da ANALECTA AUGUSTINIANA LX (1997)

 

LA CONGREGAZIONE AGOSTINIANA

DEL VEN. FRANCESCO DA ZUMPANO IN CALABRIA (Secc. XV-XVII)

di FOCA ACCETTA

 

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[P. 83] Le istanze spirituali, ideologiche che sono alla base della nascita, diffusione e durata del fenomeno delle Congregazioni di Osservanza, sviluppatosi all’interno degli Ordini mendicanti tra il XIV-XVI secolo, sono state individuate e chiarite dalla più recente storiografia. (1). Ad essa si rinvia per un più approfondito esame degli aspetti ideali, spirituali e pastorali del movimento di riforma, del ruolo che svolse all’interno degli Ordini religiosi, del tipo di rapporto che gli “osservanti” instaurarono e mantennero con i “conventuali” nell’ambito di uno stesso Ordine. Presupposto essenziale al formarsi delle congregazioni di osservanza era la volontà di singole o più comunità conventuali di sottrarsi al clima di decadimento morale e religioso che connotava la vita delle Province. Quando la maggioranza dei religiosi di una casa si mostrava favorevole al desiderato rinnovamento, rivolgevano al superiore dell’Ordine una domanda, che giudicavano necessaria per porre in salvo la loro riforma: essere esenti dalla giurisdizione dei superiori delle rispettive province, per vivere sottomessi alla giurisdizione immediata del Generale dell’Ordine. Questi approvava poi un breve regolamento, che conveniva nella sostanza con la Regola e con le Costituzioni, e nominava il superiore della comunità osservante, chiamato rettore nei riguardi dei sudditi [p. 84] e vicario in quelli del Generale. Questo ritorno all’osservanza cominciò sempre in un convento al quale poi i superiori dell’Ordine ne unirono altri della stessa regione [...]. Nacquero in questo modo le Congregazioni di Osservanza. Così il p. David Gutièrrez (2). Tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, negli ambienti agostiniani calabresi si riscontra l’esigenza d’introdurre la riforma, già avviata in altre regioni d’Italia, per arginare la decadenza morale e disciplinare che si era propagata nell’Ordine. In pratica, si sentiva la necessità di vivere e attuare il più coerentemente possibile gli ideali della Regola di S. Agostino e delle Costituzioni agostiniane. Questa ansia di rinnovamento, come si è visto, era favorita dai priori generali che sostenevano e approvavano il sorgere di Congregazioni di Osservanza, svincolate dalla giurisdizione dei provinciali e sottoposte alla propria giurisdizione diretta tramite un vicario. Il movimento di osservanza venne introdotto in Calabria da p. Francesco Marino da Zumpano (1455-1519) e interessò i conventi di Aprigliano (1490), Soverato (1490), Nocera (1500), Francavilla (1502), Bombile (1506). Noto con il nome di Congregazione di Calabria o degli Zumpani, fu approvato dal priore generale Egidio da Viterbo il 24 maggio 1509: “confirmavimus electionem vicarii nationis Calabrie fratris Antonii Cosentini, mandamusque ei ut definitiones et leges alias servari faceret sub pena privationis officii confirmavimus et acta omnia capituli” (3). Un altro e significativo intervento è del 1515. Infatti il 27 ottobre di tale anno il citato priore generale riconosceva l’autorità e il prestigio di p. Francesco da Zumpano e apriva la strada all’espansione del movimento: “item confirmamus acta capituli Congregationis Calabriae ac etiam vicarium electum fratrem Antonium de Franchavilla. Item confirmamus litteras quasdam magne auctoritatis fratri Francisco de Zampano. Item damus facultatem construendi novum monasterium condonatum sibi a locorum ordinariis. Item concedimus licentiam [p. 85] conventui Sancte Marie de Pietate [Soverato] ut ubique locorum possint petere elemosinam, quod si fratres ex hoc se gravatos sentirent, veniant ad nos, et hoc sub excomunicationis pena, ut a nullo nostro possint inferiore molestari” (4). L’affiliazione all’Ordine e gli statuti della congregazione furono approvati dal pontefice Paolo III con il breve Pastoralis officii del 2 gennaio 1539 (5). L’importanza e il ruolo che nel giro di pochi anni la congregazione venne ad assumere nel più vasto progetto dell’Ordine di ripristinare la regularis observantia sono contenuti nella proposta avanzata nel 1522 dal priore generale Gabriele della Volta di costituire la Provincia Osservante di Calabria unendo i conventi calabresi della provincia di Terra di Lavoro con quelli dell’osservanza zumpana. Il progetto non fu realizzato per le perplessità e i timori della congregazione di essere influenzata negativamente dall’indisciplina e corruzione esistenti nella provincia, e sotto la spinta popolare venne accettato soltanto il convento di Cosenza (6). La successiva autonoma sistemazione giuridico-amministrativa dei conventi calabresi della provincia napoletana, sancita dal capitolo generale di Napoli del 1539, ebbe come punto di riferimento la riforma zumpana. La decisione di costituire la Provincia di Calabria rispondeva all’esigenza di promuovere anche tra i conventuali una osservanza più rigida e coerente della Regola di S. Agostino e delle Costituzioni dell’Ordine, in armonia con lo spirito di riforma perseguito dagli zumpani. Infatti, in una lettera del 1 settembre 1539 inviata dal Seripando ai membri della neo costituita provincia di Calabria si legge: “Significavimus capitulo nationis Calabriae proxime celebrando, quia nulla iura producta fuerant unionis eius cum provincia Terrae Laboris, divisisse eas nos ab invicem: reponentes tamen in facultate capituli generalis quod tunc de hoc videretur decernendum. Instituimus item praesidentem dicti capituli praefatum magistrum Iacobum Tharsiensem, cum auctoritate dari solita aliis praesidentibus. Hortantes eos ad talem vitae reformationem, ut in comparatione fratrum congregationis fratris Francisci de Zampano ipsi reputarentur [p. 86] observantes et non illi. Commendavimus insuper eis efficacissime observantiam Regulae divi Augustini ac definitiones capituli generalis” (7). Nonostante la stima accreditata presso i superiori dell’Ordine, anche nella congregazione degli zumpani cominciarono a comparire abusi, indisciplina, sintomi di un declino dell’osservanza religiosa. Da qui le esortazioni del Seripando al vicario p. Ludovico da Petrizzi “ut reformare conventus et fratres suos omnes studeat, ut quando que fratrum observantium sit congregatio potius opere quam solo titulo” (8). Nel 1547 ad Ambrogio da Verona provinciale di Calabria il Seripando affidò il compito di visitare, insieme al vicario della congregazione, i conventi zumpani per reprimere gli abusi e promuovere la regularis observantia (9). Purtroppo della visita non si conserva alcuna traccia e quindi non è possibile conoscere la situazione rinvenuta, i provvedimenti adottati sia di repressione che di prevenzione. Tanto meno si possono dedurre dalla corrispondenza intercorsa tra il generale e il visitatore, lodato per la prudenza e lo zelo esercitato ma ripreso per discorsi e provvedimenti inopportuni (minaccie di riunione della congregazione alla provincia, concessioni di privilegi, severità eccessiva verso alcuni frati). Documentate sono invece le alterne vicende della recezione e attuazione della riforma dell’Ordine secondo gli orientamenti del concilio di Trento. Il 14 luglio 1568, subito dopo la celebrazione del capitolo generale di Padova, il priore generale Cristoforo da Padova inviò al vicario della congregazione degli zumpani le rinnovate costituzioni dell’Ordine per un’organica azione di rilancio e riqualificazione della vita religiosa e degli impegni apostolici (10). Dopo aver superato resistenze e problemi organizzativi nell’agosto del 1569, il vicario p. Agostino della Roccella diede le opportune disposizioni affinché la “Riforma” fosse praticata in ogni singolo convento da tutti i religiosi indistintamente: [p. 87] “volendo noi osservare et far osservare da tutti li padri della Congregatione li statuti fatti dal nostro capitolo di Padua, confirmati per sua P. R.ma Maestro Tadeo da Perusa, li quali statuti furono ordinati et fatti in Padua dalla bona memoria del R.mo P. Generale M.ro Christophoro da Padua; et acciò tale constitutioni non siano incognite [...] et che non fussimo ripresi per negligenti, pertanto ci è parso provvedere et far osservare le predette deffinitioni da tutti li priori et che loro le facciano ancora dalli loro suditi osservare ad unguem si come per il Sacro Santo Concilio di Trento siamo reformati et ciasched’uno priore voglia ponere la mano et sottoscrivere come li presenti ordini l’hanno ricevuti, letti et promulgati, aggiungendo anco al ultimo di queste alcune constitutioni estratte per noi, et questo ordiniamo che tutti quelli che receveranno dette constitutioni le facciano leggere, osservare et far osservare e questo restando certi che farete quanto si comanda non altro [...]. Dal nostro monasterio de Francavilla a dì 15 agosto dell’anno 1569. Delli presenti constitutioni se ne piglia copia ogni priore, altrimenti incorrerà alla pena debita” (11). L’attuazione dei principi spirituali, teologici e pastorali del concilio di Trento doveva essere realizzata secondo le Ordinationi et Constitutioni fatte per me frate Agostino della Roccella nel presente anno del nostro vicariato 1569 (12). Tra i punti fondamentali inseriti nel documento -rappresenta il primo testo normativo della congregazione degli zumpani dopo che gli statuti originali sono andati dispersi- sono l’adozione del breviario romano e il principio della povertà personale. Infatti, viene proibita qualunque forma di proprietà privata mentre è riconosciuta quella comunitaria: “ordiniamo et comandiamo da parte del P. R.mo che nessun frate di qualsivoglia sorte tenga denari, bestiami, tanto de mobili come stabili [...], fra lo spazio d’un mese habbiano da acogliere li detti denari et ponerli in deposito”. L’amministrazione dei beni dell’unico soggetto riconosciuto quale proprietario, e cioè il convento, è attribuita al procuratore. Il priore invece è tenuto a vigilare sulla corretta gestione, ad assicurare il “vestiario” ai sacerdoti e agli altri membri della famiglia conventuale, oltre che curare tutti gli altri aspetti della vita comune [p. 88] e la preparazione culturale degli aspiranti sacerdoti. I singoli religiosi sono richiamati al senso di responsabilità, a condurre una vita esemplare al fine di tutelare l’onore della Religione e di garantire la pacifica esistenza della congregazione. Alle “Ordinazioni” del vicario p. Agostino della Roccella sono legate le disposizioni del visitatore generale per la Calabria p. Donato da Benevento inserite nella lettera Per non mancare del 16 agosto 1569 (13). Non si tratta di un legame esclusivamente burocratico e temporale, i due documenti furono pubblicati a distanza di ventiquattr’ore l’uno dall’altro e controfirmati dal visitatore generale; la loro affinità va al di là di questi segni esteriori, che pur esistono e dei quali si deve tenere conto per una più completa comprensione della riforma. Essi infatti per i contenuti e le reciproche integrazioni costituiscono un unico testo normativo che ha come fine l’osservanza religiosa: “havendo [...] noi veduto e toccato con le mani molti disordini in questa vostra Congregatione ci è parso farv’intendere in molte cose qual sia la nostra volontà sopra la riforma, e tutto a honor di Dio et splendor di nostra Religione, et a beneficio et quiete publica”. Il tono e il contenuto della lettera rilevano che la situazione in cui versava la congregazione non era eccellente. La vita comune non sempre era praticata; le norme relative alla povertà eluse da dispense e interpretazioni benevole; frati spinti “dalla ambitione di regnare et dominare et essere superiori”, organizzati in fazioni, completavano il quadro e rafforzavano nel visitatore la convinzione che gli zumpani fossero osservanti solo di nome. Al fine di porre un freno a questo stato di cose (“desideriamo ancora che al nome corrispondano le opere e li fatti”) nel documento sono indicate forme e modalità di attuazione della riforma. In linea con gli statuti dell’Ordine e con le “Ordinazioni” del vicario della congregazione viene ribadito il principio della povertà personale: “quale opera può corrisponder al nome d’osservante, più illustre, et grata a Dio e al mondo, quanto quella che ci priviamo di proprietà delle cose si stabili che mobili siano patrimoniali o acquistate”. I religiosi sono invitati a far “rinuncia reale d’ogni proprietà di stabili e mobili”. [p. 89] Per l’eliminazione degli altri abusi è introdotto il principio della mobilità dei frati; nessuno poteva dimorare in un luogo per più di due anni, tranne coloro “che hanno [...] gratia particolare”, poiché le famiglie conventuali sarebbero state formate “secondo il volere di padri deffinitori et vicario, et non secondo il volere de’ priori de luoghi” (art. 4). Così pure la concessione degli ordini sacri “da qui in poi” rientra nelle competenze del Definitorio e dei visitatori, che su proposta del vicario dovevano valutare i requisiti dei candidati (età, moralità, preparazione culturale). Per ridurre il gran tumulto dei capitoli a un dialettico confronto, ed evitare di attribuire responsabilità di governo a persone non idonee è stabilito “che habbin voce in capitolo altro che i padri deffinitori, et visitatori del precedente capitolo, i priori dei luoghi, et i discreti, et questi vogliamo che sieno o possino essere eletti se saranno persone, et di giudicio, et di età, et di costumi mature, et tali che mai dalla Religione sieno stati apostati o di notabil vitio notati”. Nella prospettiva di garantire la vita comunitaria, di pacificare la congregazione superando conflittualità e divisioni, s’iscrive il divieto di denunciare fatti e persone senza prove a carico: “nessuno habbi ardire di querelare persona alcuna che prima non si oblighi di stare alla pena del taglione, cioè a quella che meriterebbe il querelato se non proverà la querela per testimoni degni di fede”. Le disposizioni promulgate dal vicario generale p. Donato da Benevento furono approvate dal priore generale Taddeo da Perugia il 29 ottobre 1569 (14). Nei superiori dell’Ordine esisteva comunque il timore che il tentativo di ripristinare la regularis observantia nella sua pratica applicazione si rivelasse un fallimento. La corrispondenza intercorsa tra il priore generale e il vicario della congregazione, nel periodo immediatamente successivo, conferma tale preoccupazione. Ad esempio il 3 marzo 1570 il priore generale diede precise istruzioni per eliminare durante la celebrazione del capitolo comportamenti che suscitavano scandalo tra i laici e confusione tra i religiosi; infatti, scrive: “perchè nel tempo del capitolo della Congregatione tal’hora li frati sogliono per loro particolari affetti scordarsi et del bene et dell’honore delli monasterij et del commodo publico et ben spesso lasciano [p. 90] li conventi senza frati onde spesso tra il popolo cagionasi scandalo et si da occasione di mormorationi, et in capitulo sono causa di confusione et disturbo, per questo acciò et all’uno et all’altro si dia giusto et opportuno rimedio ordiniamo [...] et commandiamo [...] sotto pena di ribellione et di escomunicatione che nessuno vadi al capitolo eccepto il priore et il discreto; et dove sono tre sacerdoti uno debba restare, et dove ne sono due soli, il priore vadi et l’altro resti. Et quelli come discoli poco temeranno delli superiori li commandamenti, non havendo licentia, da se veniranno, ordiniamo che in capitulo non habbino altrimenti voce; et quando altrimenti si faccia oltre che ci sarà molesto non mancheremo anco di procedere col rigore della giustitia contro quelli che così meriteranno” (15). In un’altra e successiva lettera del 26 febbraio 1571 i toni sono molto più distesi, ma sostanzialmente fermi nel ribadire il concetto di riforma: “il più efficace segno d’amor ci potreste mostrare et che voi stiate in pace et non consumate l’uno all’altro con insidie, calunnie et false imputationi et che attendiate a vivere religiosamente con timor di Dio et con li esempi con le buone opere; il che doviate fare voi per essere religiosi et far professione de’ vita più riformata; lasciate stare le gare, le contestationi, le conventicole che non parturiscono se non inimicitie, odi, sdegni. Daremo ordine di quello che se haverà da fare nel capitolo vostro de la congregatione, che non volemo altro se non che la congregatione sia ben governata, la quale sarà governata da voi altri, non ce manderemo forestieri, ma facciate altramente saremo sforzati servirci da quelli che la governeranno bene” (16). Per verificare la reale osservanza delle costituzioni agostiniane nei conventi della congregazione zumpana, sono interessanti gli atti delle visite compiute da p. Felice da Napoli e dal priore generale Spirito Anguisciolo, rispettivamente nel 1576 e nel 1584. Infatti i visitatori, dopo aver ispezionato chiesa e locali conventuali, sottoponevano ai singoli frati un questionario, poi sottoscritto dall’interessato, tendente ad accertare lo stato e il tono della vita religiosa della comunità. Le domande erano formulate in questi termini:

1. “Se il priore o altro frate di questo convento fosse persona scandalosa o di cattiva vita”;

2. “Se il priore faceva servir bene la chiesa et trattava bene li frati”; [p. 91]

3. “Se lui sapeva che frate alcuno facesse faccende di bestiame o havesse dinari fuora dati a secolari”;

4. “Se lui haveva robbe stabili o mobili o dinari”;

5. “Se lui haveva a dar querela ad alcuno et si l’occorreva dirmi cosa alcuna”.

La visita compiuta dal visitatore generale p. Felice da Napoli nel 1576 è mutila, non è possibile stabilire da quale convento prese l’avvio; rimane solo la parte finale relativa ai conventi di Aprigliano, Castiglione, Cosenza, Francavilla, Mormanno, Nocera, S. Stefano, Scigliano, Stilo. Tuttavia, riveste una certa importanza nei giudizi espressi e nelle proposte avanzate dal p. Felice per eliminare il rilassamento della congregazione degli zumpani: “l’intento del beato Padre era quello d’introdurre nella Nostra Religione una Osservantia tale che fosse come quella de’ Cappuccini nella Religione di S. Francesco, et questo si vidde hanco nell’habito che introdusse et nel concederli la barba, ma questa cattiva sementa di Calabresi non solo fruttificò frutto buono, ma marciò subito dentro l’ambitione et havaritia, poiché altro qui non si ritrova in abondantia […]. Del resto della riforma non so che dire poiché mai avrà acquisizione finché non sono mandati via questi frati et venghino de’ forestieri et se ne vestano piccolini, et incominciano dalla fanciullezza alli comuni costumi della religione; per ora giudico savio espediente et necessario [che] S. P. Rev.ma faccia ordine che in tutti i modi a spese comune si faccia un Novitiato in Cosenza, dove gli anderà poca spesa, et vi mandi un Maestro de’ fora, poiché qui non ce nissuno che sappia né cantare né leggere” (17). Viceversa le autorità laiche, nel tentativo d’influenzare la vita dei conventi e la scelta dei priori, ponevano in primo piano la necessità di sostituire i vicari forestieri con frati del luogo. Ciò è testimoniato da due lettere del cardinale Sirleto del 1568 che, su indicazione del duca di Nocera e del marchese di Fuscaldo, patrocinia presso il priore generale il trasferimento del provinciale forestiero e la nomina del p. maestro Andrea da Paola “soggetto degnissimo” (18). La visita del 1584 è stata compiuta dal priore generale Spirito Anguisciolo (19). Sulla base del questionario precedentamente indicato [p. 92] sono interessanti i giudizi che gli stessi frati esprimono sullo stato della vita religiosa all’interno della congregazione. Ad esempio p. Angelo da Chiaravalle del convento di Spatola sostiene: “questa congregatione ha gran bisogno di riforma perché molto rilasciata et non tiene maniera né forma di vivere religioso et regolato et questo particolarmente per difetto di superiori” (20). Il p. Antonio di Aquaro del convento di Terranova con maggiori particolari conferma che “nella congregatione non vi è cura alcuna de’ gli infermi, così è per tutto. Et così similmente si trattano gli hospiti. Vi è grande ignorantia. Et li priori fanno ogni cosa pro arbitrio et imperio et maltrattano li conventi et li frati. Si sono fatti li capituli sempre con gran tumulto et si danno uffici a persone indegne et immeritevoli et questo per lucro [...]; si legge qualche volta alla mensa tra la settimana il caso morale, ma non sempre [...]; non si tiene il capitulo de Culpis, ne si fa l’onore per li benefattori vivi et morti [...]; li novitii et professi pratticano tutto senza altra cura di costumi né di lettere” (21). La necessità di riformare la congregazione degli zumpani, dove la corruzione aveva raggiunto tutti i livelli, divenne una questione non più prorogabile. Lo stesso priore generale ebbe modo di constatare che “in questa congregatione (salvo sempre l’honore de’ buoni, ma pochi) non v’è vestigio di virtù, non di bontà, non di santità, né di disciplina monastica né regolare, ma bene colmo de’ vitii et d’ignorantia [...]; tra le tanti imperfetioni et gravi le quali ritroviamo [...] sono le partialità [...] sicché in questa congregatione i suoi religiosi [...] si sentono nominar Levantini et Ponentini, come già per l’Italia al tempo delle fattioni tra gli suoni di guerra s’udivano chiamare li Guelfi et Ghibellini” (22). La riforma della congregazione si concretizzò nel capitolo celebrato il 4 ottobre 1584 nel convento di S. M. della Pietà di Soverato. Le decisioni in quella occasione adottate, pubblicate nel 1586, ribadiscono e integrano le “Ordinazioni” del 1569 alla luce dell’esperienza e delle costituzioni dell’Ordine del 1581: [p. 93] Ordiniamo che le costituzioni riformate dell’Ordine nostro siano di bene in meglio osservate, come quelle dalle quali dipende la vera osservanza et la vera riforma di ogni Provincia et d’ogni Congregatione fin dal principio che forono publicate sono state accettate da questa venerabile Congregatione et hora più che mai prontamente e con ogni debita humiltà et obedientia accettiamo” (23). In questa prospettiva sono da considerare le norme circa il culto divino, la proprietà personale, la gestione del patrimonio comunitario. Rispetto alla legislazione precedente, la Riforma del 1584 riserva maggiore attenzione alla preparazione culturale e teologica dei religiosi. Per l’ammissione agli Ordini minori si esige che si sappia “leggere distintamente e bene”; per il subdiaconicato, oltre agli altri requisiti, che si sappia “cantare canto fermo” e “mediocramente grammatica”. La generica prescrizione del 1569 “ordiniamo a tutti li priori che faccino imparare li diaconi subdiaconi et novitii”, è riformulata in modo più preciso nella consapevolezza che la formazione culturale e teologica dei singoli religiosi serva a renderli idonei ad affrontare tanto le istanze spirituali della società quanto la penetrazione delle idee protestanti in Calabria: “si leggano continuamente casi di conscientia nella congregatione per istrutione e ammaestramento non solo della pueritia et gioventù, ma anco di tutti i sacerdoti, li quali tutti n’hanno bisogno”. L’esigenza di conciliare la vita comunitaria e i tempi richiesti dallo studio, suggerisce di concedere “tempo, giorno et hore determinate, et deputate per poter imparare a leggere et scrivere a li fratini et professi atti a passare agli ordini”, dispensandoli dai lavori pesanti; di contro “a quelli che non sono atti, né habili ad imparare non li si conceda cappuccio, ma si occupino alla cerche et altri tali negotii”. Finalizzata a fornire un bagaglio di conoscenze teologiche, pastorali e culturali ai religiosi avviati al sacerdozio o già ordinati, è l’istituzione di due noviziati e quattro luoghi di studio. Infine, il problema che la vita comunitaria, gli ideali dell’osservanza (umiltà e uguaglianza dei frati) e le varie componenti [p. 94] della pastorale (predicazione, sacramenti, devozioni) risultassero compromessi dai privilegi di cui potevano godere i graduati (lettore, baccelliere, maestro) è affrontato e risolto in maniera molto semplice nel senso che i privilegi circa il modo di vestire, dormire e viaggiare sono riconosciuti e godibili a discrezione dei singoli, mentre nessuna esenzione è prevista per tutto ciò che investiva la sfera spirituale e l’impegno pastorale; infatti all’articolo 27 della “Riforma” si legge: “accettiamo et ammettiamo il Breve di Nostro Signore Gregorio XIII in materia di maestri et magisterio, ma pregamo il Padre Reverendissimo, che li detti maestri che verranno, attendano a leggere casi di conscientia et predicare, altrimenti non godano l’essentioni magistrali”. Vicario fu eletto il p. Damiano da Bevagna della provincia umbra, personaggio che ben rispondeva al “bisogno di persona savia, prudente, da bene, di buono esempio, prattica de’ governi, osservante da vero de’ precetti della Regola di S. Agostino e delle nostre costitutioni et soprattutto che non sia partiale [...] ma governi con equità et carità questa congregatione, questi nostri religiosi indifferentemente” (24).

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(1) P. BELLINI, Le congregazioni di osservanza, in “Presenza Agostiniana”, n. 3-5, maggio-ottobre 1994, pp. 18-26; A. MARTINEZ CUESTA, Il contesto storico-ecclesiale della riforma agostiniana, in “Presenza Agostiniana”, n. 2-4, marzo-agosto 1992, pp. 66-81; M. ROSA (a cura), Clero e società nell’Italia moderna, Bari, 1995, p. 23 e l’annessa bibliografia.

(2) D. GUTIÈRREZ, Lecceto tra storia e leggenda, Roma, pp. 133-134.

(3) A. MEIJER, Aegidii Viterbensis OSA., Res gestae generalatus, vol I, Roma 1988, p. 104, n. 241.

(4) Ivi, vol. II, p. 146, n. 470.

(5) AGA, CB-1-31.

(6) B. VAN LULJK, L’Ordine agostiniano e la riforma monastica, in “Augustiniana”, vol. XIX (1969), p. 350.

(7) D. GUTIÈRREZ, Hieronymi Seripando OSA, Registrum Generalatus, vol. I, Roma 1982, p. 125.

(8) D. GUTIÈRREZ, Hieronymi Seripando OSA, Registrum Generalatus, vol. II, p. 44, lettera del 30 agosto 1540.

(9) Ibidem, vol. V, pp. 214-215, lettera del 7 novembre 1547.

(10) AGA, Ii, vol. XI, ff. nn.

(11) Ibidem.

(12) Ibidem.

(13) Ibidem.

(14) AGA, Ii, vol. XI, ff. nn.

(15) Ibidem.

(16) Ibidem.

(17) AGA, Aa XI. f. 505v.

(18) E. RUSSO, Regesto vaticano per la Calabria, vol. IV, Roma, 1974, p. 130, n. 21888.

