da un fascicolo stampato a Napoli nel 1957

 

CHERUBINO TESTA OSA

LA RESTAURAZIONE DELL’ORDINE AGOSTINIANO NEL REGNO DI NAPOLI 1819-1838

note storiche

 

PRESENTAZIONE

Nella storia dell’Ordine Agostiniano un posto importante senza dubbio, spetta alle Provincie dell’antico regno di Napoli. Alcune di esse - Provincia Napoletana, Provincia di Puglia, Congregazione di S. Giovanni a Carbonara - per i loro uomini dati all’Ordine e alla Chiesa si sono ricoperte di gloria. Sventuratamente però di tutte manca una storia completa e solo poche notizie, più o meno esatte, rimangono sparse nei volumi che trattano di storia dell’ Ordine o di storia locale. Il desiderio che non vadano perdute o travisate le notizie riguardanti il periodo della soppressione napoleonica e conseguentemente della restaurazione dell’Ordine nel regno di Napoli, mi ha spinto a preparare queste note storiche. Non è la storia dell’attuale Provincia di Napoli, perché per una storia completa ci vorrebbero altri mezzi a disposizione, ma mi limito salo a note storiche. Ricordo anche alcuni religiosi che furono esemplari di virtù e che ebbero un ruolo importante nella vita religiosa e apostolica della Provincia. Non sono tutti perché, non volendo giocare di fantasia mi sono fermato su quei nomi di cui vi sono documenti; e anche perché di alcuni non avrei potuto dire dippiù di quanto è già stato scritto (p. es. sul Rev.mo P. Tommaso Credennino, trattato dal P. Angelo Caruso nel Bollettino Storico Agostiniano, Anno IX n. 4-5-6; anno X, n. 1). Non volendo appesantire con note queste pagine, dichiaro che mi sono servito di documenti conservati nell’Archivio di Stato di Napoli - Sezione monasteri soppressi, - nell’Archivio generale dell’Ordine e in quello della Provincia.

 

LA SOPPRESSIONE

Il decreto del 7 agosto 1809 con cui Gioacchino Murat, re di Napoli, sopprimeva tutti gli ordini religiosi del regno, fu solo l’atto finale di quanto da oltre un sessantennio si andava tramando nel regno ai danni degli ordini religiosi e della Chiesa. Per quanto riguarda l’Ordine Agostiniano, il calvario delle soppressioni comincia nel 1751. Il 6 ottobre infatti il Papa Benedetto XIV, sotto pressione della corte di Napoli, sopprimeva la Congregazione di S. Maria di Colorito o Coloritana in Calabria. Esecutore del decreto fu il Regio Cappellano Maggiore, Mons. Celestino Galiani, più attaccato agli interessi della corte che a quelli della Chiesa, il quale eseguì “prontamente detta soppressione” a mezzo di un suo delegato, l’abate don Antonio Genini da Cassano Ionio. I beni degli undici conventi furono devoluti al Reale Albergo dei poveri in Napoli, mentre molte chiese furono profanate e vendute. Si salvarono quella di S. Maria della Fede in Napoli, di S. Nicola la Strada (Caserta), S. Agostino di Cassano Ionio e S. Maria di Loreto di Normanno (Cosenza) fondata dallo stesso fondatore della Congregazione il Ven. Bernardo Milizia da Rogliano. Nel 1784, in seguito al violento terremoto del 7 febbraio 1783 che portò in Calabria “desolazione e morte”, fu soppressa la provincia di Calabria Citra. Nel 1789, con decreto regio, fu soppresso il convento di Santa Maria Maddalena di Capua con la sua grancia di S. Maria dei Martiri della stessa città. Durante le famose giornate di rivolta popolare del giugno 1799, essendo stati accusati, ingiustamente, i frati del convento di S. Giovanni a Carbonara di aver favorito i repubblicani, il convento fu saccheggiato, imprigionato il frate laico Gennaro Sapio da Calvizzano, e per colmo di sventura con decreto regio del 20 luglio fu soppresso quel convento che per oltre 3 secoli si era ricoperto di gloria per la santità di vita dei religiosi. Finalmente il 14 gennaio 1808 fu soppresso il convento di S. Agostino alla Zecca di Napoli che per secoli era Stato un centro importantissimo di studi e da cui erano usciti uomini che avevano illustrato l’Ordine, la Chiesa e la cultura. Inoltre nel 1788 era stato proibito ai religiosi di dipendere dai superiori maggiori residenti fuori dei confini del regno e di avere comunicazioni con essi. I Padri Provinciali si trovarono ad essere i soli superiori ma dipendenti, negli affari di grave importanza, da una commissione nominata dalla corte. Per questo nei regesti generali dell’Ordine da quel periodo non troviamo, se non frammentarie, notizie dei religiosi del regno. Tale lo stato di cose nel regno di Napoli, quando fu proclamata la totale soppressione degli ordini religiosi. L’articolo 5° prescriveva che “per tutto il 15 ottobre prossimo usciranno dai monasteri e deporranno l’abito dell’Ordine […], i sacerdoti e gli altri ordinati in sacris vestiranno l’abito di preti, formeranno parte del clero secolare e potranno concorrere alle porzioni laiche, ai benefizi e a qualunque carica ecclesiastica ecc.”. I commissari regi si misero in moto ben presto e presero possesso dei beni dei conventi. Gli ultimi agostiniani di Napoli a lasciare i loro conventi, il giorno 18 ottobre, furono quelli di San Giovanni a Teduccio, S. Maria del Soccorso e S. Maria di Costantinopoli, l’attuale Chiesa del Carmine officiata dai PP. Carmelitani. In tale data i religiosi tutti avevano lasciato i loro conventi e per la maggior parte si erano ritirati a vivere nelle loro case come prescriveva ii decreto di soppressione. Solo alcuni, vestiti da preti, riuscirono a rimanere a custodia delle proprie chiese. Così sappiamo che alla Speranzella in Napoli rimase il P. Michelangelo Ceceri, a Sorrento il P. Antonio De Pasquale, a Fratta Minore (Caserta) i PP Angelo Morvillo e Carlo La Greca, a Bisceglie (Bari) i Maestri PP. Girolamo Maffione e Nicola Stradiota, a Giovinazzo (Bari) i fratelli PP Luigi e Zaccaria Donnanno, a Matera i Maestri PP. Giancrisostomo Martemucci e Celestino Trani, all’Aquila i PP. Luigi Fiorelli e Andrea Baiocco, a Leonessa l’ultimo Provinciale degli Abruzzi il P. Manfredo Giudici e P. Nicola Antonelli, a Celso nel Cilento il P. Michele Quaranta. A Benevento, chiuso e riaperto dopo sei mesi nel 1799, nel periodo della soppressione troviamo il P. Fulgenzo Saviano. Non mi è stato possibile stabilire il numero dei religiosi agostiniani che furono costretti a deporre l’abito, ma penso che dovevano essere molti, tenendo conto che dopo oltre dieci anni, il 15 marzo 1820, circa 230 sono disposti a riprendere l’abito religioso e tornare nei Conventi. Le Provincie monastiche soppresse furono: Provincia di Napoli con i suoi conventi tutti in Campania, Congregazione di San Giovanni a Carbonara con i suoi 12 conventi tutti in Campania, Provincia di Puglia con i suoi conventi in Puglia e Lucania, Provincia di Calabria Ultra con i suoi conventi nelle Calabrie, Provincia degli Abruzzi con i suoi conventi negli Abruzzi e Molise e Provincia dell’Aquila con i suoi conventi negli Abruzzi e quella parte dell’Umbria che faceva parte del regno di Napoli.

