da
ANALECTA AUGUSTINIANA, vol. LIX (1996), pp. 91-128.
G. CANTONI ALZATI
IL "BUON ORDINE" NELLA
LIBRERIA DI S. AGOSTINO DI BERGAMO:
TOMMASO VERANI E IL SUO INDICE DEL 1767
l.Tommaso Verani - 2. Il metodo di lavoro - 3. Il bibliofilo - 4.
L'attività a Bergamo. - 5. L'Indice dei manoscritti di Bergamo.
l. TOMMASO VERANI
In uno studio apparso nel
1983 e dedicato all'archivio del convento agostiniano di Bergamo Gianfranco
Alessandretti presentava il “magnifico Indice
dei libri e scritture” redatto nel 1766 da un “coscienzioso archivista”, di
cui peraltro restava ignoto il nome (1).
Ulteriori ricerche permettono ora di individuare questo frate rimasto
sconosciuto, e vengono a configurare il suo riordino del patrimonio
archivistico e librario del convento bergamasco come momento di una più vasta
azione sviluppatasi agli inizi della seconda metà del Settecento in ambito
agostiniano. Furono quelli in effetti
anni in cui nei vertici della Congregazione di Lombardia venne risvegliandosi
un particolare interesse per il cospicuo patrimonio di documenti e volumi, di
cui la Congregazione stessa era depositaria nelle sue varie sedi, e si
intrapresero concrete iniziative per garantirne un’adeguata tutela. Cremona,
Crema, l'Incoronata di Milano, le case romane di S. Prisca e S. Maria del
Popolo, Torino, Corno, Chieri, Carignano, oltre a Bergamo, vennero investite da
questo vasto impegno di riforma, la cui effettiva realizzazione fu peraltro,
dovuta ad un’unica singolare figura di dotto e impegnato archivista
peregrinante, ormai non più anonimo: Tommaso Verani. In generale la confusione
che il riordinatore rilevò nei diversi archivi e in particolare nelle
biblioteche fa supporre all'intemo delle comunità la mancanza per lungo tempo
di religiosi adeguatamente preparati sul piano culturale e sembra indicare che
le stesse iniziative connesse alla figura del Verani siano state suggerite ai
suoi superiori dalla possibilità di disporre di tale confratello, in cui una
non comune erudizione si univa a indubbie doti organizzativi. Già mi sono
occupata del Verani con riferimento all’opera da lui svolta nel convento
cremasco (2). Non sarà inutile ricordare
qui che fonte preziosa, e per molti casi esclusiva, in merito alla vita e
all'attività di questo personaggio è l’Autobiografia,
che ci è giunta tra le sue carte nel Fondo del canonico torinese Antonio
Bosio (3). Tale scritto (che mi
riprometto di pubblicare prossimamente), oltre a offrire una rilevante
documentazione sul personaggio, costituisce una vivace e interessante
testimonianza sulla vita religiosa nel Piemonte e in Italia durante l’ultima
fase dell’Antico Regime e negli anni della Rivoluzione. Il Verani, menzionata
la sua nascita a Torino il 23 febbraio 1729, vi ricorda l’ingresso nel convento
di Avigliana e la vestizione il 17 settembre 1748, nonché la successiva
formazione teologica a Crema, fino all’ordinazione presbiterale il 27 dicembre
1751. Nel trasferimento a Cremona (a partire dal 1752) viene dal religioso
additata la circostanza che diede avvio al suo interesse per gli antichi
manoscritti, un interesse che lo avrebbe portato col tempo ad acquisire, seppur
autodidatticamente, una singolare preparazione in ambito paleografico. Il
riordino dei codici posseduti dal convento agostiniano cremonese costituì in
effetti anche il primo passo della sua carriera di erudito della Congregazione.
La sua personalità di studioso non risulta in ogni caso circoscrivibile al solo
ambito della comunità agostiniana di “Lombardia”, ma appare ben presente agli
eruditi del tempo, di cui alcuni tra i più ragguardevoli, quali il Vernazza,
l'Audifredi, il Laire, furono suoi corrispondenti e allacciarono con lui
fruttuose collaborazioni. Se durante il soggiorno romano contribuì regolarmente
con propri saggi alle “Effemeridi letterarie di Roma” (4),
il ritorno nel Principato piemontese nel 1782, lo avrebbe portato in Torino
alla frequentazione dei protagonisti della locale vita ecclesiale e culturale:
il cardinale arcivescovo Gaetano Costa, il conte Benvenuto Robbio di S.
Raffaele, riformatore degli studi all'Università, il bibliotecario della stessa
abate Francesco Berta, nonché docenti quali il Pavesi e il Landi. Significativa
attestazione della generale stima di cui il Verani fu circondato nel suo tempo
offre Girolamo Tiraboschi, che con gratitudine recepì nella seconda edizione
della propria Storia della Letteratura
italiana e nella Biblioteca Modenese
i Suggerimenti, aggiunte e correzioni
formulati dal colto agostiniano (5);
sentimenti analoghi avrebbe testimoniato anche Carlo Tenivelli, che nel proseguimento
della sua Biografia piemontese si
giovò egli pure della vasta erudizione del Verani e di Note, correzioni ed aggiunte da questi indirizzategli (6).
_____________________________
(1) G. ALESSANDRETTI, L'Archivio del convento di S. Agostino di
Bergamo. Inventario delle scritture
superstiti, “Archivio storico bergamasco”, 4 (1983), 157-170. Presso La Biblioteca Civica “A. Mai” di
Bergamo è possibile consultare anche una copia xerografica dell’Indice stesso
(AB 443).