(19) AGA, Aa XI, ff. 473-497v. Il diario di viaggio dell’Anguisciolo è in AGA, Dd 41, ff. 53-55/75-97. Copre un arco temporale che va dal 16 al 26 marzo e, dopo il ritorno dalla Sicilia, dal 31 luglio al 19 novembre 1584.

(20) AGA, Aa XI, ff. 476-485v.

(21) Ibidem, f. 457.

(22) AGA, Dd 41, f. 88.

(23) Riforma della Congregatione del beato Francesco da Zumpano dell’Ordine eremitano di S. Agostino in Calabria, in Roma, nella stamperia di Vincenzo Accolti, in Borgo, 1586, art. 1.

(24) AGA, Dd 41, f. 89.

 

 

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[p. 94] 2. Ulteriori provvedimenti per garantire la vita comune, la formazione non solo spirituale, ma anche culturale degli aspiranti sacerdoti, il governo della congregazione degli zumpani, furono emanati dai priori generali nella prima metà del secolo XVII. In questo contesto si inserisce la definizione del nuovo assetto giuridico amministrativo del movimento zumpano e cioè la creazione nell’ambito della suddivisione civile della regione di due circoscrizioni. Infatti, nel decreto di divisione, emanato dal priore generale Ippolito Fabriani il 29 maggio 1603 e ratificato da Clemente VIII con il breve Ex iniucto nobis del 30 ottobre successivo, si legge: “Auctoritate itaque nobis [...] praefatum zampanorum congregationem in duas partes devidimus et divisam declaramus: una Congregatio Zampanorum superioris Calabriae nuncupanda, altera vero Congregatio Zampanorum inferioris appellanda; ita ut unaquaeque potestatem in posterim habeat suum canonice eligere vicarium, ne unus se immisceat in officio alterius” (25). [p. 95] In concreto le conseguenze del provvedimento furono che dei 39 conventi 18 costituirono la Congregazione di Calabria Citra e 21 la Congregazione di Calabria Ultra (Tab. 1).

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Tab. 1 - LA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI NEL 1603

Zumpani Calabria Ultra…Zumpani Calabria Citra

Agrusto ..………………..Albi

Aquaro…………………...Aprigliano

Bombile………………….Belvedere

Borgia……………………Casole

Brancaleone……………..Castiglione

Bruzzano…………………Cosenza

Cortale…………………...Crucoli

Castelvetere…………….Macchia

Dasà……………………...Magli

Davoli…………………….Martirano

Francavilla……………….Nicastro

Gioia……………………...Nocera

Gioiosa                                                             …………………...Paterno

Montepaone……………..Rovito

Reggio*…….…………….Scagliano

Noverato…………………Sellia

Spadola…………………...S. Stefano

Stalittì…………………….Zumpano

Stilo

Terranova

Varapodio

 

*Nel 1603 il convento di Reggio era disattivato per i danni subiti dalle incursioni turche; fu ripristinato nel 1639.

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Seguendo l’andamento cronologico degli insediamenti indicato dalle relazioni del 1650, rapportato ai principali atti giuridici dell’Ordine e delle autorità pontificie in favore della congregazione e ai provvedimenti restrittivi contro la moltiplicazione dei conventi, nell’espansione del movimento zumpano è possibile distinguere tre fasi (26). [p. 96] Nella prima fase 1490-1539, corrispondente alla fondazione dei primi cenobi, al riconoscimento della congregazione da parte dell’Ordine (1509) e alla bolla Pastoralis officii di Paolo III (1539), sono compresi quindici conventi, tra cui quello di Cosenza fondato nel 1426 e aggregato agli zumpani nel 1522 (Tab. 2).

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Tab. 2 - FONDAZIONE DEI CONVENTI NEL PERIODO 1490-1539

Anno………Città……..….Titolo……………...Diocesi

1426/1522…Cosenza…..….S. Agostino………...Cosenza

1490………..Aprigliano…...S. M. delle Grazie…Cosenza

1490………..Soverato….….S. M. della Pietà…...Squillace

1500………..Nocera…….…S. M. di Loreto…….Tropea

1502………..Francavilla….. S. M. della Croce….Mileto

1506………..Bombile……...S. M. della Grotta…Gerace

1518…….….Crucoli……….S. M. Annunziata.…Umbriatico

1524………..Rovito……......S. M. delle Grazie…Cosenza

1526………..Casole………..S. Michele Arc.……Cosenza

1527………..Spadola……....S. M. del Carmine....Squillace

1530…….….Castelvetere...S. M. del Carmine…Gerace

1531…….….Terranova……S. M. del Soccorso...Oppido

1531………..Scigliano……...S. Agostino………...Martirano

1535………..Belvedere……S. Venere………..…Cariati

1539…….….Montepaone....S. M. degli Angeli…Squillace

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La seconda fase 1544-1593, quella di massima espansione con 24 conventi, è caratterizzata da due o più fondazioni simultanee negli anni 1570 (Albi, Sellia), 1571 (Varapodio, S. Stefano), 1580 (Brancaleone, Magli), 1590 (Macchia, Reggio, Stalittì), 1593 (Agrusto, Borgia) (Tab. 3). [p. 97]

 

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Tab. 3 - FONDAZIONE DEI CONVENTI NEL PERIODO 1544-1593

Anno………Città……...….Titolo……………………....Diocesi

1544……….Bruzzano…….S. M. delle Grazie………...Gerace

1546……….Aquaro………S. M. del Soccorso………..Mileto

1547……….Cortale………S. M. del Soccorso………..Nicastro

1553……….Dasà………….S. M. della Pietà………….Mileto

1559……….Zumpano….....S. M. degli Angeli………...Cosenza

1561……….Gioia...……….S. Sebastiano…………..….Mileto

1563……….Stilo...………..S. Antonio Abate…….……Squillace

1565……….Davoli………..S. M. del Trono…….…..…Squillace

1569……….Gioiosa……....S. M. del Soccorso………..Gerace

1570……….Albi…………..S. M. della Misericordia…Catanzaro

1570……….Sellia…………S. M. delle Grazie………...Catanzaro

1571……….Varapodio……S. M. delle Grazie………...Oppido

1571……….S. Stefano....…S. M. Annunziata………….Cosenza

1572……….Castiglione…..S. M. della Pietà…………..Tropea

1574……….Martirano……S. M. Annunziata………….Martirano

1580……….Brancaleone…S. Sebastiano………………Bova

1580……….Magli…………S. M. della Croce…………Cosenza

1588……….Paterno……....S. Marco…………………...Cosenza

1590……….Stalittì……......S. M. del Soccorso………...Squillace

1590……….Macchia……...S. M. della Sanità………….Cosenza

1590……….Reggio……….S. M. della Melissa………..Reggio

1591……….Nicastro……...S. M. della Sanità………….Nicastro

1593……….Agrusto………S. M. della Sanità………….Squillace

1593………..Borgia…….....S. Leonardo………………..Squillace

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La terza fase 1603-1650, i cui termini temporali corrispondono da un lato alla decisione del priore generale di dividere la congregazione, e dall’altro alla bolla Instaurandae regularis disciplinae, è quella che segna un periodo di ristagno e di difficoltà dovuto alle disposizioni pontificie contro la proliferazione degli insediamenti mendicanti. In questo periodo, oltre il ripristino del convento di Reggio (1639) si segnala la fondazione di tre conventi (Tab. 4).

 

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Tab. 4 - FONDAZIONE DEI CONVENTI NEL PERIODO 1603-1650

Anno………Città……...….Titolo…..…………Diocesi

1607……….Papanice…….S. M. Annunziata…Crotone

1612……….Cotronei.……S. Marco……….….Santa Severina

1617……….Bovalino…….S. Leonardo……….Gerace

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[p. 98] La tipologia dell’insediamento zumpano in rapporto al territorio non si discosta da quelle che erano le caratteristiche dell’Ordine e degli altri Mendicanti presenti in Calabria. In tutto l’arco di sviluppo del movimento (1490-1617) viene privilegiata la penetrazione e la diffusione in zone rurali piuttosto che la concentrazione nei grossi centri urbani. Prevale una rete di piccoli insediamenti in borghi rurali dell’area centromeridionale della regione. Ciò appare chiaro se la tipologia dell’insediamento viene messa in relazione con le circoscrizioni ecclesiastiche; infatti, il 69.04% dei conventi è concentrato e distribuito nelle diocesi di Calabria Ultra, ad eccezione di quelle di Isola, Belcastro e Nicotera; mentre nelle diocesi di Calabria Citra si registra la presenza di tredici conventi, situati prevalentemente in quella di Cosenza (Tab. 5).

 

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Tab. 5 – DISTRIBUZIONE DEI CONVENTI NELLE DIOCESI CALABRESI

Calabria Citra……………Calabria Ultra

Bisignano………………...Belcastro….………..

Cariati/Cerenzia…1……..Bova……….……1…

Cassano…………………..Catanzaro….…...2…

Cosenza………..…9……..Crotone……...…1…

Martirano………...2……..Gerace……….…5…

Rossano…………………..Isola………………...

San Marco………………..Mileto………..…4…

Strongoli………………….Nicastro…...……2…

Umbriatico…….…1……..Nicotera…………….

……………………………Oppido……..……2…

……….……………………Reggio…….……1…

…………………………….Santa Severina…1…

…………………………….Squillace……..…8…

…………………………….Tropea…….……2…

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(25) Archivio Segreto Vaticano, Secr. Brevi, vol. 338, ff. 361-362r.

(26) Per le vicende dei singoli conventi Cfr: F. ACCETTA, I conventi agostiniani della congregazione degli Zumpani in Calabria Ultra nel 1650, in “Brutium”, LXVII, ottobre-dicembre 1988, pp. 19-20; LXVIII, gennaio-marzo 1989, pp. 29-32; I conventi agostiniani della congregazione degli zumpani in Calabria Citra, in “Calabria Letteraria”, XLIV, aprile-giugno 1996, pp. 66-67. Per le altre componenti dell’Ordine in Calabria Cfr: F. ACCETTA, I conventi agostiniani della provincia di Calabria, in “Calabria Letteraria”, XLIV, aprile-giugno 1989, pp. 29-32; Gli agostiniani scalzi in Calabria, in “Presenza Agostiniana”, XXIII, marzo-agosto 1996, pp. 71-77; M. MARIOTTI - F. ACCETTA, Per uno studio sulla riforma agostiniana in Calabria (secc. XV-XVII), atti del convegno G. Seripando e la chiesa del suo tempo, Salerno. 14-16 ottobre 1994, in corso di stampa.

 

 

