da
ANALECTA AUGUSTINIANA, LXII (1999), pp. 213-244
IL CONVENTO DELL’ANNUNZIATA, POI DI SANT’AGOSTINO DI MONTELEONE ORA
VIBO VALENTIA
di Antonio Tripodi
* La città, ricostruita nel 1235 col nome di Monteleone, nel 1928
ebbe il nome latino di Vibo Valentia.
[P. 215] Le notizie della fondazione del convento degli
Eremitani Agostiniani si traggono dall’Historia del Bisogni, stampata in
Napoli nel 1710, dalla Relatione del 1650 e dal Regesto del Russo
(1). Si legge nell’Historia, che
riporta la data del 17 giugno 1423, che la richiesta fu inoltrata dai reggitori
della città di Monteleone, d’accordo con i padri Giovanni de Paola, Giacomo de
Polo e Giovanni de Buccino, professori agostiniani. Nella petizione era
evidenziato che a quell’epoca la chiesa parrocchiale sotto il titolo di Santa
Marìa ad Nives era difficile ad essere raggiunta perché abbastanza distante
dalle mura di cinta della città, tanto che i cappellani di essa si servivano
“tamquam grangia” della chiesetta di San Pietro. I fedeli, timorosi [P. 216] per i disordini causati dalle guerre,
non partecipavano alla messa ed alle altre funzioni religiose. Si aggiunse che
non esistevano chiese di altri ordini religiosi all’interno della cerchia,
allora completa, delle mura cittadine (2).
Riporta l’Albanese che Giacomo Ban, governatore della città, nel 1420 concesse
ai padri Agostiniani la chiesa dell’Annunziata dallo stesso edificata presso il
castello. L’autore erra nell’identificare detta chiesa con quella del monastero
delle Clarisse eretto col titolo di Santa Chiara nel 1594 proprio sotto il
castello. Probabilmente quel presso doveva essere inteso meglio come nelle
vicinanze (3). I padri compilatori
della relatione annotarono che Iacopello Bonsignore, per sua devozione,
con istrumento stipulato dal notaio Giovanni de Sirica il 17 giugno 1423 aveva
concesso un “Palazzo” di sua proprietà onde si erigesse un convento sotto il
titolo dell’Annunziata. Il pontefice Eugenio IV con bolla del 23 giugno 1433
delegò Roberto, abate dell’abazia benedettina della Santissima Trinità di
Mileto, ad informarsi sulla verità di quanto relazionato dieci anni prima dai
reggitori della città e dagli abitanti di questa (4).
L’erezione del convento fu confermata il 25 febbraio 1434 con decreto
emesso dal detto abate espressamente delegato (5).
Per la fondazione sono riportati sia gli anni 1423 e 1424 che il 1434. Le
differenze delle datazioni derivano dalle fonti documentarie consultate da
ciascun autore (6). La comunità fu
visitata dal 7 al 10 settembre 1584 dal priore [P.
217] generale Spirito Anguisciolo, che nella chiesa fondò “Societate(m) Sancta(e) M(atris) Monicae”
col consenso dell’ordinario diocesano (7).
Nella relazione, che non riporta alcuna notizia dell’architettura della chiesa
e del resto dell’edificio, è contenuta una serie di provvedimenti comprovanti
incuria ed ignoranza dei religiosi e mancanze nel convento e nella conduzione
dello stesso. Nella visita alla chiesa il priore generale impose di rinnovare
le Sacre Particole ogni domenica, di provvedere di un vaso per conservare gli
oli sacri per i frati infermi, di borse e di corporali, di croci di legno
colorate e di sgabelli, sotto pena della sospensione delle celebrazioni.
Prescrisse inoltre di esporre la tabella delle messe d’obbligo e di non
celebrarne più di sette al giorno, e di installare un recipiente di marmo per
poter lavarsi le mani i sacerdoti e di fornirsi di manutergi e di purificatoi.
Per la liturgia furono incaricati il priore p. maestro Michele, il p. maestro
Giovanni Battista ed il p. Marco di Monteleone (8).
I padri Francesco e Lipinimo (?) di Monteleone, Santo di Terranova e Matteo di
Tropea furono dispensati da questa prova. Sospesi temporaneamente furono i
padri Andrea, Giovannello, Giuseppe e Michele di Monteleone, Bartolo, Orazio, e
Spirito di Tarsia, Luca e Ludovico di Belforte (9),
ed Antonino di Terranova (10). Le
motivazioni del provvedimento erano indicate nell’ignoranza del Sacro Canone e
di qualche Preghiera, ed anche della liturgìa e del messale. Per la sua
veneranda età fu sospeso definitivamente sia dalla messa che dalle confessioni
il p. Giovanni Russo di Monteleone. Riguardo al convento, il priore generale
stabilì che annualmente per il vestiario spettavano sei aurei a ciascun
sacerdote e la metà ai professi. Ingiunse ai frati che dovevano recarsi fuori
dal convento “causa co(n)ficiendi aliq(ua)
negocia” di andare vestiti con l’abito nero e non senza aver
ricevuto la benedizione dal priore. Ordinò di celebrare in canto la “Missa
maior” e di cantare il vespro le domeniche e le festività ed anche i giorni
d’officio doppio. Istituì nel convento il noviziato per l’educazione e
l’istruzione di sei chierici, stabilendo il maestro di grammatica (11). [P. 218]
Sorse agli inizi del ‘500 una controversia con i padri Conventuali per la
precedenza nelle processioni. Si concluse un accordo solennizzato con
istrumento del 24 aprile 1507 per la penna del notaio Mariano Piacente. I
religiosi di entrambi gli ordini avrebbero proceduto “pari passu” con le
proprie croci, i Conventuali a destra e gli Agostiniani dall’altro lato. Le due
comunità erano dirette da frati di Monteleone, da p. Domenico la prima e da p.
Matteo l’altra (12). La relatione,
che in assenza del priore p. baccelliere Tommaso Visconti di Belvedere fu
sottoscritta l’8 marzo 1650 dal sottopriore p. Salvatore Ursino e dal deputato
p. baccelliere Michele Angrisano, entrambi di Monteleone, e dal deputato p.
Francesco Carrozza di Tropea, informa che il convento “è situato, e posto sopra le mura vecchie di d(ett)a Città
di monteleone dalla parte di dentro, poco distante dal Castello, e predomina
tutto il Borgo di essa Città”. Nell’elenco delle spese per il vitto
si legge che nel convento risiedeva il padre provinciale e che “per il continuo
passaggio” si consideravano presenti ogni giorno due frati forestieri. La
chiesa era “di struttura angusta per non essersi
fondata la Chiesa e Conv(en)to nel proprio Palazzo del fondatore” ed
aveva una lunghezza di 63 palmi “incluso il
s(opr)a dorm(itori)o” ed una larghezza di 37 palmi (13). L’anno 1616 si era iniziata la
costruzione di una nuova chiesa “contigua” all’esistente, dal lato sinistro,
che al momento aveva raggiunto l’altezza delle finestre. Il convento, privo di
chiostro, disponeva di “un piccolo vaglio”
soltanto. Il dormitorio comprendeva dodici camere, sei da un lato ed
altrettante dall’altro, ed in più alcune altre a questo “congionte” che erano a
disposizione del padre reggente dello studio del convento. Tre locali erano
occupati dalla dispensa, dal granaio e dall’ogliaro. Sotto il dormitorio stavano
il refettorio, la cucina, la cantina, la legnaia e le carceri. Prima del 1645,
anno in cui nel convento fu istituito lo studio, la famiglia religiosa era
composta da otto sacerdoti, da quattro-sei novizi, da tre servienti e da un
garzone. Nel 1650 erano in numero di undici sia i sacerdoti che gli studenti ed
i conversi. Nel precedente mese di novembre erano deceduti i padri
Giovandomenico e baccelliere Luigi di Monteleone. Il garzone di nome Pietro
accudiva ad un non specificato “animale”, che era certamente l’asino necessario
per i servizi del convento. [P. 219] Le
entrate provenienti da estagli su terreni aratori, vigne ed oliveti ammontavano
a 358,00 ducati. Le pigioni di tredici case fornivano 21,00 ducati, ed altri
146,60 ducati s’introitavano da censi perpetui in denaro ed in olio. I legati
di messe, le processioni, i mortori e le elemosine contribuivano con 278,00
ducati (14). La provincia corrispondeva
un sussidio di 109,00 ducati per le spese dello studio. Nell’esito erano
comprese le messe d’obbligo, delle quali una al giorno in suffragio dell’anima
del fondatore. I censi perpetui erano soltanto 11,00 ducati, e si versavano
15,00 ducati ad un sacerdote per la celebrazione di tre messe ogni settimana
nella chiesa parrocchiale dello Spirito Santo per il soddisfacimento di un
legato lasciato da Cesare Pissina. Si spendevano 32,00 ducati per riparazioni
alla chiesa ed al convento, ed altrettanti per l’organista, olio per le
lampade, incenso, vino ed ostie, e riparazioni alla sagrestia. Il costo della cera
per le messe e per le altre funzioni, per il sepolcro e per la distribuzione ai
devoti nel giorno della Candelora importava 26,00 ducati. La provvisione per il
padre reggente e le spese per lo studio incidevano per 21,00 ducati. Per i
viaggi in occasione dei capitoli, contributi al padre provinciale, e
convenevoli ai frati “forastieri” si toglievano dalla cassa complessivamente
36,00 ducati. Per il sostentamento della numerosa comunità si superavano i
500,00 ducati, cifra che corrisponderebbe ad una sessantina di milioni di lire
al valore attuale. Il “vestimento” per i frati e per i servienti costava 180,00
ducati. I medici e le medicine, il barbiere e la lavandaia assorbivano 49,00
ducati. L’onorario all’avvocato e le spese di corte erano contenuti in 31,50
ducati. Le spese per l’illuminazione, per il dormitorio (letti e biancheria) e
per la cucina ed il refettorio (piatti e vasi) ammontavano a 36,00 ducati.