(2) L'erudito Tommaso Verani e la biblioteca
agostiniana di Crema nel Settecento, “Insula Fulcheria”, 18 (1988),
147-189. Per comodità del lettore riporto qui la bibliografia sul Verani da me
già indicata. Dopo le citazioni che di lui fecero in questo secolo C.
CALCATERRA, ‘Il nostro imminente Risorgimento’. Gli studi e la letteratura in Piemonte nel periodo della Sampaolina e
della Filopatria, Torino 1935, p. 470 e 508 (n. 126); D.
A. PERINI, Bibliographia Augustiniana,
Firenze 1937, III, pp. 48-49; L. FERRARI, Onomasticon, Milano 1947, p. 685; F.
PATETTA, Venturino de Prioribus umanista
ligure del secolo XV, Roma 1950
(Studi e Testi, 149), p. 16, più recentemente a lui si sono interessati B. VAN
LUIJK, Les Archives de la Congrégation de Lombardie et du couvent de
S. Marie de Populo à Rome in Sources
italiennes pour l’histoire générale de l’Ordre des Augustins,
“Augustiniana”, 18 (1968), pp. 100-103; E. BENTIVOGLIO - S. VALTIERI, S. Maria del Popolo a Roma, Roma 1976,
pp. 195-264; E. CAMOZZI, Le istituzioni
monastiche e religiose a Bergamo nel Seicento, I, “Bergomum”, 75 (1981), p.
132; A. ESPOSITO, Centri di aggregazione:
la biblioteca Agostiniana di S. Maria
del Popolo in Un Pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484). Atti del Convegno,
Roma 3-7 dic. 1984 a cura di M. MIGLIO, F. NIUTTA, D. QUAGLIONI, C. RANIERI,
Città del Vaticano 1986 (Littera Antiqua, 5), p. 570.
(3) Essa si conserva alla
Biblioteca Civica di Torino nel Fondo Bosio, 132, ff. 129r-175v, sotto il
titolo: Notizie della vita del p. Fra Tommaso Cherubino Verani, al secolo Melchior
Andrea Torinese Agostíniano della Congregazione di Lombardia, affiliato al
convento di S. Agostino di Chieri, da lui medesimo scritta. Tutti gli scritti appartenuti un tempo al
Verani costituiscono i volumi 124-132 del Fondo che prende il nome dal canonico
Antonio Bosio, il quale in lascito testamentario volle legare tutta questa
documentazione al Collegio torinese degli Artigianelli. Attualmente sono in deposito presso la
Biblioteca Civica di Torino. Sul Bosio si veda: G. CLARETTA, Antonio Bosio ne’
suoi scritti, nelle sue opere di beneficenza, e nelle sue relazioni sociali.
Memorie biografiche sociali, Torino 1883.
(4) Su questo periodico nel
contesto della cultura romana del Settecento si veda: G. RECUPERATI, Giornali
e società nell’Italia del “Ancien Regime” (1ó68-1789) in Storia della stampa italiana a cura di V. CASTRONOVO e N. TRANFAGLIA, Roma-Bari
1976, I, 307-321.
(5) L’erudito Tommaso Verani, 149-150.
(6) L’erudito Tommaso Verani, 149-150.
2. IL METODO DI LAVORO
Per comprendere l’opera svolta
da Tommaso Verani nella Libreria agostiniana di Bergamo non si può non
riconsiderare, qui, seppur sinteticamente, il metodo di lavoro che egli
abitualmente seguiva nella sistemazione delle biblioteche, metodo di cui nella Autobiografia rende puntuale tèstimonianza
(7). La caotica situazione che il
patrimonio librario presentava nei diversi conventi da lui visitati gli fece
concepire il proprio operato anzitutto quale instaurazione di quel “buon
ordine”, cui egli guardava come ideale e di cui formulò un particolare elogio
in riferimento all’archivio di Bergamo, introducendo il nuovo Indice di quest’ultimo da lui redatto.
L'esperienza iniziale compiuta a Cremona era stata il reperimento dei
manoscritti presenti, ma dispersi, nella biblioteca, dei quali il Possevino nel
1606 aveva compilato un elenco (8). Ne
era seguita la costituzione di uno specifico fondo manoscritti. Questa scelta,
in cui si rifletteva una concezione di biblioteca chiaramente improntata a
criteri venuti affermandosi nell’età illuministica, si sarebbe imposta come una
costante nella successiva attività del bibliotecario agostiniano che in tutte
le sedi in cui operò ritenne suo compito primario raccogliere il patrimonio
manoscritto in una unitaria scaffalatura, contraddistinta da segnatura propria,
sottraendo in tal modo i vari codici alle sezioni tematiche nelle quali sotto
le rispettive segnature si trovavano storicamente inseriti e mescolati con gli
stampati. E’ degna di nota la particolare cura dedicata dal Verani
all’allestimento di questi fondi manoscritti da lui creati. Essi non erano un
semplice accumulo di codici, ma il frutto di una minuziosa analisi e di un
approfondito studio. Compiuto il censimento di questi testi, il Verani
procedeva alla puntuale identificazione dei loro contenuti e alla suddivisione
per autore o per soggetto. Testi mutili e frammenti venivano talvolta
accorpati, così come opere tra loro a vario titolo omogenee (9). Concludeva questa ricognizione il
conferimento ad ogni manoscritto di una segnatura, in cui al simbolo iniziale
relativo al fondo, si univa un numero progressivo indicante la collocazione del
codice. La segnatura era posta in genere sul dorso esterno della legatura e
ripetuta all'intemo di questa o sul primo foglio accanto al titolo del
manoscritto. Contemporaneamente il volume veniva registrato in un elenco (che
il Verani chiama indifferentemente indice o catalogo), ordinato
progressivamente per segnatura in cui venivano altresì notati autore, titolo e
informazioni varie sulla storia del volume. Gli indici/cataloghi relativi alle
diverse biblioteche a noi pervenuti presentano evidenti testimonianze di un
succedersi di interventi, con ripensamenti e integrazioni, segno inequivocabile
di una continuità di ricerca. Dall’indice/catalogo commentato il Verani era
solito trarre un ulteriore indice alfabetico per autori, il cui originale egli
teneva per sé, lasciandone copia al convento perché fosse trascritta più
decorosamente.