-3-

[p. 98] Un ruolo decisivo, ai fini dell’insediamento degli zumpani nelle aree rurali svolsero le università (comuni), che, per far fronte all’inadeguata assistenza spirituale del clero secolare, furono promotrici della fondazione di numerosi conventi, concepiti come centri d’irradiazione di attività pastorali (predicazione, sacramenti, suffragi). Le università intervenivano non solo nella concessione di chiese [p. 99] e nella costruzione dei complessi conventuali, ma erano disposte a contribuire attraverso donazioni ed elemosine al sostentamento dei frati, ottenendone in cambio una serie di prestazioni cultuali, devozionali e caritative. Da una indagine comparativa emerge che le richieste variano dal semplice obbligo di “dir messa” ad impegni più specifici quali il tenere “l’hospitale per li poveri pellegrini” (Martirano, 1574; S. Stefano, 1571); il mantenere in famiglia “un predicatore per il tempo delle predicazioni” (Scigliano, 1531); o un numero preciso e determinato di religiosi (Albi, 1570; Reggio, 1590) oppure un insegnante per istruire “i figlioli di quando in quando” (S. Stefano, 1571). (27) Alcune università come Rovito (1524), Zumpano (1559), Papanice (1607) pur di avere la stabile presenza dei frati non chiesero impegni formali e i rispettivi conventi furono fondati “senza esservi stato patto, o numero prefisso di frati, ma gratis et libero” (28). Significativo è stato anche il contributo di esponenti dell’aristocrazia locale e del ceto medio, a conferma del largo consenso suscitato dal movimento zumpano nei diversi ceti sociali nonostante gli abusi che si registravano all’interno di esso (29). Le richieste di nobili e borghesi a differenza di quelle delle comunità locali sottintendono l’aspetto privato della devozione, la preoccupazione di assicurare la celebrazione di messe in suffragio delle anime del benefattore e dei suoi congiunti più prossimi. Rivelano inoltre l’esigenza di manifestare il rapporto privilegiato che si veniva ad instaurare tra la congregazione e la famiglia del benefattore, la posizione sociale e giuridica che quest’ultima ricopriva all’interno della comunità. Funzionale a questa operazione erano il diritto di esporre “l’armi et epitafio dentro e fuori la chiesa”, la scelta dell’altare, quasi sempre quello maggiore che assicurava, rispetto a quelli laterali, preminenza liturgica, il ius sepulcri. Al di là degli obblighi spirituali contratti per la fondazione dei singoli conventi era la consapevolezza di agire in un ambiente dove l’inefficienza del clero secolare, devozionismo e suprestizione costituivano i tratti essenziali. Nel contesto di una strategia tesa al recupero spirituale e all’assistenza morale e materiale delle popolazioni locali si pone l’istituzione [p. 100] di confraternite e monti di pietà, indispensabili strumenti di vita religiosa, penetrazione sociale, attività caritativo-assistenziale. Nel 1584 il priore generale Anguisciolo autorizzò la fondazione di sette confratemite sotto il titolo di S. Monica (Aquaro, Condianni, Cosenza, Crucoli, Dasà, Martirano, Terranova). Altre tredici sodalizi chiesero e ottennero dall’Anguisciolo il privilegio di essere aggregati all’arciconfraternita dei cinturati di Bologna al fine di “godere l’indulgenze, gratie et prerogative che detta arciconfraternita gode” (Castelvetere, Castiglione, Cosenza, Melissa, Montepaone, Pedace, Pietrafitta, Pizzo, Ravello, Rose, Celico, Spezano, Zumpano). Inoltre le istanze spirituali della popolazione erano soddisfatte attraverso l’attività missionaria e la predicazione periodica, soprattutto quando la presenza stabile dei frati non era possibile. Emblematico è il caso di Reggio Calabria dove gli zumpani con il consenso dell’arcivescovo mons. Gaspare del Fosso avevano fondato nel 1590 un convento (30). Costretti a lasciare la città a seguito delle incursioni turche del 1594 continuarono a mantenere un rapporto saltuario e occasionale regolato da esigenze pastorali. Per la quaresima del 1639 venne chiamato a predicare nel duomo reggino il p. Deodato Solera, “Deffinitore generale apostolico perpetuo, qualificatore del Sant’Officio del Regno di Sicilia, teologo deputato et esaminatore perpetuo della Curia di Palermo e di Monreale”. Questi forbito argomentatore e oratore insigne, produsse nell’opinione pubblica un movimento favorevole affinché gli agostiniani fossero di nuovo presenti nella città di Reggio. A tal proposito è interessante quanto il p. Solera scrive al cardinale protettore in una lettera del 29 ottobre 1639: “predicando io questa quaresima risvegliai quel fuoco di devotione verso la Religione (di S. Agostino) che stava acceso sotto le ceneri della nostra solita negligenza, onde i cittadini quasi in letargo isvegliati fanno istanza alli sindaci che dovessero domandare al mons. vicario capitolare la reintegratione della religione e riceverla com’era prima. I sindaci proposero questa petitione al consiglio il quale nemine discrepante annuit e fece sua. Per mezo de’ sindaci e suo procuratore chiesero ciò al vicario il quale propose il partito al Capitolo e si commonò un decreto che reintegrantur Patres Divi Augustini sicut prius erant. Et il vicario e il capitolo mandarno l’abbate Pontio col notaio apostolico e mi diemo il possesso della chiesa di S. Nicolò de’ Miracoli [p. 101] vicino le muraglie della città attaccato al quartiero de’ Spagnoli, quali sette mesi sono possiedo et ufficio con quattro sacerdoti et altri quattro diaconi con esempio grandissimo e comune soddisfatione de’ popoli” (31). Tuttavia, l’apostolato degli agostiniani se da una parte aveva eccitato l’entusiasmo dei cittadini, sfociato nel decreto di reintegrazione del 14 maggio 1639, dall’altro aveva provocato il risentimento degli altri Ordini mendicanti presenti nella città. Infatti, i domenicani, i minimi, i riformati e i cappuccini il 5 agosto dello stesso anno presentarono alla congregazione dei vescovi un ricorso affinché fosse impedita la riapertura del convento agostiniano: “mesi addietro sono venuti in questa città di Reggio di Calabria alcuni frati di S. Agostino per fondare un convento dell’Ordine loro et mons. vicario capitolare con passione e riverenza l’accettò [...] senza il nostro consenso di noi Mendicanti che è contro alle disposizioni delli Brevi Apostolici, sotto il pretesto che detta Religione cinquanta anni in circa sono havesse havuto convento in questa città; il che è falsissimo [...]. Dato e non concesso havessero allora eretto convento non sono in tempo di ripigliarlo senza il nostro consenso, esendo trascorsi cinquant’anni in circa che detti Padri mancano da qui [...] le Vostre Emminenze restino servite ordinare a detto mons. vicario capitolare che faccia partire detti religiosi di S. Agostino, et non l’ammettano all’erettione di novo monasterio senza il nostro consenso, ne vengano a processioni, che tutto ciò è di giustizia lo riceveranno a somma gratia” (32). La documentazione prodotta a proprio discarico dal p. Solera fu sufficiente a dimostrare l’inattendibilità del ricorso, il cui scopo sembra andasse al di là della salvaguardia delle disposizioni apostoliche circa l’assenso che bisognava chiedere alle altre famiglie religiose già dimoranti in un luogo per procedere ad una nuova fondazione. Infatti, in una lettera del 23 giugno 1639, inviata al priore generale, il p. Solera propone una chiave di lettura che mette in ombra i protagosti della vicenda e in modo particolare i domenicani. Questi avrebbero iniziato e sostenuto la querelle al solo fine di ammorbidire la rigida opposizione degli agostiniani all’apertura di un loro convento a Pizzo (33). [p. 102] Infine, è importante ricordare che gli zumpani favorirono lo sviluppo di culti locali come quello di San Foca Martire in Francavilla Angitola e di S. M. della Grotta in Bombile d’Ardore (34). Circa la dislocazione dei conventi è da rilevare che la maggior parte di essi sorgevano a breve distanza dai centri abitati, lungo le principali vie di comunicazione allora esistenti. Questo tipo di distribuzione territoriale rispondeva sia all’esigenza di un rapido collegamento tra i diversi conventi sia alla necessità d’indirizzare l’azione di apostolato ai centri vicini a quello prescelto quale sede conventuale. D’altro canto i frati non mancano di sottolineare i vantaggi dell’ubicazione extraurbana soprattutto per quest’ultimo aspetto. Ad esempio l’ubicazione del convento di S. M. del Soccorso “sito e posto nelli circonferentj d’Aquaro e Seminatori” viene descritta nei termini: “luogo comodo per sentirsi li Divini Officij e Sacrificij dalli populi [...] per passaggio continuo delli cittadini dello Stato di Arena et altri con grandissimo concorso de populi dell’uno e l’altro, così in giorni festivi come di lavoro” (35). Per quanto riguarda l’edilizia conventuale i complessi agostiniani non si differenziavano dai modelli utilizzati dagli altri Ordini religiosi. Quasi tutti i conventi si disponevano su due piani: al primo piano erano situate le cosidette officine, che si aprivano direttamente sul chiostro, e cioè la cucina, il refettorio, la dispensa, il deposito per gli attrezzi agricoli. Al piano superiore erano i dormitori con le rispettive celle per i frati, il guardaroba, le stanze riservate agli ospiti, la biblioteca. Particolari accorgimenti per garantire l’incolumità dei frati si segnalano nella struttura dei monasteri delle località costiere frequentemente sottoposte alle incursioni turchesche. Ad esempio il convento di S. M. della Pietà di Soverato, “più volte bruggiato da’ Turchi”, era costruito “a modo di castello con balestrieri attorno” (36). Lo stato di avanzamento dei lavori, da quanto risulta dalle relazioni del 1650, procedeva molto a rilento, sia per le difficoltà economiche che per le citate incursioni. Risultano in fase di completamento [p. 103] i conventi di Bovalino (1617): “sta fabricandosi havendosi per la penuria de’ tempi compito solamente un quarto del disegno” (37); di Brancaleone (1580): “Si sta in atto fabricando et al mio parere detto convento potrà essere finito fra otto anni” (38). Tuttavia, l’attenzione dei frati si rivolgeva innanzitutto alle chiese, spesso completate prima degli altri locali conventuali e abbellite con statue, quadri ed altre opere d’arte. In particolare nella chiesa di S. M. del Soccorso di Aquaro si nota che l’altare maggiore era decorato con “bellissimi quadri dorati con bellissime custodie tutte poste dentro la lamia con coro mediocre attorno per cantar vespro nelle festività, et altri giorni con arco di pietra”, il che fa pensare trattarsi di un polittico cinquecentesco del quale nessuna memoria è rimasta (39). Nella chiesa di S. M. della Grotta di Bombile era custodita “una bella imagine della B. V. scolpita di marmo bianco di grandissima divotione et veneratione fatta l’anno 1509” (40). Curata in ogni minimo particolare, la chiesa veniva a costituire la prima fonte di sostentamento della comunità, attraverso le cosidette “rendite spirituali” ovvero i proventi ricavati dalle messe, elemosine ecc., oltre a permettere lo svolgimento dell’opera di apostolato e l’attivazione dei culti legati all’Ordine. La chiesa del convento di Stilo dedicata a S. Antonio Abbate era quotidianamente “frequentata con divotione et concorso di popoli per la frequenza de’ miracoli che si dispensano alla giornata dal glorioso S. Nicola di Tolentino posto in una cappella eretta dentro la chiesa per devotione de’ particolari” (41). Per quanto riguarda le biblioteche esistenti nei vari conventi le notizie sono molto scarse; in genere gli inventari danno molto spazio a tutto ciò che permetteva ai religiosi un tenore di vita accettabile, e il patrimonio librario ove si fa accenno viene liquidato con la generica formula di “libri”. Così ad esempio in un inventano relativo al convento di Cosenza del 1668 è registrata la presenza di “40 pezzi di libri” (42). Le uniche notizie [p. 104] finora emerse riguardano la biblioteca del convento di S. M. della Croce di Francavilla Angitola. Nel 1728 p. Fulgenzio Marinari “ritrovandosi in uso tanti libri per il valore di 270 ducati e meditando con il principio di questi ordinare una libreria per maggior decoro del monastero a cui è aggregato”, chiese e ottenne dal priore generale Fulgenzio Bellelli, l’autorizzazione ad utilizzare “una stanza contigua a quella che ora da lui si abitano per ridurla in forma di libreria”; inoltre, il generale dispose che “qualunque libro si ritroverà dopo la morte di qualunque religioso [...] debba porsi dal p. priore pro tempore nella libreria predetta” (43). Le biblioteche venivano incrementate non solo con acquisti periodici ma anche facendo confluire nel loro corpus i volumi appartenenti ai religiosi defunti. È probabile quindi che nella biblioteca di Cosenza fossero conservati i libri rinvenuti il 29 ottobre 1610 nella cella di p. Claudio da Cortona. Si tratta di testi di autori gesuiti (Francesco Toledo, Maldonado) e domenicani (Domenico Soto, Girolamo Osorio) ispirati alla teologia della controriforma, alla riflessione sul peccato, alla predicazione (44).

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(27) AGA, Ii, vol. III, f. 91; vol. VI, ff. 168, 172, 292.

(28) Ibidem, vol. VI, ff. 164, 166, 185.

(29) Furono fondati dai rispettivi feudatari i conventi di Castelvetere, Cotronei, Nicastro e Sellia; quelli di Dasà e Gioiosa da esponenti della borghesia. Cfr. i due saggi citati sui conventi zumpani (nota n. 26).

(30) AGA, Aa, vol. XI, ff. 130-137.

(31) AGA, vol. XI, f. 144.

(32) Ibidem, f. 130.

(33) Sulla vicenda dei contrasti tra agostiniani e domenicani a Pizzo cfr F. ACCETTA, I conventi domenicani nella diocesi di Mileto, in “Calabria Letteraria”, XXX-VIII, aprile-giugno 1990.

(34) F. ACCETTA, S. Foca Martire patrono di Francavilla Angitola, in “Calabria Letteraria”, XL, luglio-settembre 1992, p. 53-57. S. GEMELLI, Il santuario di S. M. della Grotta, Chiaravalle 1979.

(35) AGA, Ii, vol. VI, f. 219.

(36) Ivi, f. 217.

(37) Ivi, f. 263.

(38) Ivi, f. 250.

(39) A. TRIPODI, Il convento agostiniano di S. M. del Soccorso di Aquaro, in “Brutium”, LXX, ottobre-dicembre 1991, pp. 6-7.

(40) AGA, Ii, vol. VI, f. 228.

(41) Ibidem, f. 269.

(42) AGA, Aa, XI, f. 32 v.

(43) F. ACCETTA, Il convento di S. M. della Croce in Francavilla Angitola, in “Analecta Augustiniana” LVII (1994), pp. 143-160.

(44) AGA, Aa, XI, ff. 27-29.

 

 

-4-

La bolla Instaurandae regularis disciplinae emanata da Innocenzo X nel 1652 per abolire i parva conventus esistenti in Italia, interessò il 69% dei conventi zumpani, che rappresentavano il 53.8% degli insediamenti agostiniani in Calabria (42 su 78) (Tab. 6). [p. 105]

 

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Tab. 6 - CONVENTI SOPPRESSI E NON DALLA RIFORMA INNOCENZIANA

……..Conventi soppressi………………Conventi non soppressi

Calabria Ultra…Calabria Citra……….Calabria Ultra…Calabria Citra

….Agrusto……….Albi………………….Aquaro………..Cosenza

….Bombile………Aprigliano……….….Bruzzano……...Castiglione

….Borgia……..….Belvedere………..…Francavilla……Nocera

….Bovalino…-…..Casole…………..…..Reggio……..….Papanice

….Brancaleone….Cotronei…………….Soverato………Martirano

….Castelvetere…Crucoli………………Spadola

….Cortale……..…Macchia………….…Terranova

….Dasà…………..Magli………………..Varapodio

….Davoli…………Nicastro…………

….Gioia…………..Paterno………….

