino convento.

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APPENDICE DOCUMENTALE

 

I

LA CONSEGNA DELLA RELIQUIA DI SANT’AGOSTINO

Die vigesima quarta mensis Augusti decimae tertiae Indictionis millesimo sexcentesimo sexagesimo. In Terra Pitij, et proprie in Ven(erabi)li Ecclesia Sancti Georgij dictae Terrae Reg(nan)te. Constituto in presenza nostra il R(everendo) D(on) Domenico Profiti Arciprete della Colleggiata di San Giorgio di detta Terra del Pizzo, il quale in presenza nostra, e del R(everendo) P(adre) fra Paulo di Mont(eleo)ne dell’ordine di Sant’Agostino Proc(urato)re del Ven(erabi)le Convento di Santo Agostino della Città di Mont(eleo)ne, et a quest’atto Deputato dalli R(everendi) Padri di detto Convento. Asserisce come trovandosi esso di Profiti nella Città di Roma nell’anno 1648, dove per più tempo dimorò, per la servitù, che professava con Monsig(no)r Vittricio Vicegerente di detta Città di Roma, e Vescovo d’Alatri, procurò d’haver un poco di reliquia del glorioso San Gregorio Taumaturgo, del q(ua)le esso di Profiti ne è devotissimo, e gia l’ottenne, et hebbe detta reliquia da detto Mons(igno)r Vittricio Vicegerente di quella Città, e Vescovo d’Alatri per mano del suo Secretario, et esser questa medes(i)ma, ch’esso di profiti tiene riposta, et accommodata in un reliquiario grande con la cartella, che dice: Santo Gregorio Taumaturgo. Conforme così con giuram(en)to tacto pectore more Sacerdotum in presenza nostra confessa e testifica. E perché intende che nella Ven(erabi)le Chiesa di detti R(eve rendi) Patri di Sant’Agostino di Mont(eleo)ne se sia novam(en)te eretta da tre anni in qua una Cappella dedicata a detto glorioso Santo Gregorio, con la sua Imagine, dalla quale se recevono molte gratie; volendo esso di Profiti detta reliquia reponerla in detta Chiesa, e Cappella, per maggiormente accrescersi la devotione di detto Santo. Per tanto hoggi predetto dì sponte a contemplatione ancora del Dottor S(igno)r Fabio Attesani di detta Città di Mont(eleo)ne, che cel’ha richiesta, in p(re)senza n(ost)ra detto R(everendo) Arcip(re)te Profiti reverentem(en)te consignò a detto R(everendo) P(adre) fra Paulo di Mont(eleo)ne Proc(urato)re Sacerdote di detto Ordine, e Religione di S(an)to Agostino p(rese)nte, e con ogni dovuta reverenza recip(ien)te detta reliquia del sudetto glorioso S(an)to Gregorio Taumaturgo, per quella detto R(everendo) fra Paulo trasportare, e riponere in detta loro Chiesa, e Cappella del sudetto Santo, havendo l’una, e l’altra parte reverentem(en)te prima bagiata detta Reliquia, e riposta dentro uno scatolino con bambace per portarla ut supra; con haver detto Arcip(re)te dechiarato in presenza nostra, e Giudice, e testimonij d’haver havuta detta reliquia da detto S(igno)r Vicegerente come di sopra. E richiesto Noi predetto Notaro e Giudice che delle cose predette ne dovessimo far publico Instrum(en)to ad futuram rei memoriam, Nos autem, unde P(raese)ntibus

Antonio Lombardo Iudice ad Cont(ractu)s

R(everendo) D(on) Iacobo Pascale

Notario Scipione Caparrotta

Francisco Iazzolino

Cl(eri)co francisco de Puri

Iosepho Bernardo p(raedi)tt(a)e Terr(a)e Pitij,

et me Not(ari)o Ioanne Bap(tis)ta Lombardo

 

(AS VV, not. G. B. Lombardo, istr. 24/08/1660)