L’importo per il salario del garzone “che guida
l’animale del Conv(en)to” e per il mantenimento dello stesso animale
“come orgio, paglia, fieno, ferri”
era in tutto di trenta ducati. Il convento doveva anche saldare un debito di
118,00 ducati, dei quali di medicine 40,00 ducati, di cera 15,00 ducati, e per
varie necessità altri 63,00 ducati. L’anno 1658 il dr. Fabio Attesani fondò
nella chiesa del convento la cappella di San Gregorio taumaturgo, col quadro
miracoloso (15). [P. 220] L’arciprete del Pizzo, rev. Domenico
Profiti, nel 1648 aveva dimorato in Roma, dove “per
la servitù, che professava” col vicegerente della città aveva
ottenuto una reliquia di San Gregorio che aveva fatto includere “in un relequiario grande” con la relativa
scritta indicante l’appartenenza a quel santo (16).
Il devotissimo arciprete il 24 agosto 1660 nella chiesa collegiata di San
Giorgio del Pizzo consegnò il reliquiario al padre Paolo di Monteleone,
appositamente delegato dai suoi confratelli, onde la portasse nel convento di
Monteleone per essere collocata nella cappella del santo taumaturgo (17). Si apprende da un istrumento del 10 ottobre
1661 che la nuova chiesa, iniziata nel 1616 ed in avanzato stato di costruzione
nel 1650, all’epoca era già. aperta al culto (18).
Quel giorno nel refettorio del convento i padri Fulgenzio di Monteleone priore,
Francesco Carrozza di Tropea ed Antonio di Belforte, tutt’e tre baccellieri,
Domenico di Belforte, Michelangelo e Bonaventura di Paola stabilirono con
l’artista Filippo Grimaldi “originario Ianuense,
educato vero in Regno Siciliae” il contratto per la stuccatura “perfettionatam(en)te tutta, et integra” della
cappella di San Gregorio eretta nella chiesa del convento. La cappella era
posta nel “mezzo delle tre che hoggi sono fatte
in detta Chiesa” che erano state costruite “sfondate” dentro la
chiesa vecchia. Si legge infatti nella relatione del 1650 che dal lato
destro la nuova chiesa “si delaterà” in quella “angusta” esistente. Per
“pagamento e sua mercede” di centoquindici ducati il Grimaldi s’obbligò “di stucchiare tutta, et integra detta Cappella, così
dalla parte di dentro, come ancora l’arco di essa di dentro, e dall’affacciata,
e prospettiva di fori di dett’arco, allo finimento, seu colmo del quale habbia
da fare un Serafino, o una mezzola; e restando loco proporzionato in mezzo lo
membretto delle Colonne, e pilastri dell’angoli, habbia da fare una calata di
frutti con suoi ligazzi; e che le colonne siano tutte relevate, e tutti li
membri ancora appartenenti a dette colonne, conforme richiede l’architettura, e
serrata la forma di detto disegno, e finalmente che dett’opra habbia da essere
di tutta perfettione senza difetto, o mancamento, ad uso di bon maestro, [P. 221] e persona
esperta in detta professione, conforme se ricerca in opra simile, e che sia
resistente all’humidità” in conformità del “disegno in Carta”
consegnato dall’artista, che fu firmato dallo stesso, dal padre priore e dal
notaio stipulante. I frati avrebbero fornito il materiale ed i ponteggi
necessari, ed “un figliolo” per assistere nel lavoro il Grimaldi, al quale per
tutto il tempo avrebbero assicurato “camera, e commodità
di dormire, et lo vitto a tavola di detti Padri, conforme magnano li stessi
Padri”. Il termine per la consegna dell’opera compiuta fu fissato
entro la fine di maggio del successivo anno 1662. Nel corso degli anni seguenti
proseguirono i lavori per il completamento della chiesa, per i quali era stato
deliberato di spendere annualmente settanta ducati da prelevare dalle rendite.
Si ha notizia che la comunità “se ritrova le
mani in fabricar il Campanile” da un istrumento del 31 luglio 1665.
Quel giorno d’estate nel refettorio si riunirono i padri di stanza nel
convento: p. maestro Fulgenzio vicario provinciale (19),
p. Pietro Paolo priore, p. Celestino definitore, p. Francesco, p. Aurelio,
tutti di Monteleone, p. Tommaso di Pannaconi (20),
p. Cesare di Polistena procuratore, e p. Nicola di Feroleto (21), per contrarre un debito con il
magnifico Biagio de Cesare (originario di Cava, detta in seguito “dei Tirreni”
in prov. di Salerno) negoziante in Monteleone. Il vecchio organo della chiesa,
che poteva considerarsi “una delle primarie di
detta Città e ben servita”, mostrava evidenti i segni del
deterioramento. Onde recuperare quella parte dei pezzi ancora utilizzabili e
quindi diminuire la spesa, si era pensato di commissionare un organo nuovo
necessario in quanto erano “regolarm(en)te li
nostri Padri poco esperti nel canto fermo” e senza l’accompagnamento
dell’organo non si potevano celebrare solennemente le messe e le altre funzioni
liturgiche. I religiosi garantirono con la cessione di alcuni crediti il devoto
Biagio de Cesare, che prestava senza interesse i necessari settanta od ottanta
ducati che gli sarebbero stati restituiti ad agosto dell’anno successivo (22). Le cappelle del lato sinistro della nuova
chiesa non erano state ancora costruite nel 1668. Il 15 gennaio di quell’anno
il barone Scipione Marzano, proprietario di una casa palaziata e casella bassa [P. 222] lateralmente ed orto recintato da
muri attorno, e devotissimo del taumaturgo San Gregorio, cedette una quantità
di terreno uguale a quella necessaria per la costruzione delle tre cappelle
“sfondate” simmetriche e delle stesse dimensioni di quelle già esistenti sul
lato destro della chiesa. In realtà si trattava di una permuta, perché le
cappelle avrebbero occupato una striscia della strada pubblica che saliva verso
il castello, e quindi la cessione del Marzano era una compensazione onde la
larghezza stradale fosse rimasta invariata. Nell’istrumento di vendita di una
casa, il 4 novembre 1662 fu indicato che questa era sita nel “loco detto
sopra la Chiesa di Sant’Agostino”. La toponomastica mostrava che
l’edificio era divenuto riferimento urbanistico per il rione in mezzo al quale
sorgeva (23). Nella comunità religiosa
nel 1689 erano presenti sei sacerdoti: il priore p. Carlo, il vicario provinciale
baccelliere p. Filippo Cimino, il baccelliere p. Giacinto Garìa, tutt’e tre di
Catanzaro, il sottopriore p. Agostino di Vazzano, il procuratore p. Agostino di
Novara ed il baccelliere p. Pasquale di Malta. Il 29 agosto ed il 17 novembre
di quell’anno furono concesse in fitto rispettivamente una casa con camera
superiore e basso alla “Cerasarella” ed una casa terranea sita “fuora la porta
di S(anto) Antonio,
limito lo furno di d(ett)o Convento”. I canoni annui erano di 1,45 e
1,60 ducati pagabili ogni mese di agosto (24).
Nel mese di aprile 1692 furono convocati in capitolo nel convento tutti i padri
che avevano il diritto di voto per l’elezione del padre provinciale e dei suoi
collaboratori. I lavori dell’assemblea dei grandi elettori non procedettero con
serenità, e se ne hanno notizie da due dichiarazioni rese davanti al notaio
Francesco Valente in Monteleone. Si riunirono in un locale del convento il 26
aprile 1692 i padri che avevano partecipato al capitolo provinciale ed
attestarono che a causa dei richiami al p. baccelliere Girolamo di Francavilla
(discreto di quel convento) ed al p. Nicola di Davoli (priore di Soverato) per
essere giunti con ritardo all’adunanza non si erano registrate ripercussioni
sull’andamento dei lavori, tanto che si proseguì “con una concordia, e pace tranquilla, con
edificat(io)ne di tutta la Città, e tutti R(everendi) P(adri) d’una volontà, e di nessuna
discrepanza” avevano eletto alla guida della provincia agostiniana
di Calabria Ultra il p. baccelliere Filippo Cimino di Catanzaro (25). [P. 223] Il
documento del 20 agosto 1692, invece, offre una cronaca meno edificante
riguardo al capitolo provinciale celebrato nell’aprile precedente. In qualità
di procuratore del padre provinciale eletto nel detto capitolo si costituì
Giulio Antonucci di Monteleone, ed asserì che “nel medesimo tempo nulliter alcuni puochi P(ad)ri di d(ett)a Religione, parte de’ q(ua)li non haveano voto” si erano
autoconvocati nel convento di Francavilla, dove “senza l’assistenza della mag(gio)r parte
de’ Vocali, e delli Officiali, che devono presedere al capitolo”
avevano eletto un altro padre provinciale. Informato delle due avvenute
elezioni, il padre generale delegò il p. maestro Gregorio Gagliardi di Paola
per lo svolgimento delle opportune indagini. Ma costui, senza “far provista
alcuna di consultore, anz’eccedendo i termini della sua commess(io)ne”,
nominò nuovi priori di conventi alcuni padri “inimici” dell’eletto provinciale
Cimino. Questo era stato “confinato” nel convento di Catanzaro dopo essere stato
“levato” da quello di Monteleone insieme con i frati a lui fedeli. Il modo di
procedere del p. Gregorio Gagliardi era causato dal risentimento per una
condanna inflitta ad un suo parente dal p. Cimino all’epoca di un precedente
suo provincialato (26). Il notaio,
accompagnato dal giudice ai contratti e dai testimoni, si recò presso il p.
Gagliardi per la notifica della protesta consegnatagli dal procuratore del p.