….Gioiosa………..Rovito

….Montepaone….S. Stefano

….Stalittì…………Scagliano

….Stilo…………...Sellia

……………………Zumpano

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Il motivo della soppressione, come ha dimostrato il Boaga, non è stato il rilassamento morale, ma il piccolo numero di religiosi dimoranti nei conventi che non permetteva l’osservanza religiosa (45). Tale preoccupazione era molto sentita anche all’interno dell’Ordine agostiniano; infatti, Thoma De Herrera nel suo Alphabetum Augustinianum (Madrid 1644) riferendo della congregazione degli zumpani concludeva: “Sunt omnia huius Congregationis Monasteria triginta Fratres vero centum nonaginta quatuor. Dolendum sane, praecipue in Congregatione, quae observantiae titulo gloriatur, in tanta Fratrum penuria tantam Coenobiorum multitudinem reperiri. Vix enim sunt quatuor, aut quinque, quae sufficientem numerum alant ad vitae regularis reformationem observandam. Quae enim vitae austeritas quae regulae, et costitutionum observantia poterit aut introduci, aut permanere ubi tantum quatuor, aut sex Fratres in terris et casalibus vitam agunt? Satius sane esset in minori domorum numero plura esse Monasteria” (46). I dati che si ricavano dalle relazioni del 1650 (Tabb. 7-8) confermano quanto sostiene il De Herrera, e cioè che in molti insediamenti era un numero così esiguo di religiosi che non permetteva la regularis observantia; infatti il 69% dei conventi aveva una dimensione demografica con un margine di oscillazione compreso tra 2-5 [p. 106] unità e il 21.4% tra 6-9 unità, soltanto il 9.5% poteva vantare un numero maggiore di presenze (Francavilla, 22; Cosenza, 16; Castelvetere, 14; Terranova, 12). Una risposta indiretta alle osservazioni del De Herrera può essere considerata l’analisi che di questa situazione viene fatta nelle citate relazioni del 1650, soprattutto quando le cause dell’inosservanza religiosa e del “mancamento di frati” sono individuate nella decisione dei superiori di privare la congregazione di luoghi di noviziato, piuttosto che l’instabilità economica dei conventi: “Se levato il novitiato, che in nessun altra comunità n’habbiamo in questa congregatione, per il che sono mancati sacerdoti e chierici e si patisce per l’insoddisfatione delle chiese e suffragi” (Cosenza); “adesso non vi sono noviti et per mancamento di frati vi stanno più che dodici” (Terranova); “il monastero non può alimentare tanta famiglia” (Papanice); “il vitto delli PP. di famiglia si fa con la bertola in elemosine continue per la città che altrimenti non si può per entrata” (Nicastro). [p. 107]

 

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Tab. 7 - RELIGIOSI DELLA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI NEL 1650

                                                   Chierici                    Professi

Congregazione…Sacerdoti…professi…Novizi…conversi…Serventi…Totale

Calabria Ultra……..76…………..8…………5………..42 ………..19………150

Calabria Citra……..56………….11…………………..11……….12………..90

Totale…….………..132…………19………...5 ……….53……......31…..…..240

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Tab. 8 – FAMIGLIE CONVENTUALI DEGLI ZUMPANI NEL 1650

                                                   Chierici                    Professi

Convento…….…Sacerdoti…professi…Novizi…conversi…Serventi…Totale

Francavilla………….7…………1………..……………9…………5………..22…

Cosenza………….…9…………4………..……………3……………………16…

Castelvetere…….…6………………………5..………3……………………14…

Terranova……….…7……………………..…………..3……….…2….…....12…

Spatola…………...…4…………1……..………………3…………1…………9…

Soverato……………6…………1…………..…………2…………………..…9…

Aquaro…………...…5…………………………………1…………2…………8…

Reggio…………...…4…………1………..……………3…………………..…8…

Bombile…………….3…………………..……………..3…………1…………7…

Varapodio……..……4…………1…………..…………2…………………..…7…

Bruzzano………...…4………….1………..………………………..1…………6…

Nocera ……………..3…………1………..……………2……….………….…6…

Papanice……………4…………………..………..……1……….…1……...…6…

Aprigliano……….…4……………………..…………………….…1…………5…

Borgia……………...2…………………….……………1…............2………...5…

Brancaleone….……3………………………...………..1…………1…………5…

Crucoli………..……3…………………..…….……..…2…………………..…5…

Davoli………………3………………............…….…...1…………1…………5…

Gioiosa…………..…2…………………….……………2…………1…………5…

Montepaone…….…3…………1…………....….….…1…………………..…5…

S. Stefano…………..3……………………..…………….…………2………...5…

Stalittì………………2…………1……..………………2…………………..…5…

Albi…………………3…………1…..……………………………………..…..4…

Castiglione……...…2…………1…………….……………………1………...4…

Dasà……………..…2………………..………………..1……….…1………...4…

Cotronei………...…3…………………………………1…………….….…….4…

Rovito……………...2…………………………………2……………….……..4…

Scigliano…….…..…3……..…………………………………….…1……....…4…

Sellia………….……3………………..……………………….……1…………4…

Zumpano………...…3…………1…………..…………………………….……4…

Casole………..….…2…………1………..…………………………….………3…

Martirano….….…...2…………1…………..………………………….………3…

Belvedere………....1…………1…………..……………..………1….………3…

Paterno…….………2…………………..…………………………1….………3…

Macchia……………2…………………..…………………………1…….……3…

Agrusto……………2…………………..……………..1………………………3…

Bovalino…………...2…………………..…………………………1…….……3…

Cortale………….…2…………………..………..……1………………………3…

Gioia…………….…1………………..……………..…1………………………3…

Stilo……………..…2………………..………………..1………………………3…

Magli………………1………………..……………………………1………..…2…

Nicastro…………...1…………………..…………………………1………..…2…

 

Totale…………..132………19………….5.…….…53………..31……..…240…

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[p. 108] Il provvedimento innocenziano, giudicato eccessivamente seve­ro, provocò in generale la protesta delle autorita locali e l’opposizione dei religiosi, sanzionata dalle autorità pontificie con provvedimenti coercitivi nei confronti dei religiosi ribelli. Ad esempio nella Provincia di Calabria i disordini furono provocati da uno dei definitori, p. Alessandro Mannarino, che nonostante il parere contrario del provinciale fece eleggere dal definitorio i priori dei conventi soppressi. Tuttavia, se inquadrate all’interno delle attività religiose e devozionali che gli agostiniani svolgevano nelle aree rurali, ricoprendo gli spazi lasciati scoperti dalle istituzioni diocesane, l’iniziativa di p. Mannarino e le altre simili perdono la connotazione di ribellione e si configurano come preoccupazione di abbandonare le istanze spirituali e assistenziali delle popolazioni locali nelle mani del clero secolare, considerato incapace di soddisfarle poiché privo di un elementare indottrinamento e di dedizione alla cura delle anime. D’altro canto anche i procuratori generali degli Ordini mendicanti nel confronto con la congregazione dei regolari insistevano su questo aspetto fondamentale del rapporto popolazione/clero regolare. Il timore era di non poter fornire alle comunità quell’assistenza fino ad allora assicurata dai conventini. Le autorità pontificie e la congregazione dei regolari non rimasero insensibili a queste esigenze e alle istanze delle università nel cui territorio sorgevano i piccoli conventi oggetti del provvedimento di soppressione. A solo due anni dal provvedimento, nel 1654, se ne otteneva la revoca per i conventi di Castelvetere e Zumpano. Gli effetti del provvedimento innocenziano del 1652 sulla congregazione degli zumpani emersero negli anni successivi allorquando il priore generale si rese conto che non era possibile mantenere con un ridotto numero di conventi la preesistente struttura dell’Ordine in Calabria. Per definire il nuovo assetto organizzativo nel 1662 ordinò la “convocazione di un capitolo privato da chiamarsi in Catanzaro coll’intervento del Provinciale e de’ due Vicari Generali, insieme con altri Padri di più maturo giudizio, sotto la direzione del P. Maestro Antonio Visconti [...] col consiglio di Fra Filippo Visconti altre volte Generale dell’Ordine ed allora Vescovo di Catanzaro” (47). Le decisioni adottate in quella occasione, e cioè l’abolizione della congregazione degli zumpani e la crezione di due province [p. 109] con il nome di Calabria Citra e di Calabria Ultra, furono ratificate da Alessando VII con il breve Militantis ecclesiae del 30 settembre 1662 (48). Le due province erano costituite complessivamente da 28 conventi; in particolare 15 formavano la provincia di Calabria Ultra e 13 la provincia di Calabria Citra (Tab. 9).

 

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Tab. 9 - CONVENTI AGOSTINIANI NEL 1662

Provincia Calabria Ultra…..Provincia Calabria Citra

Aquaro……………………..Belvedere

Belforte…………………….Bucchiegliero

Bruzzano…………………...Castiglione

Castelvetere………………Cosenza

Catanzaro………………….Fuscaldo

Feroleto……………………Martirano

Francavilla…………………Melissa

Monteleone………………..Nocera

Papanice……………………Paola

Pizzo…………………….….Strangoli

Reggio……………….…….Tarsia

Noverato……………..……Terranova

Spatola………………..……Zumpano

Terranova……………………………

Varapodio……………………………

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Si conclude così la vicenda della congregazione degli zumpani che nel corso del XV-XVII secolo, con alterne vicende, ricadute e ritorno allo spirito originario, aveva caratterizzato la storia degli agostiniani e quella religiosa calabrese.

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(45) E. BOAGA, La soppressione innocenziana dei piccoli conventi in Italia, Roma, 1971, p. 44.

(46) T. DE HERRERA, Alphabetum Augustinianum, Madrid, 1644, p. 427.

(47) G. FIORE, Calabria Illustrata, Bologna, 1970, p. 385, AGA, Aa, vol. XI, f. 98.

(48) F. Russo, Regesto vaticano per la Calabria, vol. VIII, Roma, 1984, n. 39670.

 

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APPENDICE

 

-1-

BREVE DI APPROVAZIONE DELLA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI

[p. 110] Roma, 2 Ianuarii 1539. Paulus episcopus, servus servorum Dei, venerabili [...] Ecclesiae Cusentinae, ac vicario venerabilis fratris nostri episcopi Squilacensis in spiritualibus generali, salutem et apostolicam benedictionem. Hodie a nobis emanaverunt litterae tenoris sequentis: Paulus episcopus, servus servorum Dei, ad perpetuam rei memoriam. Pastoraliis officii cura, quam disponente Domino licet immeriti gerimus, nos admonet propensius et hortatur ut circam domorum et aliorum locorum religiosorum quorumlibet ac personarum in illis sub regulari disciplina Altissimo famulantium felicem successum et tranquillum statum paternis et solicitis studiis intendentes, ea quae propterea diffinita et concessa sunt, ut firma perpetuo ac illibata persistant, libenter cum a nobis petitur Apostolicae Sedis munimine roboremus. Sane, pro parte dilectorum filiorum vicarii et fratrum Congregationis Francisci de Zampano, ordinis fratrum Eremitarum Sancti Augustini, provinciae Calabriae, iuxta morem eiusdem Ordinis, nobis nuper exhibita petitio continebat quod, postquam alias bonae memoriae Aegidius, tituli Sancti Mathaei presbyteri cardinalis, dum in humanis ageret et in minoribus constitutus officio prioris generalis dicti ordinis fungeretur, quemdam Franciscum de Zampano, tunc in hunmanis agentem, una cum ceteris aliis vitam heremiticam sub eiusdem Francisci regularibus institutis tunc de per te [...] ab eodem Ordine ducentis auctoritate sui Generalis prioratus officii sub protectione sua et Ordinis praedicti susceperat, et illos aliis eiusdem Ordinis fratribus univerat et aggregaverat, illisque ut fratres Congregationis Francisci huiusmodi congregare, et ex eis vicarium ad eorum regimen et gubernationem eligere, quodque singuli conventus domorum Congregationis Francisci huiusmodi priorem et alios officiales iuxta morem Ordinis praedicti similiter eligere [p. 111] ac nova monasteria sive domos quamvis de facto de consensu tamen locorum Ordinariorum erigere, ac regulas et constitutiones eiusdem Ordinis describere libere et licite possent, licentiam et facultatem concesserat. Et deinde quondam Gabriel Venetus, tunc etiam in humanis agens et eiusdem ordinis Eremitarum generalis prior, domum Sancti Augustini Cusentini antea per plures annos per fratres dicti Ordinis Eremitarum fabricatam, illam ab eiusdem fratribus Eremitis segregando, vicario et fratribus Congregationis Francisci de Zampano huiusmodi concesserat; illosque ut tranquillius vitae regularis observantiae institutum prosequerentuer ab omni iurisdictione provincialis dicti Ordinis provinciae Regni Nepolitani iuxta morem eiusdem Ordinis exemerat, dilectus filius Ioannes Antonius de Apulia, Theatinus, modernus prior generalis eiusdem ordinis, ad supplicationem vicarii et fratrum Congregationis Francisci de Zampano huiusmodi omnia et singula ordinationes, deffinitiones et statuta sive (?) Congregationis huiusmodi quas et quae antea idem Ioannes Antonius in generali capitulo, in civitate Veronensi celebrato, confirmaverat, de novo sua ordinaria auctoritate confirmavit et approbavit, illosque a quoquam eiusdem Ordinis dicto Ioanni Antonio inferiore quavis de causa deinceps molestari non posse declaravit dilecti filii nostri Nicolai Sanctae Mariae in Cosmedim [...] Cardinalis de Rodulphis, qui eiusdem Ordinis in Romana curia protector extitit, desuper subsecuto consensu per suas patentes litteras, prout in illis, quarum tenores ac si de verbo ad verbum insererentur, praesentibus pro sufficienter expressis haberi volumus, plenius dicitur contineri. Quare, pro parte vicarii et fratrum Congregationis Francisci de Zampano huiusmodi nobis fuit humiliter supplicarum ut, praemissis pro illorum subsistentia firmiori robur apostolicae confirmationis adiicere aliasque desuper oportune providere de benignitate apostolica dignaremus. Nos, igitur, qui pia religiosorum vota ad exauditionis gratiam libenter admittimus, huiusmodi supplicationibus inclinati, ordinationes, deffinitiones et statuta praedicta ac desuper subsecutarum confirmationum patentes litteras huiusmodi in eis contenta ac inde secuta quaecumque auctoritate apostolica tenore praesentium perpetuo approbamus et confirmamus, omnesque et singulos iuris et facti defectus, si qui intervenerint, supplemus. Non obstantibus constitutionibus et ordinationibus apostolicis, provilegiis quoque, indultis et litteris apostolicis dicto ordini et illius superioribus et fratribus per Sedem Apostolicam quomodolibet concessis et confirmatis. Quibus illorum tenores, ac si de verbo ad verbum insererentur, praesentibus pro sufficienter expressis et insertis [p. 112] habentibus, illis alias in suo robore permansuris, hac vice dumtaxat specialiter et expresse [harum] litterarum serie derogamus, ceterisque contrariis quibuscumque. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae voluntatis, approbationis, confirmationis, suppletionis et derogationis infringere vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attemptare praesumpserit, indignationem Omnipotentis Dei et Beatorum Petri et Pauli Apostolorum eius se noverit incursurum. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, anno incarnationis Dominicae millesimo quingentesimo trigesimo octavo, quarto Nonas Ianuarii, pontificatus nostri anno quinto.