 

IL CONCORDATO TRA LA S. SEDE E IL RE DI NAPOLI (1818)

Ritornato dalla Sicilia a Napoli il re Ferdinando IV e volendo riparare i mali di tanti anni di guerra, degli anni dell’occupazione francese e delle spogliazioni da questi commesse, “rivolgemmo - egli scrive - i nostri primi sguardi sullo stato della nostra sacrosanta religione e vedemmo il bisogno di dirigere tutte le nostre cure al riordinamento delle cose ecclesiastiche, che durante la nostra assenza erano state nella calamità dei tempi neglette. A questa nostra sollecitudine ha corrisposto con tutta la purità del suo evangelico zelo il Santissimo Sommo Pontefice Pio VII. Quindi è stato con la più viva alacrità del nostro reale animo felicemente conchiuso tra noi e S. Santità un solenne concordato”. Questo concordato firmato a Terracina il 16 febbraio 1818 e pubblicato il giorno di Pasqua dello stesso anno, regolava l’ordinamento e la vita degli ordini religiosi con l’articolo 14, che è del seguente tenore: “Le attuali ristrette circostanze economiche del patrimonio regolare non alienato, e trovato da Sua Maestà al suo ritorno nell’amministrazione del così detto Demanio, non permettendo di ripristinare tutte le case religiose dell’uno e dell’altro sesso, le medesime verranno ripristinate in quel maggior numero che sarà compatibile co’ mezzi di dotazione, e specialmente le case di quegl’Istituti che sono addetti alla istruzione della gioventù nella religione e nelle lettere, alla cura degli infermi ed alla predicazione. I beni dei regolari possidenti, non alienati, saranno con debita proporzione ripartiti fra i conventi da riaprirsi, senza aver alcun riguardo a titoli delle antiche proprietà, che in vigore del presente articolo tutti restano estinti. I locali religiosi non alienati, eccetti quelli interamente addetti ad usi pubblici, se per mancanza di mezzi non potranno ripristinarsi, formeranno parte del patrimonio regolare; ed essendovi l’utilità del detto patrimonio, potranno anche alienarsi colla condizione che il prezzo che se ne ritrarrà, debba surrogarsi in vantaggio del patrimonio medesimo. Si aumenterà il numero dei conventi tuttavia esistenti dei religiosi Osservanti, Riformati, Alcantarini e Cappuccini, qualora le circostanze ed il bisogno delle popolazioni lo richieggano. Fissate le rendite e le località già enunciate, sarà libera la vestizione dei novizi degli ordini regolari possidenti e delle Monache in proporzione dei mezzi di sussistenza, come allo stesso modo sarà libera la vestizione dei novizi pe’ religiosi mendicanti. Le doti delle fanciulle che si monacheranno saranno impiegate in favore del monistero, secondo le disposizioni canoniche. Tutti i religiosi, sì mendicanti che possidenti, che saranno ripristinati, egualmente che quelli che esistono, dipenderanno dai loro rispettivi superiori generali. Ai religiosi di quegli Ordini regolari possidenti, che si riammetteranno nei domini di qua del Faro, ottenendo l’indulto apostolico di secolarizzazione, e non essendo provveduti di beneficio ecclesiastico, il Governo per conto dell’erario continuerà a titolo di patrimonio la pensione di cui ora godono, finchè sieno provveduti di un corrispondente benefizio o cappellania. Ai religiosi poi di quegli Istituti che non potranno ripristinarsi, il Governo continuerà indistintamente il pagamento delle loro attuali pensioni”. Pubblicato il concordato, nella speranza di far rivivere le proprie Provincie, immediatamente i PP. Manfredo Giudice e Girolamo Maffione si rivolgono al P. Generale Settimio Rotelli chiedendo la conferma della rispettiva elezione avvenuta alcuni mesi prima della soppressione e chiedendo contemporaneamente la facoltà di poter trattare col governo a nome dell’Ordine. Non si fanno vivi gli altri Provinciali. Forse erano morti. Certamente era morto il Vicario della Congregazione di S. G. a Carbonara, eletto nel capitolo celebrato nel maggio del 1807, P. Giacomo de Gentile. Il P. Generale provvisoriamente confermò nei rispettivi uffici i suddetti PP. Giudice e Maffione obbligandoli però a dipendere dal suo delegato che, dopo maturo esame, in data 12 febbraio 1819, nominò nella persona del Maestro P. Giuseppe Pezzella il quale già da due anni lavorava presso la Commissione per l’esecuzione del Concordato per la restaurazione dell’Ordine.

