da ANALECTA AUGUSTINIANA, XLVII (1984), pp. 249-261

 

INSEDIAMENTI AGOSTINIANI NEL REATINO. CONTRIBUTO STORICO-ARCHIVISTICO

di Claudia Castellani

 

Non si conoscono gli anni precisi della erezione delle Province agostiniane italiane, ma sappiamo che nel 1272 esisteva già la allora denominata “Vallis Spoleti”, più tardi detta dell’ “Umbria” (1). Dal più antico dei registri generalizi conservati nell’Archivio Generale dell’Ordine a Roma, quello dell’insigne teologo Gregorio da Rimini, risulta che nel 1358, ovvero dopo appena un secolo dalla “Licet Ecclesiae Catholicae” (1256), l’Italia contava 9 Province più la ‘Vallispoletana’ che, come dice lo stesso Gregorio “...per Dei donum inter omnes nostrae religionis provincias magna conventuum multitudine et fratrum numerositate ac probitate referta est(2). Tra i suoi 42 conventi in questo preciso momento troviamo Amatrice, Antrodoco, Cantalice, Cittaducale, Leonessa, Montereale e Rieti. E saranno questi 7 i principali insediamenti oggetto della presente relazione. Per avere un quadro completo, a quelli già citati dovremmo aggiungerne altri, tutti minori e con estremi cronologici alquanto variati, come per esempio un secondo a Rieti, due in più a Leonessa (uno di monache agostiniane e un altro di frati nella frazione di S. Egidio o Vallonina) e, infine, Montorio di Rieti, Posta, Turano e Torricella, che in tutto fanno salire a 14 gli insediamenti nel reatino. Riguardo ai primi insediamenti -chiese e annessi conventi- l’attuale stato degli studi non permette di stabilire con certezza delle date precise. Autori tra i più documentati, come per es. Palmegiani per Rieti (3), Chiaretti (4) e Zelli per Leonessa (5), il Trinchieri per l’Abruzzo aquilano -in particolare per Montereale (6)- hanno contribuito con i loro studi alla conoscenza di questi luoghi ma a volte, nei loro scritti, si percepisce qualche difficoltà a procedere nella ricerca. Infatti, come più volte hanno osservato diversi studiosi, mancano monografie approfondite su quasi tutti i conventi italiani (7). La presenza agostiniana ad Amatrice, Antrodoco, Cantalice, Cittaducale, Leonessa, Montereale e Rieti può darsi per sicura già nella seconda metà del XIII secolo. Si trattava, probabilmente, di costruzioni in veste modesta, come accertato nel caso di Leonessa (8) e di Rieti, presso la scomparsa chiesa dell’Annunziata, poi Villa Ferrari (9), che però vennero presto e più volte ingrandite o ristrutturate, incorporandosi in pieno al tessuto urbanistico delle città che allora nascevano e andavano a mano a mano acquistando una loro specifica fisionomia. Non dobbiamo dimenticare che gli Agostiniani costituivano parte del cosiddetto “fenomeno mendicante”, portatori quindi di una nuova esperienza religiosa e umana nei confronti non solo della società medievale, ma anche della tradizione monastica di tipo benedettino cui si trovavano -per diversità di esigenze di vita- se non proprio in opposizione quantomeno in alternativa, e perciò di fronte al problema di ideare una forma di abitazione comunitaria conforme all’ideale della loro forma di esistenza. Una presenza nella città quindi che incide non solo nel campo dell’architettura ma anche in quello più concreto della progettazione urbanistica. E’ interessante vedere come gli ordini mendicanti al loro arrivo nelle città spesso dispongano i propri conventi al vertice di un triangolo nel cui baricentro sorge il Palazzo comunale. La stabilizzazione infatti del processo insediativo di francescani, domenicani e agostiniani -come più volte è stato verificato- procede in forma coordinata e rispettosa degli equilibri tra i poteri dell’epoca (10). Ciò ovviamente assume valore in proporzione diretta alla consistenza dei diversi nuclei abitativi e che, se in parte applicabile a Leonessa, Cittaducale e Amatrice, è senza dubbio valido per Rieti, dove troviamo le chiese dei tre Ordini mendicanti: S. Francesco, S. Domenico e S. Agostino poste in un ideale triangolo al cui centro s’innalza il Palazzo Comunale, cuore della vita politico-amministrativa. Oltre alla cura del culto liturgico nelle proprie chiese e allo studio, gli agostiniani si dedicavano, non distaccandosi in questo dagli altri Mendicanti, primariamente all’attività pastorale ed in special modo alla