Cimino. L’interessato, dopo averla ascoltata, negò gli addebiti dichiarandoli
falsi, e terminò accusando il protestatario di aver commesso molti “gran
delitti” per i quali non finì “afforcato nel Castello nuovo della Città di Napoli”
perchè era stato “agiutato” dall’ordine religioso di appartenenza. Lettagli la
replica del p. Gagliardi, al procuratore del p. Cimino non restò che
protestarsi “una,
due, tre, e quante volte” fosse stato necessario in difesa dei
diritti del rappresentato (27). Nella
chiesa del convento, con istrumento notarile del 31 ottobre 1741, fu fondata la
confraternita sotto il titolo della Madonna della Consolazione, particolare
devozione agostiniana. I padri assicurarono l’assistenza spirituale in tutti i
giorni festivi ed ogniqualvolta gli iscritti l’avessero richiesto per i loro
esercizi di pietà. Per il servizio, i religiosi avrebbero percepito “tutti quelli
jussi, emolumenti, e caritativi sussidi” corrisposti dalla
confraternita del Rosario ai padri domenicani della stessa città (28). [P. 224] I
confratelli della Consolazione il 13 maggio 1797 chiesero l’aggregazione alla
confraternita di Sant’Omobono eretta dai sarti nel mese di giugno 1667 dentro
la propria chiesa. La nuova istituzione, che si denominò sotto entrambi i
titoli uniti, si estinse verso la fine degli anni ‘30 di questo secolo (29). Le difficoltà finanziarie della comunità e
le necessità del complesso convento-chiesa sono evidenti da un istrumento del 4
maggio 1752. Quel giorno si costituirono il padre provinciale Celestino
Morrone, il priore p. Pasquale Basile, il sottopriore p. Agostino Ruffo, i p.
baccellieri Guglielmo Mazza e Prospero Bonelli, il procuratore fra Antonio
Nobile ed “altri
in unum coadunati ad sonum campanulae ut moris est, habita prius conclusiones
inter ipsos” per contrarre con il sig. Carlo Pagano un prestito di
mille ducati all’interesse annuo del sei per cento. La somma era necessaria per
“costruire
di nuovo tre Cappelle nella loro chiesa, e l’altare Maggiore, e far og’altro di
necessario in quella, che al p(rese)nte
malsconcia si ritrova, e terminare di fabrica il Campanile, che
imperfetto si vede, con aprire altresì una via con muri a canto detta chiesa
per commodo del loro Conv(en)to”. I padri ipotecavano un fondo
di cento tomolate con olivi e terre aratorie nella contrada “Iacopello” nel
territorio di Monteleone e un censo perpetuo di ventitre ducati esigibili
annualmente sopra un altro fondo di trentasei tomolate, anche questo con olivi
e terre aratorie, in località “la Conicella” in territorio di San Gregorio
Superiore (30). L’interesse scadeva nel
mese di agosto di ogni anno (31). Nel febbraio
1783 si abbattè sulla Calabria l’orribile “flagello” del terremoto, che seminò
distruzioni e lutti nelle misere popolazioni continuamente alle prese con i
problemi della sopravvivenza. La descrizione della chiesa e del convento è
contenuta nella perizia eseguita per conto della Cassa Sacra sette anni dopo la
catastrofe. La chiesa, nella quale il coro sopra la porta per i frati ed il
pulpito erano di legname, si presentava “tutta in buon essere a riserba di una lesione”
nell’angolo vicino al portico sotto l’antico campanile. I sette altari, il
maggiore ed i sei laterali, erano “ornati di Pilastri, e Colonne di Stucco, con Mensa
parim(ent)e di Stucco, e con Quadri in mezzo”. Il tetto ed il
soffitto erano anch’essi “in buon essere”. La sagrestìa era “sana” ed in essa
dentro un armadio si trovavano custoditi i sacri paramenti e suppellettili. [P. 225] Il convento, abbastanza danneggiato
dalle fortissime scosse telluriche, era stato assegnato “per Casa di Corte” e già si era
eseguita la perizia per i lavori di ristrutturazione (32). La chiesa era retta dall’ex priore p. Giovanni Tripodi,
divenuto sacerdote secolare dopo la soppressione dei conventi decretata dal
governo napoletano l’anno seguente al disastroso terremoto (33). La chiusura della chiesa al culto,
conseguenza della “sospensione” del convento, è lamentata dai due sindaci della
città in una lettera inviata al vescovo di Mileto nel gennaio dell’anno 1793.
Si chiedeva al pastore dell’estesa diocesi, anche a nome di tanti abitanti del
rione, di “ordinare
colla sollecitezza possibile” che nella chiesa fosse destinato un
economo per la celebrazione della messa e delle altre funzioni religiose e per
l’amministrazione dei sacramenti (34). Il
visitatore della chiesa il 21 novembre 1800 interdisse la sacra pisside fino a
quando non fosse stato dorato all’interno il coperchio, e la sepoltura vicino
all’altare del Crocefisso fino alla provvista di una nuova lapide (35). Il convento, che il 26 giugno risultava
abitato da due sacerdoti, da un laico professo e da due oblati, il 7 agosto
1809 fu abolito (36). La campana grande,
che dall’alto del campanile per secoli aveva battuto “il segno” della fine
della giornata alle due ore della notte nell’estate ed alle tre nell’inverno,
il 6 ottobre 1810 fu consegnata alla confraternita dell’Immacolata. La sede di
questa era stata trasferita nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, annessa
all’abolito convento dei francescani riformati (37).
Il priore e gli iscritti sottoscrissero la regolare ricevuta al sindaco
pro-tempore della città (38). [P. 226] In seguito al Concordato tra la Santa
Sede ed il Re di Napoli, concluso a Terracina il 18 febbraio 1818, fu stabilita
la ripristinazione del convento agostiniano di Santa Maria della Croce di
Francavilla Angitola-Filadelfia (39). Ma,
con un “Dispaccio” del 24 maggio 1821, l’Alta Commissione per l’esecuzione del
Concordato ordinò il trasferimento della comunità “nel locale una volta delle
monache di S(anta) Chiara” di
Monteleone (40). Il successivo 23 giugno
il p. maestro Giuseppe Maria Fazio, nella sua qualità di procuratore, fu
immesso nel possesso “del Locale del Convento altra volta di S(anta) Chiara sito in questa
Città consistente in cinque picciole stanze, e moltissime fabbriche dirute” dal
signor Basilio Scrugli amministratore del patrimonio regolare nella diocesi di
Mileto (41). In data 1 settembre 1821 fu
inviato al sovrano un ricorso contro lo stabilimento nel convento di
Monteleone, del quale fu evidenziato che il “locale” assegnato non era
“sufficiente perchè composto di sole quattro celle” ed in esso non poteva
abitare una comunità di dieci persone. Oltre a non essere adeguate di numero,
quelle celle erano “circondate da case di particolare” e pertanto rimaneva
esclusa ogni “speranza” di ampliamento. I ricorrenti, tre padri e cinque
fratelli laici che “giurarono essere membri del monistero di Filadelfia”
al momento del rientro nell’ordine dopo le secolarizzazioni di fine ‘700,
esposero che si era trattato di “manovre e ragiri” dei padri maestri Giuseppe
Maria Fazio e Tommaso di Francia, che conoscendo le difficoltà della
sistemazione a Monteleone miravano ad “ingoiare e stravizzare” le rendite come
avevano fatto già l’anno precedente. I supplicanti chiedevano la rimozione del
p. Fazio “come
inimico spietato della religione e come sfacciato [P. 227] predatore delle rendite” e di sostituirlo con
l’ex provinciale p. maestro De Stefano, religioso di “ottima morale” e di
provate doti di governo (42). Nella prima
congregazione capitolare della costituita provincia napoletana, celebrata in
Napoli il 19 maggio 1827, fu stabilita la “famiglia” composta da cinque
sacerdoti e tre laici: i padri maestri Agostino Bertucci priore, Giuseppe Maria
Fazio collettore e Tommaso di Francia, i padri lettori Emilio Sardanelli ed
Agostino Stanganelli, ed i fratelli Tommaso Mazzotta, Agostino Bilotta e
Giuseppe Michienzi. La convivenza nella novella comunità agostiniana di
Monteleone non deve essere stata delle più armoniose, perchè i padri Bertucci e
Stanganelli ed i tre laici erano tra i ricorrenti contro i padri Fazio e di
Francia (43). Nella chiesa officiata dai
Figli di Sant’Agostino a metà dell’ottocento fu collocato il gruppo statutario
dei santi martiri Cosma e Damiano. Il p. priore Giuseppe De Lelio commissionò
l’opera il 6 gennaio 1853 allo scultore-architetto Francesco Morani di
Polìstena (RC), che s’impegnò di consegnarla entro il mese di luglio dello
stesso anno per il compenso di cento ducati che gli furono corrisposti in due
rate (44). Si legge in una descrizione
della città redatta nel 1859 che nella chiesa “nulla vi ha di notevole” e che
se anche “non molto grande” era tuttavia “commoda per gli abitanti di quel rione”. Il
convento, non ancora completato, aveva due piani abitati. Il portico intorno al
cortile in forma quadrata era poggiato su pilastri. Posto nella zona alta, la
vista spaziava sull’Aspromonte e sui monti della vicina Sicilia (45). La fine fu segnata dalla decisione
dell’amministrazione comunale di fondare un “Asilo di mendicità” nei locali
del convento, ormai abitato dagli ultimi due agostiniani rimasti. Su invito del
sottoprefetto Gaetano Antinori a “contentarsi di una porzione del locale” il
consiglio comunale presieduto dal sindaco marchese Enrico Gagliardi il 25
aprile 1866 deliberò di concedere un “conveniente alloggio” ai due padri a
condizione che quelli “accettassero la direzione provvisoria della Pìa
Istituzione” dal momento che sarebbe stata operante (46). [P. 228] L’iter
burocratico era iniziato da un paio di mesi, quando il 7 luglio 1866 fu emanata
dal parlamento la legge per la soppressione di tutti gli ordini, congregazioni
e corporazioni religiosi ancora attivi nel territorio nazionale. La legge
attribuiva ai Comuni ed alle Province il diritto di chiedere all’apposita “Amministrazione
del fondo per il culto” l’assegnazione gratuita di edifici dei
conventi soppressi per essere destinati al funzionamento di istituzioni di
pubblica utilità. Inoltrata nuovamente con delibera consiliare del 19 dicembre
1866 la richiesta, ritenuta meritevole di accoglimento, i locali del convento
agostiniano furono ceduti al Comune con istrumento stipulato il 26 gennaio 1869
dal notaio Giuseppe Costantini (47). Si
costituirono il conte Ettore Capialbi, sindaco in rappresentanza del Comune di
Monteleone, ed il signor Giuseppe Castaldi, ricevitore del registro e bollo,
appositamente delegato dall’Amministrazione del fondo per il culto. L’edificio,
secondo la descrizione contenuta nel documento notarile, era composto “di una Chiesa,
nove stanze a pianterreno, venticinque stanze a primo piano e due terrazzi ad
uso giardini” ed era delimitato dalla Strada Santa Chiara, dal
palazzo ed orto del conte Antonio Capialbi e dal terreno seminativo del signor
Francesco Pasquale Cordopatri (48).