 

IL MAESTRO P. GIUSEPPE PEZZELLA

Prima di proseguire crediamo dire qualche parola della figura di questo religioso, restauratore e decoro dell’Ordine. Nacque egli a Benevento il 5 novembre 1763. Frequentando la chiesa di S. Agostino si affezionò alla vita religiosa e al nostro Ordine di cui vesti l’abito nel 1783. Poco sappiamo della sua vita in questo periodo perché non abbiamo documenti al riguardo. Dovette compiere brillantemente i suoi studi perchè fu decorato del titolo di Maestro in S. Teologia e nel 1803 entrò a far parte dell’Almo Collegio dei Teologi di Napoli. Nel 1807 fu nominato Priore del Convento di S. Maria del Soccorso in S. Giovanni a Teduccio. Qui egli si lasciò ammirare per le sue virtù religiose di carità verso i confratelli e di prudenza, tanto che quando il 14 gennaio 1808 fu soppresso il Convento di S. Agostino alla Zecca molti religiosi si rifugiarono al Soccorso sicuri di trovare in lui un padre provvido ed amoroso. Egli moltiplicò il suo zelo e si conciliò l’affetto dei suoi confratelli, i quali tutti al momento della restaurazione ripresero l’abito. Nel fare la consegna del convento il 18 ottobre 1809 aveva chiesto di essere lasciato quale custode della chiesa, ma non gli era stato concesso. Si ritirò in Napoli poco distante dal Convento di S. Agostino alla Zecca e cercò di mantenersi in contatto con i dispersi religiosi sicuro che la bufera sarebbe passata e che sarebbe ritornato ad abitare nella casa del Signore da cui era stato violentemente cacciato. Le sue speranze e la sua fiducia non andarono deluse per cui egli già prima della firma del Concordato lavorò alacremente per veder riaperto il convento di S. Agostino dove aveva compiuto i suoi studi e aveva trascorso gli anni più belli della sua vita. Nominato dal P. Generale Commissario per tutti i Conventi da riaprirsi nel Regno, egli di animo mite e alieno dai raggiri, vi rinunzia, ma al comando espresso di chi per lui rappresenta la voce di Dio, si mette al lavoro e subito presenta domanda per la riapertura dei Conventi di S. Agostino alla Zecca e di S. Giovanni a Carbonara. Coadiuvato sapientemente dal P. Giuseppe Cerbone, che egli nomina suo procuratore per la parte amministrativa, potè ben presto condurre a termine le pratiche per la riapertura di S. Agostino ed ebbe la gioia di vedere i suoi religiosi per primi riprendere l’abito il 9 gennaio 1820. Riaprire il convento non significava aver fatto tutto perchè bisognava dar vita alla comunità e a questo si accinse con la sua pazienza e con la sua magnanimità rendendosi comprensivo delle necessità che quei religiosi avevano dopo essere vissuti per ben dieci anni fuori del monastero. Furono proprio la sua opera ed il suo prestigio morale a far sì che ben presto si riaprissero altri conventi. E quando per la Pentecoste del 1822 si celebrò il Capitolo Generale a Roma, egli potè annunziare che nel regno di Napoli erano aperti ben 16 Conventi. La sua opera fu encomiata da tutti e oltre ad essere confermato nell’ufficio gli furono decretati onori e privilegi di ex Generale dell’Ordine. Ritornato a Napoli, con più entusiasmo continuò la sua opera ed il suo lavoro per riscattare dalle mani degli usurpatori i beni assegnati ai singoli conventi, per indurre i religiosi ancora tentennanti a riprendere l’abito, per fomentare l’unione e la concordia. Il suo zelo ed il suo prestigio avrebbero ancora giovato al consolidamento dell’Ordine, ma il 5 novembre 1823 fu eletto Vescovo di Teramo. Cinque anni dopo fu trasferito alla diocesi di Calvi e Teano, dove morì il 3 gennaio 1833. Leggendo le lettere dirette al P. Generale, egli appare uomo di larghe vedute, acceso di un amore sconfinato per l’Ordine, zelante della gloria di Dio. E quest’amore e questo zelo gli fecero affrontare coraggiosamente e superare tutte le difficoltà, non ostante le incomprensioni di molti e le amarezze procurategli.

 