predicazione. Avevano poi l’assistenza e spesso la direzione spirituale delle Confraternite penitenziali e di beneficenza: servizio sociale svolto sì da tutti i Mendicanti ma che, specialmente nell’Umbria, fu particolarmente curato da loro (11). La pratica della povertà era un’altra caratteristica che li accomunava agli altri Ordini Mendicanti, ma anche se non intesa in senso stretto come i francescani, si certamente come concreta realizzazione di vita austera e vissuta in fedele sottomissione alla Santa Sede e alla stessa persona del Pontefice, contrariamente ai numerosi e irrequieti movimenti pauperistici del tempo che, in fondo, si servivano di essa come arma per combatterla. Riuscire a determinare il numero di religiosi che in questo tempo dimoravano nei conventi presi in esame è praticamente impossibile. Il Gutiérrez, storico dell’Ordine, azzarda la cifra di 8 in media per comunità (12). Tale cifra dovrebbe naturalmente aumentare nel caso di conventi sede di “studia”, come Rieti agli inizi del ‘300, dove è documentato che nel 1316 venivano inviati religiosi appartenenti a Province (13) limitrofe. Cosa che forse dovette durare poco nel tempo perchè abbiamo riscontrato che solo un ventennio più tardi, esattamente nel 1331, studenti di Rieti, Leonessa e Antrodoco frequentavano lo studio generale di Napoli (14). Possiamo ritenere che la stabilizzazione e il consolidamento del processo insediativo fu coronato con la conclusione delle costruzioni, ricostruzioni e rifacimenti delle belle chiese tuttora esistenti. Nelle lunette delle loro facciate a coronamento orizzontale e dei loro portali goticizzanti spesso appaiono delle date significative: Rieti 1354, Cantalice 1424, Amatrice 1428, Cittaducale 1450, Leonessa 1467. A proposito di quest’ultima -Leonessa- vorrei sottolineare alcuni particolari interessanti. Nel momento in cui sorgeva il nuovo agglomerato abitativo, intorno al 1278, che appare nei registri angioini di quell’anno anche con il nome di Gonexa (15), troviamo non uno ma ben due conventi agostiniani. Quello di frati, come già accennato, di ridotte dimensioni (16), che verso la metà del ‘300 fu abbattuto per riedificarne uno più ampio, dove nel 1423 si tenne il Capitolo della Provincia ‘Vallispoletana’ (17), e nella cui chiesa, intitolata a S. Pietro patrono della città, fu solito recarsi il magistrato per le funzioni dell’insediamento (18). Un altro, di monache che venne ristrutturato contemporaneamente al precedente anche se in chiave di maggior austerità, tanto che appena due secoli più tardi risultava “angusto e pericolante” (19). Nel 1540 il Generale Seripando, d’accordo con il Provinciale umbro, prese in considerazione la convenienza di costruirne uno nuovo (20), ma pare che alla fine fu soltanto restaurato a spese della Confraternita delle Grazie e soltanto nel 1671 abbandonato e con istrumento pubblico permutato con il sito del nuovo Monastero (21). Dai 2 conventi era ormai facile passare al 3°! Verso la metà del sec. XVI, grazie all’interessamento del Padre Manfredo Giudici, della Congregazione osservante di Lecceto, ma naturale del posto (22), fu eretto un piccolo convento nella frazione leonessana di Vallonina o S. Egidio, ove il fondatore visse fino alla sua morte avvenuta nel 1567, lasciando i suoi libri per la formazione della prima biblioteca ad uso della cittadinanza (23). Nello stesso periodo furono eretti i restanti conventi del reatino: Posta, Torricella e Turano. Quest’ultimo, del quale il Trinchieri confessa di non essere riuscito a identificarne l’ubicazione, forse partendo dal presupposto che prendesse il nome dal fiume Turano e che quindi dovesse trovarsi nei pressi del suo corso (24), siamo riusciti a verificare che si trovava invece presso Borgocollefegato, oggi Borgorose (25). Resta da menzionare il convento di Montorio di Rieti, appartenente agli Eremiti di S. Paolo, uniti agli Agostiniani nel 1557 (26), e quello dell’Annunziata alle porte di Rieti, già dell’Ordine prima che si trasferissero dentro le mura e che nel 1595 il Capitolo Cattedralizio concesse agli Agostiniani riformati o scalzi (27). Desidero ora, dopo aver presentato la storia dei conventi, soffermarmi brevemente a ricordare le figure di agostiniani che nel periodo finora considerato vissero in questi luoghi.