_______________________________
(7) Sulla biblioteca del
convento di Bergamo si vedano: D. GUTIERREZ, De antiquis Ordinis Eremitarum S. Augustini
bibliothecis, “Analecta Augustiniana” 23 (1954), 328; A. AZZONI, I libri del Foresti e la Biblioteca
conventuale di S. Agostino, “Bergomum”
1-2 (1959), 37-44; E. CAMOZZI, Le
istituzioni ecclesiastiche e religiose a Bergamo nel Seicento. Contributo alla storia della Soppressione
Innocenziana nella Repubblica Veneta,
“Bergomum” 75 (1981), 131-145; A. FRATTINI, Gli incunaboli miniati della
“Angelo Mai” appartenuti ai conventi di S. Agostino e di S. Stefano, “Bergomum”
82 (1987), 27-92; Codici e Incunaboli
miniati della Biblioteca Civica di Bergamo, a cura di M. L. GATTI PERER, Bergamo 1989; Tesori miniati. Codici e Incunaboli dei Fondi antichi di Bergamo e Brescia a cura di M. L. GATTI PEPER e M.
MARUBBI, Bergamo 1995.
(8) A. POSSEVINO, Cremonensis bibliothecae celebris quae extat
apud patres Ord. D. Augustini libri
manuscripti latine, in Ant.
Possevini mantuani societatis Iesu Apparatus
sacer ad Scriptores Veteris et Novi
Testamenti, III, Venetiis 1606,
138-139; sulla biblioteca di S. Agostino di Cremona: G. MAZZATINTI - A.
SORBELLI, Inventari dei manoscritti delle
Biblioteche d’Italia, LXX, Cremona. Firenze 1939; Recuperi di legature dei secoli XIV e XVII provenienti dalla biblioteca del convento di S. Agostino in
Cremona, a c. di G. DOTTI, Cremona, Biblioteca Statale e Libr. civica,
1979; G. DOTTI, I codici agostiniani
della “Statale” di Cremona, “Accademie e Biblioteche
d’Italia”, 47 (1979), n. 4, 308-22; ID., I
codici agostiniani della Biblioteca
Statale di Cremona, “Augustiniana”,
30 (1980), 71-116; 31 (1981), 330-80; 32 (1982), 392-424; Manoscritti dei secoli XII-XV e incunaboli della biblioteca del convento di S. Agostino di
Cremona. Mostra bibliografica 13 nov. - 5 dic. 1981, a c. di G. DOTTI,
Cremona, Biblioteca Statale e Libreria Civica, 1981.
(9) In alcune biblioteche si
sarebbero peraltro conservati anche casi di volumi miscellanei tra gli
stampati, contenenti fascicoli manoscritti.
Oltre al caso di Crema, anche a Bergamo possiamo citare ad esempio il
manoscritto contenente una “Antimedicina dismascherata”, di cui il Verani dice
“è ligata in un volume stampato segnato M 198” (Torino, Bibl. Civica, Fondo Bosio 127, f. 1 sopra il f.
340r).
3. IL BIBLIOFILO
Nella Prefazione all’Indice de' manoscritti
di Bergamo troviamo sinteticamente enunciate le linee operative cui il
Verani si attenne nel riordino della biblioteca
(10). Varrà riprendere quella diretta
testimonianza di un momento particolarmente significativo della storia della
“Libreria” agostiniana bergamasca.
“Essendo la dovizia de’ manoscritti il pregio maggiore di una
biblioteca, e dovendo questi restar appartati e ben custoditi per appagar
quandoché sia la lodevole curiosità degli uomini saggi, perché si abbiano in
ogni tempo alla mano, né restino più come prima cogli stampati confusi e
nascosti si sono insieme raccolti e nelle prime scansie a mano destra entrando
riposti, formandone il seguente Indice secondo la debole capacità di chi
s’agionse l’impegno” (B.127, f. 374r). Il passo riportato mi sembra
interessante non solo come conferma del metodo usato dal Verani e per i criteri
di catalogazione che si enunciano, ma altresì per l’interesse di bibliofilo che
traspare dalle parole del religioso e che fu una costante lungo tutta la sua vita.
