da
ANALECTA AUGUSTINIANA LX (1997)
LA CONGREGAZIONE AGOSTINIANA
DEL VEN. FRANCESCO DA ZUMPANO IN CALABRIA (Secc. XV-XVII)
di FOCA ACCETTA
-1-
[P. 83] Le istanze spirituali, ideologiche che sono alla base della
nascita, diffusione e durata del fenomeno delle Congregazioni di Osservanza,
sviluppatosi all’interno degli Ordini mendicanti tra il XIV-XVI secolo, sono
state individuate e chiarite dalla più recente storiografia. (1). Ad essa si rinvia per un più approfondito
esame degli aspetti ideali, spirituali e pastorali del movimento di riforma,
del ruolo che svolse all’interno degli Ordini religiosi, del tipo di rapporto
che gli “osservanti” instaurarono e mantennero con i “conventuali” nell’ambito
di uno stesso Ordine. Presupposto essenziale al formarsi delle congregazioni di
osservanza era la volontà di singole o più comunità conventuali di sottrarsi al
clima di decadimento morale e religioso che connotava la vita delle Province. Quando la maggioranza dei religiosi di una casa si
mostrava favorevole al desiderato rinnovamento, rivolgevano al superiore
dell’Ordine una domanda, che giudicavano necessaria per porre in salvo la loro
riforma: essere esenti dalla giurisdizione dei superiori delle rispettive province,
per vivere sottomessi alla giurisdizione immediata del Generale dell’Ordine.
Questi approvava poi un breve regolamento, che conveniva nella sostanza con la
Regola e con le Costituzioni, e nominava il superiore della comunità
osservante, chiamato rettore nei riguardi dei sudditi [p. 84] e
vicario in quelli del Generale. Questo ritorno all’osservanza cominciò sempre
in un convento al quale poi i superiori dell’Ordine ne unirono altri della
stessa regione [...]. Nacquero in questo modo le Congregazioni di Osservanza. Così
il p. David Gutièrrez (2). Tra la fine
del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, negli ambienti agostiniani
calabresi si riscontra l’esigenza d’introdurre la riforma, già avviata in altre
regioni d’Italia, per arginare la decadenza morale e disciplinare che si era
propagata nell’Ordine. In pratica, si sentiva la necessità di vivere e attuare
il più coerentemente possibile gli ideali della Regola di S. Agostino e delle
Costituzioni agostiniane. Questa ansia di rinnovamento, come si è visto, era
favorita dai priori generali che sostenevano e approvavano il sorgere di Congregazioni
di Osservanza, svincolate dalla giurisdizione dei provinciali e sottoposte
alla propria giurisdizione diretta tramite un vicario. Il movimento di
osservanza venne introdotto in Calabria da p. Francesco Marino da Zumpano
(1455-1519) e interessò i conventi di Aprigliano (1490), Soverato (1490),
Nocera (1500), Francavilla (1502), Bombile (1506). Noto con il nome di Congregazione
di Calabria o degli Zumpani, fu approvato dal priore generale Egidio da
Viterbo il 24 maggio 1509: “confirmavimus
electionem vicarii nationis Calabrie fratris Antonii Cosentini, mandamusque ei
ut definitiones et leges alias servari faceret sub pena privationis officii
confirmavimus et acta omnia capituli” (3).
Un altro e significativo intervento è del 1515. Infatti il 27 ottobre di tale
anno il citato priore generale riconosceva l’autorità e il prestigio di p.
Francesco da Zumpano e apriva la strada all’espansione del movimento: “item confirmamus acta capituli Congregationis Calabriae
ac etiam vicarium electum fratrem Antonium de Franchavilla. Item
confirmamus litteras quasdam magne auctoritatis fratri Francisco de Zampano. Item
damus facultatem construendi novum monasterium condonatum sibi a locorum
ordinariis. Item concedimus licentiam [p. 85] conventui Sancte Marie de Pietate [Soverato] ut ubique
locorum possint petere elemosinam, quod si fratres ex hoc se gravatos
sentirent, veniant ad nos, et hoc sub excomunicationis pena, ut a nullo nostro
possint inferiore molestari” (4). L’affiliazione all’Ordine e gli statuti della
congregazione furono approvati dal pontefice Paolo III con il breve Pastoralis
officii del 2 gennaio 1539 (5). L’importanza e il ruolo che nel giro
di pochi anni la congregazione venne ad assumere nel più vasto progetto
dell’Ordine di ripristinare la regularis observantia sono contenuti
nella proposta avanzata nel 1522 dal priore generale Gabriele della Volta di
costituire la Provincia Osservante di Calabria unendo i conventi
calabresi della provincia di Terra di Lavoro con quelli dell’osservanza
zumpana. Il progetto non fu realizzato per le perplessità e i timori della
congregazione di essere influenzata negativamente dall’indisciplina e
corruzione esistenti nella provincia, e sotto la spinta popolare venne
accettato soltanto il convento di Cosenza (6). La successiva autonoma
sistemazione giuridico-amministrativa dei conventi calabresi della provincia
napoletana, sancita dal capitolo generale di Napoli del 1539, ebbe come punto
di riferimento la riforma zumpana. La decisione di costituire la Provincia
di Calabria rispondeva all’esigenza di promuovere anche tra i conventuali
una osservanza più rigida e coerente della Regola di S. Agostino e delle
Costituzioni dell’Ordine, in armonia con lo spirito di riforma perseguito dagli
zumpani. Infatti, in una lettera del 1 settembre 1539 inviata dal Seripando ai
membri della neo costituita provincia di Calabria si legge: “Significavimus
capitulo nationis Calabriae proxime celebrando, quia nulla iura producta
fuerant unionis eius cum provincia Terrae Laboris, divisisse eas nos ab
invicem: reponentes tamen in facultate capituli generalis quod tunc de hoc
videretur decernendum. Instituimus item praesidentem dicti capituli praefatum
magistrum Iacobum Tharsiensem, cum auctoritate dari solita aliis
praesidentibus. Hortantes eos ad talem vitae reformationem, ut in comparatione
fratrum congregationis fratris Francisci de Zampano ipsi reputarentur [p. 86] observantes et non illi. Commendavimus insuper eis efficacissime
observantiam Regulae divi Augustini ac definitiones capituli generalis”
(7). Nonostante la stima accreditata presso i superiori dell’Ordine,
anche nella congregazione degli zumpani cominciarono a comparire abusi,
indisciplina, sintomi di un declino dell’osservanza religiosa. Da qui le
esortazioni del Seripando al vicario p. Ludovico da Petrizzi “ut reformare
conventus et fratres suos omnes studeat, ut quando que fratrum observantium sit
congregatio potius opere quam solo titulo” (8). Nel
1547 ad Ambrogio da Verona provinciale di Calabria il Seripando affidò il
compito di visitare, insieme al vicario della congregazione, i conventi zumpani
per reprimere gli abusi e promuovere la regularis observantia (9). Purtroppo
della visita non si conserva alcuna traccia e quindi non è possibile conoscere
la situazione rinvenuta, i provvedimenti adottati sia di repressione che di
prevenzione. Tanto meno si possono dedurre dalla corrispondenza intercorsa tra
il generale e il visitatore, lodato per la prudenza e lo zelo esercitato ma
ripreso per discorsi e provvedimenti inopportuni (minaccie di riunione della
congregazione alla provincia, concessioni di privilegi, severità eccessiva
verso alcuni frati). Documentate sono invece le alterne vicende della recezione
e attuazione della riforma dell’Ordine secondo gli orientamenti del concilio di
Trento. Il 14 luglio 1568, subito dopo la celebrazione del capitolo generale di
Padova, il priore generale Cristoforo da Padova inviò al vicario della
congregazione degli zumpani le rinnovate costituzioni dell’Ordine per
un’organica azione di rilancio e riqualificazione della vita religiosa e degli
impegni apostolici (10). Dopo aver superato resistenze e
problemi organizzativi nell’agosto del 1569, il vicario p. Agostino della
Roccella diede le opportune disposizioni affinché la “Riforma” fosse praticata
in ogni singolo convento da tutti i religiosi indistintamente: [p. 87] “volendo noi osservare et far osservare da tutti li padri
della Congregatione li statuti fatti dal nostro capitolo di Padua, confirmati
per sua P. R.ma Maestro Tadeo da Perusa, li quali statuti furono ordinati et
fatti in Padua dalla bona memoria del R.mo P. Generale M.ro Christophoro da
Padua; et acciò tale constitutioni non siano incognite [...] et che non fussimo ripresi per negligenti, pertanto ci è
parso provvedere et far osservare le predette deffinitioni da tutti li priori
et che loro le facciano ancora dalli loro suditi osservare ad unguem si come
per il Sacro Santo Concilio di Trento siamo reformati et ciasched’uno priore
voglia ponere la mano et sottoscrivere come li presenti ordini l’hanno
ricevuti, letti et promulgati, aggiungendo anco al ultimo di queste alcune
constitutioni estratte per noi, et questo ordiniamo che tutti quelli che
receveranno dette constitutioni le facciano leggere, osservare et far osservare
e questo restando certi che farete quanto si comanda non altro [...]. Dal
nostro monasterio de Francavilla a dì 15 agosto dell’anno 1569. Delli presenti
constitutioni se ne piglia copia ogni priore, altrimenti incorrerà alla pena
debita” (11). L’attuazione dei principi
spirituali, teologici e pastorali del concilio di Trento doveva essere
realizzata secondo le Ordinationi et Constitutioni fatte per me frate
Agostino della Roccella nel presente anno del nostro vicariato 1569 (12). Tra
i punti fondamentali inseriti nel documento -rappresenta il primo testo
normativo della congregazione degli zumpani dopo che gli statuti originali sono
andati dispersi- sono l’adozione del breviario romano e il principio della
povertà personale. Infatti, viene proibita qualunque forma di proprietà privata
mentre è riconosciuta quella comunitaria: “ordiniamo et comandiamo da parte del P. R.mo che nessun
frate di qualsivoglia sorte tenga denari, bestiami, tanto de mobili come
stabili [...], fra lo spazio
d’un mese habbiano da acogliere li detti denari et ponerli in deposito”.
L’amministrazione dei beni dell’unico soggetto riconosciuto quale proprietario,
e cioè il convento, è attribuita al procuratore. Il priore invece è tenuto a
vigilare sulla corretta gestione, ad assicurare il “vestiario” ai sacerdoti e
agli altri membri della famiglia conventuale, oltre che curare tutti gli altri
aspetti della vita comune [p. 88] e
la preparazione culturale degli aspiranti sacerdoti. I singoli religiosi sono
richiamati al senso di responsabilità, a condurre una vita esemplare al fine di
tutelare l’onore della Religione e di garantire la pacifica esistenza della
congregazione. Alle “Ordinazioni” del vicario p. Agostino della Roccella sono
legate le disposizioni del visitatore generale per la Calabria p. Donato da
Benevento inserite nella lettera Per non mancare del 16 agosto 1569 (13).
Non si tratta di un legame esclusivamente burocratico e temporale, i due
documenti furono pubblicati a distanza di ventiquattr’ore l’uno dall’altro e
controfirmati dal visitatore generale; la loro affinità va al di là di questi
segni esteriori, che pur esistono e dei quali si deve tenere conto per una più
completa comprensione della riforma. Essi infatti per i contenuti e le
reciproche integrazioni costituiscono un unico testo normativo che ha come fine
l’osservanza religiosa: “havendo [...] noi veduto e toccato con le mani molti
disordini in questa vostra Congregatione ci è parso farv’intendere in molte
cose qual sia la nostra volontà sopra la riforma, e tutto a honor di Dio et
splendor di nostra Religione, et a beneficio et quiete publica”. Il
tono e il contenuto della lettera rilevano che la situazione in cui versava la
congregazione non era eccellente. La vita comune non sempre era praticata; le
norme relative alla povertà eluse da dispense e interpretazioni benevole; frati
spinti “dalla ambitione di regnare et dominare et essere superiori”,
organizzati in fazioni, completavano il quadro e rafforzavano nel visitatore la
convinzione che gli zumpani fossero osservanti solo di nome. Al fine di porre
un freno a questo stato di cose (“desideriamo ancora che al nome corrispondano
le opere e li fatti”) nel documento sono indicate forme e modalità di
attuazione della riforma. In linea con gli statuti dell’Ordine e con le
“Ordinazioni” del vicario della congregazione viene ribadito il principio della
povertà personale: “quale opera può corrisponder al nome d’osservante, più
illustre, et grata a Dio e al mondo, quanto quella che ci priviamo di proprietà
delle cose si stabili che mobili siano patrimoniali o acquistate”. I
religiosi sono invitati a far “rinuncia reale d’ogni proprietà di stabili e
mobili”. [p. 89] Per l’eliminazione
degli altri abusi è introdotto il principio della mobilità dei frati; nessuno
poteva dimorare in un luogo per più di due anni, tranne coloro “che hanno [...] gratia particolare”,
poiché le famiglie conventuali sarebbero state formate “secondo il volere di padri deffinitori et
vicario, et non secondo il volere de’ priori de luoghi” (art. 4).
Così pure la concessione degli ordini sacri “da qui in poi” rientra nelle
competenze del Definitorio e dei visitatori, che su proposta del vicario
dovevano valutare i requisiti dei candidati (età, moralità, preparazione
culturale). Per ridurre il gran tumulto dei capitoli a un dialettico
confronto, ed evitare di attribuire responsabilità di governo a persone non
idonee è stabilito “che habbin voce in capitolo altro che i padri deffinitori,
et visitatori del precedente capitolo, i priori dei luoghi, et i discreti, et
questi vogliamo che sieno o possino essere eletti se saranno persone, et di
giudicio, et di età, et di costumi mature, et tali che mai dalla Religione
sieno stati apostati o di notabil vitio notati”. Nella prospettiva
di garantire la vita comunitaria, di pacificare la congregazione superando
conflittualità e divisioni, s’iscrive il divieto di denunciare fatti e persone
senza prove a carico: “nessuno habbi ardire di querelare persona alcuna che
prima non si oblighi di stare alla pena del taglione, cioè a quella che
meriterebbe il querelato se non proverà la querela per testimoni degni di fede”.