1. Il beato Giovanni, della nobile famiglia Bufalari di Amelia, detto di Rieti o semplicemente Giovannino perchè morto a soli 18 anni: le sue spoglie furono trasferite a S. Agostino (in Rieti) dove tuttora sono oggetto di culto (28).

2. Il beato Gregorio Celli, che passò la maggior parte della sua vita nei pressi di Fonte Colombo, in un eremo sul monte Carmerio nelle vicinanze di Rieti. I cronisti affermano morisse alla non certo tenera età di 118 anni...! (29).

Sarebbe lungo elencare i religiosi illustri dei restanti conventi reatini. Basti quindi menzionare, oltre al già citato Manfredo di Leonessa, deceduto in odore di santità e venerato come “beato” dai suoi compaesani, Agostino Campelli, anch’egli leonessano, apprezzato predicatore e scrittore, morto nel 1435 mentre si apprestava a prendere possesso della diocesi di Bova in Calabria, ove era stato eletto vescovo (30), il venerabile Matteo di Antrodoco, Vicario generale per la riforma (31), Nicola di Amatrice che governò l’Ordine dal 1381 al 1383 (32) e il beato Andrea da Montereale eletto Provinciale della “Vallispoletana” più volte, una delle quali -forse la prima- nel Capitolo celebrato ad Amatrice nel 1453 (33). Morì nel 1480 (34). Le fonti riguardanti questi uomini illustri e in particolar modo i processi canonici e le deposizioni raccolte, ora nell’archivio della Postulazione generale a Roma, possono offrire nuovi apporti per una più variata conoscenza storica dei tempi, luoghi, usi e costumi degli ambienti in cui essi vissero. Chiusa questa doverosa parentesi biografica, riprendiamo il nostro filo storico.