LA RESTAURAZIONE

Il P. Pezzella appena nominato Delegato del Generale per tutti i Conventi da aprirsi nel regno, si mise in contatto con i dispersi religiosi e avviò le pratiche per la riapertura dei Conventi. Suo primo pensiero fu di veder riaperto S. Agostino alla Zecca che in quei giorni era occupato dai soldati. Non fu possibile riaverlo immediatamente tutto, ma egli ne fece sistemare ben presto la parte concessa e il giorno 9 gennaio 1820, vi rivestì l’abito insieme ad altri 16 sacerdoti e 5 fratelli conversi. Nello stesso giorno fu rivestito l’abito religioso nel convento del Soccorso. Dopo un mese raccolse la comunità per la distribuzione degli uffici perché si potesse riprendere la primitiva consistenza e il lavoro. Quale vice superiore fece nominare un santo religioso, il P. Fedele Amalfi, il quale lo coadiuvasse nel governo della casa e lo rappresentasse durante le assenze che egli era costretto a fare nell’interesse dell’Ordine. Contemporaneamente alla riapertura di S. Agostino chiese la riapertura del convento di S. G. a Carbonara. Mentre per S. Agostino non vi furono grandi difficoltà da superare, queste invece sorsero per S. G. a Carbonara, divenuto fin dal 1808 scuola di guerra. Egli non insistette molto, ma accettò senz’altro, in cambio, il convento di San Carlo alle Mortelle, abbastanza vasto per accogliere anche una grande comunità, e subito vi fece nominare rettore il P. Michele Quaranta ritornato dal Cilento; e in data 22 settembre 1819 ne dà notizia al P. Generale, scrivendo: “La Congregazione di S. Giovanni a Carbonara per impegno della regina di Sardegna, non avendo potuto ottenere S. Giovanni perchè scuola di guerra, si è destinato per loro il collegio di S. Carlo alle Mortelle, che era dei Barnabiti. Essi non vorrebbero, ma la prudenza ed il tempo lo vogliono, per cui si è già preso possesso del locale e la dotazione si avrà tra giorni e sarà diretta a me per essere un sol corpo. Saremo quasi soli (se ne eccettuati i pochi Crociferi) ed avere due conventi nella capitale”. Difatti i superstiti religiosi di S. Giovanni a Carbonara non avrebbero voluto accettare il cambio, anche perchè guidati da un religioso, ottimo e amante dell’Ordine e della Chiesa, mia cocciuto e inflessibile nei suoi giudizi, il P. Antonino Nascè (+1825). Questi per il suo carattere diede molti fastidi al Commissario Pezzella e minacciò di distruggere per sempre la Congregazione. Nel 1821 era riuscito ad ottenere dal Generale la facoltà di governare i religiosi di S. Carlo e pensare per la restaurazione della Congregazione, nella speranza di far rivestire l’abito a tutti i superstiti, anche senza aver riavuto le rendite necessarie per la vita della comunità, quale suo primo atto fece ricorso presso la Curia Arcivescovile onde non venisse più pagata la pensione ai religiosi. Le conseguenze furono gravi come ci appare dalla lettera del Pezzella al P Generale in data 13 luglio 1821, il quale dopo aver parlato delle difficoltà dei religiosi in genere a ritornare in comunità per cui vi è bisogno di “pazienza e prudenza e non asprezza”. E continua “A questo proposito sono nel dovere di farvi sapere che le facoltà concesse da V. P. Rev.ma al P. Bacc. Nascè della Congregazione di S. Giovanni a Carbonara, hanno svegliato un gran fuoco e contrarietà nell’animo dei suoi religiosi. Io niente sapevo. Il detto venne da me pochi giorni addietro. Non mi mostrò veruna carta. Mi confidò soltanto di aver avuto una carta. Ha posto l’impedito nella Curia di Napoli per i voti dati. Ha fulminato censure. La conseguenza? Si sono inaspriti talmente i suoi religiosi, che venuti da me non ho dovuto far poco a trattenerli a non ricorrere al Ministero. Che fuoco, che tempesta. Il peggio, che in tempo, che già da Giustiniani si sta formando la dotazione per un Convento in Napoli, dopo due anni di mie fatiche e di P. Quaranta... So che i religiosi della Congregazione ricorrono a me e dicono che essi non vogliono riconoscere che quel Delegato che è costituito dal P. Generale e riconosciuto dal Governo, altrimenti non intendono concorrere giacchè conoscono le conseguenze se altrimenti si stabilirà. Staremo a vedere, e concorrerò ad una sessione che vogliono essi meco in nome vostro tenere e risolversi. Pensateci bene su questo delicato articolo che conchiude ha particolare dilezione di avere in Napoli due chiese e quindi anche gli Scalzi! Sono due anni che si lavora!”. Il Generale vedendo il malumore suscitato, immediatamente ritirò al P. Nascè le facoltà concesse rimettendo ogni cosa nelle mani del P. Pezzella. Questi continuò il suo lavoro, ma solo alcuni anni dopo fu possibile far rivestire l’abito dai religiosi di S. Carlo. Nello stesso anno 1820 furono riaperti i conventi del Soccorso in S. Giovanni a Teduccio, di Gravina, di Buccino con a capo il M. Tommaso Credennino, di Lacco Ameno (Ischia), Giovinazzo con a capo il M. Luigi Donnanno il quale ne dà annunzio al P. Generale scrivendo che la funzione si è compiuta con grande entusiasmo da parte dei religiosi e afferma che quello che nel regno si sta facendo in parte è dovuto alla “grande attività del Commissario Generale”. L’anno dopo, 1821, ne furono riaperti altri in mezzo a grandi difficoltà che il P. Pezzella, scrivendo al Generale, non nasconde. L’ultimo convento ad essere riaperto sotto il commissariato del Pezzella fu quello di Bisceglie dove i religiosi ripresero l’abito il giorno di Pentecoste del 1822. In tale occasione il P. Maffione scrive al P. Generale una lettera di cui riportiamo le parti salienti: Il giorno di Pentecoste 10 dello scorso mese venne installata fra le lagrime di tenerezza dei buoni e religiosi cittadini questa comunità: si fece una commovente funzione con una orazione adatta recitata da uno zelante canonico. Non posso esprimere il giubilo da me provato nel rivestirmi del nostro santo abito, tanto da me desiderato; per cui non lasciai mezzo alcuno per la ripristinazione di questo convento. Posso ora dire col vecchio Simeone: nunc dimittis servum tuum in pace, perché finisco i miei giorni nelle braccia della nostra S. Madre. Io fui provvisoriamente confermato Provinciale, ora il mio dovere forza dipendere totalmente dal Delegato Generale M. Pezzella, il quale con zelo disimpegna la carica addossatali, e se abbiamo dei conventi ripristinati è stato tutto opera sua. Per questa Provincia abbiamo quattro conventi e si spera averne degli altri, onde è necessario che vi sia un religioso che possa regolarli con la dipendenza del detto Delegato”. Riaprire i conventi e ripopolarli dei superstiti religiosi non bastava per poter dire di aver restaurato l’Ordine: era necessario accettare dei giovani e formarli alla vita monastica. Il P. Generale Rotelli si preoccupa di questo grave problema e il 31 ottobre 1819 raccomanda il P. Pezzella di aprire il noviziato a S. Agostino. Il Pezzella a sua volta comprende il grave problema e ben presto accetta dei giovani e fa loro compiere l’anno di noviziato a Benevento. E il primo novizio accettato e che emise i voti dopo la bufera napoleonica fu il giovane Fr. Agostino Saviano da Palma Campania. L’anno dopo, sul finire del 1821, appena riaperto il convento di Leonessa, aprì qui il noviziato e finalmente solo nel 1822 apri Noviziato a S. Agostino alla Zecca, dove per primo emise i voti religiosi fr Giuseppe Gallucci nel luglio 1823. Con la riapertura dei conventi, con la riapertura dei noviziati di Leonessa prima e S. Agostino poi, con la riapertura degli studendati a l’Aquila e S. Agostino sembrava che la vita della Provincia avesse ripreso in pieno la sua attività. Ma era solo lo zelo, la prudenza e il prestigio del P. Pezzella che aveva smorzato le divisioni e i dissapori, divisioni e dissapori che apparvero quando si trattò di costituire giuridicamente la Provincia.