Le disposizioni promulgate dal vicario generale p. Donato da Benevento furono
approvate dal priore generale Taddeo da Perugia il 29 ottobre 1569 (14). Nei
superiori dell’Ordine esisteva comunque il timore che il tentativo di
ripristinare la regularis observantia nella sua pratica applicazione si
rivelasse un fallimento. La corrispondenza intercorsa tra il priore generale e
il vicario della congregazione, nel periodo immediatamente successivo, conferma
tale preoccupazione. Ad esempio il 3 marzo 1570 il priore generale diede
precise istruzioni per eliminare durante la celebrazione del capitolo
comportamenti che suscitavano scandalo tra i laici e confusione tra i
religiosi; infatti, scrive: “perchè nel tempo del capitolo della Congregatione
tal’hora li frati sogliono per loro particolari affetti scordarsi et del bene
et dell’honore delli monasterij et del commodo publico et ben spesso lasciano [p. 90] li conventi senza frati onde spesso tra il popolo
cagionasi scandalo et si da occasione di mormorationi, et in capitulo sono
causa di confusione et disturbo, per questo acciò et all’uno et all’altro si
dia giusto et opportuno rimedio ordiniamo [...] et commandiamo [...]
sotto pena di ribellione et di escomunicatione che nessuno vadi al
capitolo eccepto il priore et il discreto; et dove sono tre sacerdoti uno debba
restare, et dove ne sono due soli, il priore vadi et l’altro resti. Et quelli
come discoli poco temeranno delli superiori li commandamenti, non havendo
licentia, da se veniranno, ordiniamo che in capitulo non habbino altrimenti
voce; et quando altrimenti si faccia oltre che ci sarà molesto non mancheremo
anco di procedere col rigore della giustitia contro quelli che così
meriteranno” (15). In un’altra e successiva lettera del
26 febbraio 1571 i toni sono molto più distesi, ma sostanzialmente fermi nel
ribadire il concetto di riforma: “il più efficace segno d’amor ci potreste mostrare et che
voi stiate in pace et non consumate l’uno all’altro con insidie, calunnie et
false imputationi et che attendiate a vivere religiosamente con timor di Dio et
con li esempi con le buone opere; il che doviate fare voi per essere religiosi
et far professione de’ vita più riformata; lasciate stare le gare, le
contestationi, le conventicole che non parturiscono se non inimicitie, odi,
sdegni. Daremo ordine di quello che se haverà da fare nel capitolo vostro de la
congregatione, che non volemo altro se non che la congregatione sia ben
governata, la quale sarà governata da voi altri, non ce manderemo forestieri,
ma facciate altramente saremo sforzati servirci da quelli che la governeranno
bene” (16). Per verificare la reale osservanza
delle costituzioni agostiniane nei conventi della congregazione zumpana, sono
interessanti gli atti delle visite compiute da p. Felice da Napoli e dal priore
generale Spirito Anguisciolo, rispettivamente nel 1576 e nel 1584. Infatti i
visitatori, dopo aver ispezionato chiesa e locali conventuali, sottoponevano ai
singoli frati un questionario, poi sottoscritto dall’interessato, tendente ad
accertare lo stato e il tono della vita religiosa della comunità. Le domande
erano formulate in questi termini:
1.
“Se il priore o altro frate di questo convento fosse persona scandalosa o di
cattiva vita”;
2.
“Se il priore faceva servir bene la chiesa et trattava bene li frati”; [p. 91]
3.
“Se lui sapeva che frate alcuno facesse faccende di bestiame o havesse dinari
fuora dati a secolari”;
4.
“Se lui haveva robbe stabili o mobili o dinari”;
5.
“Se lui haveva a dar querela ad alcuno et si l’occorreva dirmi cosa alcuna”.
La visita compiuta dal visitatore generale p. Felice da Napoli nel 1576
è mutila, non è possibile stabilire da quale convento prese l’avvio; rimane
solo la parte finale relativa ai conventi di Aprigliano, Castiglione, Cosenza,
Francavilla, Mormanno, Nocera, S. Stefano, Scigliano, Stilo. Tuttavia, riveste
una certa importanza nei giudizi espressi e nelle proposte avanzate dal p.
Felice per eliminare il rilassamento della congregazione degli zumpani: “l’intento del
beato Padre era quello d’introdurre nella Nostra Religione una Osservantia tale
che fosse come quella de’ Cappuccini nella Religione di S. Francesco, et questo
si vidde hanco nell’habito che introdusse et nel concederli la barba, ma questa
cattiva sementa di Calabresi non solo fruttificò frutto buono, ma marciò subito
dentro l’ambitione et havaritia, poiché altro qui non si ritrova in abondantia
[…]. Del resto della riforma non so che dire poiché mai avrà acquisizione
finché non sono mandati via questi frati et venghino de’ forestieri et se ne
vestano piccolini, et incominciano dalla fanciullezza alli comuni costumi della
religione; per ora giudico savio espediente et necessario [che] S. P. Rev.ma
faccia ordine che in tutti i modi a spese comune si faccia un Novitiato in
Cosenza, dove gli anderà poca spesa, et vi mandi un Maestro de’ fora, poiché qui
non ce nissuno che sappia né cantare né leggere” (17). Viceversa
le autorità laiche, nel tentativo d’influenzare la vita dei conventi e la
scelta dei priori, ponevano in primo piano la necessità di sostituire i vicari
forestieri con frati del luogo. Ciò è testimoniato da due lettere del cardinale
Sirleto del 1568 che, su indicazione del duca di Nocera e del marchese di
Fuscaldo, patrocinia presso il priore generale il trasferimento del provinciale
forestiero e la nomina del p. maestro Andrea da Paola “soggetto degnissimo” (18).
La visita del 1584 è stata compiuta dal priore generale Spirito Anguisciolo (19). Sulla
base del questionario precedentamente indicato [p.
92] sono interessanti i giudizi che gli stessi frati esprimono sullo
stato della vita religiosa all’interno della congregazione. Ad esempio p.
Angelo da Chiaravalle del convento di Spatola sostiene: “questa congregatione ha gran bisogno di
riforma perché molto rilasciata et non tiene maniera né forma di vivere
religioso et regolato et questo particolarmente per difetto di superiori”
(20). Il p. Antonio di Aquaro del convento di Terranova con maggiori
particolari conferma che “nella congregatione non vi è cura alcuna de’ gli
infermi, così è per tutto. Et così similmente si trattano gli hospiti. Vi è
grande ignorantia. Et li priori fanno ogni cosa pro arbitrio et imperio et
maltrattano li conventi et li frati. Si sono fatti li capituli sempre con gran
tumulto et si danno uffici a persone indegne et immeritevoli et questo per
lucro [...]; si legge qualche volta alla mensa tra la settimana il caso morale,
ma non sempre [...]; non si tiene il capitulo de Culpis, ne si fa l’onore per
li benefattori vivi et morti [...]; li novitii et professi pratticano tutto
senza altra cura di costumi né di lettere” (21).
La necessità di riformare la congregazione degli zumpani, dove la corruzione
aveva raggiunto tutti i livelli, divenne una questione non più prorogabile. Lo
stesso priore generale ebbe modo di constatare che “in questa congregatione (salvo sempre
l’honore de’ buoni, ma pochi) non v’è vestigio di virtù, non di bontà, non di
santità, né di disciplina monastica né regolare, ma bene colmo de’ vitii et
d’ignorantia [...]; tra le tanti imperfetioni et gravi le quali ritroviamo [...] sono le partialità [...] sicché
in questa congregatione i suoi religiosi [...] si sentono nominar Levantini et
Ponentini, come già per l’Italia al tempo delle fattioni tra gli suoni di
guerra s’udivano chiamare li Guelfi et Ghibellini” (22).
La riforma della congregazione si concretizzò nel capitolo celebrato il 4
ottobre 1584 nel convento di S. M. della Pietà di Soverato. Le decisioni in
quella occasione adottate, pubblicate nel 1586, ribadiscono e integrano le
“Ordinazioni” del 1569 alla luce dell’esperienza e delle costituzioni dell’Ordine
del 1581: [p. 93] “Ordiniamo che le costituzioni riformate dell’Ordine
nostro siano di bene in meglio osservate, come quelle dalle quali dipende la
vera osservanza et la vera riforma di ogni Provincia et d’ogni Congregatione
fin dal principio che forono publicate sono state accettate da questa
venerabile Congregatione et hora più che mai prontamente e con ogni debita
humiltà et obedientia accettiamo” (23). In questa prospettiva sono da
considerare le norme circa il culto divino, la proprietà personale, la gestione
del patrimonio comunitario. Rispetto alla legislazione precedente, la Riforma
del 1584 riserva maggiore attenzione alla preparazione culturale e
teologica dei religiosi. Per l’ammissione agli Ordini minori si esige che si
sappia “leggere
distintamente e bene”; per il subdiaconicato, oltre agli altri
requisiti, che si sappia “cantare canto fermo” e “mediocramente grammatica”. La
generica prescrizione del 1569 “ordiniamo a tutti li priori che faccino imparare li
diaconi subdiaconi et novitii”, è riformulata in modo più preciso
nella consapevolezza che la formazione culturale e teologica dei singoli
religiosi serva a renderli idonei ad affrontare tanto le istanze spirituali
della società quanto la penetrazione delle idee protestanti in Calabria: “si leggano
continuamente casi di conscientia nella congregatione per istrutione e
ammaestramento non solo della pueritia et gioventù, ma anco di tutti i
sacerdoti, li quali tutti n’hanno bisogno”. L’esigenza di conciliare
la vita comunitaria e i tempi richiesti dallo studio, suggerisce di concedere “tempo, giorno
et hore determinate, et deputate per poter imparare a leggere et scrivere a li
fratini et professi atti a passare agli ordini”, dispensandoli dai
lavori pesanti; di contro “a quelli che non sono atti, né habili ad imparare non li
si conceda cappuccio, ma si occupino alla cerche et altri tali negotii”.
Finalizzata a fornire un bagaglio di conoscenze teologiche, pastorali e
culturali ai religiosi avviati al sacerdozio o già ordinati, è l’istituzione di
due noviziati e quattro luoghi di studio. Infine, il problema che la vita
comunitaria, gli ideali dell’osservanza (umiltà e uguaglianza dei frati) e le
varie componenti [p. 94] della
pastorale (predicazione, sacramenti, devozioni) risultassero compromessi dai
privilegi di cui potevano godere i graduati (lettore, baccelliere, maestro) è
affrontato e risolto in maniera molto semplice nel senso che i privilegi circa
il modo di vestire, dormire e viaggiare sono riconosciuti e godibili a
discrezione dei singoli, mentre nessuna esenzione è prevista per tutto ciò che
investiva la sfera spirituale e l’impegno pastorale; infatti all’articolo 27
della “Riforma” si legge: “accettiamo et ammettiamo il Breve di Nostro Signore
Gregorio XIII in materia di maestri et magisterio, ma pregamo il Padre
Reverendissimo, che li detti maestri che verranno, attendano a leggere casi di
conscientia et predicare, altrimenti non godano l’essentioni magistrali”.
Vicario fu eletto il p. Damiano da Bevagna della provincia umbra, personaggio
che ben rispondeva al “bisogno di persona savia, prudente, da bene, di buono
esempio, prattica de’ governi, osservante da vero de’ precetti della Regola di
S. Agostino e delle nostre costitutioni et soprattutto che non sia partiale
[...] ma governi con equità et carità questa congregatione, questi nostri
religiosi indifferentemente” (24).
______________________________
(1)
P. BELLINI, Le congregazioni di osservanza, in “Presenza Agostiniana”, n. 3-5, maggio-ottobre 1994,
pp. 18-26; A. MARTINEZ CUESTA, Il contesto storico-ecclesiale della riforma
agostiniana, in
“Presenza Agostiniana”, n. 2-4, marzo-agosto 1992, pp. 66-81; M. ROSA (a cura),
Clero e società nell’Italia moderna, Bari, 1995, p. 23 e l’annessa bibliografia.
(2)
D. GUTIÈRREZ, Lecceto tra storia e leggenda, Roma, pp. 133-134.
(3)
A. MEIJER, Aegidii Viterbensis OSA., Res gestae generalatus, vol I, Roma
1988, p. 104, n. 241.
(4)
Ivi, vol. II, p. 146, n. 470.
(5) AGA, CB-1-31.
(6) B.
VAN LULJK, L’Ordine agostiniano e la riforma monastica, in “Augustiniana”, vol. XIX
(1969), p. 350.
(7)
D. GUTIÈRREZ, Hieronymi Seripando OSA,
Registrum Generalatus, vol. I, Roma 1982, p. 125.
(8) D.
GUTIÈRREZ, Hieronymi Seripando OSA,
Registrum Generalatus, vol. II, p. 44, lettera del 30 agosto 1540.
(9)
Ibidem, vol. V, pp. 214-215, lettera del 7 novembre 1547.
(10)
AGA, Ii, vol. XI, ff. nn.
(11) Ibidem.
(12) Ibidem.
(13) Ibidem.
(14)
AGA, Ii, vol. XI, ff. nn.
(15) Ibidem.
(16) Ibidem.
(17)
AGA, Aa XI.
f. 505v.
(18) E. RUSSO, Regesto
vaticano per la Calabria, vol.
IV, Roma, 1974, p. 130, n. 21888.
(19) AGA, Aa XI,
ff. 473-497v. Il diario di viaggio dell’Anguisciolo è in AGA, Dd 41, ff.