Di quest’ultimo aspetto è espressione eloquente non solo la cura per la
salvaguardia dei singoli volumi ma altresì il suo desiderio di tutelare i
patrimoni a stampa delle diverse biblioteche, mantenendone sostanzialmente i
testi nelle originarie collocazioni. Tale preoccupazione si riflette
chiaramente anche nell’atteggiamento assunto nei confronti dei manoscritti
giunti in suo possesso e nell’azione
svolta durante le vicende connesse alle 'soppressioni' e all'incameramento dei
beni ecclesiastici negli anni a cavallo del nuovo secolo. Se infatti il Verani per i manoscritti di
sua proprietà si preoccupò costantemente di indicarne la legittima provenienza
da acquisti e donazioni, onde certificare di non aver intaccato il patrimonio
delle singole biblioteche in cui aveva operato (11),
quando si trovò di fronte alla pianificata dispersione della biblioteca del
proprio convento non volle esser partecipe di una tale azione patrocinata dai
propri superiori (12). E’ l’Autobiografia a documentare questo
momento nella vita del Verani, in cui ai drammatici riflessi che gli
accadimenti esterni venivano ad assumere tra le mura del convento, si unì il
contrasto interiore tra i sentimenti di religioso, la cui comunità stava per
essere spogliata dei propri beni, e le preoccupazioni di erudito di fronte alla
prospettiva di metter fine all’organica unità di una biblioteca perdendone il
grande valore culturale e documentario.
“Il mercoledì 15 aprile di
quest’anno 1801... il nostro padre priore sentendo tutti questi rumori di una
prossima soppressione de’ Regolari... per non perdere il tutto ordinò lo
spoglio delle opere più classiche e particolari della nostra biblioteca del
convento, distribuite fra Religiosi e deposte anche fra secolari dabbene. Quanto a me non mi volli impicciare per
nulla... anzi la mia maggior premura fu di riportare ben tosto varii tomi in
libreria, che esistevano presso di me, di opere classiche del Bollando, del
Rainaldi, Fleury etc.” (13).
___________________________________
(10) L’Indice si conserva nella
Civica di Torino, Fondo Bosio 127, ff. 340r –391v, in fogli che sono stati
legati insieme disordinatamente e successivamente numerati. Al f. 340, il Verani scrive “Indice dei
manoscritti di S. Agostino di Bergamo compilato da me Fra Tommaso Verani nel
1767 quale deve poi essere messo per ordine con annotazioni unitamente a quelli
di Milano, Crema, Cremona, Roma, Torino, Chieri, Carignano ecc.”. Sopra il f.
350v sono legati alcuni fogli di formato minore e non numerati. Il primo reca, di mano del Verani: “Indice
de’ manoscritti di Bergamo messo in ordine d’alfabeto”. E’ appunto di quest’ultimo Indice alfabetico che viene data in
Appendice la trascrizione.
(11) Ad esempio nell’Indice dei
manoscritti di Crema, Bosio 129, f. 293r, in una nota accanto al n. 43 Verani
scrive “Quest’opera è dí Boezio De consolazione philosophiae... di cui tengo
una copia comprata oggi in Piazza Navona 13 aprile 1768”; in seguito poi
aggiunge “scambiata”. Ricordo inoltre
che nell’Autobiografia, f. 172v egli cita le “sei casse de’
miei libri” che lo seguirono al momento del ritorno da Roma nel 1782. Anche per i manoscritti a lui donati il
religioso sottolinea la provenienza. E’ il caso ad esempio del Tractatus de origine fratrum heremitarum
s. Augustini di Enrico di Frimaria, proveniente dal convento cremonese e
attualmente legato con altre carte del Verani in Bosio 130, ff. 92r –101v. Sul f. 1r, di questo manoscritto si legge,
di mano del Verani “Questo mi è stato favorito e mandato in Roma e protesto
davanti a Dio che non l’ho rubato e stava per quanto ho potuto capire nella
nostra biblioteca di Cremona”. Ancora,
nell’Indice dei manoscritti di Bergamo, Bosio 127, f. 384r, dopo aver
registrato una Miscellanea di Capitoli e Definizioni della Congregazione
agostiniana, attuale ms. della Civica di Bergamo, Delta 4, 12 (A 29), il
religioso annota: “Questo tomo è stato donato a me scrittore Fra Tomniaso
Verani”. Al f. 380v è registrato un Primordia
Congregationis di Benigno da Genova, segnato scansia II vol. 28 con
l’annotazione: “Questa copia di carattere poco felice del Calvi è stata donata
a me Fra Tommaso Verani da quei padri con un’altra copia di quella di S.
Agostino e alcuni Atti capitolari antichi dal 1449 al 1466” (si tratta
evidentemente del manoscritto sopra citato).
(12) Con la più diretta
partecipazione sabauda ai mutamenti causati in Europa dal consolidarsi
dell’ordine rivoluzionario in Francia, si aprì l’ultima drammatica fase della
vita di questo religioso. Come già ho osservato in L’erudito Tommaso Verani, 150, in seguito al coinvolgimento nella
guerra antifrancese, avviatasi fin dal '92, la chiesa e il convento di Chieri
(in cui il Verani si trovava dal 1789) dovettero subire dapprima requisizione
militare (1794), quindi vessazioni economiche e devastazioni di briganti, cui
seguirono, nel dicembre '98, con la trasformazione del Piemonte in
Dipartirnento francese e la guerra mossa dalla seconda Coalizione, varie
occupazioni militari.
(13) La sua condotta era del
resto in sintonia con il rifiuto di “dividere fra i figli del convento alcune
opere della Libreria per non perdere tutto”, come il priore del convento stesso
aveva suggerito dopo la soppressione dei Regolari nel 1798: Autobiografia, ff. 173v –174r. Anche al momento di lasciare il convento
nuovamente il Verani rifiutò di “prendere una parte de’ libri della biblioteca,
accontentandosi dei suoi personali” portati da Roma dal 1782 in sei casse e di
mano in mano anche accresciuti” (Autobiografia,
f. 175v). La comunità si sciolse in seguito alla soppressione del convento il
l° settembre 1802, e il Verani trovò rifugio in una casa privata; qui il 6
marzo 1803 vergava l’ultima pagina della sua Autobiografia e in quello stesso anno anche la sua vita si sarebbe
conclusa.