Inaugurato l’1 febbraio 1876 l’Asilo di mendicità, fu concesso l’alloggio
temporaneo, in quello che era stato il loro convento, agli ultimi religiosi
agostiniani presenti. L’amministrazione comunale, cedendo alle pressioni delle
autorità militari, con delibere del 14 gennaio e del 15 maggio 1879 concesse il
vano della chiesa onde si potessero sistemare per un breve periodo di tempo
alcune reclute destinate al Presidio della città (49).
In esecuzione di tali determinazioni, previa deliberazione della Giunta del 3
giugno 1879, il successivo giorno 6 il padre Nicola Tavella rettore della
chiesa consegnò i sacri arredi e le suppellettili di questa al signor Bruno
Giordano in qualità di priore della confraternita di San Giuseppe che aveva
sede nella chiesa già dei gesuiti, dove tuttora si trova. Nello stesso atto,
redatto dall’avv. Antonino Crispo, era contenuta l’intimazione dello sgombero
del convento entro il 31 dicembre di quello stesso anno. I padri ottennero una
proroga soltanto fino al 15 gennaio 1880. [P.
229] Nell’elenco allegato al verbale di consegna erano compresi
calici e pissidi d’argento, pianete, tonacelle, piviali, una campana grande e
due piccole, le statue lignee di Sant’Agostino, di San Nicola da Tolentino, e
dei santi Cosma e Damiano, ed una di cartapesta di San Francesco di Paola (50). Visto che dalla chiesa erano “tolti i quadri
fin dal soffitto, trasportate altrove le statue dei santi, verso le quali era
universale nel paese la venerazione, rimosse le sacre suppellettili e per fin
le campane”, gli abitanti del rione elevarono una protesta e
inoltrarono una petizione con la richiesta della riapertura al culto del
piccolo tempio, che fu perentoriamente indicato dover avvenire prima del 27
settembre dello stesso anno. Nonostante la riconsegna dell’organo, del pulpito,
dei confessionali, degli scaffali della sagrestia, e dei sacri arredi, e
l’assicurazione che sarebbe stato nominato rettore della chiesa l’abate Ottavio
Ortona (al momento parroco di San Michele), nella situazione non si registrò
cambiamento alcuno. La definitiva chiusura della chiesa al culto fu segnata dal
decreto del re Umberto I, emanato il 29 gennaio 1880. Nessun effetto produssero
una supplica rivolta al sovrano da cittadini “di ogni classe e condizione” ed
un’altra del conte Antonio Capialbi in data 30 marzo 1880. Il patrizio si obbligava
per il mantenimento della chiesa aperta al culto a proprie spese ed a versare
anche l’annuo canone perpetuo di cinquanta lire (51).
La durezza delle leggi poneva fine, dopo quattro secoli e mezzo di apostolato,
alla presenza agostiniana nella comunità monteleonese. I frati dovettero
abbandonare le “fabbriche” che avevano reso abitabili imponendosi “non pochi
sacrifici” nel corso di un cinquantennio (52).
L’ultimo Figlio di Sant’Agostino, l’ottantenne p. Giorgio De Rosis, chiuse
l’esistenza terrena il 27 giugno 1881 alle ore quattro pomeridiane (53).
Religiosi illustri:
1) GIOVANNI AGOSTINO, eletto alla sede
vescovile di Sebaste, in Armenia intorno al 1411.
2) GIOVANNI BATTISTA, maestro. Provinciale
nel 1533, e poi nel 1579 e 1585.
3) ANGRISANO MICHELE. Baccelliere. Provinciale nel
1646.
4) FARFAGLIA PIETRO. Pubblicò nel 1670 il volume Artis
Gramaticae in lingua latina.
Rimò in
verso eroico due canti del Tasso, rimasti inediti.
5) GALEANO GIOVANDOMENICO, Baccelliere.
Provinciale nel 1634.
6) MATINA FULGENZIO, maestro. Priore di
Monteleone nel 1661, provinciale nel 1662,
e vicario provinciale nel 1665.
7) MORELLI MICHELE, maestro in Sacra
Teologia. Pubblicò a Bologna nel 1581 un volume
di orazioni latine e di epigrammi. Provinciale nel 1587, 1601 e 1614.
_____________________________________
Abbreviazioni:
AGA = Archivio generale degli Agostiniani - Roma.
ASDM = Archivio storico diocesano di Mileto
ASC VV = Archivio storico comunale di Vibo Valentia
AS VV = Archivio di stato di Vibo Valentia
AS CZ = Archivio di stato di Catanzaro
not. = protocolli del notaio
istr. = istrumento
(1)
G. BISOGNI, Hipponii seu Vibonis Valentiae, vel Montisleonis, Ausoniae
Civitatis accurata Historia, Napoli 1710 rist. anast. Cosenza 1980,
p. 147; AGA, Relatione del Convento di Monteleone dell’Ordine di Santo
Agostino Diocesi di Mileto, e Provinia di Calabria Ultra in Conformità della
Constitutione della Santità d’Innocentio X sotto il 22 Xmbre 1649,
fondo Ii, vol. 60, f. 59; F. RUSSO, Regesto vaticano per la Calabria,
vol. 2, Roma 1975, p. 221 (10125).
(2)
A. TRIPODI, Le chiese di Monteleone alla fine del XVI secolo, in
“Calabria letteraria” XLII (1994), nn. 10/12, p. 25. La chiesa di Santa Maria
ad Nives, nota col titolo di Santa Maria Maggiore e successivamente (e tuttora)
di Santa Maria Maggiore e San Leoluca, fino al 15 maggio 1632 fu l’unica chiesa
parrocchiale della città; G. VAIANELLA, Una chiesetta della vecchia
Monteleone: S. Pietro Apostolo, in “Diakonìa” II (1992), n. 5, p. 5;
G. BISOGNI, Hipponii..., pp. 147-148.
(3)
F. ALBANESE, Vibo Valentia nella sua storia, Vibo Valentia 1975,
vol. I, p. 209.
(4)
AGA, Relatione..., f. 59.
(5)
AGA, Relatione..., f. 59.
(6)
G. BISOGNI, Hipponii..., p. 147; F. ALBANESE, Vibo Valentia ...,
p. 279; D. TACCONE-GALLUCCI, Monografia della città e diocesi di Mileto,
Modena 1882 rist. anast. Bologna 1984, p. 145; IDEM, Monografie di
storia calabra ecclesiastica, Reggio Calabria 1900, p. 127; P.
TARALLO, Raccolta di notizie e documenti della città di Monteleone di
Calabria, Monteleone 1926 rist. anast. Vibo Valentia 1997, p. 287;
A. LIPINSKI, Antichi conventi agostiniani di Calabria e Lucania, in
“Archivio storico di Calabria e Lucania” XIII (1943), n. 2, pp. 123 e 125; G.
FIORE, Della Calabria illustrata, vol. 2, Napoli 1743 rist.
anast. Bologna s. d., p. 386; A. PLACANICA, I redditi di conventi e
monasteri di Calabria alla fine del Settecento, in “Rivista storica
calabrese n. s.” IX (1988), p. 233 (tabella Agostiniani); F. RUSSO, Storia
della Chiesa in Calabria, vol. 2°, Soverìa Mannelli 1982, p. 616.
(7) AGA,
Visita del 1584, fondo Dd 41, f. 83.
(8) AGA,
Visita..., f. 83. Non è evidente dal manoscritto che i tre padri
fossero tutti della stessa città.
(9) V.
F. LUZZI, Le “memorie” di Uriele Maria Napolione, Reggio Calabria
1984, p. 89. Il casale di Belforte scomparve a metà dei secolo XVIII.
(10) AGA,
Visita..., f. 83v. La reintegra dei padri Luca di Belforte ed
Antonino di Terranova (non è specificato se il paese era Terranova Sappo
Minulio in prov. di Reggio C. o Terranova di Sibari in prov. di Cosenza)
dipendeva dal giudizio dei deputati delegati ad accertare la raggiunta
idoneità.
(11) AGA,
Visita..., f. 84.
(12) G. BISOGNI, Hipponii...,
p. 148.
(13) C.
SALVATI, Misure e pesi, Napoli 1970, p. 27. Il palmo napoletano
equivaleva a 0,2637 metri, e quindi le dimensioni della chiesa erano di 16,61 x
9,76 metri.
(14) La
conversione da scudi romani a ducati napoletani è stata operata
sull’equivalenza 1 scudo = 0,95 ducato, come specificato in alcune voci di
entrata e di uscita nella Relatione del 1650.
(15) AS
VV, not. G. B. Lombardo, istr. 24/08/1660. Nel documento si legge che da tre
anni nella chiesa del convento era eretta la cappella dedicata a San Gregorio “con sua Imagine, dalla quale se recevono molte gratie”.
(16) P. GAUCHAT, Hierarchia
catholica medii et recentioris aevi, vol. 4, Padova 1964, p. 74.
Nominato vescovo di Alatri (Fr) il 20/09/1632, sede che per sua rinuncia il
04/05/1648 fu provvista del successore, Alessandro Vittricio ricoprì anche gli
incarichi di assessore del Sant’Uffizio e di vicegerente e governatore di Roma.
In quella città morì in settembre-ottobre 1650.
(17) AS VV, not. G. B. Lombardo,
istr. 24/08/1660.
(18) AS VV, not. G. B. Lombardo,
istr. 10/10/1661; A. TRIPODI, Opere di artisti siciliani per le chiese
calabresi - Diocesi di Mileto e di Tropea (secc. XVI - XVIII),
in “Messina e la Calabria” (atti del 1° colloquio calabro-siculo, Reggio
C.-Messina, 21-23/11/1986), Messina 1988, pp. 39-40, ora in A. TRIPODI, In
Calabria tra cinquecento e ottocento, Reggio C. 1994, p. 262.
(19) AS
VV, not. G. B. Lombardo, istr. 17/11/1661. Nel convento era priore il p.
baccelliere Fulgenzio Matina di Monteleone; G. FIORE, Della Calabria...,
p. 387. L’anno 1662 il p. maestro Fulgenzio di Monteleone era provinciale.
(20) Pannàconi
è frazione del comune di Cessaniti (VV).
(21) Non
e possibile stabilire quale dei due Feroleto fosse il paese: se il comune di
Feroleto (ora della Chiesa) in prov. RC, oppure quello di Feroleto (ora Antico)
in prov. CZ.