   Durante il sec. XVI si riuscì a mantenere nell’Ordine l’antica osservanza. Lo stesso Pio IV, con il breve “Ad aures nostras del 24 aprile 1564 intervenne personalmente presso il Generale Cristoforo da Padova prescrivendo la immediata visita del convento di Rieti ove dovevano farsi osservare tutte le norme e i decreti dell’appena concluso Concilio Tridentino, e chiedendo che venissero inviati colà alcuni religiosi “qui cum vitae ac morum honestate tum etiam doctrina et divini verbi praedicandi facultate ad inserviendum saluti animarum sint idonei(35). Siamo agli inizi del XVII secolo, ed è da questo momento che nell’Ordine si cominciano ad avvertire i primi lievi sintomi del declino. Nel 1605 spariscono gli antichi Eremiti di S. Paolo uniti all’Ordine, e con essi l’insediamento di Montorio (36). Gli Scalzi, in disaccordo con il Capitolo per motivi economici, lasciano definitivamente l’Annunziata verso il 1623 (37). E arriviamo così alla soppressione innocenziana (38). Nel 1649 Innocenzo X, considerato eccessivo il numero di case religiose, stabilì rigorose norme in vista della chiusura di quelle che, per carenza di persone o di beni, non fossero sufficienti per il regolare svolgimento dei doveri o degli eventuali impegni assunti. Le dettagliate relazioni sullo stato di ogni singolo convento inviate a Roma per tale scopo, unitamente ai Registri generalizi di quegli anni e ad altre carte relative a quel momento, tutto conservato nell’archivio dell’Ordine (39), costituiscono una inesauribile e ricchissima fonte dalla quale è possibile conoscere con precisione particolari di topografia, elaborare per la prima volta statistiche precise, toccare con mano la loro situazione economica nonchè le relative attività pastorali e sociali. Nel 1649 gli Agostiniani, secondo i conteggi del Boaga, storico di questa soppressione che interessava tutti gli Ordini e Congregazioni religiose esistenti in Italia, unitamente agli Scalzi, ed esclusa la Provincia sarda perchè sotto la diretta dominazione spagnola, contavano in Italia 817 case e 7510 religiosi (40). Nell’applicazione delle norme innocenziane, considerato l’alto numero di “conventini”, fu proposto di sopprimerne 342 (41). Ma l’allora Generale Filippo Visconti, che proprio in quei giorni era tra i più attivi membri della Commissione pontificia per la censura dell’ “Augustinus di Giansenio, supplicò che ne venisse riconsiderata la situazione di 196, riuscendo così ad ottenere -come diremmo oggi- il “condono” per 125 (42). Furono quindi soppressi 217 conventi e ne restarono 600 con una media pertanto di 7-8 religiosi per comunità. La Provincia umbra in particolare, che contava 49 conventi e 309 frati, ne rischiò la chiusura di 22 (43). Degli 11 del reatino -quello delle suore non entrava in discussione- con appena una sessantina di frati la chiusura di ben 6, ovvero: Montereale, Antrodoco, Turano, Posta, Torricella e Vallonina. Però, grazie all’intervento generalizio, solo gli ultimi due, e cioè Torricella e Vallonina restarono inclusi nella condanna finale (44). All’inesorabile declino contribuirono molto anche i diversi terremoti che tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700 sconvolsero queste terre. In quello del 1703 vennero rasi al suolo i conventi di Leonessa, Posta, Amatrice, Montereale e Antrodoco (45). E’ vero che presto vennero rialzati, ma crearono un ingente dissesto nell’economia della Provincia. E, a questo proposito, è interessante ciò che avvenne a Cittaducale, dove non riuscendosi a portare a termine la fabbrica del convento, su richiesta del P. Priore, venne in aiuto Benedetto XIV che con il breve “Exponi nobis nuper del 24 febbraio 1744 tentò di porre presto fine alla riedificazione intrapresa affinchè potessero essere riaperti gli “studia quae pluribus ab hinc annis in eo vigebant(46). Doveva quasi certamente trattarsi di scuole per la popolazione locale, giacchè non risulta fossero quelle interne dell’Ordine, in questo periodo ben conosciute e curate direttamente da Roma. Nel 1770, sotto la pressione politica della corte napoletana, fu decisa l’erezione della Provincia dell’Aquila, il che comportò uno smembramento di quella Umbra che, in cambio di alcuni conventi della Congregazione perugina, ne veniva a perdere 11 di quelli tradizionalmente