 

LA COSTITUZIONE DELLA PROVINCIA

Dopo la nomina del Pezzella a Vescovo di Teramo, il Padre Generale Giuseppe Mistretta, in data 31 dicembre 1823, costituì suo Commissario per il regno il Maestro P. Giuseppe Cerbone da Afragola. Questi era stato fido compagno del Pezzella, lo aveva coadiuvato saggiamente nella parte amministrativa, ma purtroppo non aveva le sue qualità. I malumori contro di lui cominciarono ben presto, e forse anche ingiustamente. Infatti il P. Generale, venuto nella determinazione di dare una sistemazione ai Conventi aperti e da riaprirsi, decise costituire due Provincie: una con tutti i conventi della Campania e degli Abruzzi e la seconda con i conventi della Puglia, Basilicata e Calabria. Nel settembre del 1824 ne ottenne il permesso della S. Sede, ma quando si trattò di attivare il progetto si risvegliarono gli antichi dissensi e lo spirito di divisione che era apparso chiaro nel 1819-20. Gli ostacoli principali però furono creati dai religiosi del convento di S. Agostino alla Zecca, decisi ad ogni costo di mantenere la propria indipendenza, e da quelli di S. Carlo alle Mortelle decisi a ricostituire la Congregazione e non ad aggregarsi alla Provincia. Per fortuna però a capo dei due conventi vi erano due religiosi santi: il P. Amalfi e il P. Quaranta. Questi pur protestando energicamente presso il P. Generale seppero tuttavia mantenere l’agitazione nei limiti dell’Ordine, senza creare gravi difficoltà presso la Corte e quindi nuocere ai conventi che ancora dovevano ottenere la dotazione. L’agitazione e il malumore fu tale che il P Generale cambiò pensiero e venne nella determinazione di creare una sola Provincia e lasciare alla sua diretta dipendenza il convento di S. Agostino con le sue grancie e quello di S Carlo: in tal senso il 15 febbraio 1825 presentò supplica al Papa:

Beatissimo Padre,

Il P. Generale degli Agostiniani umilissimamente rappresenta alla Santità Vostra di essere venuto in cognizione, che d’improvviso sono insorti gravissimi ostacoli imprevedibili per ripartire in due Provincie li Conventi del suo Ordine esistenti nel regno di Napoli, come la Santità Vostra si era degnata di annuire con grazioso rescritto dello scorso settembre 1824: per rimuovere tutte le difficoltà, tranquillizzare gli spiriti di quei Religiosi, l’oratore non trova migliore espediente, che formare di detti Conventi una sola Provincia legalmente dipendente dal Superiore Generale dell’Ordine, la quale assuma il nome di Provincia del Regno di Napoli; ma nel tempo stesso crede necessarie le seguenti riserve:

1) Che il Convento di S. Agostino di Napoli sia il Capo della Provincia, ma sotto l’immediata giurisdizione del P. Generale, come fu in addietro.

2) Che l’altro convento di S. Carlo alle Mortelle, esistente dentro la stessa città, sia ugualmente sottoposto alla immediata giurisdizione del P. Generale pro tempore.

3) Che il detto convento di S. Agostino di Napoli conservi gli attuali piccoli conventi, una volta grancie, di Gravina, del Soccorso presso Napoli e di Lacco nell’isola di Ischia, e tutti li privilegi inerenti, compreso quello di eleggersi dal suo Capitolo il Priore, ed officiali dei tre mantenuti Conventi, non che però sia tenuta a dotare quello del Soccorso di un annua rendita netta di ducati 400, e l’altro d’Ischia di ducati 200 annui, parimenti nitidi, ed a conservare alla casa di Gravina la rendita già stabilitagli dal P. Commissario Generale, ora Mons. Pezzella, ascendente a ducati 600 circa e separatamente fin qui amministrata. Quanto al convento di S. Carlo alle Mortelle conservi similmente la Grancia di Pardinola con gli stessi privilegi al pari di S. Agostino di Napoli.

4) Per la grande distanza dei conventi, sarà bene che li conventi della Puglia, dell’Abruzzo e di Calabria abbiano un Vicario o Visitatore Provinciale per ciascuno, dipendente dal P Provinciale, cui debbano riferire gli stabilimenti e gli affari dei conventi del loro circondario.