(22) AS VV, not. G. B.
Lombardo, istr. 3 1/07/1665.
(23) AS VV, not. G. B. Lombardo, istr. 15/01/1665 e 04/11/1662.
(24) AS VV, not. F.
Valente, istr. 29/08 e 17/11/1689.
(25) AS VV, not. F. Valente, istr. 26/04/1692; A. TRIPODI, Notizie
e documenti sul convento agostiniano di Santa Maria della Croce di Francavilla
Angitola, in
“Analecta augustiniana”, LIX (1996), p. 374. Negli anni 1690 e 1697 furono
turbolenti anche i capitoli provinciali di Feroleto Antico (Cz) e di Acquaro
(VV) rispettivamente.
(26) G.
FIORE, Della Calabria..., p.
387. Il p. baccelliere Filippo Cimino di Catanzaro era provinciale nel 1686. La
stessa carica fu ricoperta dal p. maestro Gregorio Gagliardi di Paola negli
1687, 1693 e 1703.
(27) AS VV, not. F. Valente, istr.
20/08/1692.
(28) AS VV, not. N. Loschiavo, istr.
3 1/10/1741; A. TRIPODI, Spigolature
per la storia delle confraternite calabresi, in “Calabria Sconosciuta” XV (1992), n. 55, p. 51.
(29) ASDM,
cartelle confraternite (Monteleone).
(30) Si
chiama ora San Gregorio d’Ippona (VV).
(31) AS VV, not. N. F. Pisani,
istr. 04/05/1752.
(32) AS
CZ, Liste di carico della Cassa Sacra, vol. 23, f. 420; M. AIELLO, Le opere pie vibonesi nel Regno d’Italia, Vibo Valentia 1992, pag.
172. Il convento degli agostiniani sotto il titolo di Sant’Agostino fu concesso
al comune di Monteleone con atto del 22 giugno 1810 per essere destinato a
carcere.
(33) ASDM,
cartelle Monteleone - secolarizzazioni, fasc. n. n. L’assenso vescovile per la secolarizzazione
del p. baccelliere Giovanni Tripodi, che fu incardinato nella parrocchia dello
Spirito Santo, porta la data del 13 luglio 1784.
(34) ASDM,
cartelle Monteleone - chiese, fogli n. n.
(35) ASDM,
Visite pastorali, vol.
13, f. 14.
(36) U.
CALDORA, Calabria
napoleonica (1806-1815), Napoli
1960, p. 216; S. BATTAGLIA (a
cura di), Grande dizionario della lingua italiana, vol. II, Torino 1981, p. 729. Si chiama oblato a una persona
che entra a far parte di una comunità religiosa, osservandone le regole
essenziali e vestendone talvolta l’abito, senza pronunciare i voti solenni e
senza abbandonare completamente la vita secolare.
(37) I
locali del convento sono stati ristrutturati per essere adibiti a sede del
convitto nazionale. La confraternita dell’Immacolata, eretta il 27 giugno 1580,
si è estinta l’anno 1935 per disaccordi tra i confratelli ed i padri cappuccini
che officiano la chiesa.
(38) F.
ALBANESE, Vibo..., p. 280. In una nota è
riportato il testo della ricevuta della campana; ASDM, cartelle Monteleone -
conventi. Nella lettera di protesta inoltrata al vescovo Vincenzo Maria
Armentano il parroco della chiesa di San Michele, d. Teodoro Putignano,
precisava che “prima
della soppressione del Convento de’ PP. Agostiniani di q(uest)a Città”
la fine della giornata veniva scandita dalla campana grande di quel convento.
La lettera, non datata, deve porsi tra il 1824 ed il 1834, essendo quello il
periodo del contemporaneo impegno nei rispettivi ministeri pastorali del
vescovo di Mileto e del parroco di San Michele in Monteleone.
(39) C.
TESTA, Ricerche sulla restaurazione dell’ordine agostiniano nel regno di
Napoli (1816-1838), in
“Analecta augustiniana” XLII (1979) p. 265. L’ottenuta riapertura del convento
di Santa Maria della Croce fu comunicato al padre generale dal delegato p.
Giuseppe Pezzella, poi vescovo di Teramo e successivamente di Calvi e Teano,
con lettera del 15 maggio 1820; A. TRIPODI,
Notizie e documenti...,
p. 370. Il suolo sul quale sorgeva il convento di Santa Maria della
Croce era posto all’incrocio del confine dei territori di Francavilla,
Filadelfia e Montesanto. Quest’ultimo è ora frazione di Filadelfia.
(40) C.
TESTA, Ricerche..., p. 244.
(41) ASDM,
cartelle Monteleone - conventi.
(42) C.
TESTA, Ricerche..., pp. 270-271.
(43) C.
TESTA, Ricerche..., pp. 258 e 271.
(44) F.
ALBANESE, Vibo..., pp. 280-281.
(45) F.
CIRELLI (a cura di), Il regno
delle Due Sicilie descritto e illustrato, Napoli 1859 rist. Vibo Valentia 1996, pp. 264 e 266.
(46) M.
AIELLO, Monteleone di
Calabria - Storia di alcune istituzioni insediate in un manufatto
architettonico del 500, p.
85; ASC VV, Registro delle deliberazioni del Consiglio Comunale n. 28
del 26/ 04/1866.
(47) AS
VV. Nei protocolli del not. Giuseppe Costantini l’istrumento del 26/04/1869 non
è riportato.
(48) M.
AIELLO, Monteleone..., p. 86.
(49) ASC
VV, Registro..., n.
1 del 14/01/1879 e n. 56 del 15/05/1879.
(50) F.
ALBANESE, Vibo..., p. 280; ASC VV, Registro
delle deliberazioni della Giunta,
n. 56 del 03/06/1879. Il priore Bruno Giordano era anche consigliere
comunale.
(51) M.
AIELLO, Monteleone..., pp. 91-92.
(52) C.
TESTA, Ricerche..., p. 245.
(53) ASC
VV, Registro degli atti di morte dell’anno 1881, n. 159. Il p. Giorgio De Rosis era nativo di San
Giorgio di Cosenza, probabilmente l’attuale San Giorgio Albanese in prov. di
Cosenza; F. ALBANESE, Vibo..., p. 281. L’autore scrisse che
l’agostiniano era morto nel palazzo del conte Capialbi, dove certamente aveva
ricevuto ospitalità dopo lo sfratto dal vicino convento.
________________________________________________
APPENDICE
DOCUMENTALE
I
LA
CONSEGNA DELLA RELIQUIA DI SANT’AGOSTINO
Die vigesima quarta mensis Augusti decimae tertiae Indictionis
millesimo sexcentesimo sexagesimo. In Terra Pitij, et proprie in Ven(erabi)li
Ecclesia Sancti Georgij dictae Terrae Reg(nan)te. Constituto in presenza nostra
il R(everendo) D(on) Domenico
Profiti Arciprete della Colleggiata di San Giorgio di detta Terra del Pizzo, il
quale in presenza nostra, e del R(everendo)
P(adre) fra Paulo di Mont(eleo)ne dell’ordine di Sant’Agostino
Proc(urato)re del Ven(erabi)le Convento di Santo Agostino della Città di
Mont(eleo)ne, et a quest’atto Deputato dalli R(everendi) Padri di detto Convento. Asserisce come trovandosi
esso di Profiti nella Città di Roma nell’anno 1648, dove per più tempo dimorò,
per la servitù, che professava con Monsig(no)r Vittricio Vicegerente di detta
Città di Roma, e Vescovo d’Alatri, procurò d’haver un poco di reliquia
del glorioso San Gregorio Taumaturgo, del q(ua)le esso di Profiti ne è
devotissimo, e gia l’ottenne, et hebbe detta reliquia da detto Mons(igno)r
Vittricio Vicegerente di quella Città, e Vescovo d’Alatri per mano del suo
Secretario, et esser questa medes(i)ma, ch’esso di profiti tiene riposta, et
accommodata in un reliquiario grande con la cartella, che dice: Santo Gregorio
Taumaturgo. Conforme così con giuram(en)to tacto pectore more Sacerdotum in
presenza nostra confessa e testifica. E perché intende che nella Ven(erabi)le
Chiesa di detti R(eve rendi) Patri
di Sant’Agostino di Mont(eleo)ne se sia novam(en)te eretta da tre anni in qua
una Cappella dedicata a detto glorioso Santo Gregorio, con la sua Imagine,
dalla quale se recevono molte gratie; volendo esso di Profiti detta reliquia
reponerla in detta Chiesa, e Cappella, per maggiormente accrescersi la
devotione di detto Santo. Per tanto hoggi predetto dì sponte a contemplatione
ancora del Dottor S(igno)r Fabio
Attesani di detta Città di Mont(eleo)ne, che cel’ha richiesta, in p(re)senza
n(ost)ra detto R(everendo) Arcip(re)te
Profiti reverentem(en)te consignò a detto R(everendo) P(adre) fra Paulo di Mont(eleo)ne Proc(urato)re
Sacerdote di detto Ordine, e Religione di S(an)to Agostino p(rese)nte, e con ogni dovuta
reverenza recip(ien)te detta reliquia del sudetto glorioso S(an)to Gregorio
Taumaturgo, per quella detto R(everendo)
fra Paulo trasportare, e riponere in detta loro Chiesa, e Cappella
del sudetto Santo, havendo l’una, e l’altra parte reverentem(en)te prima
bagiata detta Reliquia, e riposta dentro uno scatolino con bambace per portarla
ut supra; con haver detto Arcip(re)te dechiarato in presenza nostra, e Giudice,
e testimonij d’haver havuta detta reliquia da detto S(igno)r Vicegerente come di sopra. E richiesto Noi predetto
Notaro e Giudice che delle cose predette ne dovessimo far publico Instrum(en)to
ad futuram rei memoriam, Nos autem, unde P(raese)ntibus
Antonio Lombardo Iudice ad Cont(ractu)s
R(everendo) D(on) Iacobo Pascale
Notario Scipione Caparrotta
Francisco Iazzolino
Cl(eri)co francisco de Puri
Iosepho Bernardo p(raedi)tt(a)e Terr(a)e Pitij,
et me Not(ari)o Ioanne Bap(tis)ta Lombardo
(AS
VV, not. G. B. Lombardo, istr. 24/08/1660)
________________________________________________________________________
II
LA
RELAZIONE DEL 1650
Relatione del Conv(en)to di Monteleone dell’Ord(in)e di S(an)to
Agostino Diocesi di Mileto, e Prov(inci)a
di Calabria Ultra in conformità della Constit(ution)e della
S(anti)tà d’Innocentio X sotto il 22 Xmbre 1649. Il sud(ett)o monast(eri)o è titolato S(anto) Agostino, è situato e
posto sopra le mura vecchie di d(ett)a Città di Monteleone dalla parte di
dentro, poco distante dal Castello, e predomina tutto il Borgo di essa Città,
fu fondato, et eretto nel proprio Palazzo di Iacopello Monsig(no)re fondatore
l’anno 1423 alli 17 di Giugno come per Instrum(en)to di notar Gio(vanne) de Sirica nell’anno
1434 alli 25 di feb(ra)ro diede l’assenso Roberto Abbate della S(antis)s(i)ma Trinità di
Mileto come Delegato Ap(ostolic)o, in
virtù di Breve della S(anta) M(emoria)
di Papa Eugenio 4° nell’anno
1433 nono Kalendas Iulij anno 3° sui
Pon(tifica)tus. Ha la Chiesa
che prima si titolava sotto il titolo della S(antis)s(i)ma Annuntiata in conformità della volontà del
fondatore, et a Consenso Ap(ostolic)o,
ma hoggi per corrottela del tempo si chiama S(anto) Agostino, è di struttura angusta per non essersi
fondata la Chiesa e Conv(en)to nel proprio Palazzo del fondatore, è di
longhezza incluso il s(opr)a dorm(itori)o
palmi 63, e di larghezza palmi 37 in circa; nell’anno 1616 contigua a d(ett)a
Chiesa si cominciò un altra nuova, q(ua)le è nel lato sinistro, et sin ad hoggi
è gionta alle finestre, e in lato destro si delaterà dentro la Chiesa vecchia.