53-55/75-97. Copre un arco temporale che va dal 16 al 26 marzo e, dopo il
ritorno dalla Sicilia, dal 31 luglio al 19 novembre 1584.
(20) AGA, Aa XI,
ff. 476-485v.
(21) Ibidem, f.
457.
(22) AGA, Dd 41,
f. 88.
(23) Riforma della Congregatione del beato Francesco da Zumpano dell’Ordine
eremitano di S. Agostino in Calabria, in Roma,
nella stamperia di Vincenzo Accolti, in Borgo, 1586, art. 1.
(24) AGA, Dd 41,
f. 89.
-2-
[p. 94] 2. Ulteriori
provvedimenti per garantire la vita comune, la formazione non solo spirituale,
ma anche culturale degli aspiranti sacerdoti, il governo della congregazione
degli zumpani, furono emanati dai priori generali nella prima metà del secolo
XVII. In questo contesto si inserisce la definizione del nuovo assetto
giuridico amministrativo del movimento zumpano e cioè la creazione nell’ambito
della suddivisione civile della regione di due circoscrizioni. Infatti, nel
decreto di divisione, emanato dal priore generale Ippolito Fabriani il 29
maggio 1603 e ratificato da Clemente VIII con il breve Ex iniucto nobis del
30 ottobre successivo, si legge: “Auctoritate itaque nobis [...] praefatum zampanorum
congregationem in duas partes devidimus et divisam declaramus: una Congregatio
Zampanorum superioris Calabriae nuncupanda, altera vero Congregatio Zampanorum
inferioris appellanda; ita ut unaquaeque potestatem in posterim habeat suum
canonice eligere vicarium, ne unus se immisceat in officio alterius”
(25). [p. 95] In concreto le
conseguenze del provvedimento furono che dei 39 conventi 18 costituirono la
Congregazione di Calabria Citra e 21 la Congregazione di Calabria Ultra (Tab. 1).
_________________________________________________________________________________________________________________________
Tab. 1 - LA CONGREGAZIONE
DEGLI ZUMPANI NEL 1603
Zumpani Calabria Ultra…Zumpani Calabria Citra
Agrusto
..………………..Albi
Aquaro…………………...Aprigliano
Bombile………………….Belvedere
Borgia……………………Casole
Brancaleone……………..Castiglione
Bruzzano…………………Cosenza
Cortale…………………...Crucoli
Castelvetere…………….Macchia
Dasà……………………...Magli
Davoli…………………….Martirano
Francavilla……………….Nicastro
Gioia……………………...Nocera
Gioiosa …………………...Paterno
Montepaone……………..Rovito
Reggio*…….…………….Scagliano
Noverato…………………Sellia
Spadola…………………...S.
Stefano
Stalittì…………………….Zumpano
Stilo
Terranova
Varapodio
*Nel 1603 il convento di
Reggio era disattivato per i danni subiti dalle incursioni turche; fu
ripristinato nel 1639.
_____________________________________________________________________________________
Seguendo l’andamento cronologico degli insediamenti indicato dalle
relazioni del 1650, rapportato ai principali atti giuridici dell’Ordine e delle
autorità pontificie in favore della congregazione e ai provvedimenti
restrittivi contro la moltiplicazione dei conventi, nell’espansione del
movimento zumpano è possibile distinguere tre fasi (26). [p. 96] Nella
prima fase 1490-1539, corrispondente alla fondazione dei primi cenobi, al
riconoscimento della congregazione da parte dell’Ordine (1509) e alla bolla Pastoralis
officii di Paolo III (1539), sono compresi quindici conventi, tra cui
quello di Cosenza fondato nel 1426 e aggregato agli zumpani nel 1522 (Tab. 2).
_____________________________________________________________________________________
Tab. 2 - FONDAZIONE DEI
CONVENTI NEL PERIODO 1490-1539
Anno………Città……..….Titolo……………...Diocesi
1426/1522…Cosenza…..….S. Agostino………...Cosenza
1490………..Aprigliano…...S. M. delle Grazie…Cosenza
1490………..Soverato….….S. M. della Pietà…...Squillace
1500………..Nocera…….…S. M. di Loreto…….Tropea
1502………..Francavilla….. S. M. della Croce….Mileto
1506………..Bombile……...S. M. della Grotta…Gerace
1518…….….Crucoli……….S. M. Annunziata.…Umbriatico
1524………..Rovito……......S. M. delle Grazie…Cosenza
1526………..Casole………..S. Michele Arc.……Cosenza
1527………..Spadola……....S. M. del Carmine....Squillace
1530…….….Castelvetere...S. M. del Carmine…Gerace
1531…….….Terranova……S. M. del Soccorso...Oppido
1531………..Scigliano……...S. Agostino………...Martirano
1535………..Belvedere……S. Venere………..…Cariati
1539…….….Montepaone....S. M. degli Angeli…Squillace
_____________________________________________________________________________________
La seconda fase 1544-1593, quella di massima espansione con 24
conventi, è caratterizzata da due o più fondazioni simultanee negli anni 1570
(Albi, Sellia), 1571 (Varapodio, S. Stefano), 1580 (Brancaleone, Magli), 1590
(Macchia, Reggio, Stalittì), 1593 (Agrusto, Borgia) (Tab. 3). [p. 97]
_____________________________________________________________________________________
Tab. 3 - FONDAZIONE DEI
CONVENTI NEL PERIODO 1544-1593
Anno………Città……...….Titolo……………………....Diocesi
1544……….Bruzzano…….S. M. delle
Grazie………...Gerace
1546……….Aquaro………S.
M. del Soccorso………..Mileto
1547……….Cortale………S. M. del
Soccorso………..Nicastro
1553……….Dasà………….S. M. della
Pietà………….Mileto
1559……….Zumpano….....S. M. degli
Angeli………...Cosenza
1561……….Gioia...……….S.
Sebastiano…………..….Mileto
1563……….Stilo...………..S.
Antonio Abate…….……Squillace
1565……….Davoli………..S. M. del
Trono…….…..…Squillace
1569……….Gioiosa……....S. M. del
Soccorso………..Gerace
1570……….Albi…………..S. M. della
Misericordia…Catanzaro
1570……….Sellia…………S. M. delle
Grazie………...Catanzaro
1571……….Varapodio……S. M. delle
Grazie………...Oppido
1571……….S.
Stefano....…S. M. Annunziata………….Cosenza
1572……….Castiglione…..S. M. della
Pietà…………..Tropea
1574……….Martirano……S. M.
Annunziata………….Martirano
1580……….Brancaleone…S.
Sebastiano………………Bova
1580……….Magli…………S. M. della
Croce…………Cosenza
1588……….Paterno……....S.
Marco…………………...Cosenza
1590……….Stalittì……......S. M. del
Soccorso………...Squillace
1590……….Macchia……...S. M. della
Sanità………….Cosenza
1590……….Reggio……….S. M. della
Melissa………..Reggio
1591……….Nicastro……...S. M. della
Sanità………….Nicastro
1593……….Agrusto………S. M. della
Sanità………….Squillace
1593………..Borgia…….....S.
Leonardo………………..Squillace
_____________________________________________________________________________________
La terza fase 1603-1650, i cui termini temporali corrispondono da un
lato alla decisione del priore generale di dividere la congregazione, e
dall’altro alla bolla Instaurandae regularis disciplinae, è quella che segna un
periodo di ristagno e di difficoltà dovuto alle disposizioni pontificie contro
la proliferazione degli insediamenti mendicanti. In questo periodo, oltre il
ripristino del convento di Reggio (1639) si segnala la fondazione di tre
conventi (Tab. 4).
_____________________________________________________________________________________
Tab. 4 - FONDAZIONE DEI
CONVENTI NEL PERIODO 1603-1650
Anno………Città……...….Titolo…..…………Diocesi
1607……….Papanice…….S. M.
Annunziata…Crotone
1612……….Cotronei.……S.
Marco……….….Santa Severina
1617……….Bovalino…….S. Leonardo……….Gerace
_____________________________________________________________________________________
[p. 98] La tipologia dell’insediamento zumpano in rapporto al
territorio non si discosta da quelle che erano le caratteristiche dell’Ordine e
degli altri Mendicanti presenti in Calabria. In tutto l’arco di sviluppo del
movimento (1490-1617) viene privilegiata la penetrazione e la diffusione in
zone rurali piuttosto che la concentrazione nei grossi centri urbani. Prevale
una rete di piccoli insediamenti in borghi rurali dell’area centromeridionale
della regione. Ciò appare chiaro se la tipologia dell’insediamento viene messa
in relazione con le circoscrizioni ecclesiastiche; infatti, il 69.04% dei
conventi è concentrato e distribuito nelle diocesi di Calabria Ultra, ad
eccezione di quelle di Isola, Belcastro e Nicotera; mentre nelle diocesi di
Calabria Citra si registra la presenza di tredici conventi, situati
prevalentemente in quella di Cosenza (Tab.
5).
_____________________________________________________________________________________
Tab. 5 – DISTRIBUZIONE DEI
CONVENTI NELLE DIOCESI CALABRESI
Calabria Citra……………Calabria Ultra
Bisignano………………...Belcastro….………..
Cariati/Cerenzia…1……..Bova……….……1…
Cassano…………………..Catanzaro….…...2…
Cosenza………..…9……..Crotone……...…1…
Martirano………...2……..Gerace……….…5…
Rossano…………………..Isola………………...
San
Marco………………..Mileto………..…4…
Strongoli………………….Nicastro…...……2…
Umbriatico…….…1……..Nicotera…………….
……………………………Oppido……..……2…
……….……………………Reggio…….……1…
…………………………….Santa
Severina…1…
…………………………….Squillace……..…8…
…………………………….Tropea…….……2…
_____________________________________________________________________________________
_____________________________
(25) Archivio
Segreto Vaticano, Secr. Brevi, vol. 338, ff. 361-362r.
(26) Per
le vicende dei singoli conventi Cfr: F.
ACCETTA, I conventi agostiniani della congregazione degli Zumpani
in Calabria Ultra nel 1650, in
“Brutium”, LXVII, ottobre-dicembre 1988, pp. 19-20; LXVIII, gennaio-marzo 1989,
pp. 29-32; I conventi agostiniani della congregazione degli zumpani in
Calabria Citra, in
“Calabria Letteraria”, XLIV, aprile-giugno 1996, pp. 66-67. Per le altre
componenti dell’Ordine in Calabria Cfr: F. ACCETTA, I conventi agostiniani
della provincia di Calabria, in “Calabria Letteraria”, XLIV, aprile-giugno
1989, pp. 29-32; Gli agostiniani scalzi in Calabria, in “Presenza Agostiniana”,
XXIII, marzo-agosto 1996, pp. 71-77; M. MARIOTTI - F. ACCETTA, Per uno
studio sulla riforma agostiniana in Calabria (secc. XV-XVII), atti del convegno G. Seripando e la
chiesa del suo tempo, Salerno. 14-16 ottobre 1994, in corso di stampa.
-3-
[p. 98] Un ruolo decisivo, ai fini dell’insediamento degli
zumpani nelle aree rurali svolsero le università (comuni), che, per far fronte
all’inadeguata assistenza spirituale del clero secolare, furono promotrici
della fondazione di numerosi conventi, concepiti come centri d’irradiazione di
attività pastorali (predicazione, sacramenti, suffragi). Le università
intervenivano non solo nella concessione di chiese [p.
99] e nella costruzione dei complessi conventuali, ma erano disposte
a contribuire attraverso donazioni ed elemosine al sostentamento dei frati,
ottenendone in cambio una serie di prestazioni cultuali, devozionali e
caritative. Da una indagine comparativa emerge che le richieste variano dal
semplice obbligo di “dir messa” ad impegni più specifici quali il tenere
“l’hospitale per li poveri pellegrini” (Martirano, 1574; S. Stefano, 1571); il
mantenere in famiglia “un predicatore per il tempo delle predicazioni”
(Scigliano, 1531); o un numero preciso e determinato di religiosi (Albi, 1570;
Reggio, 1590) oppure un insegnante per istruire “i figlioli di quando in
quando” (S. Stefano, 1571). (27) Alcune università come Rovito (1524), Zumpano
(1559), Papanice (1607) pur di avere la stabile presenza dei frati non chiesero
impegni formali e i rispettivi conventi furono fondati “senza esservi stato
patto, o numero prefisso di frati, ma gratis et libero” (28). Significativo è stato anche il
contributo di esponenti dell’aristocrazia locale e del ceto medio, a conferma
del largo consenso suscitato dal movimento zumpano nei diversi ceti sociali
nonostante gli abusi che si registravano all’interno di esso (29). Le
richieste di nobili e borghesi a differenza di quelle delle comunità locali
sottintendono l’aspetto privato della devozione, la preoccupazione di
assicurare la celebrazione di messe in suffragio delle anime del benefattore e
dei suoi congiunti più prossimi. Rivelano inoltre l’esigenza di manifestare il
rapporto privilegiato che si veniva ad instaurare tra la congregazione e la
famiglia del benefattore, la posizione sociale e giuridica che quest’ultima ricopriva
all’interno della comunità. Funzionale a questa operazione erano il diritto di
esporre “l’armi et epitafio dentro e fuori la chiesa”, la scelta dell’altare,
quasi sempre quello maggiore che assicurava, rispetto a quelli laterali,
preminenza liturgica, il ius sepulcri. Al di là degli obblighi spirituali
contratti per la fondazione dei singoli conventi era la consapevolezza di agire
in un ambiente dove l’inefficienza del clero secolare, devozionismo e
suprestizione costituivano i tratti essenziali. Nel contesto di una strategia
tesa al recupero spirituale e all’assistenza morale e materiale delle
popolazioni locali si pone l’istituzione [p.