5) Che, formatasi una sola Provincia e fissato un solo Provinciale, l’elezione del Primo Provinciale e suo Definitorio sia fatto per schedole chiuse da quelli che hanno il diritto di elezione, e siano mandate al P. Generale dell’Ordine, da aprirsi alla presenza della sua Congregazione Generalizia in quella stessa maniera, che la Santità Vostra concesse nel rescritto del passato anno 1824, allorchè benignamente accordò due Provincie e due Provinciali,

6) Finalmente lo stabilimento delli studi, e collocamento, o rimoziene, ed i gradi delli studenti dipenderà immediatamente dal P. Generale pro tempore, a norma delle Costituzioni e Decreti dei Capitoli Generali dell’Ordine e per i Noviziati si osservi la pratica, che in oggi generalmente si osserva.

   Su Queste basi ergendosi la Provincia di Napoli, vede l’oratore che vi sarà la debita dipendenza dal Superiore Generale, e si conserverà lo spirito di unità prescritta con legge del concordato, e si otterrà universalmente la subordinazione e l’obbedienza dei sudditi verso li loro superiori. E perciò l’oratore supplica caldamente la Santità Vostra a volere sanzionare colla sua autorità il proposto piano, onde al più presto possa darglisi esecuzione al bene de’ diciotto Conventi esistenti nel succennato Regno, li quali mancano tutt’ora della loro stabile sistemazione. Che della grazia etc.

   Il S. Padre a mezzo della Congregazione dei Vescovi e Regolari con decreto del 25 febbraio 1825 approvò l’operato del Padre Generale dell’Ordine e la costituzione della Provincia. Il decreto fu spedito al P. Amalfi affinchè ne sollecitasse, secondo le leggi del concordato, l’approvazione. Approvazione che venne concessa solo dopo 21 mesi, il 25 novembre 1826!

 

IL PRIMO CAPITOLO PROVINCIALE

Approvato dalla corte, o meglio dire dai legulei del regno, il decreto del P. Generale, questi invitò gli aventi diritto all’elezione del Provinciale ad inviargli le schede. Fatto lo spoglio si trovò eletto quale Provinciale il Maestro P. Luigi Donnanno da Giovinazzo. Il P. Generale allora spediva a Napoli il nuovo decreto per averne l’approvazione, la quale venne il 27 aprile 1827. Questo decreto che forma l’atto di nascita della nuova Provincia lo riportiamo in una nostra traduzione: “Fr. Giuseppe Mistretta da Salemi, Maestro in S. Teologia, Priore Generale dell’Ordine Eremitano di S Agostino. Ai diletti figli in Cristo, RR. PP Maestri, Luigi Donnanno Provinciale eletto, e Definitori della Provincia del regno di Napoli, del nostro Ordine, salute nel Signore. Giusta la disposizione del S. P. Leone XII, felicemente regnante, benignamente concessa per mezzo della S. Congregazione dei Vescovi e Regolari, e confermata con regio diploma, da noi si deve procedere all’elezione del nuovo Priore Provinciale e dei Definitori di codesta Provincia del regno di Napoli, per mezzo di schede da trasmettersi a noi, come di fatto nel tempo stabilito furono a noi trasmesse; affinchè poi tutto venisse eseguito a norma della dispensa pontificia e del regio diploma, fu da noi indetta e riunita la Congregazione Generalizia affinchè alla presenza dei nostri Padri Assistenti, con quella cautela necessaria venissero disugellate le schede. Essendo state per prima dissuggellate quelle pertinenti all’elezione del Priore Provinciale e essendo state diligentemente enumerate, risultò che tu, R. P. M. Luigi Donnanno, fosti eletto Priore Provinciale con una maggioranza di suffragi al di sopra degli altri e con un numero oltre quello richiesto per la canonica elezione. E usato uguale forma e cautela per l’elezione dei Definitotri, questa risultò con tale ordine: che in primo luogo risultò eletto in Definitore il R. P. M. Giuseppe Missiniti; secondo il R. P. M. Giuseppe Chianese; terzo il R. P. M. Giovanni Crisostomo Martemucci; quarto il R. P. M. Manfredo Giudici; quinto il R. P. Bacc. Luigi Romeo; sesto il R. P. Bacc. Agostino Rutiglini. Definitori in difetto poi: primo R. P. M. Tommaso Francia; secondo R. P. M. Saverio Caputo; terzo R. P. M. Aurelio Cerbone. Perciò noi riconosciamo e dichiariamo e costituiamo eletti canonicamente, te R. P. M. Luigi Donnanno in Priore Provinciale e nello stesso modo che sono stati nominati i Definitori di codesta Provincia del regno di Napoli. Rimane inoltre che a tempo opportuno e nel luogo che sarà da noi designato e indicato, vi raduniate, affinchè da voi, così riuniti, si venga all’elezione dei Priori e degli ufficiali dei rispettivi conventi. Finalmente con queste nostre lettere comandiamo in virtù di santa obbedienza a tutti e singoli Padri e fratelli, che riconoscano te P. Luigi Donnanno, in Priore Provinciale, e voi, sopranominati Padri in Definitori, subito che sarà pubblicata questa nostra e vi prestino quella obbedienza che secondo il diritto e le consuetudini si è soliti rendere e si deve al Provinciale e ai Definitori. Dal convento di S. Agostino di Roma, il 17 febbraio 1827.

Fr. Giuseppe Maria Mistretta Generale Agostiniano.

Fr. Patrizio Merello Secretario dell’Ordine.