suoi: Cascia, Norcia, Visso e 8 conventi del reatino, conservando unicamente quello di Rieti (47). E’ curioso constatare che il primo Capitolo della nuova Provincia si celebrò proprio a Leonessa (48), mentre la Provincia Umbra sempre nel 1770 si riunì a Rieti (49). E venne poi il definitivo tramonto. Mi riferisco agli anni del periodo napoleonico e alle soppressioni che seguirono. Con il decreto del 7 agosto 1809 Murat estese la soppressione, che precedentemente era stata limitata solo a qualche convento, e tutti gli insediamenti oggetto del nostro studio dovettero chiudere le loro porte. I diversi inventari di titoli, libri di scritture concernenti proprietà, di quadri, di libri ecc., allora dettagliatamente compilati, si trovano -come ben descrive il Cassese- nell’Archivio di Stato di l’Aquila (50). Però i beni, i libri ecc, chi prima chi dopo e chi in un modo chi in un altro, andarono perduti o quantomeno in mano a persone poco scrupolose. In particolare le pergamene e gli atti più antichi fecero una fine ingloriosa. Basti leggere la descrizione introduttiva del Cassese, quando dice che trattandosi di materiali che per essere inventariati esigevano una particolare perizia, vennero nella maggior parte dei casi considerati inutili e ingombranti e quindi insaccati e trascurati (51). Possiamo solo sperare che almeno non tutte le pergamene dei conventi reatini abbiano fatto una fine simile a quelle della Badia di S. Spirito del Morrone (Sulmona) che, bollite, servirono per fare della splendida colla! (52). Passata, direi, la tempesta, vennero riaperti i conventi di Rieti e di Leonessa ma per poco, perchè con le successive soppressioni furono chiusi per sempre: Rieti nel 1862 (53) e Leonessa nel 1865 (54). Quello di Montereale, vincolato al culto del beato Andrea, fu riaperto dalla Provincia delle Marche nel 1941 (55), ma definitivamente abbandonato nel 1963 (56). Ma la scomparsa di questi conventi non può certo significare dimenticarsi del loro passato. E se come diceva Cicerone “Historia ... testis temporum, lux veritatis et vita memoriae est”, occorre far rivivere le fasi della loro storia. Ed è proprio frequentando l’Archivio Generale dell’Ordine a Roma, che mi sono resa conto della ricchezza della documentazione molto spesso inedita che conserva, valida tutta per la formulazione di suggestive ipotesi di lavoro. Vorrei accennare, per es., alla serie degli atti Capitolari originali, inviati a Roma dalle Province per la relativa approvazione, dallo studio dei quali si può vedere la problematica, le preoccupazioni, gli indirizzi dati nei diversi momenti della vita dell’Ordine; e inoltre la serie dei Registri dei Generali -283- dal 1357 sino ad oggi, escluse piccole lacune dovute al trasferimento dell’archivio a Parigi nell’epoca napoleonica (57) e successivo ritorno, che offrono anch’essi una fonte di indiscusso interesse. E’ tra gli ambiziosi programmi dell’Istituto Storico Agostiniano di Roma pubblicarne una sessantina, arrivando così al 1600. Già sono stati editi quello più volte citato di Gregorio da Rimini, due -dal 1538 al 1542- di Girolamo Seripando, il noto teologo tridentino che finì i suoi giorni come Cardinale presidente del Concilio (1563), e sono già pronti per la stampa i quattro restanti dello stesso Seripando (1543-1551), i primi cinque del suo successore Cristoforo da Padova (1551-1560), e uno del grande umanista, cardinale anche lui, Egidio da Viterbo, per gli anni cruciali dal 1514 al 1518, anni che precedettero la Riforma protestante, guidata da un altro agostiniano ancora più celebre: Martin Lutero, del quale quest’anno si commemora il 5° centenario della nascita. E impossibile sarebbe non menzionare il vasto patrimonio pergamenaceo dell’archivio costituito per la maggior parte di documenti pontifici risalenti al 1227, relativi pertanto ai gruppi che rientrarono nella “Grande unione” del 1256. Ma troppo lungo sarebbe continuare anche solo ad accennare alla massa documentaria che da secoli è custode di una verità che più che nascosta è inascoltata. Oggi, più che una risposta esaustiva ad un tema così complesso, altro non ho preteso di offrire che un piccolo contributo per una più approfondita conoscenza della portata storica di un Ordine che nel reatino come altrove merita di esse meglio conosciuto.