100] di confraternite e monti di pietà, indispensabili strumenti di
vita religiosa, penetrazione sociale, attività caritativo-assistenziale. Nel
1584 il priore generale Anguisciolo autorizzò la fondazione di sette
confratemite sotto il titolo di S. Monica (Aquaro, Condianni, Cosenza, Crucoli,
Dasà, Martirano, Terranova). Altre tredici sodalizi chiesero e ottennero dall’Anguisciolo
il privilegio di essere aggregati all’arciconfraternita dei cinturati di
Bologna al fine di “godere l’indulgenze, gratie et prerogative che detta
arciconfraternita gode” (Castelvetere, Castiglione, Cosenza, Melissa,
Montepaone, Pedace, Pietrafitta, Pizzo, Ravello, Rose, Celico, Spezano,
Zumpano). Inoltre le istanze spirituali della popolazione erano soddisfatte
attraverso l’attività missionaria e la predicazione periodica, soprattutto
quando la presenza stabile dei frati non era possibile. Emblematico è il caso
di Reggio Calabria dove gli zumpani con il consenso dell’arcivescovo mons.
Gaspare del Fosso avevano fondato nel 1590 un convento (30). Costretti a lasciare la città
a seguito delle incursioni turche del 1594 continuarono a mantenere un rapporto
saltuario e occasionale regolato da esigenze pastorali. Per la quaresima del
1639 venne chiamato a predicare nel duomo reggino il p. Deodato Solera,
“Deffinitore generale apostolico perpetuo, qualificatore del Sant’Officio del
Regno di Sicilia, teologo deputato et esaminatore perpetuo della Curia di
Palermo e di Monreale”. Questi forbito argomentatore e oratore insigne,
produsse nell’opinione pubblica un movimento favorevole affinché gli
agostiniani fossero di nuovo presenti nella città di Reggio. A tal proposito è
interessante quanto il p. Solera scrive al cardinale protettore in una lettera
del 29 ottobre 1639: “predicando io questa quaresima risvegliai quel fuoco di
devotione verso la Religione (di S. Agostino) che stava acceso sotto le ceneri
della nostra solita negligenza, onde i cittadini quasi in letargo isvegliati
fanno istanza alli sindaci che dovessero domandare al mons. vicario capitolare
la reintegratione della religione e riceverla com’era prima. I sindaci
proposero questa petitione al consiglio il quale nemine discrepante annuit e
fece sua. Per mezo de’ sindaci e suo procuratore chiesero ciò al vicario il
quale propose il partito al Capitolo e si commonò un decreto che reintegrantur
Patres Divi Augustini sicut prius erant. Et il vicario e il capitolo mandarno
l’abbate Pontio col notaio apostolico e mi diemo il possesso della chiesa di S.
Nicolò de’ Miracoli [p. 101] vicino le muraglie della città attaccato al quartiero de’
Spagnoli, quali sette mesi sono possiedo et ufficio con quattro sacerdoti et
altri quattro diaconi con esempio grandissimo e comune soddisfatione de’
popoli” (31). Tuttavia, l’apostolato degli agostiniani se
da una parte aveva eccitato l’entusiasmo dei cittadini, sfociato nel decreto di
reintegrazione del 14 maggio 1639, dall’altro aveva provocato il risentimento
degli altri Ordini mendicanti presenti nella città. Infatti, i domenicani, i
minimi, i riformati e i cappuccini il 5 agosto dello stesso anno presentarono
alla congregazione dei vescovi un ricorso affinché fosse impedita la riapertura
del convento agostiniano: “mesi addietro sono venuti in questa città di Reggio di
Calabria alcuni frati di S. Agostino per fondare un convento dell’Ordine loro
et mons. vicario capitolare con passione e riverenza l’accettò [...] senza il nostro consenso di noi
Mendicanti che è contro alle disposizioni delli Brevi Apostolici, sotto il
pretesto che detta Religione cinquanta anni in circa sono havesse havuto
convento in questa città; il che è falsissimo [...]. Dato e non concesso havessero
allora eretto convento non sono in tempo di ripigliarlo senza il nostro
consenso, esendo trascorsi cinquant’anni in circa che detti Padri mancano da
qui [...] le Vostre Emminenze
restino servite ordinare a detto mons. vicario capitolare che faccia partire
detti religiosi di S. Agostino, et non l’ammettano all’erettione di novo
monasterio senza il nostro consenso, ne vengano a processioni, che tutto ciò è
di giustizia lo riceveranno a somma gratia” (32). La documentazione prodotta a
proprio discarico dal p. Solera fu sufficiente a dimostrare l’inattendibilità
del ricorso, il cui scopo sembra andasse al di là della salvaguardia delle
disposizioni apostoliche circa l’assenso che bisognava chiedere alle altre
famiglie religiose già dimoranti in un luogo per procedere ad una nuova
fondazione. Infatti, in una lettera del 23 giugno 1639, inviata al priore
generale, il p. Solera propone una chiave di lettura che mette in ombra i
protagosti della vicenda e in modo particolare i domenicani. Questi avrebbero
iniziato e sostenuto la querelle al solo fine di ammorbidire la rigida
opposizione degli agostiniani all’apertura di un loro convento a Pizzo (33). [p. 102] Infine, è importante ricordare che
gli zumpani favorirono lo sviluppo di culti locali come quello di San Foca
Martire in Francavilla Angitola e di S. M. della Grotta in Bombile d’Ardore (34).
Circa la dislocazione dei conventi è da rilevare che la maggior parte di essi
sorgevano a breve distanza dai centri abitati, lungo le principali vie di
comunicazione allora esistenti. Questo tipo di distribuzione territoriale
rispondeva sia all’esigenza di un rapido collegamento tra i diversi conventi
sia alla necessità d’indirizzare l’azione di apostolato ai centri vicini a
quello prescelto quale sede conventuale. D’altro canto i frati non mancano di
sottolineare i vantaggi dell’ubicazione extraurbana soprattutto per
quest’ultimo aspetto. Ad esempio l’ubicazione del convento di S. M. del
Soccorso “sito
e posto nelli circonferentj d’Aquaro e Seminatori” viene descritta
nei termini: “luogo
comodo per sentirsi li Divini Officij e Sacrificij dalli populi [...] per
passaggio continuo delli cittadini dello Stato di Arena et altri con
grandissimo concorso de populi dell’uno e l’altro, così in giorni festivi come
di lavoro” (35). Per quanto riguarda l’edilizia conventuale i
complessi agostiniani non si differenziavano dai modelli utilizzati dagli altri
Ordini religiosi. Quasi tutti i conventi si disponevano su due piani: al primo
piano erano situate le cosidette officine, che si aprivano direttamente sul
chiostro, e cioè la cucina, il refettorio, la dispensa, il deposito per gli
attrezzi agricoli. Al piano superiore erano i dormitori con le rispettive celle
per i frati, il guardaroba, le stanze riservate agli ospiti, la biblioteca. Particolari
accorgimenti per garantire l’incolumità dei frati si segnalano nella struttura
dei monasteri delle località costiere frequentemente sottoposte alle incursioni
turchesche. Ad esempio il convento di S. M. della Pietà di Soverato, “più volte
bruggiato da’ Turchi”, era costruito “a modo di castello con balestrieri
attorno” (36). Lo stato di
avanzamento dei lavori, da quanto risulta dalle relazioni del 1650, procedeva
molto a rilento, sia per le difficoltà economiche che per le citate incursioni.
Risultano in fase di completamento [p. 103] i
conventi di Bovalino (1617): “sta fabricandosi havendosi per la penuria de’ tempi
compito solamente un quarto del disegno” (37); di Brancaleone
(1580): “Si sta
in atto fabricando et al mio parere detto convento potrà essere finito fra otto
anni” (38). Tuttavia, l’attenzione
dei frati si rivolgeva innanzitutto alle chiese, spesso completate prima degli
altri locali conventuali e abbellite con statue, quadri ed altre opere d’arte.
In particolare nella chiesa di S. M. del Soccorso di Aquaro si nota che
l’altare maggiore era decorato con “bellissimi quadri dorati con bellissime custodie tutte
poste dentro la lamia con coro mediocre attorno per cantar vespro nelle festività,
et altri giorni con arco di pietra”, il che fa pensare trattarsi di
un polittico cinquecentesco del quale nessuna memoria è rimasta (39).
Nella chiesa di S. M. della Grotta di Bombile era custodita “una bella
imagine della B. V. scolpita di marmo bianco di grandissima divotione et
veneratione fatta l’anno 1509” (40).
Curata in ogni minimo particolare, la chiesa veniva a costituire la prima fonte
di sostentamento della comunità, attraverso le cosidette “rendite spirituali”
ovvero i proventi ricavati dalle messe, elemosine ecc., oltre a permettere lo
svolgimento dell’opera di apostolato e l’attivazione dei culti legati
all’Ordine. La chiesa del convento di Stilo dedicata a S. Antonio Abbate era
quotidianamente “frequentata
con divotione et concorso di popoli per la frequenza de’ miracoli che si
dispensano alla giornata dal glorioso S. Nicola di Tolentino posto in una
cappella eretta dentro la chiesa per devotione de’ particolari” (41). Per quanto riguarda le biblioteche esistenti
nei vari conventi le notizie sono molto scarse; in genere gli inventari danno
molto spazio a tutto ciò che permetteva ai religiosi un tenore di vita
accettabile, e il patrimonio librario ove si fa accenno viene liquidato con la
generica formula di “libri”. Così ad esempio in un inventano relativo al
convento di Cosenza del 1668 è registrata la presenza di “40 pezzi di libri” (42). Le
uniche notizie [p. 104] finora emerse
riguardano la biblioteca del convento di S. M. della Croce di Francavilla
Angitola. Nel 1728 p. Fulgenzio Marinari “ritrovandosi in uso tanti libri per il valore di 270
ducati e meditando con il principio di questi ordinare una libreria per maggior
decoro del monastero a cui è aggregato”, chiese e ottenne dal priore
generale Fulgenzio Bellelli, l’autorizzazione ad utilizzare “una stanza
contigua a quella che ora da lui si abitano per ridurla in forma di libreria”;
inoltre, il generale dispose che “qualunque libro si ritroverà dopo la morte di qualunque
religioso [...] debba porsi dal
p. priore pro tempore nella libreria predetta” (43).
Le biblioteche venivano incrementate non solo con acquisti periodici ma anche
facendo confluire nel loro corpus i volumi appartenenti ai religiosi
defunti. È probabile
quindi che nella biblioteca di Cosenza fossero conservati i libri rinvenuti il
29 ottobre 1610 nella cella di p. Claudio da Cortona. Si tratta di testi di
autori gesuiti (Francesco Toledo, Maldonado) e domenicani (Domenico Soto,
Girolamo Osorio) ispirati alla teologia della controriforma, alla riflessione
sul peccato, alla predicazione (44).
_________________________________
(27) AGA, Ii, vol. III, f. 91; vol. VI, ff. 168, 172, 292.
(28) Ibidem, vol. VI, ff. 164, 166, 185.
(29) Furono fondati dai rispettivi feudatari i conventi di
Castelvetere, Cotronei, Nicastro e Sellia; quelli di Dasà e Gioiosa da
esponenti della borghesia. Cfr. i due saggi citati sui conventi zumpani (nota
n. 26).
(30) AGA, Aa, vol. XI, ff. 130-137.
(31) AGA, vol. XI, f. 144.
(32) Ibidem, f. 130.
(33) Sulla vicenda dei contrasti tra agostiniani e domenicani
a Pizzo cfr F. ACCETTA, I conventi domenicani nella diocesi di Mileto, in “Calabria Letteraria”,
XXX-VIII, aprile-giugno 1990.
(34) F. ACCETTA, S. Foca Martire patrono di Francavilla
Angitola, in
“Calabria Letteraria”, XL, luglio-settembre 1992, p. 53-57. S. GEMELLI, Il
santuario di S. M. della Grotta,
Chiaravalle 1979.
(35)
AGA, Ii, vol. VI, f. 219.
(36) Ivi, f. 217.
(37) Ivi, f. 263.
(38) Ivi, f. 250.
(39)
A. TRIPODI, Il convento
agostiniano di S. M. del Soccorso di Aquaro, in “Brutium”, LXX, ottobre-dicembre
1991, pp. 6-7.
(40) AGA, Ii, vol. VI, f. 228.
(41) Ibidem, f. 269.
(42) AGA, Aa, XI, f. 32 v.
(43) F. ACCETTA, Il convento di S. M. della Croce in
Francavilla Angitola, in
“Analecta Augustiniana” LVII (1994), pp. 143-160.
(44) AGA, Aa, XI, ff. 27-29.
-4-
La bolla Instaurandae regularis disciplinae emanata
da Innocenzo X nel 1652 per abolire i parva conventus esistenti in
Italia, interessò il 69% dei conventi zumpani, che rappresentavano il 53.8%
degli insediamenti agostiniani in Calabria (42 su 78) (Tab. 6). [p. 105]
_____________________________________________________________________________________
Tab.
6 - CONVENTI SOPPRESSI E NON DALLA RIFORMA INNOCENZIANA
……..Conventi soppressi………………Conventi non soppressi
Calabria Ultra…Calabria Citra……….Calabria
Ultra…Calabria Citra
….Agrusto……….Albi………………….Aquaro………..Cosenza
….Bombile………Aprigliano……….….Bruzzano……...Castiglione
….Borgia……..….Belvedere………..…Francavilla……Nocera
….Bovalino…-…..Casole…………..…..Reggio……..….Papanice
….Brancaleone….Cotronei…………….Soverato………Martirano
….Castelvetere…Crucoli………………Spadola
….Cortale……..…Macchia………….…Terranova
….Dasà…………..Magli………………..Varapodio
….Davoli…………Nicastro…………
….Gioia…………..Paterno………….