   Quocirca discretioni vestrae per apostolica scripta mandamus quatenus vos, vel duo aut unus vestrum, per vos et alium seu alios, praeinsertas litteras et in eis contenta quaecumque, ubi et quando expediens fuerit, et quotiens pro parte dictorum vicarii et fratrum fueritis requisiti, solemniter publicantes, eisque efficacis defensionis praesidio assistentes, faciatis auctoritate nostra praeinsertas litteras et in eis contenta huiusmodi plenum effectum sortiri, illisque omnes et singulos quos illae quomodolibet concernunt, pacifice gaudere, non permittentes quemquam literarum earumdem tenorem quomodolibet indebite molestari. Contradictores, etc. censuras ecclesiasticas et alia opportuna iuris remedia, apellatione postposita, compescendo, invocato etiam ad hoc, si opus fuerit, auxilio brachii saecularis. Non obstantibus supradictis omnibus, seu si aliquibus communiter vel divisim ab eadem sit Sede indultum, quod intedici, suspendi vel excommunicari non possint per litteras apostolicas non facientes plenam et expressam ac de verbo ad verbum de indulto huiusmodi mentionem. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, anno incarnationis Dominicae millesimo quingentesimo trigesimo octavo, quarto Nonas Februarii, pontificatus nostri anno quinto. [p. 113]

 

Archiv. Ord., vol. 7, fol. 103.

AGA, Cb-1-31 (copia simplex).

 

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-2-

ORDINATIONI ET CONSTITUTIONI FATTE PER ME FRATE AGOSTINO DELLA ROCCELLA

NEL PRESENTE ANNO DEL NOSTRO VICARIATO 1569

1. Ordiniamo e comandiamo sotto pena di essere trasgressori delli comandamenti del Sommo Pontefice e della scomunica promulgata da Sua Santità che ogni priore babbi da comprare un Breviario nuovo per monasterio, et Cosenza dui, uno per l’uno caso l’altro per l’altro, infra termine di un mese altrimenti si procederà [...] secondo il nostro iuditio, et de che lo comprenderà.

2. Ordiniano et comandiamo da parte del P. R.mo che nessuno frate di qualsivoglia sorte tenga denari, bestiami, tanto de mobili come de stabili o che habbia dato ad alcuno con polize; o con guadagno. Dopo lette le presenti fra lo spatio d’un mese habbiano da acogliere li detti denari et ponerli in deposito con suo proprio nome, et non potendo racogliere li detti denari, habbiano da racogliere le polize, scritture, altramenti superandosi questo quelli saranno confiscati, et attribuiti per quello monasterio et esso sarà tenuto proprietario, si sarà priore sarà privo dell’ufficio et si è suddito sarà privo de voce attiva et passiva per tre anni et punito da proprietario.

3. Ordiniamo et comandiamo che nessuno frate habbi da scorrette per la Congregatione nè priore nè sudditi senza urgente necessità, ne fare liste, quadrigli, et simonie per le quali possino conturbare la Congregatione et sapendosi essendo priore sia casso d’ufficio e suddito punito et privato de voce per uno capitolo generale.

4. Ordiniamo ancora che nessuno habbi da dire male ne accusare, ne esaminare l’uno contro l’altro, ne renovi le cose passate conformi alle costitutioni fatte dal R.do p. maestro Spirito nel capitolo nostro de Campo d’Arato passate per sua p(aternità) R.ma quale costitutioni, dal priore vogliamo che si osservino per conservatione et onore comune di questa Congregatione.

5. Ordiniamo ancora che tutti li priori habbiano da essere caritativij con gli hospiti. Li padri della Congregatione tanto con persone religiosi et estranei et di qualsivoglia sorte tanto priore, come suddito, tanto piccolo come grande. [p. 114]

6. Ordiniamo a tutti li priori che faccino imparare li diaconj, subdiaconj et novitij et che loro siano obedienti alli loro priori et alli sacerdoti.

7. Ordiniamo che nessuno priore habbi da recevere alcuno frate estraneo senza licenza in scriptis, ne habbi da vestire frati d’altra Religione, ne di qualsivoglia grado et conditione.

8. Ordiniamo che nessuno priore pona mano alle intrate del monasterio, ma che lo procuratore sia diligente all’entrate et non essendo esso vadano per mano del sacristano, ma il priore habbi occhio sopra tutte le cose et che li fruiscano ben governati del vitto et governo loro.

9. Ordiniamo a tutti li priori che habbino da dare o fare spendere per li sacerdoti, calzette, pianelli et habbito di valuta di quattro ducati [...] et questo per essere penuria de panni che sono tanto cari. Et per li Jaconi secondo sarà meritevole sarà nell’arbitrio delli priori, senza che nessuno sia aggravato, quale aggravio lo intenderemo noi alla visita che faremo.

10. Ordiniamo che nessuno frate vada fuora del distretto del monasterio senza licentia del suo priore, et quando accascherà andare vada con il compagno divotamente come conviene a Religiosi, et che nessuno porti arme proibiti, ma che l’armi de’ frati siano breviarij, missali, et officioli et altri libri spirituali non proibiti.

11. Ordiniamo che s’habbi cura alli infermi de medici et medicinj et d’ogni loro bisogno conforme alle nostre Constitutionj.

12. Ordiniamo che nessuno frate lassi mangiare seculari in tavola de frati, ne garzoni, ne altra famiglia di casa ecetto si fosse alcuna persona d’autorità et il priore facendo il contrario in questo starà in terra la sesta feria per due hebdomada con solita disciplina.

Fr.e Augustino de Roccella Vicarius indignus

 

AGA, Ii, vol. XI, ff. nn.

 

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-3-

DISPOSIZIONI EMANATE DAL VICARIO GENERALE PER LA CALABRIA

FRA DONATO DA BENEVENTO (16 agosto 1569)

[p. 115] Fr. Donatus Beneventanus Ordinis Sancti Augustini, Vicarius Generalis Totius Calabriae Indignus.

Per non mancare in nulla all’ufficio che per gratia di superiori ci è stato concesso, havendo noi per quel poco di tempo che siamo stati con esso noi veduto e toccato con le mani molti disordini in questa vostra Congregatione ci ha parso farv’intendere in molte cose qual sia la nostra volontà sopra la vostra riforma, e tutto a honor di Dio et splendor di nostra Religione, et a beneficio, et quiete publica, et utile, ascoltate adunque che cominceremo la riforma dalle cose spirituali prima.

1. In primis ordiniamo, et, in virtù di Santa Ubbidienza, comandiamo che in tutte le chiese di questa Congregatione tanto esistenti ne i boschi, quanto dentro terre, per il bisogno che potrebbe succedere, si tenghi in custodia honorata, secondo la facultà de luoghi, il Corpo Sagrato di nostro Signore avanti del quale babbi da star sempre accesa una lampada, et si potrà designar a questo uso in quei conventi, che non hanno entrata di olio, qualche entrata di cappelle che è meglio sia designata a questo uso santo che ad altro uso profano, come sarebbe a dire a uso di bocca o di vestimenta di frati; ne gioverà dir che il monasterio non babbi possibilità perchè in tal negotio Dio benedetto non mancherà, et come i populi vidranno, et sapranno, non mancheranno di donare a Dio poichè non mancano di donar a noi, onde si ordina che il priore quando manderà per la cerca del pane, mandi ancora per la cerca dell’olio per la lampada del Corpo di Christo, et così al tempo quando si macinano gli ulivi et quel che si troverà sia dedicato a quest’uso, et non altro; et babbiano speranza nella devotione de’ popoli, che nulla o poco occorrerà ci metta il convento, et che gran cosa sarà, che i conventi vostri che vivono de limosine mettesino in tal opera quattro et cinque docati, poichè i nostri che vivono senza limosine in tal opera non ci mettono meno di sei o sette docati l’anno. Et perchè il convento di Suverato per il pericolo di Mori, [p. 116] di Turchi non è giusto ne deve tener detto Sagramento, ordiniamo che in tal tempo, che non può esso tenerlo soccorra tre conventi più poveri e più vicini a esso di una libra d’olio per convento, ne si faccia altrimenti, sotto pena di scomunica, che non possi assolversi da nissun nostro inferiore. Quest’ordine di tener il Sagramento s’intende ne conventi, ove le chiese son fabricate et sicure, si che il Sagramento sia sicuro ancora da qualsia sorte di persone.

2. Ordiniamo ai sagrestani che habbin miglior cura di quella che hanno havuto per il passato alla sagrestie, et che siano solleciti a tener i calici ben mondi, et netti con i suoi purificatori, et fazzuoletti, quali vogliamo che si mutino due volte la settimana et accioche quanto al Sagramento del calice non naschi qualche disordine, che con ogni facilità potrebbe nascere, se sopportassemo più i vasetti, che habbiamo veduto servire in luogo d’ampolline, ordiniamo strettamente al venerabile priore pro tempore, che sempre in sagrestia facci stare due para di ampolline di vetro come habbiamo veduto in tutti i luoghi di nostra Religione; et siaci pur freddo quanto si voglia, o veramente dia ordine che si faccino di creta bianca, ma a modo di ampolline et carafille col becco, o pizzo lungo, et stretto, accioche non si facci errore nel ponere dell’acqua al vino. Il priore et sagrestano che contrafaranno a questa ordinatione siano privati della metà delle loro vestimenta.

3. Da che è chiaro che siete osservanti di nome, desideriamo ancora che al nome corrispondono le opere et li fatti, et qual opera può corrisponder al nome d’osservante, più illustre, et grata a Dio et al mondo, quanto quella con che ci priviamo di proprietà delle cose si stabili come mobili, sieno patrimoniali o acquistate? Però, in virtù di S.ta Ubbidienza, vi ordiniamo, et sotto pena di scomunicatione alla quale ipso facto vogliamo che incorriate, se non ubbidirete, vi comandiamo che infra termine d’un mese tutti da sedeci o dicesette anni in su facciate solenne professione, per mano di notaro autentico, et tali professioni vogliamo che si trascrivino nel libro della Congregatione col nome del notaro, che le scrisse, et in autentica forma, et si faccino con rinuncia reale d’ogni proprietà di stabili, o mobili, al quanto ove detti professi presero l’habbito, con notare distintamente et particularmente si i stabili, come i mobili, di vacche, capre, pecore, porci de quali faranno volontaria rinuncia; et cerchino di non mettere in pericolo l’anima loro con volersi ritener qualche cosa, accioche non gli accaschi, come accaschò nella primitiva chiesa ad Anania et Saphira, che morittero miseramente per volersi con fraude ritenere parte del campo. [p. 117] Ordiniamo ben poi al padre vicario pro tempore et al priore del luogo che rimossa da loro ogni passione, dispensino del usufrutto alle necessità di detti padri [...]

4. Ordiniamo, che esclusi quelli ch’hanno [...] gratia particulare da superiori, nissuno possi tenere nella Congregatione stanza perpetua ma che ogni due anni al più si mutino i frati da luogho a luogho, et intendiamo di quelli che si porteranno bene, perchè quei che si portano male non si ha da permettere che doppo l’eccesso sieno sopportati manco per un giorno, et questo intendiamo non solamente di sacerdoti, ma et di zaghi ancora quali vogliamo che siano posti per i conventi secondo il volere di padri deffinitori et vicario, et non secondo il volere de’ priori de luoghi.