   Approvato con regio exequatur anche questo decreto, il suddetto Provinciale Donnanno e i suoi Definitori sotto la presidenza del P. Generale si riunirono nel convento di S. Agostino alla Zecca il 19 maggio 1827. Dopo aver invocato l’aiuto del Signore, furono discussi i problemi della Provincia per il cui retto ordine e retta amministrazione furono emanati diversi decreti di cui il primo è del seguente tenore: “E per cominciare da Dio, da cui ogni bene ha il suo inizio, e senza di cui non possiamo far niente di bene, e affinchè le cose sante siano trattate santamente, comandiamo ai singoli Priori in virtù di santa obbedienza affinchè per quanto riguarda il culto divino curino alla lettera l’osservanza dei decreti dei capitoli generali sia per quanto riguarda l’orazione mentale, sia per quanto riguarda la recita delle ore canoniche, sia per la degna celebrazione dei divini misteri e specialmente la santa Messa. Nessun Priore si permetta di tralasciare l’orazione serotina che si è soliti recitare per i nostri benefattori. Inoltre raccomandiamo a tutti i membri di questa nostra Provincia una singolare pietà e culto verso lo Sposo della Santissima Vergine, S. Giuseppe, che scegliamo e dichiariamo quale speciale protettore di questa nostra Provincia. Inoltre furono formate le famiglie religiose dei singoli conventi e cioè a

1. Giovinazzo furono assegnati 11 religiosi con a capo il M. P. Zaccaria Donnanno;

2. Matera 12 religiosi con a capo il M. P. Giancrisostomo Martemucci;

3. Bisceglie 10 religiosi con a capo il M. P. Girolamo Maffione;

4. Sogliano 7 religiosi con a capo il P. Bacc Agostino De Monte;

5. Leonessa 8 religiosi con a capo il M. P. Manfredo Giudici;

6. L’Aquila 10 religiosi con a capo il Bacc. P. Luigi Fiorelli;

7. S. Valentino 6 religiosi con a capo il Bacc. P. Andrea Baiocco;

8. Chieti 6 religiosi con a capo il P. Agostino Saviano;

9. Buccino 13 religiosi con a capo il Bacc. P. Luigi Romeo;

10. Monteleone 8 religiosi con a capo il M. P. Agostino Bertucci;

11. Terranova 10 religiosi con a capo il M. P. Giuseppe Messiniti.

A quel tempo il convento di Benevento dipendeva ancora dal P. Generale dell’Ordine.

In questo capitolo si lasciarono gli studi a l’Aquila e a Buccino, mentre il noviziato fu trasferito a Giovinazzo

 

LA RINASCITA DELLA CONGREGAZIONE DI S. GIOVANNI A CARBONARA

Il P. Generale nel costituire la Provincia lascia alla sua diretta dipendenza il convento di S. Carlo alle Mortelle con la grancia di Fratta Minore. A quel tempo però i religiosi di S. Carlo non avevano ancora ripreso l’abito “unicamente per la mancanza della rendita”. Il possesso giuridico dei beni assegnati dalla Commissione del Concordato al convento di S.Carlo fu preso dal Padre Pezzella, a mezzo del suo procuratore, il P. Cerbone il 13 aprile 1822, ma il possesso reale venne solo alcuni anni dopo, perchè detti beni bisognò toglierli dalle mani degli usurpatori. Inoltre il P. Quaranta sperava di poter riaprire il convento di Sorrento, o almeno quello della Speranzella in Napoli, ma quando vide svanire completamente le sue speranze si decise ad accettare in Napoli il monastero di S. Maria Maddalena conosciuto col nome della “Maddalenella”, e che fino alla soppressione era appartenuto a monache domenicane spagnuole. Il monastero, concesso con regio decreto del 23 luglio 1827, fu subito preso in possesso perchè vasto e nel cuore della città. Ottenuto questo nuovo convento, il P. Quaranta con i suoi compagni si decise di riprendere l’abito, che fu rivestito solennemente in S. Carlo il 29 settembre 1827. E nello stesso giorno dalle stesse mani del P. Generale presente fu vestito il primo novizio, fr. Mariano Ceceri. Il 2 ottobre furono aggregati al convento quattro religiosi venuti dalla Sicilia e che per alcuni anni avevano già dimorato a Napoli con il Cappellano Maggiore Mons. Salvatore Caccamo. Il 26 ottobre di detto anno fu solennemente aperto il convento della Maddalenella mentre la grancia di Pardinola con atto capitolare del 6 giugno 1829 fu ceduto ai Comuni di Fratta Maggiore e Minore perchè minacciava rovina. Priore dei due Conventi formanti una sola comunità fu ininterrottannente fino al 1838 il P. Quaranta. Sotto la sua guida la Maddalenella divenne un centro di vita spirituale e fu un rifugio per quanti amavano una vita ritirata e nascosta. La comunità ben presto aumentò numericamente, e perchè altri religiosi ripresero l’abito e perchè in pochi anni vi fu una fioritura di giovani che sotto la guida saggia e sapiente del Padre Michelangelo Ceceri si formarono alla vita religiosa. Allora si pensò di aprire altre case. L’occasione si presentò subito, perchè nel 1836 il Municipio, il clero e il popolo di Sinopoli in Calabria fanno domanda al P. Generale Tommaso Credennino da Afragola scrivendo che “quei religiosi sacerdoti e laici che da anni si trovano sul posto hanno dato buon esempio e che il popolo tutto stima una benedizione del Signore avere una casa religiosa nella propria terra”. La cosa fu affidata al P. Nicola Targianni, religioso pio e che da anni curava in Calabria gli affari dei beni del convento. Si ottenne ben presto il diruto locale posto accanto ad una chiesetta dedicata a S. Giovanni di Dio, locale che ben presto riparato, nel 1837 potè ospitare una piccola comunità religiosa. Nel 1838 fu aperto un nuovo convento in Andria (Bari). I fatti andarono così: il P. Quaranta nel 1837 visitando i conventi di Puglia quale Provinciale della Provincia di Napoli, si portò in questa città per chiedere al Vescovo diocesano che era suo amico personale e di molti religiosi di Napoli, Mons. Giuseppe Cosenza, di poter riaprire il grandioso convento di S. Agostino che l’ordine aveva prima della soppressione. Mons. Cosenza, pastore zelante del bene spirituale del suo popolo fece notare che era impossibile riaprire S. Agostino dove da anni col consenso della Corte si era trasferito una collegiata, ma offrì all’amico un santuario posto a due chilometri dalla città, quasi abbandonato dopo l’espulsione dei Benedettini, ma che era stato il più importante santuario Mariano delle Puglie. Il P. Quaranta si portò a visitarlo, e al ritorno a Napoli ne parlò col P. Generale, che in quei giorni si trovava a S. Agostino, e di comune accordo accettarono l’offerta. Anzi il Generale in persona volle partecipare al capitolo celebrato alla Maddalenella il 28 giugno 1838. Con questi quattro conventi il Padre Generale finalmente si decise di ricostituire giuridicamente la Congregazione di S. Giovanni a Carbonara.