….Gioiosa………..Rovito
….Montepaone….S.
Stefano
….Stalittì…………Scagliano
….Stilo…………...Sellia
……………………Zumpano
_____________________________________________________________________________________
Il motivo della soppressione, come ha dimostrato il Boaga, non è stato
il rilassamento morale, ma il piccolo numero di religiosi dimoranti nei
conventi che non permetteva l’osservanza religiosa (45). Tale preoccupazione era molto
sentita anche all’interno dell’Ordine agostiniano; infatti, Thoma De Herrera
nel suo Alphabetum Augustinianum (Madrid 1644) riferendo della
congregazione degli zumpani concludeva: “Sunt omnia huius Congregationis Monasteria triginta
Fratres vero centum nonaginta quatuor. Dolendum sane, praecipue in
Congregatione, quae observantiae titulo gloriatur, in tanta Fratrum penuria
tantam Coenobiorum multitudinem reperiri. Vix enim sunt quatuor, aut quinque,
quae sufficientem numerum alant ad vitae regularis reformationem observandam.
Quae enim vitae austeritas quae regulae, et costitutionum observantia poterit
aut introduci, aut permanere ubi tantum quatuor, aut sex Fratres in terris et
casalibus vitam agunt? Satius sane esset in minori domorum numero plura esse
Monasteria” (46). I dati che si ricavano dalle relazioni del
1650 (Tabb. 7-8) confermano quanto sostiene il De Herrera, e cioè che in molti
insediamenti era un numero così esiguo di religiosi che non permetteva la regularis observantia; infatti il 69%
dei conventi aveva una dimensione demografica con un margine di oscillazione
compreso tra 2-5 [p. 106] unità e il 21.4%
tra 6-9 unità, soltanto il 9.5% poteva vantare un numero maggiore di presenze
(Francavilla, 22; Cosenza, 16; Castelvetere, 14; Terranova, 12). Una risposta
indiretta alle osservazioni del De Herrera può essere considerata l’analisi che
di questa situazione viene fatta nelle citate relazioni del 1650, soprattutto
quando le cause dell’inosservanza religiosa e del “mancamento di frati” sono
individuate nella decisione dei superiori di privare la congregazione di luoghi
di noviziato, piuttosto che l’instabilità economica dei conventi: “Se levato il
novitiato, che in nessun altra comunità n’habbiamo in questa congregatione, per
il che sono mancati sacerdoti e chierici e si patisce per l’insoddisfatione
delle chiese e suffragi” (Cosenza); “adesso non vi sono noviti et per
mancamento di frati vi stanno più che dodici” (Terranova); “il monastero
non può alimentare tanta famiglia” (Papanice); “il vitto delli PP. di famiglia si fa con
la bertola in elemosine continue per la città che altrimenti non si può per entrata”
(Nicastro). [p. 107]
____________________________________________________________________________________________________________
Tab. 7 - RELIGIOSI DELLA
CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI NEL 1650
Chierici Professi
Congregazione…Sacerdoti…professi…Novizi…conversi…Serventi…Totale
Calabria Ultra……..76…………..8…………5………..42 ………..19………150
Calabria Citra……..56………….11…………………..11……….12………..90
Totale…….………..132…………19………...5 ……….53……......31…..…..240
_____________________________________________________________________________________________________________
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Tab. 8 – FAMIGLIE CONVENTUALI
DEGLI ZUMPANI NEL 1650
Chierici Professi
Convento…….…Sacerdoti…professi…Novizi…conversi…Serventi…Totale
Francavilla………….7…………1………..……………9…………5………..22…
Cosenza………….…9…………4………..……………3……………………16…
Castelvetere…….…6………………………5..………3……………………14…
Terranova……….…7……………………..…………..3……….…2….…....12…
Spatola…………...…4…………1……..………………3…………1…………9…
Soverato……………6…………1…………..…………2…………………..…9…
Aquaro…………...…5…………………………………1…………2…………8…
Reggio…………...…4…………1………..……………3…………………..…8…
Bombile…………….3…………………..……………..3…………1…………7…
Varapodio……..……4…………1…………..…………2…………………..…7…
Bruzzano………...…4………….1………..………………………..1…………6…
Nocera
……………..3…………1………..……………2……….………….…6…
Papanice……………4…………………..………..……1……….…1……...…6…
Aprigliano……….…4……………………..…………………….…1…………5…
Borgia……………...2…………………….……………1…............2………...5…
Brancaleone….……3………………………...………..1…………1…………5…
Crucoli………..……3…………………..…….……..…2…………………..…5…
Davoli………………3………………............…….…...1…………1…………5…
Gioiosa…………..…2…………………….……………2…………1…………5…
Montepaone…….…3…………1…………....….….…1…………………..…5…
S.
Stefano…………..3……………………..…………….…………2………...5…
Stalittì………………2…………1……..………………2…………………..…5…
Albi…………………3…………1…..……………………………………..…..4…
Castiglione……...…2…………1…………….……………………1………...4…
Dasà……………..…2………………..………………..1……….…1………...4…
Cotronei………...…3…………………………………1…………….….…….4…
Rovito……………...2…………………………………2……………….……..4…
Scigliano…….…..…3……..…………………………………….…1……....…4…
Sellia………….……3………………..……………………….……1…………4…
Zumpano………...…3…………1…………..…………………………….……4…
Casole………..….…2…………1………..…………………………….………3…
Martirano….….…...2…………1…………..………………………….………3…
Belvedere………....1…………1…………..……………..………1….………3…
Paterno…….………2…………………..…………………………1….………3…
Macchia……………2…………………..…………………………1…….……3…
Agrusto……………2…………………..……………..1………………………3…
Bovalino…………...2…………………..…………………………1…….……3…
Cortale………….…2…………………..………..……1………………………3…
Gioia…………….…1………………..……………..…1………………………3…
Stilo……………..…2………………..………………..1………………………3…
Magli………………1………………..……………………………1………..…2…
Nicastro…………...1…………………..…………………………1………..…2…
Totale…………..132………19………….5.…….…53………..31……..…240…
_____________________________________________________________________________________
[p. 108] Il provvedimento innocenziano, giudicato eccessivamente
severo, provocò in generale la protesta delle autorita locali e l’opposizione
dei religiosi, sanzionata dalle autorità pontificie con provvedimenti
coercitivi nei confronti dei religiosi ribelli. Ad esempio nella Provincia di
Calabria i disordini furono provocati da uno dei definitori, p. Alessandro
Mannarino, che nonostante il parere contrario del provinciale fece eleggere dal
definitorio i priori dei conventi soppressi. Tuttavia, se inquadrate
all’interno delle attività religiose e devozionali che gli agostiniani
svolgevano nelle aree rurali, ricoprendo gli spazi lasciati scoperti dalle
istituzioni diocesane, l’iniziativa di p. Mannarino e le altre simili perdono
la connotazione di ribellione e si configurano come preoccupazione di abbandonare
le istanze spirituali e assistenziali delle popolazioni locali nelle mani del
clero secolare, considerato incapace di soddisfarle poiché privo di un
elementare indottrinamento e di dedizione alla cura delle anime. D’altro canto
anche i procuratori generali degli Ordini mendicanti nel confronto con la
congregazione dei regolari insistevano su questo aspetto fondamentale del
rapporto popolazione/clero regolare. Il timore era di non poter fornire alle
comunità quell’assistenza fino ad allora assicurata dai conventini. Le autorità
pontificie e la congregazione dei regolari non rimasero insensibili a queste
esigenze e alle istanze delle università nel cui territorio sorgevano i piccoli
conventi oggetti del provvedimento di soppressione. A solo due anni dal provvedimento,
nel 1654, se ne otteneva la revoca per i conventi di Castelvetere e Zumpano.
Gli effetti del provvedimento innocenziano del 1652 sulla congregazione degli
zumpani emersero negli anni successivi allorquando il priore generale si rese
conto che non era possibile mantenere con un ridotto numero di conventi la
preesistente struttura dell’Ordine in Calabria. Per definire il nuovo assetto
organizzativo nel 1662 ordinò la “convocazione di un capitolo privato da chiamarsi in
Catanzaro coll’intervento del Provinciale e de’ due Vicari Generali, insieme
con altri Padri di più maturo giudizio, sotto la direzione del P. Maestro
Antonio Visconti [...] col
consiglio di Fra Filippo Visconti altre volte Generale dell’Ordine ed allora
Vescovo di Catanzaro” (47). Le
decisioni adottate in quella occasione, e cioè l’abolizione della congregazione
degli zumpani e la crezione di due province [p.
109] con il nome di Calabria Citra e di Calabria Ultra, furono
ratificate da Alessando VII con il breve Militantis ecclesiae del 30
settembre 1662 (48).
Le due province erano costituite complessivamente da 28 conventi; in
particolare 15 formavano la provincia di Calabria Ultra e 13 la provincia di
Calabria Citra (Tab. 9).
_____________________________________________________________________________________
Tab.
9 - CONVENTI AGOSTINIANI NEL 1662
Provincia Calabria Ultra…..Provincia Calabria Citra
Aquaro……………………..Belvedere
Belforte…………………….Bucchiegliero
Bruzzano…………………...Castiglione
Castelvetere………………Cosenza
Catanzaro………………….Fuscaldo
Feroleto……………………Martirano
Francavilla…………………Melissa
Monteleone………………..Nocera
Papanice……………………Paola
Pizzo…………………….….Strangoli
Reggio……………….…….Tarsia
Noverato……………..……Terranova
Spatola………………..……Zumpano
Terranova……………………………
Varapodio……………………………
_____________________________________________________________________________________
Si conclude così la vicenda della congregazione degli zumpani che nel
corso del XV-XVII secolo, con alterne vicende, ricadute e ritorno allo spirito
originario, aveva caratterizzato la storia degli agostiniani e quella religiosa
calabrese.
_______________________
(45) E. BOAGA, La soppressione innocenziana dei piccoli
conventi in Italia, Roma,
1971, p. 44.
(46) T. DE HERRERA, Alphabetum Augustinianum, Madrid, 1644, p. 427.
(47) G.
FIORE, Calabria Illustrata, Bologna,
1970, p. 385, AGA, Aa, vol. XI, f. 98.
(48) F. Russo, Regesto vaticano per la Calabria, vol. VIII, Roma, 1984, n.
39670.
**************************************************************************
APPENDICE
-1-
BREVE DI APPROVAZIONE DELLA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI
[p. 110] Roma, 2 Ianuarii 1539. Paulus episcopus, servus servorum
Dei, venerabili [...] Ecclesiae
Cusentinae, ac vicario venerabilis fratris nostri episcopi Squilacensis in
spiritualibus generali, salutem et apostolicam benedictionem. Hodie a nobis
emanaverunt litterae tenoris sequentis: Paulus episcopus, servus servorum Dei,
ad perpetuam rei memoriam. Pastoraliis officii cura, quam disponente Domino
licet immeriti gerimus, nos admonet propensius et hortatur ut circam domorum et
aliorum locorum religiosorum quorumlibet ac personarum in illis sub regulari
disciplina Altissimo famulantium felicem successum et tranquillum statum
paternis et solicitis studiis intendentes, ea quae propterea diffinita et
concessa sunt, ut firma perpetuo ac illibata persistant, libenter cum a nobis
petitur Apostolicae Sedis munimine roboremus. Sane, pro parte dilectorum
filiorum vicarii et fratrum Congregationis Francisci de Zampano, ordinis
fratrum Eremitarum Sancti Augustini, provinciae Calabriae, iuxta morem eiusdem
Ordinis, nobis nuper exhibita petitio continebat quod, postquam alias bonae
memoriae Aegidius, tituli Sancti Mathaei presbyteri cardinalis, dum in humanis
ageret et in minoribus constitutus officio prioris generalis dicti ordinis
fungeretur, quemdam Franciscum de Zampano, tunc in hunmanis agentem, una cum
ceteris aliis vitam heremiticam sub eiusdem Francisci regularibus institutis
tunc de per te [...] ab eodem
Ordine ducentis auctoritate sui Generalis prioratus officii sub protectione sua
et Ordinis praedicti susceperat, et illos aliis eiusdem Ordinis fratribus
univerat et aggregaverat, illisque ut fratres Congregationis Francisci
huiusmodi congregare, et ex eis vicarium ad eorum regimen et gubernationem
eligere, quodque singuli conventus domorum Congregationis Francisci huiusmodi
priorem et alios officiales iuxta morem Ordinis praedicti similiter eligere [p. 111] ac nova monasteria sive domos quamvis de facto de
consensu tamen locorum Ordinariorum erigere, ac regulas et constitutiones
eiusdem Ordinis describere libere et licite possent, licentiam et facultatem
concesserat. Et deinde quondam Gabriel Venetus, tunc etiam in humanis agens et
eiusdem ordinis Eremitarum generalis prior, domum Sancti Augustini Cusentini
antea per plures annos per fratres dicti Ordinis Eremitarum fabricatam, illam
ab eiusdem fratribus Eremitis segregando, vicario et fratribus Congregationis
Francisci de Zampano huiusmodi concesserat; illosque ut tranquillius vitae
regularis observantiae institutum prosequerentuer ab omni iurisdictione
provincialis dicti Ordinis provinciae Regni Nepolitani iuxta morem eiusdem
Ordinis exemerat, dilectus filius Ioannes Antonius de Apulia, Theatinus,
modernus prior generalis eiusdem ordinis, ad supplicationem vicarii et fratrum
Congregationis Francisci de Zampano huiusmodi omnia et singula ordinationes,
deffinitiones et statuta sive (?) Congregationis huiusmodi quas et quae antea
idem Ioannes Antonius in generali capitulo, in civitate Veronensi celebrato,
confirmaverat, de novo sua ordinaria auctoritate confirmavit et approbavit,
illosque a quoquam eiusdem Ordinis dicto Ioanni Antonio inferiore quavis de
causa deinceps molestari non posse declaravit dilecti filii nostri Nicolai
Sanctae Mariae in Cosmedim [...] Cardinalis
de Rodulphis, qui eiusdem Ordinis in Romana curia protector extitit, desuper
subsecuto consensu per suas patentes litteras, prout in illis, quarum tenores
ac si de verbo ad verbum insererentur, praesentibus pro sufficienter expressis
haberi volumus, plenius dicitur contineri. Quare, pro parte vicarii et fratrum
Congregationis Francisci de Zampano huiusmodi nobis fuit humiliter supplicarum
ut, praemissis pro illorum subsistentia firmiori robur apostolicae
confirmationis adiicere aliasque desuper oportune providere de benignitate
apostolica dignaremus. Nos, igitur, qui pia religiosorum vota ad exauditionis
gratiam libenter admittimus, huiusmodi supplicationibus inclinati,
ordinationes, deffinitiones et statuta praedicta ac desuper subsecutarum
confirmationum patentes litteras huiusmodi in eis contenta ac inde secuta
quaecumque auctoritate apostolica tenore praesentium perpetuo approbamus et
confirmamus, omnesque et singulos iuris et facti defectus, si qui
intervenerint, supplemus. Non obstantibus constitutionibus et ordinationibus apostolicis, provilegiis
quoque, indultis et litteris apostolicis dicto ordini et illius superioribus et
fratribus per Sedem Apostolicam quomodolibet concessis et confirmatis. Quibus
illorum tenores, ac si de verbo ad verbum insererentur, praesentibus pro
sufficienter expressis et insertis [p. 112]
habentibus,
illis alias in suo robore permansuris, hac vice dumtaxat specialiter et
expresse [harum] litterarum serie derogamus, ceterisque contrariis
quibuscumque. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae voluntatis,
approbationis, confirmationis, suppletionis et derogationis infringere vel ei
ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attemptare praesumpserit,
indignationem Omnipotentis Dei et Beatorum Petri et Pauli Apostolorum eius se
noverit incursurum. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, anno
incarnationis Dominicae millesimo quingentesimo trigesimo octavo, quarto Nonas
Ianuarii, pontificatus nostri anno quinto.