5. Ordiniamo, da che si vede chiaro che ogn’uno attende a far partito mosso dalla ambitione, che si ha da regnare et dominare et di essere superiore, et che per haver voci in capitolo et far vicarij ad vota si danno licentia da messe a giovani non di età come comanda il Sacro Concilio, ne manco atti, et idonei, che da qui in poi non si possi dar fra anno licentia dal padre vicario a nissuno d’ordine sacro, ma ben vogliamo che nel capitolo dal padre vicario si proponghino quei che si haveranno a ordinare, et proposti sieno esaminati da padri deffinitori e visitatori di quell’anno, da quali vogliamo che siano o per indegni riprobati o per degni approbati, et dell’approbatione questa forma (segue formula).

6. Ordiniamo che i padri deffinitori et visitatori nell’approbare non riguardino solamente a costumi e alla sufficientia, ma più all’età, et che come comanda il Sacro Santo Concilio non siano da manco di 18 anni quelli che approberanno al subdiaconato, ne manco di 22 anni quei che al diaconato, ne manco di 24 o 25 quei che al sacerdotio.

7. Ordiniamo che ancora che i deffinitori et visitatori non possino esser eletti salvo che quegli che saran stati a altri tempi vicarij della Congregatione e padri atti a far detta esamina degli candidati da doversi riprobare o approbare da loro a gl’ordinj.

8. Per levar di mezzo ogni confusione, vogliamo, et sotto pena di disubbidienza comandiamo che non habbin voce in capitolo altro che i padri deffinitori, et i padri visitatori del precedente capitolo, i priori di luoghi, et i discreti, et questi non vogliamo che sieno o possino essere eletti se non saranno persone, et di giudicio, et di età, et di costumi mature, et tali che mai dalla Religione sieno stati apostati o di notabil vitio notati. [p. 118]

9. Vogliamo ancora che tali padri haran voce attiva non habbino autorità di elegere persone in vicario che non sappi ben legere, scrivere, et cantare di canto fermo al manco et tale ordiniamo che sia eletto, quali ricerchiamo che siano gl’elettori, ciò è di età, et di costumi maturo, et che mai sia stato apostata dalla Religione, ne notato et convinto di notabil vitio, salvo sempre altre volte sendo stato eletto per via degl’honori della Religione si sarà lavato da tal macchia.

10. Accioche si tolghi via di mezzo ogni materia di confusione et di disturbo dalla Congregatione ordiniamo che nessuno habbi ardire di querelare persone alcuna che prima non si oblighi di stare alla pena del taglione, cioè a quella che meriterebbe il querelato se non proverà la querela per testimonj degni di fede. Vogliamo ancora che in tal facenne non s’habbia ricorso a giuristi o a persone del secolo sieno laici o preti, chi contrafarà sia privato di voce attiva et passiva per dieci anni. Et così intendiamo di quegli che havranno ardir di rivellare in tutto o in parte a layci et a qual sia secolare i segreti del capitolo et della casa. Et se doppo questa pena con verità saranno trovati protervi, si proceda contro di loro con pena di carcere di sei mesi, et di digiuno di 2°, 4° et 6° feria in pane et acqua solamente et con pena di disciplina ogni feria sesta. Et se all’esecutione di questo precetto serreranno gl’occhi i padri vicarij pro tempore ex nunc, pro ex tunc s’intendano d’essere privati del loro vestimento, et poi sieno inabili per tre anni a ogni officio.

   Queste cose ci ha parso lasciarvi, che giudichiamo siano molte necessarie per il quieto et honesto vivere di vostra Congregatione. Ufficio vostro sarà di effettuare, et adempiere la detta nostra volontà, anzi non nostra, ma del Sagro Concilio, et de Padri dell’Ordine che si esplica in queste nostre lettere, se volete meritare appresso di Dio, et essere di presso a presso di vostri superiori, che vi governano, et sotto l’ubbidientia de quali di stare e di vivere non sforzatamente, ma di volontà vi obligaste per la presa dell’habito, altrimenti ci protestiamo che della disubbidienza havete, et da superiori la degna pena, et da Dio, a cui farete resistenza, resistendo a loro, a cui dispiacerete dispiacendo loro, et cui sprezerete sprezzando loro […].

Soverato 16 agosto 1569

Fr. Donato Beneventanus

 

AGA, Ii, vol. XI, ff. nn.

 

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-4-

LA DIVISIONE DELLA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI

DECRETO DEL P. GENERALE IPPOLITO DA RAVENNA

[p. 119] Ancona, 29 maggio 1603. Nos, frater Hyppolitus Ravennas, Ordinis Eremitarum sancti Augustini prior generalis indignus. Quoniam perversae mentes, teste Divo Gregorio, si semel ad studium contrarietatis eruperint, sive pravum sive rectum quod a contradictoribus audiunt, adversis locutionibus (?) impuganant; erga quod persona per contrarietatem displicet, nec recta quae potuerint placent, cum tamen contrarium videatur de bonis, quorum cordibus in odium non venit persona sed culpa; et sic perversa diiudicant ut recta quae dicuntur assumant, et sic male prolata respuant, ut tamen approbent quae ex virtute cognoscunt, idcirco, diligenter et mature consideratis sollicitudinibus et vexationibus continuis, quibus superiores ipsi praemuntur et saepe saepius incredibili animi molestia vexantur ob rixas, contentiones et dissensiones ac discordias inter fratres Congregationis nostrae Calabriae, alias Zampanorum, ortas, a quibus hucusque numquam destiterunt, sed semper in peius venisse et deteriores in dies fieri videntur, et praecipue in celebrandis Congregationis comitiis, in quibus ob eorum dissidia dissipavit providentissimus Deus magis ac magis consilia imprudentium simul et impiorum. Qui nulla habita religionis aut honestatis ratione, pro sua potius voluptate quam pro communi commoditate mosi fuere, et ita sententiarum varietate distrahunt et dissipant omnia, nihilque decerni potuit quod ad religionis pertineret dignitatem. Cognoscentes nos huiusmodi dissidia idcirco oriri eo quod inter fratres Superioris Calabriae, Inferiori applicavimus et unimus conventum nostrum Selliae et conventum Albi provide de novo applicavimus et unimus, unitosque et applicatos declaramus. Auctoritate itaque nobis in Constitutionibus Ordinis concessa Part. 3, cap. 4, praefatam Zampanorum Congregationem in duas partes devidimus et divisam declaramus: una Congregatio Zampanorum Superioris Calabriae nuncupanda, altera vero Congregatio Zampanorum Calabriae Inferioris appellanda; ita ut unaquaeque potestatem [p. 120] in posterum habeat suum canonice eligere vicarium, ne unus se immisceat in officio alterius. Declarantes ut si quis ex Calabria Inferioris fuerint in Superiori, et ad contra, et in ea remanere voluerit, liberam ei restandi potestatem facimus, et ad Ordinis officia habilem reddimus. Id quod etiam a regularibus aliorum Ordinum in Calabria factum fuisse nobis constat pro bono generali suorum conventuum. Comitia Congregationis utriusque non nisi statuto pro vicariorum electione nova facienda, anno videlicet sequenti 1604, celebrari voluimus, ne nimis Congregatio gravetur expensis ultra illas quae iam pro capitulo elapsis diebus celebrando facta sunt. Et ne ulli penes praecedentia oriatur defficultas, ratione consonum esse deximus ut, quemadmodum ob reverentiam S. P. Augustini in ecclesia nostra Papiensi reconditi, prior Papiensis ceterosque praecedit priores generalium conventuum, et provincia Lombardiae, alias S. Augustini, ceteris praeponitur provinciis, ita decernimus et statuimus ut ob reverentiam ac decus corporis beati Francisci Zompani, in Calabria Superiori nostro in conventu Suberati conditi, vicarius Superioris Calabriae praecedat vicarium Calabriae Inferioris, solita remanente collecta Superioris Ordinis, assignanda tam in summa scutorum viginti, quam in taxa antiqua monetarum utriusque Calabriae Superioris videlicet et Inferioris. Quae interim, ne capite ac moderatore orbatae ac destitutae renamneant, harum vi et nostri officii auctoritate Superioris Calabriae rectorem institutimus Ven. Patrem Fratrem Stephanum de Castro Veteri, Inferioris vero Calabriae rectorem facimus Ven. Patrem Fratrem Paulum de Nocera in Capo Aratri, usque ad comitia ab unaquaquae parte seorsim celebranda anno sequenti 1604 duraturos. Et unusquisque suo rectori assignato eam quam nobis debet obviam reverentiam praestet. Et ita statuimus, decemimus et observari volumus, et qua fungimur auctoritate mandamus, ita ut nullus huic nostro decreto adversari et contradicere umquam praesumat, sub poena manifestae rebellionis nostrae, provationis utrisque vocis, suspensionis a divinis, et in subsidium etiam sub excommunicationis sententia, quam trina communatione praemitti in his scriptis inseri fecimus. Mandantes ut ad perpetuam rei memoriam hoc nostrum patens decretum de verbo ad verbum registretur et scribatur in libris Congregationis utrisque Calabriae. In quorum fidem, ecc. Datum Anconae, 29 Maii 1603. Nostri officii affixi sigilli. [p. 121] Loco + sigilli. Frater Hyppolitus Ravennas, generalis indignus.

Registratum folio primo.

Fratres Paulus de Nocera et Ambrosius de Castiglione, iuramento tactis etc. recognoverunt manum harum personarum ac sigillum fratris Hyppoliti Ravennae, generalis indigni, in forma.

Praesens copia extracta fuit es suo proprio originali, cum quo concordat. Originale vero fuit restitutum D. Vespasiano Longo. In quorum ecc., hac die 5 lunii 1603.

(Autografo): Ita est. Dominicus Amand., notarius.

 

AV, Secr. Brev. vol. 338, fol. 361r-362r.

 

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SUPPLICA PER LA CONSECUZIONE DEL BREVE PONTIFICIO

Beatissimo Padre. Si espone a Vostra Santità che li frati di S.to Agostino hanno una Congregatione in Calabria, la quale in volgare si chiama la Congregatione di Fratri Zampani; li quali da molto tempo in qua sono sempre stati in discordia et dissensione tra di loro, per il che non si è mai potuto far cosa nisuna che fosse per utile di detta Congregatione. Però è parso bene al P. Generale di detto Ordine di S.to Agostino di dividere detta Congregatione in due, come di fatto l’ha divisa, cioè, in unam Superioris Calabriae et aliam Inferioris Calabriae Congregationem, con ordine et statuto che la Congregatione della Calabria Superiore habbia la precedenza, havendo messo ad ogniuna d’esse il suo Rettore, fiché loro faranno il loro capitolo et si eleggeranno ogniuna da per se il suo Vicario. Il che si spera serà causa della concordia et pace tra di loro. Et acciò detta divisione et statuto del P. Generale babbi maggior forza et autorità appresso detti frati Zampani et che detta divisione non si possa mai più mutar, però il P. Generale, vicarii et frati predetti supplicano Vostra Santità vogli confirmar quanto si è fatto in bene di detta Congregatione, di che se ne da copia autentica. Et pregarano etc.

(Sul dorso): Alla Santità di Nostro Signore, per la Congregatione di Calabria di fratri di S.to Agostino.

(NOTA sul fol. 363v): Vi è un riassunto del documento ed in più questa frase, scritta da altra mano: “Sanctissimus fuit contentus dummodo probetur etiam ab Ill.mo. Card. Protectore”.

 

AV, Secr. Brev.: vol. 338, fol. 360r et 363v.

 

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BREVE DI CLEMENTE VIII PER LA DIVISIONE

DELLA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI

[p. 122] Roma, 30 Octobris 1603. Clemens papa VIII, ad perpetuam rei memoriam. Ex iniucto nobis pastoralis muneris debito, his quae pro religiosorum quiete ab eius superioribus facta fuisse dicuntur, ut perpetuo firma et illibata persistant apostolicae confirmationis robur libenter adiicimus, prout in Domino salubriter conspicimus expedire. Cum itaque, sicut accepimus, dilectus filius Magister Hyppolitus Ravennas, Ordinis fratrum Eremitarum Sancti Augustini prior generalis, ad removendas discordias et dissensiones, quae inter fratres Calabriae Superioris et Inferioris Congregationis diu viguerunt, Congregationem praedictam in duas congregationes, videlicet Calabriae Superioris et Calabriae Inferioris nuncupandas, diviserit, in hunc qui sequitur modum, videlicet: Nos, frater Hyppolitus Ravennas, Ordinis Heremitarum Sancti Augustini prior generalis, licet indignus. Quoniam perversae mentes, teste Divo Gregorio, si semel ad studium contrarietatis eruperint, sive pravum sive rectum quid a contradicentibus audiunt. etc. Inserantur litterae patentes dicti prioris generalis. Cum autem, sicut pro parte dicti Hyppoliti, prioris generalis, ac fratrum praedictorum nobis nuper expositum fuit, ipsi pro firmiori divisionis praedictae subsistentia cupiant illi apostolicae nostrae confirmationis robur accedere, nobis propterea humiliter supplicari fecerunt, ut in praemissis opportune providere de benignitate apostolica dignaremur. Nos, dictae Congregationis statui et quieti quantum cum Domino possumus consulere et priorem generalem et fratres praedictos specialibus favoribus et gratiis prosequi volentes, et eorum singulos a quibusvis excommunicationis etc. censentes huiusmodi supplicationibus inclinati, divisionem praedictam per dictum Hyppolitum priorem generalem, ut praefertur factam, ac praeinsertas eius litteras patentes omniaque et singula in illis contenta auctoritate apostolica, tenore praesentium, perpetuo confirmamus et approbamus, illisque perpetuae et inviolabilis apostolicae firmitatis robus adiicimus, ac omnes et singulos, tam iuris quam facti, defectus, si qui desuper in eisdem intervenerint, supplemus, ac divisionem praedictam [p. 123] perpetuo validam, firmam et efficacem esse et fore, ac ab utraque Congregatione inviolabiliter observari debere decernimus et declaramus. Non obstantibus constitutionibus et ordinationibus apostolicis ac Ordinis et Congregationis huiusmodi etiam iuramento, confirmatione apostolica vel quavis firmitate alia reoboratis statutis et consuetudinibus, privilegiis quoque, indultis et litteris apostolicis eisdem Ordini et Congregationi ac illius superioribus quomodolibet concessis, confirmatis et approbatis. Quibus omnibus et singulis, eorum tenores praesentibus pro expressis et ad verbum insertis habentes, hac vice dumtaxat specialiter et expresse derogamus, ceterisque contrariis quibuscumque. Datum Romae, apud Sanctum Petrum etc., die 30 Octobris 1603, anno XII.