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II

LA RELAZIONE DEL 1650

Relatione del Conv(en)to di Monteleone dell’Ord(in)e di S(an)to Agostino Diocesi di Mileto, e Prov(inci)a di Calabria Ultra in conformità della Constit(ution)e della S(anti)tà d’Innocentio X sotto il 22 Xmbre 1649. Il sud(ett)o monast(eri)o è titolato S(anto) Agostino, è situato e posto sopra le mura vecchie di d(ett)a Città di Monteleone dalla parte di dentro, poco distante dal Castello, e predomina tutto il Borgo di essa Città, fu fondato, et eretto nel proprio Palazzo di Iacopello Monsig(no)re fondatore l’anno 1423 alli 17 di Giugno come per Instrum(en)to di notar Gio(vanne) de Sirica nell’anno 1434 alli 25 di feb(ra)ro diede l’assenso Roberto Abbate della S(antis)s(i)ma Trinità di Mileto come Delegato Ap(ostolic)o, in virtù di Breve della S(anta) M(emoria) di Papa Eugenio nell’anno 1433 nono Kalendas Iulij anno sui Pon(tifica)tus. Ha la Chiesa che prima si titolava sotto il titolo della S(antis)s(i)ma Annuntiata in conformità della volontà del fondatore, et a Consenso Ap(ostolic)o, ma hoggi per corrottela del tempo si chiama S(anto) Agostino, è di struttura angusta per non essersi fondata la Chiesa e Conv(en)to nel proprio Palazzo del fondatore, è di longhezza incluso il s(opr)a dorm(itori)o palmi 63, e di larghezza palmi 37 in circa; nell’anno 1616 contigua a d(ett)a Chiesa si cominciò un altra nuova, q(ua)le è nel lato sinistro, et sin ad hoggi è gionta alle finestre, e in lato destro si delaterà dentro la Chiesa vecchia. Il monast(eri)o non ha Chiostro, ma un piccolo vaglio, e volendosi seguitare il Dormitorio Cominciato del q(ua)le la metà sta vicino alla intravata delle Camere con finirsi la Chiesa e Chiostro a stima rigorosa non vi bastano tre mila scudi. Vi è un solo Dormitorio con Camere nell’una e nell’altra parte, e sono dodeci Camere sei per lato, tiene alcune Camere congionte a d(ett)o Dormitorio, quali servono per regentia e visita il P(adre) Regente, et ancora vi legge nell’ultimo di esso Dormitorio sopra le mura di d(ett)a Città vi sono tre altre Camere disiunte da esso Dormitorio ma una dentro l’altra, tiene di più dall’altra parte tre altre stanze q(ua)li servono per dispensa Granarotto ogliaro, vi sono ancora sotto il Dormitorio, il Refettorio, Cucina, Cellaro, Legnaio, e Carcera. Prima dell’anno 1645 vi solevano esser prefissi di famiglia con l’autorità delli P(ad)ri del definitorio per ordinario otto sacerdoti quattro novitij o sei, et altri quattro servienti con il Garzone, al p(rese)nte perche è stato fatto Conv(en)to di studio nell’anno 1645 vi sono di famiglia li sottoscritti:

Il P(ad)re Bacc(elliere) Thomaso Visconte Priore, da Belvedere

Il P(ad)re Bacc(elliere) Michele Angrisano da Monteleone G(enera)le assoluto

Il P(ad)re Bacc(elliere) Gerardo Foschi nap(olita)no Regente

Il P(ad)re fra Salvatore Ursino da Montel(eon)e sottopriore Sacer(dote)

Il P(ad)re fra Leonardo Maisano da Dinami Sacer(dote)

Il P(ad)re fra Francesco Carrozza da Tropea Sacer(dote)

Il P(ad)re frat’Andrea Rinaldo nap(olita)no Sacer(dote)

Il P(ad)re frat’Antonio Ciconte da Belforte Sacer(dote)

Il P(ad)re fra Michele Musca(to) da Vazza(no) Sacer(dote) Sacristano

Il P(ad)re fra Fran(cesc)o Panaia dal Pizzo Sacer(dote)

Il P(ad)re fra Paolo Gualtemi da Pernocari Sacer(dote) Procuratore

Il P(ad)re fra Gio(vanne) Dom(enic)o, e il P(adre) Bacc(elliere) Luigi da Monteleone sono morti

   il mese di 9bre 1649, che stav(an)o in q(ues)to Conv(en)to

Il P(ad)re fra Ippolito d’Ischa di Casa Schiani Diac(on)o Stud(ent)e

fra Gios(epp)e Carratello da Montel(eon)e Arcidiac(on)o

fra Gios(epp)e Sasso d’Ischa Stud(ent)e Clerico

fra Pietro Paolo Ruffo da Caserta Stud(ent)e

fra Dom(enic)o Arcuri da Melissa Stud(ent)e

fra Gio(vanne) di Casale di Belvedere Stud(ent)e

frat’Agostino Nigone della Ruccella Stud(ent)e

fra Celestino Ventrice professo da Monteleone

fra Dom(enic)o Greco Converso di Castelvetere [Caulonia]