Quocirca discretioni vestrae per apostolica scripta mandamus
quatenus vos, vel duo aut unus vestrum, per vos et alium seu alios,
praeinsertas litteras et in eis contenta quaecumque, ubi et quando expediens
fuerit, et quotiens pro parte dictorum vicarii et fratrum fueritis requisiti,
solemniter publicantes, eisque efficacis defensionis praesidio assistentes,
faciatis auctoritate nostra praeinsertas litteras et in eis contenta huiusmodi
plenum effectum sortiri, illisque omnes et singulos quos illae quomodolibet
concernunt, pacifice gaudere, non permittentes quemquam literarum earumdem
tenorem quomodolibet indebite molestari. Contradictores, etc. censuras
ecclesiasticas et alia opportuna iuris remedia, apellatione postposita,
compescendo, invocato etiam ad hoc, si opus fuerit, auxilio brachii saecularis.
Non obstantibus supradictis omnibus, seu si aliquibus communiter vel divisim ab
eadem sit Sede indultum, quod intedici, suspendi vel excommunicari non possint
per litteras apostolicas non facientes plenam et expressam ac de verbo ad
verbum de indulto huiusmodi mentionem. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, anno
incarnationis Dominicae millesimo quingentesimo trigesimo octavo, quarto Nonas
Februarii, pontificatus nostri anno quinto. [p. 113]
Archiv. Ord., vol. 7, fol. 103.
AGA, Cb-1-31 (copia simplex).
***
-2-
ORDINATIONI ET CONSTITUTIONI FATTE PER ME FRATE AGOSTINO DELLA
ROCCELLA
NEL PRESENTE ANNO DEL NOSTRO VICARIATO 1569
1. Ordiniamo e comandiamo sotto pena di essere
trasgressori delli comandamenti del Sommo Pontefice e della scomunica promulgata
da Sua Santità che ogni priore babbi da comprare un Breviario nuovo per
monasterio, et Cosenza dui, uno per l’uno caso l’altro per l’altro, infra
termine di un mese altrimenti si procederà [...] secondo il nostro iuditio, et de che lo comprenderà.
2. Ordiniano et comandiamo da parte del P. R.mo che
nessuno frate di qualsivoglia sorte tenga denari, bestiami, tanto de mobili
come de stabili o che habbia dato ad alcuno con polize; o con guadagno. Dopo
lette le presenti fra lo spatio d’un mese habbiano da acogliere li detti denari
et ponerli in deposito con suo proprio nome, et non potendo racogliere li detti
denari, habbiano da racogliere le polize, scritture, altramenti superandosi
questo quelli saranno confiscati, et attribuiti per quello monasterio et esso
sarà tenuto proprietario, si sarà priore sarà privo dell’ufficio et si è
suddito sarà privo de voce attiva et passiva per tre anni et punito da
proprietario.
3. Ordiniamo et comandiamo che nessuno frate habbi da
scorrette per la Congregatione nè priore nè sudditi senza urgente necessità, ne
fare liste, quadrigli, et simonie per le quali possino conturbare la
Congregatione et sapendosi essendo priore sia casso d’ufficio e suddito punito
et privato de voce per uno capitolo generale.
4. Ordiniamo ancora che nessuno habbi da dire male ne
accusare, ne esaminare l’uno contro l’altro, ne renovi le cose passate conformi
alle costitutioni fatte dal R.do p. maestro Spirito nel capitolo nostro de
Campo d’Arato passate per sua p(aternità) R.ma quale costitutioni, dal priore
vogliamo che si osservino per conservatione et onore comune di questa
Congregatione.
5. Ordiniamo ancora che tutti li priori habbiano da
essere caritativij con gli hospiti. Li padri della Congregatione tanto con
persone religiosi et estranei et di qualsivoglia sorte tanto priore, come
suddito, tanto piccolo come grande. [p. 114]
6. Ordiniamo a tutti li priori che faccino imparare li
diaconj, subdiaconj et novitij et che loro siano obedienti alli loro priori et
alli sacerdoti.
7. Ordiniamo che nessuno priore habbi da recevere alcuno
frate estraneo senza licenza in scriptis, ne habbi da vestire frati d’altra
Religione, ne di qualsivoglia grado et conditione.
8. Ordiniamo che nessuno priore pona mano alle intrate
del monasterio, ma che lo procuratore sia diligente all’entrate et non essendo
esso vadano per mano del sacristano, ma il priore habbi occhio sopra tutte le
cose et che li fruiscano ben governati del vitto et governo loro.
9. Ordiniamo a tutti li priori che habbino da dare o
fare spendere per li sacerdoti, calzette, pianelli et habbito di valuta di
quattro ducati [...] et
questo per essere penuria de panni che sono tanto cari. Et per li Jaconi
secondo sarà meritevole sarà nell’arbitrio delli priori, senza che nessuno sia
aggravato, quale aggravio lo intenderemo noi alla visita che faremo.
10. Ordiniamo che nessuno frate vada fuora del distretto
del monasterio senza licentia del suo priore, et quando accascherà andare vada
con il compagno divotamente come conviene a Religiosi, et che nessuno porti
arme proibiti, ma che l’armi de’ frati siano breviarij, missali, et officioli
et altri libri spirituali non proibiti.
11. Ordiniamo che s’habbi cura alli infermi de medici et
medicinj et d’ogni loro bisogno conforme alle nostre Constitutionj.
12. Ordiniamo che nessuno frate lassi mangiare seculari
in tavola de frati, ne garzoni, ne altra famiglia di casa ecetto si fosse
alcuna persona d’autorità et il priore facendo il contrario in questo starà in
terra la sesta feria per due hebdomada con solita disciplina.
Fr.e Augustino de Roccella Vicarius
indignus
AGA, Ii, vol. XI, ff. nn.
***
-3-
DISPOSIZIONI EMANATE DAL VICARIO GENERALE PER LA CALABRIA
FRA DONATO DA BENEVENTO (16 agosto 1569)
[p. 115] Fr. Donatus Beneventanus Ordinis Sancti Augustini,
Vicarius Generalis Totius Calabriae Indignus.
Per non mancare in nulla all’ufficio che per gratia di superiori ci è
stato concesso, havendo noi per quel poco di tempo che siamo stati con esso noi
veduto e toccato con le mani molti disordini in questa vostra Congregatione ci
ha parso farv’intendere in molte cose qual sia la nostra volontà sopra la
vostra riforma, e tutto a honor di Dio et splendor di nostra Religione, et a
beneficio, et quiete publica, et utile, ascoltate adunque che cominceremo la
riforma dalle cose spirituali prima.
1. In primis ordiniamo, et, in virtù di Santa
Ubbidienza, comandiamo che in tutte le chiese di questa Congregatione tanto
esistenti ne i boschi, quanto dentro terre, per il bisogno che potrebbe
succedere, si tenghi in custodia honorata, secondo la facultà de luoghi, il
Corpo Sagrato di nostro Signore avanti del quale babbi da star sempre accesa
una lampada, et si potrà designar a questo uso in quei conventi, che non hanno
entrata di olio, qualche entrata di cappelle che è meglio sia designata a
questo uso santo che ad altro uso profano, come sarebbe a dire a uso di bocca o
di vestimenta di frati; ne gioverà dir che il monasterio non babbi possibilità
perchè in tal negotio Dio benedetto non mancherà, et come i populi vidranno, et
sapranno, non mancheranno di donare a Dio poichè non mancano di donar a noi,
onde si ordina che il priore quando manderà per la cerca del pane, mandi ancora
per la cerca dell’olio per la lampada del Corpo di Christo, et così al tempo
quando si macinano gli ulivi et quel che si troverà sia dedicato a quest’uso,
et non altro; et babbiano speranza nella devotione de’ popoli, che nulla o poco
occorrerà ci metta il convento, et che gran cosa sarà, che i conventi vostri
che vivono de limosine mettesino in tal opera quattro et cinque docati, poichè
i nostri che vivono senza limosine in tal opera non ci mettono meno di sei o
sette docati l’anno. Et perchè il convento di Suverato per il pericolo di Mori,
[p. 116] di Turchi non è giusto ne
deve tener detto Sagramento, ordiniamo che in tal tempo, che non può esso
tenerlo soccorra tre conventi più poveri e più vicini a esso di una libra
d’olio per convento, ne si faccia altrimenti, sotto pena di scomunica, che non
possi assolversi da nissun nostro inferiore. Quest’ordine di tener il
Sagramento s’intende ne conventi, ove le chiese son fabricate et sicure, si che
il Sagramento sia sicuro ancora da qualsia sorte di persone.
2. Ordiniamo ai sagrestani che habbin miglior cura di
quella che hanno havuto per il passato alla sagrestie, et che siano solleciti a
tener i calici ben mondi, et netti con i suoi purificatori, et fazzuoletti,
quali vogliamo che si mutino due volte la settimana et accioche quanto al
Sagramento del calice non naschi qualche disordine, che con ogni facilità
potrebbe nascere, se sopportassemo più i vasetti, che habbiamo veduto servire
in luogo d’ampolline, ordiniamo strettamente al venerabile priore pro tempore,
che sempre in sagrestia facci stare due para di ampolline di vetro come
habbiamo veduto in tutti i luoghi di nostra Religione; et siaci pur freddo
quanto si voglia, o veramente dia ordine che si faccino di creta bianca, ma a
modo di ampolline et carafille col becco, o pizzo lungo, et stretto, accioche non
si facci errore nel ponere dell’acqua al vino. Il priore et sagrestano che
contrafaranno a questa ordinatione siano privati della metà delle loro
vestimenta.
3. Da che è chiaro che siete osservanti di nome,
desideriamo ancora che al nome corrispondono le opere et li fatti, et qual
opera può corrisponder al nome d’osservante, più illustre, et grata a Dio et al
mondo, quanto quella con che ci priviamo di proprietà delle cose si stabili
come mobili, sieno patrimoniali o acquistate? Però, in virtù di S.ta Ubbidienza,
vi ordiniamo, et sotto pena di scomunicatione alla quale ipso facto vogliamo
che incorriate, se non ubbidirete, vi comandiamo che infra termine d’un mese
tutti da sedeci o dicesette anni in su facciate solenne professione, per mano
di notaro autentico, et tali professioni vogliamo che si trascrivino nel libro
della Congregatione col nome del notaro, che le scrisse, et in autentica forma,
et si faccino con rinuncia reale d’ogni proprietà di stabili, o mobili, al
quanto ove detti professi presero l’habbito, con notare distintamente et
particularmente si i stabili, come i mobili, di vacche, capre, pecore, porci de
quali faranno volontaria rinuncia; et cerchino di non mettere in pericolo
l’anima loro con volersi ritener qualche cosa, accioche non gli accaschi, come
accaschò nella primitiva chiesa ad Anania et Saphira, che morittero miseramente
per volersi con fraude ritenere parte del campo. [p.
117] Ordiniamo ben poi al padre vicario pro tempore et al priore del
luogo che rimossa da loro ogni passione, dispensino del usufrutto alle
necessità di detti padri [...]
4. Ordiniamo, che esclusi quelli ch’hanno [...] gratia particulare da
superiori, nissuno possi tenere nella Congregatione stanza perpetua ma che ogni
due anni al più si mutino i frati da luogho a luogho, et intendiamo di quelli
che si porteranno bene, perchè quei che si portano male non si ha da permettere
che doppo l’eccesso sieno sopportati manco per un giorno, et questo intendiamo
non solamente di sacerdoti, ma et di zaghi ancora quali vogliamo che siano
posti per i conventi secondo il volere di padri deffinitori et vicario, et non
secondo il volere de’ priori de luoghi.
