da R. TRINCHIERI,
L’Ordine di Sant’Agostino nell’Abruzzo
Aquilano
1. MONASTERO
Il Monastero delle Monache Agostiniane di clausura di S. Amico deriva
dal Monastero di S. Nicolò da Intervere (in Villa
S. Blasii de Interveris (135), paese chiamato oggi Tempèra presso
l’Aquila) e colà eretto dal Vescovo Aquilano Pietro nel 1345 con la condizione
che nel caso venisse a mancare un sufficiente numero di monache, si sarebbe
fuso col Convento di S. Onofrio di Collebrincioni. Ma, quando nel 1375 Antonio
Petrone di Paganica ottenne dalla Basilica Vaticana che il palazzo con annessi
giardini, già donato alla medesima dal di lui genitore, si trasformasse in un
Monastero sotto gli auspici del glorioso S. Amico, di cui era devotissimo, il
Vescovo Aquilano Paolo di Bazzano lo destinò alle Monache Agostiniane di Villa S. Blasii de Interveris e ciò avvenne il 1 novembre 1375 (136).
Sin dall’origine in questo Monastero si osservò la Regola Agostiniana (137) e
non già quella Benedettina. L’atto di fondazione che trovavasi nell’archivio di
S. Agostino nell’Aquila fu riassunto dall’Antinori (138), il quale dà anche notizia
dell’istrumento di traslazione, già esistente nell’Archivio di S. Nicola. Solo nel 1401 Bonifacio IX (Tomacelli, 1389-1404)
riconobbe all’Ordine Agostiniano il diritto d’istituire comunità di monache con
l’abito, la regola e i privilegi dell’Ordine stesso, secondo era stato concesso
ai Frati Minori e all’Ordine dei Predicatori. Il monastero di S. Amico, essendo
sopravvissuto alla soppressione del 1809, vive oggi rigogliosamente e le
Monache Agostiniane attendono anche ad un educandato. Il monastero è tuttora
(1954) sotto la giurisdizione del Vescovo dell’Aquila. Sulle Monache che in
gran numero popolarono il monastero, si sa
che vestirono l’abito Agostiniano molte donzelle di famiglie appartenenti al
Patriziato Aquilano e che trascorsero fin da fanciulle la loro vita modesta ed
esemplare, fiori di virtù, rinchiuse tra le sacre mura dei monasteri di S. Amico e di S. Lucia. Come esempio di
quanto nei passati tempi la vocazione monacale fosse in voga presso il
Patriziato Aquilano, menzoniamo le monache uscite dalle famiglie Alfieri,
Cappa, Gentileschi, Nardis, Rivera. A proposito di questa famiglia e attraverso
consultazioni nell’Archivio Rivera, ricordiamo le sorelle D. Chiara e D. Marta,
figlie di Don Marcantonio Salvatore Rivera e di D. Lucrezia Nardis, che
entrarono il 4 ottobre 1713 come educande in S. Amico, l’una di anni nove e
l’altra di anni otto. Esse il 24 maggio 1722 vestirono l’abito Agostiniano e
nel seguente anno, il 6 giugno, fecero la solenne professione, prendendo i nomi di Suor Maria Chiara Giuseppina e
di Suor Maria Marta Carlotta: la prima nel 1760 era Abbadessa del monastero e
morì l’8 novembre 1765, la seconda morì nello stesso monastero il 17 aprile
1773. Le sorelle minori D. Isabella e D. Maria Vittoria Rivera erano entrate pure
in S. Amico il 2 giugno 1729, l’una nell’età di anni 21 e l’altra di anni 18:
entrò pure educanda D. Olimpia di anni 16 (139). Tra quelle che, oltre le Serve di Dio Elena
Vivio e Maria Teresa Ciampella avanti ricordate, si distinsero per santità di
vita sono da menzionare Suor Maria Crocifissa Mari, Suor Maria Francesca
Magnante e Suor Maria Giovanna Ciampella le cui memorie biografiche furono
raccolte dal p. Antonio Mascardi e dal p. Domenico da Santo Eusanio, già
citati. Scrivendo a p. 10 dell’ex Monastero di S. Lucia ricordammo che il 12
ottobre 1808 si trasferì (140) in questo monastero la comunità di S. Lucia
e successivamente nel 1888 l’Orfanotrofio femminile di S. Anna, dimesso dallo
stabile non lungi dalla chiesa della Lauretana. A quella piccola comunità di
otto suore e 12 orfanelle sostenute dalla carità cristiana e senza rendita alcuna fu ceduto parte del monastero.
In seguito la direzione dell’Orfanotrofio fu assunta dalle stesse Monache
Agostiniane. Tra le reliquie esistenti nel monastero di S. Amico e trasferitevi
da quello di S. Lucia nel 1808, oltre l’urna della Beata Cristina, si
conservano, a ricordo del Beato Antonio, una tavola del letto dove è dipinta la
sua immagine tratta dal vero, il piatto in cui mangiava, la “bastoncella” e alcuni
indumenti.