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(1) Cfr. AGA. Cc 19, f. 17; Capitula antiqua Provinciae Romanae O.N., in Anal. Aug. 2 (1907-08) p. 440; [ESTEBAN, E., OSA.], Catalogus conventuum OES. Augustini tempore Seripandi, in Anal. Aug. 6 (1915-16) p. 22; TORELLI, L., OSA., Secoli agostiniani, V, p. 677; GUTIÉRREZ, D., OSA., Gli agostiniani nell’Umbria al tempo di S. Chiara da Montefalco (1268-1308), in Anal. Aug. 46 (1983) p. 333.

(2) Registrum generalatus ... I (Romae 1976) p. 338 e 353; Litterae Prioris Generalis Ordinis Fr. Gregorii Ariminensis, in Anal. Aug. 5 (1913-14) p. 29.

(3) La cattedrale basilica di Rieti con cenni storici sulle altre chiese della città (Roma 1926), e Rieti e la regione Sabina. Storia - arte - vita - usi e costumi del secolare popolo sabino (Roma 1932).

(4) Appunti di storia leonessana (Leonessa 1967); La fondazione di Leonessa, 1278, in Leonessa e il suo Santo n. 57 nov.-dic. 1973. Estratto, Leonessa 1974, e Guida di Leonessa (Rieti 1972).

(5) Gonexa. Appunti storici su Leonessa dall’origine all’anno 1400 [litografato] (Roma 1974).

(6) L’Ordine di S. Agostino nell’Abruzzo Aquilano (Roma 1954) e L’Ordine di Sant’Agostino nell’Abruzzo e il B. Andrea da Montereale (Montereale 1941).

(7) Cfr. GUTIERREZ, D., OSA., Historia de la Orden de S. Agustin I/1 (Roma 1980) p. 60 e TRINCHIERI, R., L’Ordine di S. Agostino ..., p. 123 s.

(8) Cfr. ZELLI, M., Gonexa. Appunti ..., p. 46; CHIARETTI, G., La fondazione... p. 136.

(9) PALMEGIANI, F., La cattedrale ..., p. 80 e 135 s.; DE SANTIS, Notizie storiche (Rieti 1887) p. 56 e 119.

(10) Su questi e altri suggestivi punti, cfr. GUIDONI, E., Città e Ordini mendicanti. Il ruolo dei conventi nella crescita e nella progettazione urbana dei secoli XIII e XIV, in Quaderni medievali 4 (1977) p. 69-106; il fasc. 9 della rivista Storia della Città, v. 3 (1978) su Architettura e urbanistica degli Ordini mendicanti, in particolare l’articolo di ROMANINI, A. M., L’architettura degli Ordini mendicanti: nuove prospettive di interpretazione, p. 5-15.

(11) P. L. Meloni, specialista nella storia delle confraternite, afferma senza indugi: “Se mi è consentita una specie di graduatoria per l’Umbria con dati attualmente in mio possesso, in testa risulterebbero gli agostiniani, seguiti dai francescani e -con distacco- dai domenicani”, nel volume Storia e arte in Umbria nell’età comunale (Atti del VI convegno di Studi Umbri) II (Perugia 1971) p. 557. Il testo è riportato e commentato da GUTIÉRREZ, D., OSA., Gli agostiniani nell’Umbria ..., p. 335.

(12) Ib., p. 335. Per i diversi calcoli statistici, ID., Historia de la Orden... I/i, p. 65s.

(13) “Item quod frater Angelutius de Monte parvus [sic] de Perusio esset studens pro Provincia in studio de Reate”, in AGA, Cc 19, f. 43v; Capitula antiqua Provinciae Romanae ..., in Anal. Aug. 3 (1909-10) p. 175. GUTIÉRREZ, Historia..., I/i, p. 176.

(14) Vedi “Instrumenta publicationis aliquarum litterarum...”, in Anal. Aug. 9 (1921-22) p. 458 s.

(15) CHIARETTI, La fondazione..., p. 131 e 136.

(16) ZELLI, Gonexa ..., p. 46.

(17) In AGA, Dd 4 (1419-1428) f. 81 e 116v.

(18) CHIARETTI, Guida ..., p. 61.

(19) Ib., p. 38; ZELLI, p. 63.

(20) Cfr. Registrum generalatus I, 1538-1540 (Romae 1982) p. 230.

(21) Cfr. ZELLI, p. 63.