Il monast(eri)o non ha Chiostro, ma un piccolo vaglio, e volendosi seguitare il
Dormitorio Cominciato del q(ua)le la metà sta vicino alla intravata delle
Camere con finirsi la Chiesa e Chiostro a stima rigorosa non vi bastano tre
mila scudi. Vi è un solo Dormitorio con Camere nell’una e nell’altra parte, e
sono dodeci Camere sei per lato, tiene alcune Camere congionte a d(ett)o
Dormitorio, quali servono per regentia e visita il P(adre) Regente, et ancora vi legge nell’ultimo di esso
Dormitorio sopra le mura di d(ett)a
Città vi sono tre altre Camere disiunte da esso Dormitorio ma una
dentro l’altra, tiene di più dall’altra parte tre altre stanze q(ua)li servono
per dispensa Granarotto ogliaro, vi sono ancora sotto il Dormitorio, il
Refettorio, Cucina, Cellaro, Legnaio, e Carcera. Prima dell’anno 1645 vi
solevano esser prefissi di famiglia con l’autorità delli P(ad)ri del
definitorio per ordinario otto sacerdoti quattro novitij o sei, et altri
quattro servienti con il Garzone, al p(rese)nte
perche è stato fatto Conv(en)to di studio nell’anno 1645 vi sono di
famiglia li sottoscritti:
Il P(ad)re Bacc(elliere)
Thomaso Visconte Priore, da Belvedere
Il P(ad)re Bacc(elliere)
Michele Angrisano da Monteleone G(enera)le assoluto
Il P(ad)re Bacc(elliere) Gerardo
Foschi nap(olita)no Regente
Il P(ad)re fra Salvatore Ursino da Montel(eon)e
sottopriore Sacer(dote)
Il P(ad)re fra Leonardo Maisano da Dinami Sacer(dote)
Il P(ad)re fra Francesco Carrozza da Tropea
Sacer(dote)
Il P(ad)re frat’Andrea Rinaldo nap(olita)no
Sacer(dote)
Il P(ad)re frat’Antonio Ciconte da Belforte
Sacer(dote)
Il P(ad)re fra Michele Musca(to) da Vazza(no)
Sacer(dote) Sacristano
Il P(ad)re fra Fran(cesc)o
Panaia dal Pizzo Sacer(dote)
Il P(ad)re fra Paolo Gualtemi da Pernocari Sacer(dote)
Procuratore
Il P(ad)re fra Gio(vanne)
Dom(enic)o, e il P(adre)
Bacc(elliere) Luigi da Monteleone sono morti
il mese di 9bre 1649, che
stav(an)o in q(ues)to Conv(en)to
Il P(ad)re fra Ippolito d’Ischa di Casa Schiani Diac(on)o Stud(ent)e
fra Gios(epp)e Carratello da Montel(eon)e Arcidiac(on)o
fra Gios(epp)e Sasso d’Ischa Stud(ent)e Clerico
fra Pietro Paolo Ruffo da Caserta Stud(ent)e
fra Dom(enic)o Arcuri
da Melissa Stud(ent)e
fra Gio(vanne) di
Casale di Belvedere Stud(ent)e
frat’Agostino Nigone della Ruccella Stud(ent)e
fra Celestino Ventrice professo da Monteleone
fra Dom(enic)o Greco
Converso di Castelvetere [Caulonia]
fra Gios(epp)e Fuscaldo da Monteleone Converso
fra Gio(vanne) Aceto
da M(on)te Leone Converso
fra Girolamo Lecci Converso di Tarsia
Pietro garzone che guida l’animale del Conv(en)to
Possiede terreni d(ett)o Conv(en)to lavorative, e seminanti di
grano bianco, ma in alcuna parte boscosa, et inculte tom(olate) alla misura napolitana cento cinquanta tre,
quali un anno vengono piene, e un altro voti, e calcolando da un anno per
l’altro, da sei anni indietro vengono per ciaschedun anno tom(oli) di grano alla misura
come di s(opr)a sia
grano, e denari dico tum(ula) 38,
e denari ducati quindici per affitto, e redottoli alla m(one)ta di scudi Romani
con cavarne il cinque per cento sono scudi cinquanta paoli tre, e baioc(chi)
cinq(ue)
50-3-5
Item possiede terre lavorative, e seminante, q(ua)li producono grani
negri, cioè germani, et avena, tom(oli) doi cento trenta cinque in circa,
q(ua)li si danno in affitto come s(opra),
e vengono un anno piene, et un anno vote, calcolando per sei anni
adietro come di s(opr)a si
ricevono tom(oli) di
grano negro centosessantaquattro, q(ua)li un anno per l’altro si stimano per
metà del grano bianco a rag(gion)e di cinque Carlini napolitani, il tom(olo), e sono di m(one)ta
Rom(an)a scudi settantasette, e paoli nove 77-9-
Item possiede di più grani bianchi di Censo perpetuo, et enfiteutico tom(oli) novantaquattro in
circa, quale a ragg(ion)e di dieci Carli(ni) il tum(ulo) un anno per l’altro si
stimano, e sono alla m(one)ta Rom(an)a
scudi ottantanove, e paoli tre 89-3-
Item possiede vigne, q(ua)li son state date a Censo enfiteotico, e s(e) ne riceve per ciaschedun
anno salmi alla misura del paese sessanta sette, q(ua)li sono alla misura nap(olita)na barili ducento
trent’uno si apprezzano un anno per l’altro a quattro paoli il barile sono
scudi novantadue, e paoli 4
92-4-
Item possiede Case q(ua)li si danno in affitto n. tredici, dalle quali
si suol cavare dedotte le spese di acconciam(en)ti e reparam(en)ti scudi Romani
venti in circa 20-
Item possiede Censi perpetui ducati doi cento e sei, de q(ua)li ve ne
sono falliti, e persi ducati sedici, e litiggiosi per la rendutione ducati
sessanta restano di netto ducati cento trenta nove, quali di m(one)ta Rom(an)a
sono cento trent’uno paoli nove e baioc(chi) cinque 131-9-5
Item possiede per legati di messe annui e donationi
ducati doicento che sono scudi Romani cento novanta
190-
Item possiede oliveti, q(ua)li sogliono venire un anno cariche, e un
anno vote computando un anno per l’altro per sei anni adietro si sogliono
ricevere melàini della misura del paese quaranta in circa, e la melàina è
rotula 13, e un rotolo è due libre e mezza alla Romana si apprezzano un anno
per l’altro a otto Canini la melàina che sono scudi alla Romana trenta, e paoli
quattro 30-4-
Item possiede di Censi ogn’anno melàine d’oglio dieci in circa,
e si apprezzano come di sopra sono scudi sette e p(ao)li due 7-2-
Item suol ricevere dalla Prov(inci)a
per sussidio ducati cento e nove,
che sono scudi romani cento e tre, e paoli otto, e baiocchi cinque
103-8-5
Item suol ricevere da Spirituale cioè martorij processioni e messe
così in Chiesa propria, come di fuori, quali si pagano un Carlino per
messa,
computando sei anni a dietro, un anno per l’altro scudi romani
settanta
70-
Item possiede d’elemosina consueta, ma incerta dalla Città
ducati quattro ogn’anno, e sono scudi tre, e p(ao)li otto
3-8-
Uscita seu Esito
Il d(ett)o monast(eri)o ha peso di messe perp(et)ue
ogni giorno n° quattro, de’ quali ce ne una gratis per l’anima del Iacopello
Monsig(no)re fondatore.
Item ha peso di messe per ciasched(un)a settimana perpetue n° 51.
Item ha per ciascun mese venti quattro messe perpetue.
Item l’anni adietro si soleva pagare la messa come pare per la Tabella
tre Cinquine napolitane per una, altri un Carlino nap(olita)no come al p(rese)nte si pagano le messe giornali solum delle due
messe per obligo ogni giorno, che lasciò Benedetto Cesare Pissina, q(ua)li sono
numerati nelli quattro di sopra s(e) ne riceve ducati Cento e nove expliciti,
che l’altri ducati Cinquant’uno spettante al d(ett)o legato sono letigiosi, e
q(ue)sti ducati Cinquant’uno sono inclusi nelli sessanta ducati come sta notato
nella parte dell’Introito.