4. L'ATTIVITA’ A BERGAMO.
Anche nella Libreria di S. Agostino di Bergamo il Verani operò
secondo il suo metodo di lavoro. In questo convento egli giungeva preceduto
dalla fama acquisita all’Incoronata di Milano e a S. Agostino di Crema. Forte
dell’esperienza in quelle due importanti biblioteche, su invito del p. Benaglia,
vicario generale e “benefico suo protettore”, il Verani si recò a Bergamo “per disporre
di quel copiosissimo archivio e biblioteca
che a dire il vero ne avevano un
sommo bisogno... dopo la Pasqua del 1766,
lavorando indefessamente senza escire
di casa se non ai giorni festivi e non sempre, per nove mesi in archivio e quattro nella biblioteca” (Autobiografia, ff. 147v –148r). Il frutto del suo lavoro in
archivio è documentato da quell’Indice
di libri e scritture, che già abbiamo citato, ricco di oltre
400 pagine, cui il Verani attese durante gli ultimi nove mesi del 1766. Stando
all’annotazione conclusiva delle Memorie
storico-cronologiche principali del convento, compilate dal Verani stesso, egli diede mano alla Libreria il 2
gennaio 1767 (14). Come di norma,
terminato il riordino, egli attese alla compilazione di un Catalogo descrittivo e di un più succinto Indice alfabetico per autori, di cui conosciamo la copia personale portata con sé al momento della sua
partenza da Bergamo e che costituisce l’unica testimonianza in nostro possesso
dopo la perdita di quella che doveva certamente trovarsi, come la copia dell’Indice dell’archivio, nel convento
stesso. Già si è segnalato come le
carte dell’archivio personale del Verani siano attualmente custodite nel Fondo
Bosio, in deposito presso la Civica di Torino. A questo Fondo, sotto la
segnatura 127, ff. 340r - 391r, appartiene l’indice descrittivo dei
manoscritti, insieme al quale è legato, come si è già detto, anche l’indice
alfabetico per autori, che il Verani trascrisse in bella copia in foglio
imperiale, mentre si trovava nel convento di S. Prisca a Roma, in qualità di
vicario superiore (15). Merita a questo
punto considerare più da vicino il lavoro di ripristino che vide operoso il
Verani nella Libreria di Bergamo.
Preoccupazione primaria, dopo la separazione di libri a stampa e manoscritti,
fu quella di fornire ad entrambi nuove segnature, come leggiamo nella già
citata Prefazione: “E perché non s’abbiano più, anche non volendo, a confondere
gli uni con gli altri, laddove i libri stampati segnati vengono con un numero
arabo ed una lettera d’alfabeto, i manoscritti saranno notati con due numeri,
uno imperiale o romano, il quale indicherà la scansia ed il secondo sarà arabo
dotante il rispettivo posto del volume in quella tal scansia a numero romano
segnata, ed acciocché non s’abbia eziandio a confondere il primo numero romano
I colla nona lettera dell’alfabeto I, invece del primo numero I ci siamo
serviti della 9 croce, come da moltissimi anche in varie altre scienze, ed anzi si
suol usare servendosi poi per l’altre scansie di numeri romani II, III, IV, e
così proseguendo” (B. 127, f. 374r). L’accenno alle segnature riveste
evidentemente una grande importanza: l’intervento del Verani ci consente
infatti di identificare come appartenenti un tempo al convento di Bergamo
manoscritti privi di altre indicazioni. Inoltre seguendo questa traccia è stato
possibile individuarne un consistente numero nella Civica Biblioteca bergamasca
A. Mai, ove è confluita la maggior parte dei codici di S. Agostino dopo la
soppressione del convento. In altri casi, invece, come vedremo diffusamente
nell'Appendice, è stato grazie alle descrizioni puntuali del Verani che si è
riusciti a far risalire all’antico convento codici anche privi di qualsiasi
vecchia segnatura. Ma la paziente lettura dell’Indice consente anche di ritrovare altri elementi interessanti.
Anzitutto si incontrano le tracce di un precedente catalogatore, che già prima
del Verani aveva operato nella biblioteca, e che a sua volta compilò un Indice, perduto, di cui il Verani stesso dà testimonianza, citandolo come
“Indice antico” (16). Nelle annotazioni
del Verani troviamo anche, ricordato in più punti, il nome di quel catalogatore
e si indica nel 1696 l’anno in cui egli pose mano alla sistemazione della
biblioteca. Si tratta di un religioso del convento bergamasco, il p. Angelo
Finardi, che nella Prefazione all’Indice dell’archivio, stesa dal Verani, viene
designato come riordinatore anche delle pergamene, delle quali peraltro non
aveva provveduto a redigere alcun catalogo (17).