(22) Sulla persona e le attività del Giudici, cfr. LANDUCCI, A., OSA., Sacra Leccetana selva ... (Romae 1657) p. 138 s.; COTTA, G. B., OSA., Vita dell’ammirabile servo di Dio B. Antonio della Torre ovvero Turriani (Perugia 1730) p. 92 s.; CHIARETTI, Guida ..., p. 57 e ANTONIO DI LEONESSA, OFMCap., Il beato Manfredo Giudici, agostiniano, in Leonessa e il suo Santo, fasc. 42, vol. 8 (1971) p. 32-35.

(23) Cfr. HERRERA, T. DE, OSA., Alphabetum augustinianum I (Matriti 1644), p. 322, e in particolare AGA. Ii 5, f. 246-247. Sulla biblioteca, vedi CHIARETTI, Guida ..., p. 57.

(24) TRINCHIERI, L’Ordine di S. Agostino ..., p. 153 s.

(25) L’ubicazione è stata resa possibile grazie alla attenta lettura della relazione in AGA, Ii 5, f. 248-249v dove, oltre a descrivere la chiesa sotto il titolo di S. Pietro Apostolo (f. 248), si accenna a tre piccoli poderi del convento “nel territorio di Marano e Borgo di Collefegato (f. 249), il che coincide con gli appunti del Cassese nella Guida storica ..., VI part. II, p. 123, e a sua volta con la Guida generale degli archivi di Stato Italiani II (Roma 1983) p. 458, dove -scomparsa la frazione di Turano- il comune di Borgocollefegato si identifica con l’attuale Borgorose, in provincia di Rieti.

(26) Cfr. LUIJK, B. VAN, OSA., L’Ordine agostiniano e la riforma monastica dal cinquecento alla vigilia della Rivoluzione francese (Heverlee-Leuven 1973) p. 85.

(27) Vedi HERRERA, Alphabetum ..., II p. 370; DE SANTIS, Notizie storiche ..., p. 56 e PALMEGIANI, La cattedrale .., p. 135 s.

(28) Tutte le fonti antiche valide sul Beato, che pare morisse intorno al 1316, si trovano raccolte nel volume presentato alla Sacra Congregazione dei Riti per ottenere la conferma del culto, avvenuta nel 1832. Ha per titolo: Confirmationis cultus immemorabilis B. Joannis de Reate ... (Romae 1832).

(29) Nacque a Verucchio (Forlì) verso il 1225, e dopo la sua morte nel 1343, il suo corpo fu solennemente riportato al luogo di origine. Clemente XIV ne confermò il culto nel 1769. Cfr. HERRERA, I, p. 284; TORELLI, L., OSA., Secoli agostiniani ..., V, p. 543-551; NICOLINI, G., Memorie sui beati Verucchiesi Gregorio Agostiniano e Giovanni Gueruli (Roma 1926); PECCI, G., Celli, Gregorio, beato, in Bibliotheca Sanctorum, III (Roma 1963) col. 1115-1116.

(30) Vita, opere mss. o stampate e abbondante bibliografia, in PERINI, D. A., OSA., Bibliographia augustìniana cum notis biographicis scriptores itali I (Firenze 1929) p. 176s; CHIARETTI, Guida... p. 56.

(31) Morì intorno al 1435. Cfr. HERRERA, II, p. 50-52 e TORELLI, L., OSA., Ristretto delle vite degli uomini e delle donne illustri in santità dell’Ordine agostiniano (Bologna 1647) p. 308-310.

(32) Cfr. HERRERA, II, p. 184; LANTERI, G., OSA., Eremi sacrae augustinianae..., I (Romae 1874) p. 283.

(33) Cfr. AGA, Dd. 6, f. 274v; in Anal. Aug. 16 (1937-38) p. 117.