Item paga di Censi perpetui il d(ett)o Conv(en)to ducati dieci
tari tre, grana dieci e sono di m(one)ta Rom(an)a scudi nove p(ao)li 7
baioc(chi) 4
9-7-4
Item paga per celebrare tre messe la settimana nella Chiesa dello
Spirito
S(an)to a un Sacerdote Prete conforme il legato di Cesare Pissina
ducati quindici, e sono scudi Romani quattordici paoli due, e baiocchi
cinque
14-2-5
Item deve pagare il d(ett)o Conv(en)to per una vice t(antu)m ducati Cento, e
diecidotto di q(ues)to modo,
al Spetiale di tante medicine pigliate docati quaranta, per Cera docati
quindici, e per grano comprato l’anno passato, et altri debiti ducati
sessantatre, e s’hanno da pagare q(ue)sto p(rese)nte anno 1650, in tutto sono ducati ut supra, e
Scudi Romani Cento e dodici, paoli uno 112-1-
Item per resarcim(en)to della Chiesa e Conv(en)to
un anno per l’altro suol spendere scudi Romani trenta
30-
Item per salario del Garzone che guida l’animale del Conv(en)to scudi
tredici
13-
Item per spesa dell’Animale del Conv(en)to,
come orgio, paglia, fieno, ferri, un anno per l’altro scudi
quindici 15-
Item per la Chiesa Cera per il Sepolcro, Candelora per i P(ad)ri e
devoti, e per le
messe, e tutte le festività delli s(an)ti della Religione, e feste
mag(gio)ri scudi venti cinque
25-
Item per musiche Salario d’organo, oglio per le lampade, vino, hostie,
Incenso, e resarcim(en)to di Sagrestia un anno per l’altro scudi
trenta 30-
Item per vitto de P(ad)ri pietanza,
menestra
con lo straord(inari)o, e
festività mag(gio)ri scudi cento sessanta 160-
Item per grano a rag(gion)e di mezzo tum(olo) il mese a testa alla
misura nap(olita)na computando
il grano a Carlini napolitani dieci, un anno per l’altro includendoci due
forastieri il giorno per il continuo passaggio, per la demoranza del Prov(incia)le, e per far fare
maccaroni tum(oli) cento
sessanta al prezzo come di sopra che sono scudi Romani cento cinquantadue
152-
Item vuole per vivanda per tutti li P(ad)ri, e forastieri musto salme cento,
che sono trecento barili alla misura napolitana che sono scudi cento
venti
120-
Item per legumi un anno per l’altro scudi sei
6-
Item per lardo, strutto, Cascio, un anno per l’altro scudi trenta 30-
Item per oglio per vitto de P(ad)ri,
per la lampada del Dormitorio e lucerne scudi trenta 30-
Item per il vestimento de’ P(ad)ri
al Priore ducati dodeci, et alli Sacerdoti ducati dieci
per uno, e servienti sei per ognuno in tutto sono scudi un anno per
l’altro cento settantadoi 172-
Item paga per sussidio al P(adre)
Regente ducati tredici, e per le conclusioni
ducati sei, et altre spese che si fanno per il Studio un anno per
l’altro scudi venti 20-
Item per salario di medici Chirurghi, e Barbiere scudi
12-
Item per salario della lavandaia per nettar li panni scudi nove, e
paoli cinque 9-5-
Item per medicine un anno per l’altro computando tutti li sei anni
adietro scudi venti cinque 25-
Item per spese di Pro(vincia)le
e Compagni un anno per l’altro scudi venti 20-
Item per salario dell’Avvocato Procur(ator)e ad Lites
Collettore, e altre spese di Corte scudi trenta
30-
Item per portatura di grani, musti, e conciatura di botti scudi
quindici 15-
Item per forastieri cosi frati della Prov(inci)a,
come della Con g(regation)e
scudi diece per farli Carezze 10-
Item per viaggi di Cap(ito)li Priore e Discreto un anno per l’altro
scudi quattro
4-
Item per reparationi di Camere per rifare letti e biancarie
per Refettorio, et altre robbe di Casa come vasi, piatti lucerne,
et altre cose simili così di Cucina come di dispensa scudi venti 20-
Noi Infra(scri)tti col mezzo del n(ost)ro
giuram(en)to attestiamo d’haver fatto diligente inquisitione, e recognitione
dello Stato dello monastero sud(ett)o, e che tutte le cose espresse di sopra, e
ciasched(un)a di esse sono vere, e reali, e che non habbiamo tralasciato
d’esprimere alcuna entrata, nè uscita, o peso del med(esim)o monastero che sia pervenuto alla n(ost)ra notitia, et in fede
habbiamo sottoscritta la p(rese)nte di
n(ost)ra propria mano, e
signata con il n(ost)ro solito
Sigillo q(ues)to dì 8
ma(r)zo 1650.
Io fra Salvatore Ursino di Monteleone, So(tto)priore in Capite
Io Bacc(elliere) Fran(cesc)o
Michele Angrisano di Monteleone, Dep(uta)to
Io Cons(iglie)re fra Fran(cesc)o Carrozza di
Troppa, Deputato
(AGA,
fondo Ii, vol. 60 ff 59-62)
________________________________________________________________________
III
LA
FONDAZIONE DELLA CONFRATERNITA DELLA CONSOLAZIONE
In nomine Domini amen; die trigesimaprima mensis Octobris, Millesimo
septingentesimo primo, quarta indictione, in civitate Montis Leonis sub
Pontificatu; Reg(nan)te; in Conventu Divi Agustini. Personalmente costituti in
presenza nostra lo M(olto) R(everendo)
P(adre) Priore Fra Antonino d’Ancora, M(olto) R(everendo) P(adre) M(aest)ro Fra Celestino
Morone, P(adre) Baccelliere
Guglielmo Mazza, P(adre) Domenico
Marino, P(adre) Isiodoro
Serpa, P(adre) Lettore
Francesco Saverio Gervini, Fra Antonio Nobile Procuratore del venerabile
Convento di S. Agostino di detta Città, ad sonum Campanulae leggitime
congregati aggentino, ed intervenientino dictis nominibus a tutte le cose
infrascritte per loro stessi, e per nome e parte di detto Convento, e successori
in futuro, ed in perpetuo parte ex una, e M(ast)ro Francesco Riggio, Sig. Antonio Caserta, Signor
Antonio Gallo, Signor Orazio Roggiero, M(ast)ro
Giuseppe Nusdeo, M(ast)ro
Carlo lo Riggio, M(ast)ro
Giuseppe Tomaino, M(ast)ro
Domenico lo Preiato, Fra Antonio Nobile, e Fra Agostino Michensi
fratelli Congregati aggentino, ed intervenientino a tutte e singule le Cose
infrascritte nelli nomi sudetti, per loro stessi, e successori in perpetuo
parte ex altera. Esse Parti sponte non vi dolo, sed omni meliori via, et modo
asseriscono congiuntamente tactis pectoribus, et scripturis qualmente si sono
convenute esse Parti, che dovesser formare una nuova Congregazione sotto il
titulo della B(eata) vergine
Immaculatam della Santissima Madre di Dio della Consolazione, Santo Padre
Agostino, e Santa Monaca dentro lo sudetto Convento, e proprio nella Camera seu
Magazino dove presentemente detti RR. PP. tengono lo grano, o pure in un altro
Magazino contiguo a questo a disposizione d’Essi Fratelli, e successori, quali
a proprie spese Essi fratelli, e successori accomodare per uso di Congregazione
sotto detto titulo, e versa vice Esso Convento darli lo permesso, e luoghi
sudetti senz’opposizione alcuna, e pratticare Essi RR. PP., e successori verso
detti fratelli tutto, e per intiero quel tanto pratticano li RR. PP. Domenicani
di detta Città verso li di loro fratelli; obligandosi all’incontro Essi
fratelli realiter, et personaliter di dare realmente ed effettivamente alli
detti RR. PP., e successori di detto Convento di S. Agostino tutti quelli jussi
emolumenti, e Caritativi sussidij, che sogliono dare li fratelli della
Congregazione del S(antis)s(i)mo Rosario
di detta Citta alli RR. PP. Domenicani, con assistere in detta Congregazione
della S(antis)s(i)ma vergine
della Consolazione Essi RR. PP. di S. Agostino in tutti li giorni festivi, e
sempre che sarà nicessario di farsi esercizij spirituali, ed altro sicome si
prattica in detta Congregazione del S(antis)s(i)mo
Rosario, di detta Città, e niente meno alla maniera, e modo della quale in
tutto, e da per tutto si rimettono intieramente. Com’anco alli Capitoli di
detta Congregazione del S(antis)s(i)mo
Rosario, quali debbansi pigliare, e Copiare del Modo, e maniera
stanno descritti, e quelli sottoscrivere ambe dette Parti respettivamente, ed a
tenore degli stessi restare ad invicem obligati, senza punto trasgredirsino, ne
potersino trasgredire, sotto qualsivoglia causa pretesto, raggione, pretensione
colore; e vole(n)do detta Convenzione, accordio; redurre in effetto. Quind’è
ch’ambe dette Parti nelli nomi sudetti s’obligano con giuramento realiter, et
personaliter cum juramento tactis pectoribus et scripturis, d’osservare ad
unguem e intiero tutto, e quanto s’è di sopra espressato, asserito; ed averlo
sempre rato, grato, e fermo ne in qualsivoglia modo controvenire, per
qualsivoglia causa, raggione, pretesto; quia sic. Pro quibus omnibus firmiter
observandis praedictae Partes respective obligaverunt se ipsas nempe dicti RR.
Patres obligaverunt bona dicti Conventus, et dicti Fratres obligaverunt bona
eorum omnia praesentia, et futura una Pars alteri, et altera alteri
praesentibus; sub poena, et ad poenam dupli medietate; pacto de Capiendo
Constitutione precarij, et in forma R(everen)dae
Camerae Apostolicae, et sub poenis, et Censuris illius respective
juraverunt tactis pectoribus, et scripturis voluerunt; unde. Praesentibus pro
testibus, et Iudice ad Contractus Paulo l’Abbadessa, Chierico Andrea Cugliari
di S. Onofrio, Sig. Gagliardi Saverio Iuniore, Sig. Nicola Maluccio, M(ast)ro Luca Durante, Sig.
Bruno di Leo, Et me Regio et Apost(oli)co Notario Nicolao lo Schiavo stipolante
rog(at)us.