Il giudizio che il Verani pronuncia sull’operato del suo predecessore è
piuttosto critico, in quanto, pur riconoscendo al Finardi doti di pazienza e
laboriosità, ne evidenzia tuttavia anche l’incapacità a dominare la confusione
delle carte e dei libri. La ragione di
tale inadeguatezza risiedeva per il Verani in una sostanziale mancanza di
metodo. Il Verani, al contrario, come egli stesso nella Prefazione all’Indice
dell’archivio volle più volte rimarcare, ispirò la propria attività ad un
programma ben preciso, volto a costituire un ordine, per la cui successiva
conservazione egli fornì anche alcuni concreti suggerimenti. I documenti furoni
così suddivisi per materia e collocati in quattro scansie. Anche l’attività
intrapresa nella Libreria si sviluppò secondo puntuali norme atte a raggiungere
quel “buon ordine”, riguardato dal catalogatore come “cosa giovevole e
necessaria”. Nella Prefazione all'Indice dei
manoscritti possiamo ritrovare puntualmente indicati i momenti attraverso cui
tale risistemazione venne realizzata. Il primo atto fu il censimento del
patrimonio librario della biblioteca, e la successiva separazione degli
stampati dai manoscritti. Per questi ultimi, come già segnalato, dopo lo studio
di ogni singolo codice e l’individuazione di autore e contenuto, il Verani
procedette a fornir una nuova segnatura, consistente in due numeri, uno romano
relativo alla scansia in cui il volume avrebbe trovato posto, e uno arabo,
corrispondente all’ordine progressivo di collocazione nella scansia stessa.
Contemporaneamente le nuove segnature venivano registrate in successione
nell’indice/catalogo, accompagnate da una succinta descrizione dell’opera e da
notizie sulla vita dell’autore e su eventuali altri suoi scritti. Al termine di
tale catalogazione il patrimonio manoscritto della Libreria risultò ordinato in
dieci scansie, distinte prevalentemente per argomento, come può verificarsi
anche da una rapida ricognizione. Nella I scansia il Verani riunì tutta la
produzione del p. Donato Calvi, che con i suoi scritti aveva “onorato il
convento, la patria e la congregazione tutta”; nella II trovarono posto le
opere riguardanti la storia della comunità agostiniana di Bergamo, con le copie
delle relative Bolle, Costituzioni e Privilegi, i cui originali si custodivano a S.
Agostino di Crema, sede principale dell’Osservanza. Nella III scansia furono
riuniti gli scritti degli autori agostiniani, mentre nella IV, data la
“ristrettezza”, trovarono collocazione non codici, ma pergamene varie
riguardanti il convento. Solo la V e la X scansia presentavano un carattere
miscellaneo; la VI fu destinata a “Selve, Zibaldoni, Prediche di vari autori
anonimi”, mentre la VII e l’VIII accolsero “scritti rancidi di filosofia e
teologia di religiosi defunti”. Qualche buon manoscritto poteva trovarsi nella
IX scansia, in cui il Verani riunì i volumi più preziosi; tra questi vi erano
anche codici miniati: così, ad esempio, una copia delle Metamorfosi di Ovidio accompagnate dal commento di Pierre de
Bersuire (manoscritto dal Verani ritenuto il più antico della biblioteca), una Summa de casibus di Bartolomeo da S.
Concordio, un Breviario appartenuto a frà Gianrocco da Pavia, fondatore della
congregazione (18). Un’analisi, anche schematica,
del patrimonio manoscritto attestato dal Verani nel convento bergamasco, e da
lui catalogato, evidenzia immediatamente la scarsa presenza di opere di
rilievo, circostanza che può stupire in rapporto alla biblioteca di un convento
così antico e importante. Con tutta probabilità, quando l’erudito agostiniano
giunse a Bergamo, la dispersione dei volumi migliori doveva essere già molto
avanzata. Alla luce di tale situazione non meraviglia rinvenire tra le carte
personali di un bibliofilo, quale era il Verani, attento riordinatore delle
biblioteche dell’Ordine, una nota di “quanto potrebbe il convento di S.
Agostino di Bergamo passare alla congregazione di Lombardia, giacchè sta per
finire”; tale materiale era composto da “Lettere originali dei nostri primi
religiosi”, già “scartate e messe fra le carte stracce” e da libri manoscritti
sulla storia della congregazione. A tale riguardo il Verani osservava che “non
si dovrebbe avere gran difficoltà di far graziosa donazione alla congregazione
dei suddetti volumi, perché per la maggior parte sono stati portati via dai
vari conventi dal Calvi per formar la sua storia si può dire di Crema” (B. 127,
f. 352r). Quantunque in presenza di un patrimonio codicologico modesto, il
Verani non tralasciò di riservare ad esso un’accurata attenzione, che protrasse
anche negli anni successivi. Scorrendo le descrizioni presenti
nell’ìndice/catalogo, possiamo infatti non soltanto rilevare l’accuratezza
delle note, ma anche verificare la continuità nel tempo degli interventi, con
cui l’erudito dava conto dei nuovi risultati raggiunti, in merito alle singole
opere col procedere negli studi. L’ultima fase del lavoro compiuto nella
biblioteca bergamasca consistette nell’estrarre dall’indice/catalogo un più
succinto indice alfabetico per autori: come di consueto il Verani tenne presso
di sé l’originale, custodendolo nel suo archivio personale, e commissionò a un
frate di capacità calligrafiche il compito di trascriverlo più decorosamente
per il convento. L’attività del Verani nella Libreria di Bergamo si era dunque