fra Gios(epp)e Fuscaldo da Monteleone Converso

fra Gio(vanne) Aceto da M(on)te Leone Converso

fra Girolamo Lecci Converso di Tarsia

Pietro garzone che guida l’animale del Conv(en)to

Possiede terreni d(ett)o Conv(en)to lavorative, e seminanti di grano bianco, ma in alcuna parte boscosa, et inculte tom(olate) alla misura napolitana cento cinquanta tre, quali un anno vengono piene, e un altro voti, e calcolando da un anno per l’altro, da sei anni indietro vengono per ciaschedun anno tom(oli) di grano alla misura come di s(opr)a sia grano, e denari dico tum(ula) 38, e denari ducati quindici per affitto, e redottoli alla m(one)ta di scudi Romani con cavarne il cinque per cento sono scudi cinquanta paoli tre, e baioc(chi) cinq(ue)                                                                                                                                                 50-3-5

Item possiede terre lavorative, e seminante, q(ua)li producono grani negri, cioè germani, et avena, tom(oli) doi cento trenta cinque in circa, q(ua)li si danno in affitto come s(opra), e vengono un anno piene, et un anno vote, calcolando per sei anni adietro come di s(opr)a si ricevono tom(oli) di grano negro centosessantaquattro, q(ua)li un anno per l’altro si stimano per metà del grano bianco a rag(gion)e di cinque Carlini napolitani, il tom(olo), e sono di m(one)ta Rom(an)a scudi settantasette, e paoli nove           77-9-

Item possiede di più grani bianchi di Censo perpetuo, et enfiteutico tom(oli) novantaquattro in circa, quale a ragg(ion)e di dieci Carli(ni) il tum(ulo) un anno per l’altro si stimano, e sono alla m(one)ta Rom(an)a scudi ottantanove, e paoli tre                                                                                                                          89-3-

Item possiede vigne, q(ua)li son state date a Censo enfiteotico, e s(e) ne riceve per ciaschedun anno salmi alla misura del paese sessanta sette, q(ua)li sono alla misura nap(olita)na barili ducento trent’uno si apprezzano un anno per l’altro a quattro paoli il barile sono scudi novantadue, e paoli 4                   92-4-

Item possiede Case q(ua)li si danno in affitto n. tredici, dalle quali si suol cavare dedotte le spese di acconciam(en)ti e reparam(en)ti scudi Romani venti in circa                                                              20-

Item possiede Censi perpetui ducati doi cento e sei, de q(ua)li ve ne sono falliti, e persi ducati sedici, e litiggiosi per la rendutione ducati sessanta restano di netto ducati cento trenta nove, quali di m(one)ta Rom(an)a sono cento trent’uno paoli nove e baioc(chi) cinque                                                          131-9-5

Item possiede per legati di messe annui e donationi

ducati doicento che sono scudi Romani cento novanta                                                                       190-

Item possiede oliveti, q(ua)li sogliono venire un anno cariche, e un anno vote computando un anno per l’altro per sei anni adietro si sogliono ricevere melàini della misura del paese quaranta in circa, e la melàina è rotula 13, e un rotolo è due libre e mezza alla Romana si apprezzano un anno per l’altro a otto Canini la melàina che sono scudi alla Romana trenta, e paoli quattro                                                                  30-4-

Item possiede di Censi ogn’anno melàine d’oglio dieci in circa,

e si apprezzano come di sopra sono scudi sette e p(ao)li due                                                                 7-2-

Item suol ricevere dalla Prov(inci)a per sussidio ducati cento e nove,

che sono scudi romani cento e tre, e paoli otto, e baiocchi cinque                                                      103-8-5

Item suol ricevere da Spirituale cioè martorij processioni e messe

così in Chiesa propria, come di fuori, quali si pagano un Carlino per messa,

computando sei anni a dietro, un anno per l’altro scudi romani settanta                                               70-

Item possiede d’elemosina consueta, ma incerta dalla Città

ducati quattro ogn’anno, e sono scudi tre, e p(ao)li otto                                                                          3-8-

 

Uscita seu Esito

Il d(ett)o monast(eri)o ha peso di messe perp(et)ue ogni giorno n° quattro, de’ quali ce ne una gratis per l’anima del Iacopello Monsig(no)re fondatore.