(Di altra mano): Si Sanctissimo placet, potest expediri. P. Card. Aldobrandinus. M. Vestris Barbianus.

 

AV, Secr. Brev., vol. 338, fol. 359r-v et 364r.

 

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[p. 124] RIFORMA DELLA CONGREGATIONE DEL BEATO FRANCESCO DI ZOMPANO DELL’ORDINE EREMITANO DI S. AGOSTINO IN CALABRIA, ROMA NELLA STAMPERIA DE VINCENZO ACCOLTI IN BORGO MDLXXXVI (1586)

 

DEFFINITIONI FATTE NEL DEFFINITORIO DEL CAPITOLO DELLA CONGREGATIONE DI ZOMPANO PRESIDENTE L’ISTESSA PERSONA DEL PADRE REVERENDISSIMO GENERALE M. SPIRITO DA VICENZA ESSENDO STATO ELETTO VICARIO IL R. P. MAESTRO DAMIANO DA BEVAGNA NEL 1584.

1. Ordiniamo che le costituzioni riformate dell’Ordine nostro siano di bene in meglio osservate, come quelle dalle quali dipende la vera osservanza, et la vera riforma di ogni Provincia et d’ogni Congregatione fin dal principio che forono publicate sono state accettate da questa Venerabile Congregatione et hora di nuovo più che mai prontamente con ogni debita humiltà et obedentia accettiamo;

2. che il culto del Divino Offitio si esseguisca con ogni debita divotione, et sollecitudine così di giorno come di notte et non si manchi di dire l’Officio di Nostra Donna in tutte le nostre chiese ne giorni debiti, secondo il Breviario Romano, et con la Benedicta tu etc., secondo il consueto della Religione;

3. del silentio, della clausura, de digiunare si osservi quando comandano le nostre Costituzioni: così anco del leggere alla mensa, et nel Venerdì et Sabbatto la Regola;

4. così anco dell’Oratione della sera per li beni, che ci sono stati fatti, perché si prieghi per li vivi et morti, et nel Capitolo de Culpis ne giorni che dicono le Costitutioni;

5. che non sia lecito a frate alcuno di questa Congregatione portare vesti di panno fino o pretioso, ma tutti li Sacerdoti vestino di Ferandina grossa di tutta lana di quella che si al paese. Li professi et Novitii et tutti gli altri non sacerdoti siano vestiti di quello di Arbascio, il quale sono stati soliti di portare gli antichi Patri di questa Congregatione del principio di essa; di quel panno s’anco alcuno sacerdote per maggior humiltà o maceratione di carne [p. 125] dimanderà di essere vestito ce ne contentiamo, pure che sia bel nero, di forte che si conosca dal colore essere veramente dell’habito della nostra Sacra Eremitana Agostiniana Religione.

6. che del medesimo arbascio siano tutti i materiali delli religiosi et siano fatti a cartoccio, serrati col suo osso al petto, et non molto corti; così anco li manti più corti ferraioli per cavalcare siano di arbascio; et non sia lecito ad alcuno di qualunque grado si sia d’havere ferraiolo per cavalcare, se non heverà prima il mantello a cartoccio per casa et per la città, il quale può servire per viaggio ne bisogni.

7. che non si conceda se non agli sacerdoti dormire sul materasso, gli altri di grado et d’ordine inferiore dormino nel pagliericcio.

8. che tutti portino le camiscie di lana, et con dispensa del patre vicario di canevaccio, o di stoppa grossa senza collaro, però et senza comparenza nelle maniche.

9. che nessuno porti tonica bianca in alcun tempo dell’anno, nè grossa nè sottile, poichè questa Congregatione dal suo primo instituto non l’ha havuto in uso, ma ha perseverato in portare l’habito nero solo per tante decine d’anni, et così determinano le costitutioni dell’ordine nostre, che si debba osservare in simile caso.

10. che ognuno porti un tonichino bianco di panno, di rascia grossa o di altra materia tale di lana, longa sin il genochio per la divotione della gloriosa Vergine madre di Dio, nostra avvocata con lo scappuccio della notte; et non ardisca religioso alcuno di alzarsi le falde della cappa nè in viaggio nè in convento nè in altra parte, se non haverà sotto il detto tonichino bianco, sotto pena di una buona disciplina da esserle data nel mezo del Capitolo overo Refettorio alla presenza di tutti li frati del convento, et non si dia il denaro a nessuno, ma per mano del procuratore per ordine del Priore, sotto la medama pena, si spenda; le scarpe siano alla fratesca et niuno porti berettini di tela lavorati, nè anco a capo scoperto, et tutti portino lo scapuccio in dosso anco in viaggio, così a piedi, come a cavallo, et li giopponi siano come comandano le costitutioni.

11. che non sia lecito di andare a cavallo se non al Vicario della Congregatione et al suo compagno, a’ Visitatori, alli padri Maestri graduati et predicatori, ai vecchi che passano sessanta anni et a gli infermi; gli altri frati tutti vadino a piedi secondo l’antico costume [p. 126] et ancora tutti questi eccettuati non cavalchino ordinariamente cavalli o giumenti, ma muli o asinelli, come si conviene allo stato della humiltà di questa Congregatione. Però niuno tenga cavalcatura particolare, ma tutti si vendino et comparisca il prezzo al deposito.

12. che siano ricevuti amorevolmente gli hospiti et forestieri et ben trattati, o sian di questa, o d’altra Congregatione dell’ordine nostro, o di qual si voglia Provintia, pur che venghino con licenza in scriptis di loro Superiori, come comandano le costitutioni riformati; et non si manchi di lavare loro i piedi oltre l’altre carezze secondo l’antica et lodevole usanza di questa Congregatione; et si provvegga a gli infermi et facciasi l’infermeria a mese, et si legga per ogni mese alla mensa eccettuando chi sia absente per sua rata che li toccarebbe, i priori, i maestri o graduati et li sessagenarij.

13. che non sia lecito a niun frate di questa Congregatione di tagliarsi la barba, ma lasciarsi crescere, come la manda la natura senza fomento o coltura alcuna, se non acconciare almeno ogni quindici giorni li mostacci con la debita moderatione, come ricerca la riverenza del Santissimo Sacramento dell’altare, et di lavarsi alle volte per il medesimo rispetto; et non manchi dell’opera del barbiero a tempi debiti per questo, come per fare la corona o chierica a frati secondo che le Costitutioni. Quelli che mancheranno siano gravemente ripresi, corretti et puniti dal Vicario et dagli Visitatori.

14. che da qui innanzi quelli che si faranno professi si chiamino del luogo della professione et non della patria, il che anco desideriamo che si faccia di quelli che sono professi et non sacerdoti, potendosi fare senza pregiudizio di atti publici et di scritture nelle quali siano intervenuti o nominati in conformità delle Visitationi, et si lascino totalmente li sopranomi sotto pena grande al padre Vicario pro tempore etc.

15. che non si ammetta niuno agli ordini minori se non sa leggere distintamente et bene. Al subdiaconato non si ammetta, oltre l’altre conditioni che si ricercano, se non saperà cantare canto fermo almeno mediocremente grammatica.

16. che si determini in ogni convento quanto si debba spendere continuativamente per la pietanza de’ frati et siano ben trattati li frati secondo la possibilità degli conventi, et non stia in arbitrio del priore et procuratore di spendere come pare a loro. [p. 127]

17. che li priori non essigano, nè spendino nè maneggino denari, ma lasciano fare gli offitii, debiti agli procuratori et depositari et agli altri offitiali, li quali siano eletti secondo la forma delle Costitutioni dalli vocali del convento.

18. che gli priori habbiano li libri cartellati con li numeri, come conviensi et scrivano distintamente la giornata, la quantità et il valore delle robbe, chi compera, per cui, per quali occasioni, di che, et rendano li conti dell’introito et essito ogni mese innanzi a tutti li vocali.

19. che si faccia annotatione et introito non solo del denaro, ma del grano, vino, oglio, orzo et cascio, et di legumi, della seta, lana et d’ogni altra sostanza, la quale o per intrata ferma, o per elemosina verrà in convento, et passerà degli offitiali, et le cose di momento stiano sotto due chiavi.

20. che vi siano almeno due Novitiati a quattro luoghi principali determinati, si leggano continuamente casi di conscientia nella Congregatione per institutione non solo della pauritia et gioventù, ma anco di tutti i sacerdoti, li quali tutti n’hanno bisogno.

21. che negli quattro luoghi principali vi sia la carcere secura et sana.

22. che li fratini et professi atti a passare agli ordini sacri non siano perpetuamente aggravati et oppressi in continua occupazione di cerche, et tanto meno in opere di masseria, ma concedasi loro tempo, giorno et hore determinate, et deputate per poter imparare a leggere et scrivere, et imparare di grammatica, et cantare canto fermo, et si provveda che in ogni luogo si consegni persona atta ad insegnarli; et a quelli che non sono atti, nè habili ad imparare non li si conceda cappuccio, ma si occupino alla cerche et altri tali negotii etc.

23. che non ardisca frate alcuno nominarsi con nome di partialità di levante o ponente, ne’ anco nominar così altro frate di questa Congregatione o dell’Ordine sotto pena la prima volta di una buona disciplina a spalle nude, la seconda un mese di carcere, la terza ad essere bandito per tre anni di questa Congregatione; la medesima pena haveria chi chiamerà li frati della Provincia Conventuali, o figli non legitimi di S. Agostino, poichè già tanti anni è stata levata ogni conventualità, et nel Capitolo di Milano nell’anno 1564, sotto il generalato della buona memoria del Reverendissimo Patre Maestro Christofaro, la dove forono raccolti tutti li padri delle provintie all’osservanza et ordinato che così si chiamassero, cioè Osservanti.

24. che niun frate ardischi d’infamare frate alcuno nè grande nè picciolo della nostra Congregatione, nè rivelare ad alcuno nè ad altra persona fuori dell’ordine li secreti del Capitolo o della Religione, o imperfetione de’ nostri religiosi oltre la pena contenuta nelle Costitutioni sotto privatione et escomunicatione latae sententiae riserbando di questo caso l’assolutione al Padre Reverendissimo Generale, al Padre nostro Vicario, et ognuno si guardi in questo dalla mala ventura. Et non vogliamo che il Padre Vicario usi misericordia verso questi tali detrattori et diffamatori. Et chi farà libelli, rime, canzoni, o versi infamatori sia dechiarato dal Padre Vicario per scomunicato et castigato rigorosamente.

25. che niuno tenga denari in camera, o appresso di se, ma tutti stiano nel deposito sotto pena di scomunicatione, eccentuando quel poco che ad alcuni sarà permesso per qualche necessità quotidiana dal Padre Reverendissimo, o dal Padre Vicario in scriptis. Et contrafacendosi s’incorra nelle pene dichiarate nelle Costitutioni et nel Sacro Concilio Tridentino. Il medesimo s’intenda contro quelli che teneranno robbe fuori di convento ovvero presteranno danari fuori della Congregatione, o chi tenesse animali.

26. gli Apostati et fuggitivi perdano il luogo et la voce secondo che ordinano le Costitutioni.

27. accettiamo et ammettiamo il Breve di Nostro Signore Gregorio XIII in materia di maestri et magisterio, ma pregamo il Padre Reverendissimo, che li detti maestri che verranno, attendano a leggere casi di conscientia et predicare altrimenti non godano l’essentioni magistrali.

28. vogliamo anco che quanto prima si potrà senza danno di questi conventi si provvegga di levare le masserie, li buovi et le vacche, affinchè i religiosi nostri possano attendere meglio al servitio di Dio.

29. ordiniamo che per l’avvenire non possi essere eletto Vicario di questa Congregatione se non dopo sei anni intieri, non computando però il tempo del suo primo vicariato, altrimenti l’elettione fatta sia nulla, et esso accettandola inhabile a tale offitio per dieci anni.

30. che col mezo del favore del Molto Eccellente et Reverendissimo Vescovo di Squillacci si raccolga la vita et li miraculi del Beato Francesco di Zompano fondatore di questa Congregatione, tanto più che vive il padre fra Gerolomo di Scigliano suo discepolo.

 

Biblioteca Angelica, Roma, [55] 11.21. (21).