concretizzata nella costituzione e nell’ordinamento di uno specifico fondo
manoscritto, nonché nella redazione dell’indice/catalogo e dell'indice
alfabetico che abbiamo ricordato. Oltre
che testimonianza dell'operosità instancabile del nostro agostiniano questi
indici rivestono per noi una particolare importanza: a quanto ne sappiamo essi
rappresentano gli unici inventari superstiti di quella'Libreria', riordinata
allora, nell'anno 1767, per l'ultima volta prima della definitiva dispersione
conseguente alla soppressione dell'Ordine. Ricordando questo suo lavoro il
Verani nell'Autobiografia non
tralasciò di sottolineare che “quella di Bergamo fu la mia maggior fatica,
poiché detta la prima messa mi chiudeva in archivio sino al mezzo giorno e dal
vespro sino alle ventiquattro; e nell'inverno proseguiva anche il lavoro in
camera sino all’ora di cena” (Autobiografia, f. 149v). L'agostiniano ricorda
altresì come al suo impegno non avesse fatto riscontro neppure un’adeguata
ricompensa. Se le retribuzioni ricevute per i servizi prestati presso le
biblioteche delle diverse sedi dell’Ordine non raggiunsero mai cifre cospicue,
l’esperienza bergamasca risultò per lui particolarmente mortificante. Egli con
amarezza ricorda come avesse lavorato “per sei mesi a uffo, e per la pura
cibaria per cui dicevo Messa per il convento; e per gli altri sei mesi incirca
mi si lasciarono libere le Messe che poi mi servirono per il mio viaggio di
Ferrara e di Roma e il tutto non giunse a ventiquattro o ventisei scudi; e per
la copia dell’Indice, che mi costò ben sei mesi di tavolino ebbi in premio
undici paoli non già dal convento, ma dal p. Benaglia; imperciocché la carta
sceltissima imperiale e la bella legatura fatta in Roma importarono 30 paoli e
il p. Benaglia mi mandò due zecchini, ordinandorni di trattenermi il sovrappiù
che era di undici paoli” (f. 149v). Tale dedizione con cui egli s’era impegnato
nella sede bergamasca trova conferma anche nella rinuncia dal Verani opposta
all’invito rivoltogli di riordinare l’archivio del luogo pio fondato nella
città dal Colleoni, con la promessa di “cento doppie anticipate e un regalo a
proporzione terminato il lavoro” (Autobiografia, f. 149r) (19). Ciononostante la comunità di Bergamo non
dovette conservare per lui speciale gratitudine e sentimenti particolarmente
cordiali: quando, trascorso qualche anno, egli richiese al convento alcuni dati
relativi a un codice del Calepino ivi conservato (20),
non fu “onorato neppur di risposta” e, successivamente, alla persona inviata
per aver notizie fu addirittura vietato l’accesso alla biblioteca
(Autobiografia, f. 150r). Un qualificato riconoscimento all’opera svolta dal
Verani a Bergamo non sarebbe tuttavia mancato.
Esso non venne peraltro dai suoi confratelli ma dagli Inquisitori
deputati dalla Serenissima alla visita degli Archivi dei Regolari, i quali,
recatisi a S. Agostino, si effusero in lodi per il riordino che in quella sede
era stato compiuto (Autobiografia, f. 150r). Nella sua Autobiografia il Verani si sarebbe lamentato che i frati “entrano
per lo più in Religione senza conoscersi, vivono senza amarsi, muoiono senza
piangersi”(Autobiografia, f. 171v e f. 175r). L’episodio bergamasco fu
probabilmente ai suoi occhi un’ulteriore conferma di questo “topos”, del quale
peraltro egli riconosceva, non senza rammarico, la fondatezza. La consonanza
manifestatasi in quell'occasione tra il suo lavoro di archivista e
bibliotecario e le preoccupazioni da cui era animata l’autorità civile per la
salvaguardia dei patrimoni archivistici presenti nei suoi domini, può essere
riguardata come un preannuncio di quel singolare e già segnalato ossequio dato
dal Verani bibliofilo alle più tarde disposizioni dell’autorità rivoluzionaria,
ossequio volto ad evitare la dispersione dei beni librari caduti sotto le
sanzioni d’incameramento. La compartecipazione alla vita intellettuale del suo
tempo aveva evidentemente contribuito a creare in lui, nei confronti degli
orientamenti di politica culturale, elaborati dalle autorità civili nel tardo Settecento,
una consonanza non contraddetta nemmeno in seguito alla drammatica esperienza
della soppressione dell’Ordine, che il Verani visse peraltro con profonda
partecipazione e angoscia da uomo autenticamente religioso qual era.
______________________________
(14) Le memrie storico-cronologiche principali del convento occupano i ff. 14-20 del suo
Indice di libri e scritture. Al f. 20, sotto la data 1766 il frate
annota: “Si è pure ordinato l’archivio formandone il presente Indice”. Alla
data 1767, 2 gennaio, egli scrive: “dal med(esimo) Rel(igioso) che ha ordinato
l’archivio si è data mano alla Libreria”. Anche dall’Indice dei manoscritti
della biblioteca abbiamo una conferma che l’autore di questo riordino sia il
Verani. Infatti in Bosio 127, f. 375v leggiamo: “Dal mio Indice dell’Archivio”.
Il fatto dell’anonimato è forma usuale per il nostro agostiniano, che nelle
copie ufficiali dei suoi lavori omette sempre il proprio nome, diversamente
dalle minute conservate nel suo archivio personale in cui a volte firma alcune
dichiarazioni o note apposte successivamente. A Roma, dove lo studioso svolse
il suo compito in qualità di
segretario del Vicario Generale, l’Indice
da lui composto risulta regolarmente firmato.
(15) L’indice delle opere a
stampa è conservato in Bosio 129, ff. 361r - 393v.