Item ha peso di messe per ciasched(un)a settimana perpetue n° 51.

Item ha per ciascun mese venti quattro messe perpetue.

Item l’anni adietro si soleva pagare la messa come pare per la Tabella tre Cinquine napolitane per una, altri un Carlino nap(olita)no come al p(rese)nte si pagano le messe giornali solum delle due messe per obligo ogni giorno, che lasciò Benedetto Cesare Pissina, q(ua)li sono numerati nelli quattro di sopra s(e) ne riceve ducati Cento e nove expliciti, che l’altri ducati Cinquant’uno spettante al d(ett)o legato sono letigiosi, e q(ue)sti ducati Cinquant’uno sono inclusi nelli sessanta ducati come sta notato nella parte dell’Introito.

Item paga di Censi perpetui il d(ett)o Conv(en)to ducati dieci

tari tre, grana dieci e sono di m(one)ta Rom(an)a scudi nove p(ao)li 7 baioc(chi) 4                              9-7-4

Item paga per celebrare tre messe la settimana nella Chiesa dello Spirito

S(an)to a un Sacerdote Prete conforme il legato di Cesare Pissina

ducati quindici, e sono scudi Romani quattordici paoli due, e baiocchi cinque                                    14-2-5

Item deve pagare il d(ett)o Conv(en)to per una vice t(antu)m ducati Cento, e diecidotto di q(ues)to modo, al Spetiale di tante medicine pigliate docati quaranta, per Cera docati quindici, e per grano comprato l’anno passato, et altri debiti ducati sessantatre, e s’hanno da pagare q(ue)sto p(rese)nte anno 1650, in tutto sono ducati ut supra, e Scudi Romani Cento e dodici, paoli uno                                                                 112-1-

Item per resarcim(en)to della Chiesa e Conv(en)to

un anno per l’altro suol spendere scudi Romani trenta                                                                          30-

Item per salario del Garzone che guida l’animale del Conv(en)to scudi tredici                                    13-

Item per spesa dell’Animale del Conv(en)to,

come orgio, paglia, fieno, ferri, un anno per l’altro scudi quindici                                                        15-

Item per la Chiesa Cera per il Sepolcro, Candelora per i P(ad)ri e devoti, e per le

messe, e tutte le festività delli s(an)ti della Religione, e feste mag(gio)ri scudi venti cinque               25-

Item per musiche Salario d’organo, oglio per le lampade, vino, hostie,

Incenso, e resarcim(en)to di Sagrestia un anno per l’altro scudi trenta                                                 30-

Item per vitto de P(ad)ri pietanza, menestra

con lo straord(inari)o, e festività mag(gio)ri scudi cento sessanta                                                       160-

Item per grano a rag(gion)e di mezzo tum(olo) il mese a testa alla misura nap(olita)na computando il grano a Carlini napolitani dieci, un anno per l’altro includendoci due forastieri il giorno per il continuo passaggio, per la demoranza del Prov(incia)le, e per far fare maccaroni tum(oli) cento sessanta al prezzo come di sopra che sono scudi Romani cento cinquantadue                                                                                        152-

Item vuole per vivanda per tutti li P(ad)ri, e forastieri musto salme cento,

che sono trecento barili alla misura napolitana che sono scudi cento venti                                        120-

Item per legumi un anno per l’altro scudi sei                                                                                          6-

Item per lardo, strutto, Cascio, un anno per l’altro scudi trenta                                                            30-

Item per oglio per vitto de P(ad)ri, per la lampada del Dormitorio e lucerne scudi trenta                   30-

Item per il vestimento de’ P(ad)ri al Priore ducati dodeci, et alli Sacerdoti ducati dieci

per uno, e servienti sei per ognuno in tutto sono scudi un anno per l’altro cento settantadoi             172-

Item paga per sussidio al P(adre) Regente ducati tredici, e per le conclusioni

ducati sei, et altre spese che si fanno per il Studio un anno per l’altro scudi venti                               20-

Item per salario di medici Chirurghi, e Barbiere scudi                                                                         12-

Item per salario della lavandaia per nettar li panni scudi nove, e paoli cinque                                      9-5-