5. Ordiniamo, da che si vede chiaro che ogn’uno attende
a far partito mosso dalla ambitione, che si ha da regnare et dominare et di
essere superiore, et che per haver voci in capitolo et far vicarij ad vota si
danno licentia da messe a giovani non di età come comanda il Sacro Concilio, ne
manco atti, et idonei, che da qui in poi non si possi dar fra anno licentia dal
padre vicario a nissuno d’ordine sacro, ma ben vogliamo che nel capitolo dal
padre vicario si proponghino quei che si haveranno a ordinare, et proposti
sieno esaminati da padri deffinitori e visitatori di quell’anno, da quali
vogliamo che siano o per indegni riprobati o per degni approbati, et
dell’approbatione questa forma (segue formula).
6. Ordiniamo che i padri deffinitori et visitatori
nell’approbare non riguardino solamente a costumi e alla sufficientia, ma più
all’età, et che come comanda il Sacro Santo Concilio non siano da manco di 18
anni quelli che approberanno al subdiaconato, ne manco di 22 anni quei che al
diaconato, ne manco di 24 o 25 quei che al sacerdotio.
7. Ordiniamo che ancora che i deffinitori et visitatori non
possino esser eletti salvo che quegli che saran stati a altri tempi vicarij
della Congregatione e padri atti a far detta esamina degli candidati da doversi
riprobare o approbare da loro a gl’ordinj.
8. Per levar di mezzo ogni confusione, vogliamo, et sotto
pena di disubbidienza comandiamo che non habbin voce in capitolo altro che i
padri deffinitori, et i padri visitatori del precedente capitolo, i priori di luoghi, et i
discreti, et questi non vogliamo che sieno o possino essere eletti se non
saranno persone, et di giudicio, et di età, et di costumi mature, et tali che
mai dalla Religione sieno stati apostati o di notabil vitio notati. [p. 118]
9. Vogliamo ancora che tali padri haran voce attiva non habbino
autorità di elegere persone in vicario che non sappi ben legere, scrivere, et
cantare di canto fermo al manco et tale ordiniamo che sia eletto, quali
ricerchiamo che siano gl’elettori, ciò è di età, et di costumi maturo, et che
mai sia stato apostata dalla Religione, ne notato et convinto di notabil vitio,
salvo sempre altre volte sendo stato eletto per via degl’honori della Religione
si sarà lavato da tal macchia.
10. Accioche si tolghi via di mezzo ogni materia di
confusione et di disturbo dalla Congregatione ordiniamo che nessuno habbi
ardire di querelare persone alcuna che prima non si oblighi di stare alla pena
del taglione, cioè a quella che meriterebbe il querelato se non proverà la
querela per testimonj degni di fede. Vogliamo ancora che in tal facenne non
s’habbia ricorso a giuristi o a persone del secolo sieno laici o preti, chi
contrafarà sia privato di voce attiva et passiva per dieci anni. Et così
intendiamo di quegli che havranno ardir di rivellare in tutto o in parte a
layci et a qual sia secolare i segreti del capitolo et della casa. Et se doppo
questa pena con verità saranno trovati protervi, si proceda contro di loro con
pena di carcere di sei mesi, et di digiuno di 2°, 4° et 6° feria in pane et acqua solamente et con pena di disciplina
ogni feria sesta. Et se all’esecutione di questo precetto serreranno gl’occhi i
padri vicarij pro tempore ex nunc, pro ex tunc s’intendano d’essere privati del
loro vestimento, et poi sieno inabili per tre anni a ogni officio.
Queste cose ci ha parso
lasciarvi, che giudichiamo siano molte necessarie per il quieto et honesto
vivere di vostra Congregatione. Ufficio vostro sarà di effettuare, et adempiere
la detta nostra volontà, anzi non nostra, ma del Sagro Concilio, et de Padri
dell’Ordine che si esplica in queste nostre lettere, se volete meritare
appresso di Dio, et essere di presso a presso di vostri superiori, che vi
governano, et sotto l’ubbidientia de quali di stare e di vivere non
sforzatamente, ma di volontà vi obligaste per la presa dell’habito, altrimenti
ci protestiamo che della disubbidienza havete, et da superiori la degna pena,
et da Dio, a cui farete resistenza, resistendo a loro, a cui dispiacerete
dispiacendo loro, et cui sprezerete sprezzando loro […].
Soverato 16 agosto 1569
Fr. Donato Beneventanus
AGA, Ii, vol. XI, ff. nn.
***
-4-
LA DIVISIONE DELLA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI
DECRETO DEL P. GENERALE IPPOLITO DA RAVENNA
[p. 119] Ancona, 29 maggio 1603. Nos, frater Hyppolitus
Ravennas, Ordinis Eremitarum sancti Augustini prior generalis indignus. Quoniam
perversae mentes, teste Divo Gregorio, si semel ad studium contrarietatis
eruperint, sive pravum sive rectum quod a contradictoribus audiunt, adversis locutionibus
(?) impuganant; erga quod persona per contrarietatem displicet, nec recta
quae potuerint placent, cum tamen contrarium videatur de bonis, quorum cordibus
in odium non venit persona sed culpa; et sic perversa diiudicant ut recta quae
dicuntur assumant, et sic male prolata respuant, ut tamen approbent quae ex
virtute cognoscunt, idcirco, diligenter et mature consideratis sollicitudinibus
et vexationibus continuis, quibus superiores ipsi praemuntur et saepe saepius
incredibili animi molestia vexantur ob rixas, contentiones et dissensiones ac
discordias inter fratres Congregationis nostrae Calabriae, alias Zampanorum,
ortas, a quibus hucusque numquam destiterunt, sed semper in peius venisse et
deteriores in dies fieri videntur, et praecipue in celebrandis Congregationis
comitiis, in quibus ob eorum dissidia dissipavit providentissimus Deus magis ac
magis consilia imprudentium simul et impiorum. Qui nulla habita religionis aut
honestatis ratione, pro sua potius voluptate quam pro communi commoditate mosi
fuere, et ita sententiarum varietate distrahunt et dissipant omnia, nihilque decerni
potuit quod ad religionis pertineret dignitatem. Cognoscentes nos huiusmodi
dissidia idcirco oriri eo quod inter fratres Superioris Calabriae, Inferiori
applicavimus et unimus conventum nostrum Selliae et conventum Albi provide de
novo applicavimus et unimus, unitosque et applicatos declaramus. Auctoritate
itaque nobis in Constitutionibus Ordinis concessa Part. 3, cap. 4, praefatam
Zampanorum Congregationem in duas partes devidimus et divisam declaramus: una
Congregatio Zampanorum Superioris Calabriae nuncupanda, altera vero Congregatio
Zampanorum Calabriae Inferioris appellanda; ita ut unaquaeque potestatem [p. 120] in posterum habeat suum canonice
eligere vicarium, ne unus se immisceat in officio alterius. Declarantes ut si
quis ex Calabria Inferioris fuerint in Superiori, et ad contra, et in ea
remanere voluerit, liberam ei restandi potestatem facimus, et ad Ordinis
officia habilem reddimus. Id quod etiam a regularibus aliorum Ordinum in
Calabria factum fuisse nobis constat pro bono generali suorum conventuum.
Comitia Congregationis utriusque non nisi statuto pro vicariorum electione nova
facienda, anno videlicet sequenti 1604, celebrari voluimus, ne nimis
Congregatio gravetur expensis ultra illas quae iam pro capitulo elapsis diebus
celebrando facta sunt. Et ne ulli penes praecedentia oriatur defficultas,
ratione consonum esse deximus ut, quemadmodum ob reverentiam S. P. Augustini in
ecclesia nostra Papiensi reconditi, prior Papiensis ceterosque praecedit
priores generalium conventuum, et provincia Lombardiae, alias S. Augustini,
ceteris praeponitur provinciis, ita decernimus et statuimus ut ob reverentiam
ac decus corporis beati Francisci Zompani, in Calabria Superiori nostro in
conventu Suberati conditi, vicarius Superioris Calabriae praecedat vicarium
Calabriae Inferioris, solita remanente collecta Superioris Ordinis, assignanda
tam in summa scutorum viginti, quam in taxa antiqua monetarum utriusque
Calabriae Superioris videlicet et Inferioris. Quae interim, ne capite ac
moderatore orbatae ac destitutae renamneant, harum vi et nostri officii
auctoritate Superioris Calabriae rectorem institutimus Ven. Patrem Fratrem
Stephanum de Castro Veteri, Inferioris vero Calabriae rectorem facimus Ven.
Patrem Fratrem Paulum de Nocera in Capo Aratri, usque ad comitia ab unaquaquae
parte seorsim celebranda anno sequenti 1604 duraturos. Et unusquisque suo
rectori assignato eam quam nobis debet obviam reverentiam praestet. Et ita
statuimus, decemimus et observari volumus, et qua fungimur auctoritate
mandamus, ita ut nullus huic nostro decreto adversari et contradicere umquam
praesumat, sub poena manifestae rebellionis nostrae, provationis utrisque
vocis, suspensionis a divinis, et in subsidium etiam sub excommunicationis
sententia, quam trina communatione praemitti in his scriptis inseri fecimus.
Mandantes ut ad perpetuam rei memoriam hoc nostrum patens decretum de verbo ad
verbum registretur et scribatur in libris Congregationis utrisque Calabriae. In
quorum fidem, ecc. Datum Anconae, 29 Maii 1603. Nostri officii affixi sigilli. [p. 121] Loco + sigilli. Frater
Hyppolitus Ravennas, generalis indignus.
Registratum folio primo.
Fratres Paulus de Nocera et Ambrosius de Castiglione, iuramento tactis etc.
recognoverunt manum harum personarum ac sigillum fratris Hyppoliti Ravennae,
generalis indigni, in forma.
Praesens copia extracta fuit es suo proprio originali, cum quo
concordat. Originale vero fuit restitutum D. Vespasiano Longo. In quorum ecc., hac die 5
lunii 1603.
(Autografo): Ita
est. Dominicus Amand., notarius.
AV, Secr. Brev. vol. 338, fol. 361r-362r.
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SUPPLICA
PER LA CONSECUZIONE DEL BREVE PONTIFICIO
Beatissimo Padre. Si espone a Vostra Santità che li frati di S.to Agostino
hanno una Congregatione in Calabria, la quale in volgare si chiama la
Congregatione di Fratri Zampani; li quali da molto tempo in qua sono sempre
stati in discordia et dissensione tra di loro, per il che non si è mai potuto
far cosa nisuna che fosse per utile di detta Congregatione. Però è parso bene
al P. Generale di detto Ordine di S.to Agostino di dividere detta Congregatione
in due, come di fatto l’ha divisa, cioè, in unam Superioris Calabriae et
aliam Inferioris Calabriae Congregationem, con ordine et statuto che la Congregatione della
Calabria Superiore habbia la precedenza, havendo messo ad ogniuna d’esse il suo
Rettore, fiché loro faranno il loro capitolo et si eleggeranno ogniuna da per
se il suo Vicario. Il che si spera serà causa della concordia et pace tra di
loro. Et acciò detta divisione et statuto del P. Generale babbi maggior forza
et autorità appresso detti frati Zampani et che detta divisione non si possa
mai più mutar, però il P. Generale, vicarii et frati predetti supplicano Vostra
Santità vogli confirmar quanto si è fatto in bene di detta Congregatione, di
che se ne da copia autentica. Et pregarano etc.
(Sul dorso): Alla Santità di Nostro Signore, per la Congregatione
di Calabria di fratri di S.to Agostino.
(NOTA sul fol. 363v): Vi è un riassunto del documento ed in più questa
frase, scritta da altra mano: “Sanctissimus fuit contentus dummodo probetur
etiam ab Ill.mo. Card. Protectore”.
AV, Secr. Brev.: vol. 338, fol. 360r et 363v.
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BREVE DI CLEMENTE VIII PER LA DIVISIONE
DELLA CONGREGAZIONE DEGLI ZUMPANI
[p. 122] Roma, 30 Octobris 1603. Clemens papa VIII, ad
perpetuam rei memoriam. Ex iniucto nobis pastoralis muneris debito, his quae pro
religiosorum quiete ab eius superioribus facta fuisse dicuntur, ut perpetuo
firma et illibata persistant apostolicae confirmationis robur libenter
adiicimus, prout in Domino salubriter conspicimus expedire. Cum itaque, sicut
accepimus, dilectus filius Magister Hyppolitus Ravennas, Ordinis fratrum
Eremitarum Sancti Augustini prior generalis, ad removendas discordias et
dissensiones, quae inter fratres Calabriae Superioris et Inferioris
Congregationis diu viguerunt, Congregationem praedictam in duas congregationes,
videlicet Calabriae Superioris et Calabriae Inferioris nuncupandas, diviserit,
in hunc qui sequitur modum, videlicet: Nos, frater Hyppolitus Ravennas, Ordinis
Heremitarum Sancti Augustini prior generalis, licet indignus. Quoniam perversae
mentes, teste Divo Gregorio, si semel ad studium contrarietatis eruperint, sive
pravum sive rectum quid a contradicentibus audiunt. etc. Inserantur litterae
patentes dicti prioris generalis. Cum autem, sicut pro parte dicti
Hyppoliti, prioris generalis, ac fratrum praedictorum nobis nuper expositum
fuit, ipsi pro firmiori divisionis praedictae subsistentia cupiant illi
apostolicae nostrae confirmationis robur accedere, nobis propterea humiliter
supplicari fecerunt, ut in praemissis opportune providere de benignitate
apostolica dignaremur. Nos, dictae Congregationis statui et quieti quantum cum
Domino possumus consulere et priorem generalem et fratres praedictos
specialibus favoribus et gratiis prosequi volentes, et eorum singulos a
quibusvis excommunicationis etc. censentes huiusmodi supplicationibus
inclinati, divisionem praedictam per dictum Hyppolitum priorem generalem, ut
praefertur factam, ac praeinsertas eius litteras patentes omniaque et singula
in illis contenta auctoritate apostolica, tenore praesentium, perpetuo
confirmamus et approbamus, illisque perpetuae et inviolabilis apostolicae
firmitatis robus adiicimus, ac omnes et singulos, tam iuris quam facti,
defectus, si qui desuper in eisdem intervenerint, supplemus, ac divisionem
praedictam [p. 123] perpetuo validam,
firmam et efficacem esse et fore, ac ab utraque Congregatione inviolabiliter
observari debere decernimus et declaramus. Non obstantibus constitutionibus
et ordinationibus apostolicis ac Ordinis et Congregationis huiusmodi etiam
iuramento, confirmatione apostolica vel quavis firmitate alia reoboratis
statutis et consuetudinibus, privilegiis quoque, indultis et litteris
apostolicis eisdem Ordini et Congregationi ac illius superioribus quomodolibet
concessis, confirmatis et approbatis. Quibus omnibus et singulis, eorum tenores
praesentibus pro expressis et ad verbum insertis habentes, hac vice dumtaxat
specialiter et expresse derogamus, ceterisque contrariis quibuscumque. Datum
Romae, apud Sanctum Petrum etc., die 30 Octobris 1603, anno XII.