(16) Ai ff. 360r – 361r del suo
catalogo descrittivo, riferendo di 4 volumi costituenti un Commento al Cantico di Salomone di Serafino Ferrari, il Verani
intende correggere il padre Donato Calvi, che riteneva l’opera in tre volumi,
e, pur avanzando l’ipotesi che ai tempi del Calvi l’opera in questione così si
presentasse, aggiunge: “però nell’Indice antico sono citati quattro
volumi”. Quei tomi sono attualmente
custoditi alla Civica di Bergamo, Sigma 7, 10 (MM 595) e riportano l’antica
segnatura data dal Verani “scansia IX, vol. 27, 28, 29, 30”.
(17) Indice dei libri e scritture del venerando convento di S. Agostino di
Bergamo, f. 2. Anche nell’Indice della biblioteca troviamo citati il nome e l’opera di
catalogazione del Finardi, ad esempio ai ff. 360r, 378r, 389r. In particolare a
f. 389r, il Verani scrive: “Si noti che varii scritti di Scolastica e Filosofia
restano del Calvi e Finardi, ma è robba che non merita la spesa e specialmente
del Finardi; egli non le registrò nell’Indice le sue, salvo l’Egidio 4 e perciò
chi volesse questi rancidumi vedasi alla scansia B quelle del Calvi e scansia
VII Finardi”. Sul p. Angelo Finardi
(1630-1706), dotto frate bergamasco, si veda D. A. PERINI, Bibliographia Augustiniana,
II, Firenze 1931, 70. Nelle Notizie intorno al Monastero e alla Chiesa di S. Agostino in Bergamo, manoscritto Psi 4, 44 (MMB 726) della
Bibl. Civ. bergamasca, citato dall’AZZONI, I
libri del Foresti, 42-43, il
Tiraboschi al f. 72 annotava “verso la fine del XVIII secolo pose mano alla
confusione Angelo Finardi che per tre anni lavorò”. Già ai tempi del Finardi il disordine della Libreria doveva
essere certo notevole se il 4
settembre 1683 quindici frati, fra i quali il Finardi stesso, sottoscrissero
col priore una richiesta di scomunica contro coloro che asportavano libri senza
licenza del bibliotecario, richiesta che evidentemente fu disattesa, se venne
ribadita nel 1692.
(18) Si tratta degli attuali
manoscritti di Bergamo, Bibl. Civ. Fi retro 8 (cassaforte 3, 4), Delta 1, 21
(MA 51), Gamma 1, 32 (MA 26). In merito all’ordinamento di questo fondo
manoscritto, il Verani segnala alcuni accorpamenti da lui compiuti. Ad esempio, con riferimento al vol. 14 della
scansia III egli dichiara: “Questo è un complesso di varie non sprezzabili
memorie già raccolte dal Calvi per le sue idee, ma poi disperse e confuse e da
me unite in questo volume” (B 127, f. 363v); analogamente per il vol. 5 della
scansia IX è detto: “De pontificia potestate... da me qui unita” (f. 356v); e
per il vol. 4 della scansia II si trova la dichiarazione: “Istoria di Benigno
da Genova, vi ho annesso, trovato tra varie cartacce...” (f. 377v).
(19) Il Verani racconta con
vivacità la visita alla famosa istituzione (fondata dal Colleoni nel 1466 per
aiutare le fanciulle povere del territorio bergamasco), l’incontro con due dei
sette cavalieri deputati alla conservazione dell’archivio, la sorpresa
nell’accostare, riunite disordinatamente e in parte danneggiate dall’incuria,
innumerevoli pergamene e carte, che egli prese a leggere e commentare con
facilità tra la meraviglia dei presenti e di altri cinque cavalieri che,
appartati, ne scrutavano le prime mosse all’interno dell’archivio, per
valutarne le capacità.
(20) Vedi ms scansia IX 25, attuale Bergamo, Bibl. Civ., Delta 9, 22 (MAB) 39.
APPENDICE
Non essendo questa la sede
per una compiuta edizione dell’Indice del
Verani, si è ritenuto peraltro opportuno offrirne fin d’ora la trascrizione,
indicando altresì i manoscritti identificati. Come già si è osservato, l’indice
è tratto dall’indice/catalogo e a differenza di questo, che segue
sostanzialmente la progressione delle segnature, è ordinato alfabeticamente.
Esso è stato redatto registrando di norma su fogli separati, uno per ogni
lettera, le opere manoscritte a mano a mano che venivano prese in
considerazione. Nel Fondo Bosio si ritrova quella che possiamo definire la
“copia di lavoro” del Verani, nella quale, all’interno della distinzione per
lettera, gli autori o, nel caso di anonimi, le opere non presentano ancora un
perfetto ordine di successione. In vista della bella copia che doveva essere
redatta per il convento, qualora tale corretto ordine non risultasse di
immediata evidenza, il Verani provvide a darne indicazione nel margine sinistro
del foglio mediante un’apposita numerazione, qui riportata. Nel margine destro,
a fianco di ogni voce è invece dal Verani registrato il numero che il codice
assumeva all’interno della scansia in cuì era posto. Va inoltre osservato che
la raccolta delle carte del dotto agostiniano ha comportato per i fogli del
nostro Indice un certo disordine; la
presente trascrizione ripristina il corretto succedersi delle lettere
alfabetiche. Quanto ai manoscritti identificati, viene data segnalazione
unicamente della bibliografia relativa e degli elementi utili
all’identificazione; in assenza della nota di possesso o della segnatura, si
rinvia alla descrizione offertane dal Verani nel suo indice/catalogo (da qui in
avanti indicato con “Catalogo”). In caso di codici miscellanei, per facilitare
la lettura dell’Indice, si è preferito riproporre l’indicazione del manoscritto
sotto ogni singola voce.
SEGUE L’INDICE DEI
MANOSCRITTI