Item per medicine un anno per l’altro computando tutti li sei anni adietro scudi venti cinque            25-

Item per spese di Pro(vincia)le e Compagni un anno per l’altro scudi venti                                        20-

Item per salario dell’Avvocato Procur(ator)e ad Lites

Collettore, e altre spese di Corte scudi trenta                                                                                        30-

Item per portatura di grani, musti, e conciatura di botti scudi quindici                                                15-

Item per forastieri cosi frati della Prov(inci)a,

come della Con g(regation)e scudi diece per farli Carezze                                                                   10-

Item per viaggi di Cap(ito)li Priore e Discreto un anno per l’altro scudi quattro                                   4-

Item per reparationi di Camere per rifare letti e biancarie

per Refettorio, et altre robbe di Casa come vasi, piatti lucerne,

et altre cose simili così di Cucina come di dispensa scudi venti                                                            20-

 

Noi Infra(scri)tti col mezzo del n(ost)ro giuram(en)to attestiamo d’haver fatto diligente inquisitione, e recognitione dello Stato dello monastero sud(ett)o, e che tutte le cose espresse di sopra, e ciasched(un)a di esse sono vere, e reali, e che non habbiamo tralasciato d’esprimere alcuna entrata, nè uscita, o peso del med(esim)o monastero che sia pervenuto alla n(ost)ra notitia, et in fede habbiamo sottoscritta la p(rese)nte di n(ost)ra propria mano, e signata con il n(ost)ro solito Sigillo q(ues)to dì 8 ma(r)zo 1650.

Io fra Salvatore Ursino di Monteleone, So(tto)priore in Capite

Io Bacc(elliere) Fran(cesc)o Michele Angrisano di Monteleone, Dep(uta)to

Io Cons(iglie)re fra Fran(cesc)o Carrozza di Troppa, Deputato

 

(AGA, fondo Ii, vol. 60 ff 59-62)