(Di altra mano): Si Sanctissimo placet, potest expediri. P. Card.
Aldobrandinus. M. Vestris Barbianus.
AV, Secr. Brev., vol. 338, fol. 359r-v et 364r.
***
-5-
[p. 124] RIFORMA DELLA CONGREGATIONE DEL BEATO FRANCESCO DI ZOMPANO
DELL’ORDINE EREMITANO DI S. AGOSTINO IN CALABRIA, ROMA NELLA STAMPERIA DE
VINCENZO ACCOLTI IN BORGO MDLXXXVI (1586)
DEFFINITIONI FATTE NEL DEFFINITORIO DEL CAPITOLO DELLA
CONGREGATIONE DI ZOMPANO PRESIDENTE L’ISTESSA PERSONA DEL PADRE REVERENDISSIMO
GENERALE M. SPIRITO DA VICENZA ESSENDO STATO ELETTO VICARIO IL R. P. MAESTRO
DAMIANO DA BEVAGNA NEL 1584.
1. Ordiniamo che le costituzioni riformate dell’Ordine
nostro siano di bene in meglio osservate, come quelle dalle quali dipende la
vera osservanza, et la vera riforma di ogni Provincia et d’ogni Congregatione
fin dal principio che forono publicate sono state accettate da questa
Venerabile Congregatione et hora di nuovo più che mai prontamente con ogni
debita humiltà et obedentia accettiamo;
2. che il culto del Divino Offitio si esseguisca con
ogni debita divotione, et sollecitudine così di giorno come di notte et non si
manchi di dire l’Officio di Nostra Donna in tutte le nostre chiese ne giorni
debiti, secondo il Breviario Romano, et con la Benedicta tu etc., secondo il
consueto della Religione;
3. del silentio, della clausura, de digiunare si osservi
quando comandano le nostre Costituzioni: così anco del leggere alla mensa, et
nel Venerdì et Sabbatto la Regola;
4. così anco dell’Oratione della sera per li beni, che ci
sono stati fatti, perché si prieghi per li vivi et morti, et nel Capitolo de
Culpis ne giorni che dicono le Costitutioni;
5. che non sia lecito a frate alcuno di questa
Congregatione portare vesti di panno fino o pretioso, ma tutti li Sacerdoti
vestino di Ferandina grossa di tutta lana di quella che si al paese. Li
professi et Novitii et tutti gli altri non sacerdoti siano vestiti di quello di
Arbascio, il quale sono stati soliti di portare gli antichi Patri di questa
Congregatione del principio di essa; di quel panno s’anco alcuno sacerdote per
maggior humiltà o maceratione di carne [p. 125] dimanderà
di essere vestito ce ne contentiamo, pure che sia bel nero, di forte che si
conosca dal colore essere veramente dell’habito della nostra Sacra Eremitana Agostiniana
Religione.
6. che del medesimo arbascio siano tutti i materiali
delli religiosi et siano fatti a cartoccio, serrati col suo osso al petto, et
non molto corti; così anco li manti più corti ferraioli per cavalcare siano di
arbascio; et non sia lecito ad alcuno di qualunque grado si sia d’havere
ferraiolo per cavalcare, se non heverà prima il mantello a cartoccio per casa
et per la città, il quale può servire per viaggio ne bisogni.
7. che non si conceda se non agli sacerdoti dormire sul
materasso, gli altri di grado et d’ordine inferiore dormino nel pagliericcio.
8. che tutti portino le camiscie di lana, et con
dispensa del patre vicario di canevaccio, o di stoppa grossa senza collaro,
però et senza comparenza nelle maniche.
9. che nessuno porti tonica bianca in alcun tempo
dell’anno, nè grossa nè sottile, poichè questa Congregatione dal suo primo
instituto non l’ha havuto in uso, ma ha perseverato in portare l’habito nero
solo per tante decine d’anni, et così determinano le costitutioni dell’ordine
nostre, che si debba osservare in simile caso.
10. che ognuno porti un tonichino bianco di panno, di
rascia grossa o di altra materia tale di lana, longa sin il genochio per la
divotione della gloriosa Vergine madre di Dio, nostra avvocata con lo scappuccio
della notte; et non ardisca religioso alcuno di alzarsi le falde della cappa nè
in viaggio nè in convento nè in altra parte, se non haverà sotto il detto
tonichino bianco, sotto pena di una buona disciplina da esserle data nel mezo
del Capitolo overo Refettorio alla presenza di tutti li frati del convento, et
non si dia il denaro a nessuno, ma per mano del procuratore per ordine del
Priore, sotto la medama pena, si spenda; le scarpe siano alla fratesca et niuno
porti berettini di tela lavorati, nè anco a capo scoperto, et tutti portino lo
scapuccio in dosso anco in viaggio, così a piedi, come a cavallo, et li
giopponi siano come comandano le costitutioni.
11. che non sia lecito di andare a cavallo se non al
Vicario della Congregatione et al suo compagno, a’ Visitatori, alli padri
Maestri graduati et predicatori, ai vecchi che passano sessanta anni et a gli
infermi; gli altri frati tutti vadino a piedi secondo l’antico costume [p. 126] et ancora tutti questi eccettuati non
cavalchino ordinariamente cavalli o giumenti, ma muli o asinelli, come si
conviene allo stato della humiltà di questa Congregatione. Però niuno tenga
cavalcatura particolare, ma tutti si vendino et comparisca il prezzo al
deposito.
12. che siano ricevuti amorevolmente gli hospiti et
forestieri et ben trattati, o sian di questa, o d’altra Congregatione
dell’ordine nostro, o di qual si voglia Provintia, pur che venghino con licenza
in scriptis di loro Superiori, come comandano le costitutioni riformati; et non
si manchi di lavare loro i piedi oltre l’altre carezze secondo l’antica et
lodevole usanza di questa Congregatione; et si provvegga a gli infermi et
facciasi l’infermeria a mese, et si legga per ogni mese alla mensa eccettuando
chi sia absente per sua rata che li toccarebbe, i priori, i maestri o graduati
et li sessagenarij.
13. che non sia lecito a niun frate di questa
Congregatione di tagliarsi la barba, ma lasciarsi crescere, come la manda la
natura senza fomento o coltura alcuna, se non acconciare almeno ogni quindici
giorni li mostacci con la debita moderatione, come ricerca la riverenza del
Santissimo Sacramento dell’altare, et di lavarsi alle volte per il medesimo
rispetto; et non manchi dell’opera del barbiero a tempi debiti per questo, come
per fare la corona o chierica a frati secondo che le Costitutioni. Quelli che
mancheranno siano gravemente ripresi, corretti et puniti dal Vicario et dagli
Visitatori.
14. che da qui innanzi quelli che si faranno professi si
chiamino del luogo della professione et non della patria, il che anco desideriamo
che si faccia di quelli che sono professi et non sacerdoti, potendosi fare
senza pregiudizio di atti publici et di scritture nelle quali siano intervenuti
o nominati in conformità delle Visitationi, et si lascino totalmente li
sopranomi sotto pena grande al padre Vicario pro tempore etc.
15. che non si ammetta niuno agli ordini minori se non sa
leggere distintamente et bene. Al subdiaconato non si ammetta, oltre l’altre
conditioni che si ricercano, se non saperà cantare canto fermo almeno mediocremente
grammatica.
16. che si determini in ogni convento quanto si debba
spendere continuativamente per la pietanza de’ frati et siano ben trattati li
frati secondo la possibilità degli conventi, et non stia in arbitrio del priore
et procuratore di spendere come pare a loro. [p.
127]
17. che li priori non essigano, nè spendino nè maneggino
denari, ma lasciano fare gli offitii, debiti agli procuratori et depositari et
agli altri offitiali, li quali siano eletti secondo la forma delle Costitutioni
dalli vocali del convento.
18. che gli priori habbiano li libri cartellati con li
numeri, come conviensi et scrivano distintamente la giornata, la quantità et il
valore delle robbe, chi compera, per cui, per quali occasioni, di che, et
rendano li conti dell’introito et essito ogni mese innanzi a tutti li vocali.
19. che si faccia annotatione et introito non solo del
denaro, ma del grano, vino, oglio, orzo et cascio, et di legumi, della seta,
lana et d’ogni altra sostanza, la quale o per intrata ferma, o per elemosina verrà
in convento, et passerà degli offitiali, et le cose di momento stiano sotto due
chiavi.
20. che vi siano almeno due Novitiati a quattro luoghi
principali determinati, si leggano continuamente casi di conscientia nella
Congregatione per institutione non solo della pauritia et gioventù, ma anco di
tutti i sacerdoti, li quali tutti n’hanno bisogno.
21. che negli quattro luoghi principali vi sia la carcere
secura et sana.
22. che li fratini et professi atti a passare agli ordini
sacri non siano perpetuamente aggravati et oppressi in continua occupazione di
cerche, et tanto meno in opere di masseria, ma concedasi loro tempo, giorno et
hore determinate, et deputate per poter imparare a leggere et scrivere, et
imparare di grammatica, et cantare canto fermo, et si provveda che in ogni
luogo si consegni persona atta ad insegnarli; et a quelli che non sono atti, nè
habili ad imparare non li si conceda cappuccio, ma si occupino alla cerche et
altri tali negotii etc.
23. che non ardisca frate alcuno nominarsi con nome di
partialità di levante o ponente, ne’ anco nominar così altro frate di questa
Congregatione o dell’Ordine sotto pena la prima volta di una buona disciplina a
spalle nude, la seconda un mese di carcere, la terza ad essere bandito per tre
anni di questa Congregatione; la medesima pena haveria chi chiamerà li frati
della Provincia Conventuali, o figli non legitimi di S. Agostino, poichè già
tanti anni è stata levata ogni conventualità, et nel Capitolo di Milano
nell’anno 1564, sotto il generalato della buona memoria del Reverendissimo
Patre Maestro Christofaro, la dove forono raccolti tutti li padri delle
provintie all’osservanza et ordinato che così si chiamassero, cioè Osservanti.
24. che niun frate ardischi d’infamare frate alcuno nè
grande nè picciolo della nostra Congregatione, nè rivelare ad alcuno nè ad
altra persona fuori dell’ordine li secreti del Capitolo o della Religione, o
imperfetione de’ nostri religiosi oltre la pena contenuta nelle Costitutioni
sotto privatione et escomunicatione latae sententiae riserbando di questo caso
l’assolutione al Padre Reverendissimo Generale, al Padre nostro Vicario, et
ognuno si guardi in questo dalla mala ventura. Et non vogliamo che il Padre
Vicario usi misericordia verso questi tali detrattori et diffamatori. Et chi
farà libelli, rime, canzoni, o versi infamatori sia dechiarato dal Padre
Vicario per scomunicato et castigato rigorosamente.
25. che niuno tenga denari in camera, o appresso di se,
ma tutti stiano nel deposito sotto pena di scomunicatione, eccentuando quel
poco che ad alcuni sarà permesso per qualche necessità quotidiana dal Padre
Reverendissimo, o dal Padre Vicario in scriptis. Et contrafacendosi s’incorra
nelle pene dichiarate nelle Costitutioni et nel Sacro Concilio Tridentino. Il
medesimo s’intenda contro quelli che teneranno robbe fuori di convento ovvero
presteranno danari fuori della Congregatione, o chi tenesse animali.
26. gli Apostati et fuggitivi perdano il luogo et la voce
secondo che ordinano le Costitutioni.
27. accettiamo et ammettiamo il Breve di Nostro Signore
Gregorio XIII in materia di maestri et magisterio, ma pregamo il Padre
Reverendissimo, che li detti maestri che verranno, attendano a leggere casi di
conscientia et predicare altrimenti non godano l’essentioni magistrali.
28. vogliamo anco che quanto prima si potrà senza danno
di questi conventi si provvegga di levare le masserie, li buovi et le vacche,
affinchè i religiosi nostri possano attendere meglio al servitio di Dio.
29. ordiniamo che per l’avvenire non possi essere eletto
Vicario di questa Congregatione se non dopo sei anni intieri, non computando
però il tempo del suo primo vicariato, altrimenti l’elettione fatta sia nulla,
et esso accettandola inhabile a tale offitio per dieci anni.
30. che col mezo del favore del Molto Eccellente et
Reverendissimo Vescovo di Squillacci si raccolga la vita et li miraculi del
Beato Francesco di Zompano fondatore di questa Congregatione, tanto più che
vive il padre fra Gerolomo di Scigliano suo discepolo.
Biblioteca Angelica, Roma,
[55] 11.21. (21).