2. CHIESA DI
S. AMICO
Contigua al monastero sta la piccola e bella chiesa ad una sola nave
dedicata a S. Amico, la cui festività da
secoli (141)
si celebra con grande pompa e concorso di popolo il 3 novembre. Alla Chiesa si
accede internamente, mentre quando è aperta al pubblico si passa da una porta
che sta sotto un portico a destra nell’atrio del cortile. Sulla porta e in una
lunetta sono dipinte a fresco quattro sacre figure che il Leosini giudica della
scuola degli ultimi giotteschi (142). Raffigurano la Vergine con il Bambino,
fiancheggiati da S. Agostino e da S. Possidio, che fu il primo biografo di S.
Agostino. Alla base 5 pregevoli figurine. Nell’interno, sull’altar maggiore
altro pregevole affresco rappresenta la Madonna
della neve, attribuito a Giov. Antonio
da Lucoli, detto il Percossa,
allievo, secondo alcuni, del Perugino e, secondo altri, del Botticelli.
Rappresenta la Vergine col Bambino lattante in atteggiamento nobile e decoroso,
con movemza dolce e graziosa. Il fondo è poi fiorito di stelle, con due angeli
adoranti. E’ memoria che questa Sacra Immagine, venerata da antichi tempi come
miracolosa e già situata nel muro esterno della chiesa, fosse trasportata per
straordinari prodigi il 9 giugno 1626 nell’attuale cappella del titolare S.
Amico e poi fatta collocare ove ora si trova, sull’altare maggiore il giugno
1669 da Suor Maria Teresa Ciampella, Agostiniana, che, a sue spese, volle
restaurare e arricchire la chiesa del monastero (143). Gli Aquilani venerano con
molta devozione la Madonna della Neve
e la festeggiano solennemente ogni anno il 5 agosto per due ricordi storici
funesti, nei quali il monastero rimase provvidenzialmente incolume: la peste
del 1656 ed il terremoto del 1703. Di mano posteriore, cioè del sec. XVI, sono
i quadri rappresentanti la Visitazione, copia di quella che Raffaello dipinse
per la cappella Branconio in S. Silvestro (144) e la Deposizione,
ambedue della Scuola del Cesura. Trasferito dalla Chiesa di S. Lucia, da
qualche anno e per consenso dei Salesiani, è il bel quadro della beata
Cristina, raffigurata in quell’estasi che durò dal giovedì santo al sabato
santo. Nel quadro notasi lo stemma di Lucoli. Ma torneremo a discorrere
appresso circa i quadri che rappresentano la Beata.
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(135) CASSESE, Guida cit., VI, p. I, p. 78.
(136) G. RIVERA, Catalogo delle
scritture, cit., 1901, II, p. 53, nota 120.
(137) GB. COTTA, op. cit.
(138) MURATORI, Antiquitates
cit., vol. V, col. 54ss e per regesto di altri documenti relativi cfr. anche l’ANTINORI, Monumenti cit., vol. 47, p. 51ss.
(139)
Nell’Archivio del monastero si conserva pure qualche antico regesto rilegato in pergamena, ove si
trovano indicazioni delle nobili patrizie aquilane consacratesi al Signore
insieme ad altre distinte fanciulle dell’Abruzzo e, tra tutte, di coloro che
emersero per fama di santità.
(140)
A proposito di tale trasferimento è da rammentare che alcuni anni dopo le
Monache di S. Lucia furono autorizzate a riaprire l’originario Monastero nel
quale rimasero fino alla nuova soppressione in cui, per intervento
dell’autorità locale del tempo, furono fatte ricoverare, e questa volta
definitivamente, nel Monastero di S. Amico.
Per ulteriori ricerche cfr. l’Archivio della Curia Arcivescovile dell’Aquila.
(141)
BUCCIO DI RANALLO, Cronaca
Aquilana rimata, Roma 1907, pp. 132-134. Circa l’uso del nome di Amico
nell’Aquila, esso era molto diffuso nel passato. Valga il ricordo del maggiore
dei Vescovi Aquilani, cioè l’Agnifili, coevo di Fr. Giacomo Oliva e che morì
cardinale nel 1476.
(142) Cfr. A. LEOSINI, op. cit.,
p. 92; M. ODDO BONAFEDE, Guida della città dell’Aquila, Aquila
1888, p. 146.
(143)
Cfr. A. LEOSINI, op. e l. cit.
(144) L. RIVERA, Raffaello e
varie memorie attinenti all’Abruzzo e a Roma, nel Bullettino, cit., serie III,
a. XI-XII, 1920-22, pp. 351-352.