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III

LA FONDAZIONE DELLA CONFRATERNITA DELLA CONSOLAZIONE

In nomine Domini amen; die trigesimaprima mensis Octobris, Millesimo septingentesimo primo, quarta indictione, in civitate Montis Leonis sub Pontificatu; Reg(nan)te; in Conventu Divi Agustini. Personalmente costituti in presenza nostra lo M(olto) R(everendo) P(adre) Priore Fra Antonino d’Ancora, M(olto) R(everendo) P(adre) M(aest)ro Fra Celestino Morone, P(adre) Baccelliere Guglielmo Mazza, P(adre) Domenico Marino, P(adre) Isiodoro Serpa, P(adre) Lettore Francesco Saverio Gervini, Fra Antonio Nobile Procuratore del venerabile Convento di S. Agostino di detta Città, ad sonum Campanulae leggitime congregati aggentino, ed intervenientino dictis nominibus a tutte le cose infrascritte per loro stessi, e per nome e parte di detto Convento, e successori in futuro, ed in perpetuo parte ex una, e M(ast)ro Francesco Riggio, Sig. Antonio Caserta, Signor Antonio Gallo, Signor Orazio Roggiero, M(ast)ro Giuseppe Nusdeo, M(ast)ro Carlo lo Riggio, M(ast)ro Giuseppe Tomaino, M(ast)ro Domenico lo Preiato, Fra Antonio Nobile, e Fra Agostino Michensi fratelli Congregati aggentino, ed intervenientino a tutte e singule le Cose infrascritte nelli nomi sudetti, per loro stessi, e successori in perpetuo parte ex altera. Esse Parti sponte non vi dolo, sed omni meliori via, et modo asseriscono congiuntamente tactis pectoribus, et scripturis qualmente si sono convenute esse Parti, che dovesser formare una nuova Congregazione sotto il titulo della B(eata) vergine Immaculatam della Santissima Madre di Dio della Consolazione, Santo Padre Agostino, e Santa Monaca dentro lo sudetto Convento, e proprio nella Camera seu Magazino dove presentemente detti RR. PP. tengono lo grano, o pure in un altro Magazino contiguo a questo a disposizione d’Essi Fratelli, e successori, quali a proprie spese Essi fratelli, e successori accomodare per uso di Congregazione sotto detto titulo, e versa vice Esso Convento darli lo permesso, e luoghi sudetti senz’opposizione alcuna, e pratticare Essi RR. PP., e successori verso detti fratelli tutto, e per intiero quel tanto pratticano li RR. PP. Domenicani di detta Città verso li di loro fratelli; obligandosi all’incontro Essi fratelli realiter, et personaliter di dare realmente ed effettivamente alli detti RR. PP., e successori di detto Convento di S. Agostino tutti quelli jussi emolumenti, e Caritativi sussidij, che sogliono dare li fratelli della Congregazione del S(antis)s(i)mo Rosario di detta Citta alli RR. PP. Domenicani, con assistere in detta Congregazione della S(antis)s(i)ma vergine della Consolazione Essi RR. PP. di S. Agostino in tutti li giorni festivi, e sempre che sarà nicessario di farsi esercizij spirituali, ed altro sicome si prattica in detta Congregazione del S(antis)s(i)mo Rosario, di detta Città, e niente meno alla maniera, e modo della quale in tutto, e da per tutto si rimettono intieramente. Com’anco alli Capitoli di detta Congregazione del S(antis)s(i)mo Rosario, quali debbansi pigliare, e Copiare del Modo, e maniera stanno descritti, e quelli sottoscrivere ambe dette Parti respettivamente, ed a tenore degli stessi restare ad invicem obligati, senza punto trasgredirsino, ne potersino trasgredire, sotto qualsivoglia causa pretesto, raggione, pretensione colore; e vole(n)do detta Convenzione, accordio; redurre in effetto. Quind’è ch’ambe dette Parti nelli nomi sudetti s’obligano con giuramento realiter, et personaliter cum juramento tactis pectoribus et scripturis, d’osservare ad unguem e intiero tutto, e quanto s’è di sopra espressato, asserito; ed averlo sempre rato, grato, e fermo ne in qualsivoglia modo controvenire, per qualsivoglia causa, raggione, pretesto; quia sic. Pro quibus omnibus firmiter observandis praedictae Partes respective obligaverunt se ipsas nempe dicti RR. Patres obligaverunt bona dicti Conventus, et dicti Fratres obligaverunt bona eorum omnia praesentia, et futura una Pars alteri, et altera alteri praesentibus; sub poena, et ad poenam dupli medietate; pacto de Capiendo Constitutione precarij, et in forma R(everen)dae Camerae Apostolicae, et sub poenis, et Censuris illius respective juraverunt tactis pectoribus, et scripturis voluerunt; unde. Praesentibus pro testibus, et Iudice ad Contractus Paulo l’Abbadessa, Chierico Andrea Cugliari di S. Onofrio, Sig. Gagliardi Saverio Iuniore, Sig. Nicola Maluccio, M(ast)ro Luca Durante, Sig. Bruno di Leo, Et me Regio et Apost(oli)co Notario Nicolao lo Schiavo stipolante rog(at)us.

 

(AS VV, not. Nicola Loschiavo, istr. 31/10/1741)