(AS
VV, not. Nicola Loschiavo, istr. 31/10/1741)
________________________________________________________________________
IV
LA
PRESA DI POSSESSO DEI LOCALI DI SANTA CHIARA
Amm(inistrazio)ne
del Patrim(oni)o Regol(ar)e - Diocesi di Mileto
Verbale di possesso
Oggi che si contano li ventitre Giugno Milleottocentoventuno in
Monteleone da me qui sottoscritto Amm(inistrato)re
del Patrimonio Regolare di questa Diocesi di Mileto si è devenuto
alla consegna, e possesso del Locale del Convento altra volta di S(anta) Chiara sito in questa
Città consistente in cinque picciole stanze, e moltissime fabbriche dirute a’ P(adri) Agostiniani in vece
dell’altro locale detto di S(anta) Croce
sito nelle Circonferenze di Filadelfia che gli era stato assegnato per
disposizione dagli alti Esecutori del Concordato Ecc(lle)nza Monsig(no)r
Giustiniani, e Marchese de Tomasi con approvazione di S(ua) M(aestà) [D(io) G(uardi)] del dì 1° ottobre
milleottocentodiciannove. E perché tale disposizione si è variata dagli alti
Esecutori del Concordato, si è determinato, che detta Comunità si stabilisca in
Monteleone, e proprio nel Locale sud(ett)o di S(anta) Chiara, come dalla lettera de’ trenta Maggio
prossimo passato corrente anno n° 2395 della mista Commessione
Amministratrice del Patrimonio Ecclesiastico Regolare mi fu comunicato, e da
me in forza di tali ordini oggi sud(ett)o giorno si è posto nel Reale e
Corporale possesso il P(adre) Fra
Gius(epp)e Fazio Agostiniano legitimo procuratore e delegato del P(adre) Fra Gius(epp)e
Pezzella Delegato Gen(era)le dell’Istituto, come da sua procura in brevetto del
dì quattro Febrajo milleottocentoventi autenticata dal Notar Verificatore in
Napoli Rafaele Ruo Registrata in Officio li quattro Febrajo milleottocentoVenti
al fol. 68 Cas. 6° Lib. 1° Vol. 86 ricevuti grana venti = Pel Ricevitore il
Verificatore del Gatta n° progressivo 2482 Certificato vero dal
Presidente della Camera Notariale di Napoli colla data ventinove Marzo
milleottocentoventi Narisca Presidente. In forza dunque di tale mandato di
Procura il P(adre) Maestro
Fra Giuseppe Fazio è divenuto padrone, sig(no)re del Locale sud(ett)o per
servirgli di titolo nella qualità sud(ett)a, ed essere quindi riconosciuto
qual Procuratore della Casa Religiosa novellamente stabilita qui in Monteleone
in vece di Filadelfia, ed in tal qualità cede, e renuncia il Locale sito nelle
Circonferenze di Filadelfia nomato S(anta)
Croce in beneficio del Patrimonio Regolare per disporre come meglio
gli agradirà. Quale atto di consegna è stato dallo stesso Procuratore riconosciuto
ed accettato, per cui sottoscrisse il presente verbale in quatruplice
spedizione di unita a me. Fatto, letto e pubblicato qui in Monteleone oggi
sud(ett)o giorno, Mese ed anno.
L’Amm(inistrato)re
Diocesano: Basilio Scrugli
Il Procuratore: P(adre) Maestro Gius(epp)e M(ari)a Fazio
(ASDM,
cartelle Monteleone – conventi)
________________________________________________________________________
V
LA
PROTESTA DEL PARROCO DI SAN MICHELE
Eccell(enz)a R(everendissi)ma.
L’avere questo Sindaco esposto al Sig(no)r Intend(en)te della Provincia
essere solito dare il segno della Campana alle ore due della notte in tempo
d’Està, ed alle ore tre nell’Inverno nel Campanile della mia Parrocchiale
Chiesa, per cui con suo uff(ici)o del
dì 25 Novem(b)re ultimo diriggendosi a V(ostra)
E(ccellenza) R(everendissi)ma dispose, che mi fosse fatta la
insinuazione della osservanza di d(ett)o solito, come ha praticato colla sua
venerat(issi)ma del dì 30 d(ett)o, mi fò un dovere rappresentarle, che il
Reclamo del Sindaco cennato altro non contiene, che una mentita poggiata sulla
sua riscaldata fantasia; per cui meriterebbe da’ Superiori una forte
riprensione; onde in avvenire riferendo, dovesse attenersi a’ puri termini
della verità, e non dar così motivo a disporre le cose sulle nude e semplici
assertive. In Monteleone p(ri)ma della soppressione del Convento de’ PP.
Agostiniani di q(uest)a Città
era solito, che nelle cennate ore in tempo di Està, e d’Inverno si dava il
segno della Campana dal Campanile di d(ett)i PP. Agostiniani. Soppressi questi,
la Campana l’ha avuta la Congregaz(io)ne della Immacolata stabilita nella
Chiesa di S(ant)a M(ari)a degli
Angioli, che prima era de’ PP. Riformati, e con q(uest)a Campana, e dal sud(ett)o luogo si dava il
sud(ett)o segno: avute alcune differenze il Sindaco col Romito, che assiste la
Congregazione della Immacolata mesi sono, cercò introdurre questo abbuso nel
Campanile della mia Chiesa, sentendosila col mio segrestano, senza la menoma
mia intelligenza, per cui Io mi opporrò sem(p)re, nè permetterò affatto, che la
mia principale dovesse soffrire simile abbuso, non avendolo avuto in tempo di
tutti li miei Predecessori. Se il Sindaco vuole far sonare il d(ett)o segno
alle ore di sopra descritte può servirsi della solita campana de’ PP.
Agostiniani; ma non delle Campane, che sono di privata propietà della Chiesa
Parocchiale. La prego compiacersi tanto far sentire al prelodato Sig(no)r
Intendente onde si ricredesse, che in me concorre tutta la ragione, e niuna
ombra di Capriccio. Gradisca V(ostra)
E(ccellenza) R(everendissi)ma gli attestati della mia ubb(idienz)a; mentre mi dò
l’onore chiederle la S(anta)
B(enedizio)ne. Il Parroco di S(an)
Michele: Teodoro Putignano
A S(ua) E(ccellenza)
R(everendissi)ma
F(ra) Vinc(enz)o M(ari)a Vescovo
di Mileto
(ASDM,
cartelle Monteleone – conventi)
________________________________________________________________________
VI
LA
DELIBERA CONSILIARE PER LA RIAPERTURA DELLA CHIESA
17a Tornata
- 13 Settembre 1879
Presidenza del Comm(endatore)
(Giovanni Battista) Francica. Radunatosi il Consiglio in seconda
convocazione, previa autorizzazione avuta dalla Superiore Autorità, ed in
seguito dei corsi avvisi, come di legge… (omissis). I due Consiglieri Palumbo e
Scalfaro rientrano nella Sala. Giusta l’ordine del giorno, il Presidente dona
lettura di una domanda firmata da molti cittadini che reclamano che la Chiesa
degli Agostiniani ritorni al suo divino culto, e prega quindi il Consiglio di
pronunziarsi nel modo che crederà più utile ed opportuno. Prende la parola il
Consigliere Froggio, il quale dalla sua discussione fa rilevare come l’apertura
della Chiesa degli Agostiniani al Culto divino e la celebrazione della Festa in
quella Chiesa, sia necessaria per far valere il sentimento religioso non solo,
ma mitigare gli animi dei divoti, pel malcontento in essi suscitato
alloraquando questo Consiglio spinto dalla necessità e dal bisogno, deliberò
che la Chiesa fosse adibita ad uso dei militari, e prega quindi il Consiglio,
perchè si pronunzi favorevolmente alla sua proposta, ch’è del tenore seguente:
Che ritornino le Statue alla Chiesa degli Agostiniani, e che la festa prossima
di S. Cosmo e Damiano si faccia in quella Chiesa, e che le obblazioni dei
fedeli vadino a benefizio della Congregazione di S. Giuseppe che ha subito
tante spese di trasporto di tutti gli arredi di quella Chiesa, pregando la
Cattredra della Confraternita a curare il buono andamento della Festa. Il
Consigliere Giordano Bruno si oppone, sostenendo che la Chiesa dovrà aprirsi
dopo che si farà la festa di S. Cosmo e Damiano nella Chiesa di S. Giuseppe,
avendo dovuto la Congregazione sostenere delle spese pel trasporto degli
oggetti sacri da S. Chiara a S. Giuseppe, e che non facendosi la festa, la
Congregazione domanda il rimborso delle spese [alle quali] ha dovuto andare
incontro. Il Consigliere Froggio mantiene il suo ordine del giorno. Prende la
parola il Consigliere Simonelli, il quale sostenendo le ragioni del suo collega
Giordano, propone al Consiglio che si riapra la Chiesa degli Agostiniani al
Culto, dopo però celebrata la festa di S. Cosmo e Damiano nella Chiesa di S.
Giuseppe. Alla quale proposta si associano i Consiglieri Presterà, De Francesco
e Ramondino, facendo intendere però che le spese tutte di trasporto degli
arredi sacri in quella Chiesa, dovranno andare a carico della Chiesa di S.
Giuseppe. Il Consigliere Cutellè si associa all’aggiunzione fatta dai Sigg.
Presterà, De Francesco e Ramondino. Il Consiglio letto il Deliberato Consiliare
del 15 Maggio 1879 - Letto il Deliberato della Giunta del 3 Giugno detto anno -
Letto il Verbale di consegna degli arredi sacri al Rappresentante la
Confraternita di S. Giuseppe, da cui risulta che il Municipio dev’essere
indenne sempre delle spese di trasporto e di restituzione. Il Presidente,
chiusa la discussione, mette ai voti la proposta Simonelli colla aggiunta fatta
dai Consiglieri De Francesco, Presterà, Ramondino e Cutellè, la quale viene approvata
a maggioranza. Incarica il Sindaco che la Chiesa venga restituita al culto, di
cui è oggetto, dietro il 27 di questo mese, senza però che il Municipio
soffrisse aggravi di spesa, la quale dev’essere tutta a peso della
Confraternita, che si è espressamente obbligata, con il suo rappresentante.
(omissis) Lettura data, il verbale si approva e si sottoscrive.
Il Presidente Francica
- Il Consigliere Anziano A. Capialbi - Il Segretario Gius Quaranta
(ASC VV, Registro delle deliberazioni del Consiglio
Comunale, n. 112 del 13/09/1879)