(34) HERRERA, I, p. 16 s.; TORELLI, Ristretto ..., p. 380-382; TRINCHIERI, L’Ordine di S. Agostino ..., p. 190-199; ID., L’Ordine di Sant’Agostino e il B. Andrea da Montereale (Montereale 1941); COTTA DA TENDA, G., OSA., Vita prodigiosa del B. Andrea da Montereale (Perugia 1726). Però le principali fonti sono costituite dal processo canonico di beatificazione esistente nell’Archivio della Postulazione generale dell’Ordine a Roma (cod. n. 11) e dell’articolo di LOPEZ, S., OSA; RODRIGUEZ, M., OSA., De Beato Andrea a Monteregali, in Anal. Aug. 16 (1937-38) p. 113-131. Vedi anche TOMMASINI, M., OSA., Il pastorello di Mascioni. B. Andrea da Montereale (Roma 1952) e GIACOMINI, A. M., OSA., Andrea da Montereale, in Bibliotheca Sanctorum I (Roma 1961) col. 1147, breve ma documentatissimo.

(35) Originale in AGA, Hh 6,33. Accenni al fatto in TORELLI, Secoli agostiniani, VIII, p. 460 e PALMEGIANI, La cattedrale ..., p. 81.

(36) Cfr. LUIJK, B. VAN, OSA., L’Ordine agostiniano ..., p. 85.

(37) PALMEGIANI, p. 135s. Certamente non appare più negli elenchi di conventi redatti nel 1649 per via della soppressione innocenziana.

(38) Su tale evento storico resta fondamentale lo studio di BOAGA, E., OC., La soppressione innocenziana dei piccoli conventi in Italia (Roma 1971).

(39) Le relazioni in Ii 2-7 (per l’Umbria Ii 5, f. 137-267); per i Registri Dd 84-88. Altre carte nei Cc 22, 24 e 25.

(40) Cfr. La soppressione ..., p. 150.

(41) Ib.

(42) Ib. La documentazione sugli interventi generalizi, nei suddetti cod. in AGA, Cc 24 e 25.

(43) Cfr. AGA, Dd. 87, f. 227; Cc 25, f. 166v.

(44) LUIJK, L’Ordine ..., p. 266s. e 21*.

(45) Cfr. AGA, Dd 142, p. 268-270, con una interessante descrizione dei morti e dei danni recati. Il convento delle agostiniane di Leonessa non ebbe sorte diversa, cfr. CHIARETTI, Guida ..., p. 38.

(46) In AGA, Dd 185, f. 119v-122.

(47) AGA, Dd. 212 f. 72v-75; De provincis erectis ..., in Anal. Aug. 13 (1929-30) p. 109 s. TRINCHIERI, L’Ordine di S. Agostino ..., p. 141-143. Vedi anche LUIJK, L’Ordine..., p. 312.

(48) Cfr. AGA, Ff. 53, p. 947-958.

(49) Ib., p. 959-966.

(50) CASSESE, L., Guida storica e bibliografica degli archivi e delle biblioteche d’Italia. VI Prov. di Aquila parte I (Roma 1940) p. VIII, parte II (Roma 1940) p. 51, 120s, 123-125 e 131; il TRINCHIERI, L’Ordine di S. Agostino ..., p. 143-154.

(51) CASSESE, Guida ..., VI, part. I, p. VIII s.

(52) Ib., p. IX, notizia che a sua volta riprende dal Codice diplomatico sulmonese del Faraglia, p. IV.

(53) PALMEGIANI, La cattedrale ..., p. 83; DE SANTIS, Notizie ..., p. 119s.

(54) CHIARETTI, Guida ..., p. 31. Come è ovvio tanto il convento di Rieti come quello di Leonessa riappaiono negli atti capitolari del tempo, in AGA, Ff. 56 e 57.

(55) Cfr. AGA, Dd 280, f. 281. La notizia della riapertura anche in Anal. Aug. 18 (1941), p. 131.

(56)Vigore Rescr. S. Congr. Relig. n. 13878/53 diei 4 februarii 1963, suppressimus conventum Prov. Picenae in loco v. d. Montereale, in AGA, Dd 283, f. 256.

(57)Nobis interim maximopere inter coetera dolendum in tanta rerum direptione totum, uno vel altero regestro excepto, ammississe nostri Ordinis Archivium in Gallias, ut dicitur, asportatum et inutiliter conquisitum, AGA, Dd. 244, pars. 4, f. 13v. (die 24 Maii 1810).