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IV

LA PRESA DI POSSESSO DEI LOCALI DI SANTA CHIARA

Amm(inistrazio)ne del Patrim(oni)o Regol(ar)e - Diocesi di Mileto

Verbale di possesso

Oggi che si contano li ventitre Giugno Milleottocentoventuno in Monteleone da me qui sottoscritto Amm(inistrato)re del Patrimonio Regolare di questa Diocesi di Mileto si è devenuto alla consegna, e possesso del Locale del Convento altra volta di S(anta) Chiara sito in questa Città consistente in cinque picciole stanze, e moltissime fab­briche dirute a’ P(adri) Agostiniani in vece dell’altro locale detto di S(anta) Croce sito nelle Circonferenze di Filadelfia che gli era stato assegnato per disposizione dagli alti Esecutori del Concordato Ecc(lle)nza Monsig(no)r Giustiniani, e Marchese de Tomasi con approvazione di S(ua) M(aestà) [D(io) G(uardi)] del dì 1° ottobre mil­leottocentodiciannove. E perché tale disposizione si è variata dagli alti Esecutori del Concordato, si è determinato, che detta Comunità si stabilisca in Monteleone, e proprio nel Locale sud(ett)o di S(anta) Chiara, come dalla lettera de’ trenta Maggio prossimo passato corren­te anno n° 2395 della mista Commessione Amministratrice del Patri­monio Ecclesiastico Regolare mi fu comunicato, e da me in forza di tali ordini oggi sud(ett)o giorno si è posto nel Reale e Corporale pos­sesso il P(adre) Fra Gius(epp)e Fazio Agostiniano legitimo procuratore e delegato del P(adre) Fra Gius(epp)e Pezzella Delegato Gen(era)le dell’Istituto, come da sua procura in brevetto del dì quattro Febrajo milleottocentoventi autenticata dal Notar Verificatore in Napoli Rafaele Ruo Registrata in Officio li quattro Febrajo milleottocentoVenti al fol. 68 Cas. 6° Lib. 1° Vol. 86 ricevuti grana venti = Pel Ricevitore il Verificatore del Gatta n° progressivo 2482 Certificato vero dal Presidente della Camera Notariale di Napoli colla data ventinove Marzo milleottocentoventi Narisca Presidente. In forza dunque di tale mandato di Procura il P(adre) Maestro Fra Giuseppe Fazio è divenuto padrone, sig(no)re del Locale sud(ett)o per servirgli di titolo nella qualità sud(ett)a, ed essere quindi ricono­sciuto qual Procuratore della Casa Religiosa novellamente stabilita qui in Monteleone in vece di Filadelfia, ed in tal qualità cede, e renun­cia il Locale sito nelle Circonferenze di Filadelfia nomato S(anta) Croce in beneficio del Patrimonio Regolare per disporre come meglio gli agradirà. Quale atto di consegna è stato dallo stesso Procuratore ricono­sciuto ed accettato, per cui sottoscrisse il presente verbale in quatru­plice spedizione di unita a me. Fatto, letto e pubblicato qui in Monteleone oggi sud(ett)o gior­no, Mese ed anno.

L’Amm(inistrato)re Diocesano: Basilio Scrugli

Il Procuratore: P(adre) Maestro Gius(epp)e M(ari)a Fazio

 

(ASDM, cartelle Monteleone conventi)

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V

LA PROTESTA DEL PARROCO DI SAN MICHELE

Eccell(enz)a R(everendissi)ma. L’avere questo Sindaco esposto al Sig(no)r Intend(en)te della Provincia essere solito dare il segno della Campana alle ore due della notte in tempo d’Està, ed alle ore tre nell’Inverno nel Campanile della mia Parrocchiale Chiesa, per cui con suo uff(ici)o del dì 25 Novem(b)re ultimo diriggendosi a V(ostra) E(ccellenza) R(everendissi)ma dispose, che mi fosse fatta la insinuazione della osservanza di d(ett)o solito, come ha praticato colla sua venerat(issi)ma del dì 30 d(ett)o, mi fò un dovere rappresentarle, che il Reclamo del Sindaco cennato altro non contiene, che una mentita poggiata sulla sua riscaldata fantasia; per cui meriterebbe da’ Superiori una forte riprensione; onde in avvenire riferendo, dovesse attenersi a’ puri termini della verità, e non dar così motivo a disporre le cose sulle nude e semplici assertive. In Monteleone p(ri)ma della soppressione del Convento de’ PP. Agostiniani di q(uest)a Città era solito, che nelle cennate ore in tempo di Està, e d’Inverno si dava il segno della Campana dal Campanile di d(ett)i PP. Agostiniani. Soppressi questi, la Campana l’ha avuta la Congregaz(io)ne della Immacolata stabilita nella Chiesa di S(ant)a M(ari)a degli Angioli, che prima era de’ PP. Riformati, e con q(uest)a Campana, e dal sud(ett)o luogo si dava il sud(ett)o segno: avute alcune differenze il Sindaco col Romito, che assiste la Congregazione della Immacolata mesi sono, cercò introdurre questo abbuso nel Campanile della mia Chiesa, sentendosila col mio segrestano, senza la menoma mia intelligenza, per cui Io mi opporrò sem(p)re, nè permetterò affatto, che la mia principale dovesse soffrire simile abbuso, non avendolo avuto in tempo di tutti li miei Predecessori. Se il Sindaco vuole far sonare il d(ett)o segno alle ore di sopra descritte può servirsi della solita campana de’ PP. Agostiniani; ma non delle Campane, che sono di privata propietà della Chiesa Parocchiale. La prego compiacersi tanto far sentire al prelodato Sig(no)r Intendente onde si ricredesse, che in me concorre tutta la ragione, e niuna ombra di Capriccio. Gradisca V(ostra) E(ccellenza) R(everendissi)ma gli attestati della mia ubb(idienz)a; mentre mi dò l’onore chiederle la S(anta) B(enedizio)ne. Il Parroco di S(an) Michele: Teodoro Putignano

 

A S(ua) E(ccellenza) R(everendissi)ma

F(ra) Vinc(enz)o M(ari)a Vescovo di Mileto

 

(ASDM, cartelle Monteleone conventi)

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VI

LA DELIBERA CONSILIARE PER LA RIAPERTURA DELLA CHIESA

17a Tornata - 13 Settembre 1879

Presidenza del Comm(endatore) (Giovanni Battista) Francica. Radunatosi il Consiglio in seconda convocazione, previa autorizzazione avuta dalla Superiore Autorità, ed in seguito dei corsi avvisi, come di legge… (omissis). I due Consiglieri Palumbo e Scalfaro rientrano nella Sala. Giusta l’ordine del giorno, il Presidente dona lettura di una domanda firmata da molti cittadini che reclamano che la Chiesa degli Agostiniani ritorni al suo divino culto, e prega quindi il Consiglio di pronunziarsi nel modo che crederà più utile ed opportuno. Prende la parola il Consigliere Froggio, il quale dalla sua discussione fa rilevare come l’apertura della Chiesa degli Agostiniani al Culto divino e la celebrazione della Festa in quella Chiesa, sia necessaria per far valere il sentimento religioso non solo, ma mitigare gli animi dei divoti, pel malcontento in essi suscitato alloraquando questo Consiglio spinto dalla necessità e dal bisogno, deliberò che la Chiesa fosse adibita ad uso dei militari, e prega quindi il Consiglio, perchè si pronunzi favorevolmente alla sua proposta, ch’è del tenore seguente: Che ritornino le Statue alla Chiesa degli Agostiniani, e che la festa prossima di S. Cosmo e Damiano si faccia in quella Chiesa, e che le obblazioni dei fedeli vadino a benefizio della Congregazione di S. Giuseppe che ha subito tante spese di trasporto di tutti gli arredi di quella Chiesa, pregando la Cattredra della Confraternita a curare il buono andamento della Festa. Il Consigliere Giordano Bruno si oppone, sostenendo che la Chiesa dovrà aprirsi dopo che si farà la festa di S. Cosmo e Damiano nella Chiesa di S. Giuseppe, avendo dovuto la Congregazione sostenere delle spese pel trasporto degli oggetti sacri da S. Chiara a S. Giuseppe, e che non facendosi la festa, la Congregazione domanda il rimborso delle spese [alle quali] ha dovuto andare incontro. Il Consigliere Froggio mantiene il suo ordine del giorno. Prende la parola il Consigliere Simonelli, il quale sostenendo le ragioni del suo collega Giordano, propone al Consiglio che si riapra la Chiesa degli Agostiniani al Culto, dopo però celebrata la festa di S. Cosmo e Damiano nella Chiesa di S. Giuseppe. Alla quale proposta si associano i Consiglieri Presterà, De Francesco e Ramondino, facendo intendere però che le spese tutte di trasporto degli arredi sacri in quella Chiesa, dovranno andare a carico della Chiesa di S. Giuseppe. Il Consigliere Cutellè si associa all’aggiunzione fatta dai Sigg. Presterà, De Francesco e Ramondino. Il Consiglio letto il Deliberato Consiliare del 15 Maggio 1879 - Letto il Deliberato della Giunta del 3 Giugno detto anno - Letto il Verbale di consegna degli arredi sacri al Rappresentante la Confraternita di S. Giuseppe, da cui risulta che il Municipio dev’essere indenne sempre delle spese di trasporto e di restituzione. Il Presidente, chiusa la discussione, mette ai voti la proposta Simonelli colla aggiunta fatta dai Consiglieri De Francesco, Presterà, Ramondino e Cutellè, la quale viene approvata a maggioranza. Incarica il Sindaco che la Chiesa venga restituita al culto, di cui è oggetto, dietro il 27 di questo mese, senza però che il Municipio soffrisse aggravi di spesa, la quale dev’essere tutta a peso della Confraternita, che si è espressamente obbligata, con il suo rappresentante. (omissis) Lettura data, il verbale si approva e si sottoscrive.

Il Presidente Francica - Il Consigliere Anziano A. Capialbi - Il Segretario Gius Quaranta

 

(ASC VV, Registro delle deliberazioni del Consiglio Comunale, n. 112 del 13/09/1879)