 

LA RICOSTITUZIONE DELLA CONGREGAZIONE DI S. GIOVANNI A CARBONARA

Il P. Generale avendo deciso di ricostituire la Congregazione, il 17 luglio del 1838 da Napoli dove si trovava in Visita ai conventi, emanò il seguente decreto che costituisce non solo l’atto di nascita della Congregazione, ma insieme il migliore elogio del P. Quaranta e della vita religiosa condotta alla Maddalenella: “Noi P. Fr. Maestro Tommaso Credennino Priore Generale dell’Ordine Eremitano di S. Agostino. Al Rev.do e a noi caro P. Michele Quaranta dello stesso Ordine salute nel Signore. Avendo per misericordia di Dio, o Reverendo Padre, i tuoi voti ricevuto buon effetto presso l’una e l’altra suprema autorità su questa terra, in modo tale che la nostra Congregazione di San Giovanni a Carbonara, mercè i tuoi sforzi, non solo risorgesse, ma ciò che noi più stimiamo nei conventi già aperti fiorisca la più esatta disciplina regolare, cosa che lascia sperare in meglio per quelli che si apriranno; e poichè, secondo prescrivono le nostre Costituzioni, a capo delle Congregazioni è da nominarsi un Vicario Generale come era solito praticarsi prima della soppressione dei conventi, perciò noi per l’autorità che abbiamo, specialmente in questo tempo della S. Visita, in virtù della presente nominiamo, eleggiamo e costituiamo te, o R. P. Michele Quaranta, Vicario Generale della predetta nostra Congregazione, con tutti gli onori, privilegi e autorità che erano soliti godere e che godono i Vicari Generali, comandando a ciascun membro di detta Congregazione di prestarti la dovuta reverenza e sollecita obbedienza. Per questa volta poi, noi in forza della nostra autorità ti dispensiamo affinchè possa continuare nell’officio di Priore. Inoltre poiché anche nelle Congregazioni come nelle Provincie vi deve essere il Definitorio, e non esistendo Definitori, la loro elezione spetta a noi che tenuto conto del piccolo numero dei religiosi che possono essere eletti, per questa volta riduciamo il loro numero a quattro ed eleggiamo in primo Defìnitore il M. P. Stefano Baldassarre, in secondo il P. Michelangelo Ceceri, in terzo il P. Gioacchino Flectuod e in quarto il P. Agostino Castrilli, mentre in difetto eleggiamo i Lettori Padri Antonino Squillace e Amedeo Milazzo. Inoltre per la scarsezza dei religiosi che hanno i requisiti giuridici e con l’autorità apostolica permettiamo che per questa volta i Definitori possono essere eletti anche Priori. Dato dal convento di S. Agostino di Napoli il 17 luglio 1837.

Fr. Tommaso Credennino Generale e Commissario Apostolico.

M. Fr. Guglielmo Bartolomei pro Secretario all’Ordine.

Il sopradetto decreto, perché opera di un regnicolo, fu subito approvato dalla Consulta Reale: “La Consulta dei Reali Domìni al di quà del Faro, veduta la carta Generalizia data in Napoli il 17 luglio prossimo scorso anno, colla quale vengono nominati il P. Michele Quaranta Vicario Generale della repristinata Congregazione Agostiniana di S. Giovanni a Carbonara, non ostante di essere nella carica di Priore, ed a Definitori i Padri Stefano Baldassarre, Michelangelo Cecere, Gioacchino Flectuod ed Agostino Castrillo, ed in difetto di alcuno di essi i Padri Antonino Squillace e Amodeo Milazzo dispensando agli eletti Definitori, che possano per la scarsezza de’ soggetti esser promossi agli offizi di Priori. Veduto altresì il Sovranno rescritto de’ 30 dello spirato marzo, con cui uniformandosi S. M. al parere di questa Consulta, si è degnata concorrere di sua parte all’enunciata dispensa e vuole che sulla carta Generalizia s’interponga il Regale Beneplacito salve sempre le Leggi, la Polizia del Regno e la Costituzione dell’Ordine. Si accorda il Regale Beneplacito alla mentovata carta Generalizia in conformità, ed a termini della prefata Sovrana Risoluzione. Napoli 16 aprile 1839.

Il Vice Presidente DOMENICO CRITENI

Il Segretario Marchese BISOGNI

Il Delegato Comm.re CANOFARI

   Però gia prima dell’approvazione il P. Quaranta con i suoi Definitori aveva provveduto alla formazione delle famiglie dei conventi assegnando alla

1. Maddalenella in Napoli 23 religiosi;

2. San Carlo alle Mortelle in Napoli 7 religiosi con a capo il P. Luigi De Antonellis;

3. Andria 7 religiosi con a capo il P. Luigi Castiglione;

4. Sinopoli 5 religiosi con a capo il Padre Nicola Caracciolo.

   Il P. Quaranta potè permettersi di non aspettare il decreto reale di approvazione perchè egli, confessore di Re Ferdinando II, aveva ottenuto il permesso a voce di poter agire liberamente. Difatti il 6 ottobre 1838 egli con la nuova comunità prende solennemente possesso del Santuario di S. Maria dei Miracoli di Andria.

 

LA SANTITÁ AGOSTINIANA NEL REGNO DI NAPOLI

La vitalità di un’Ordine o di una Provincia religiosa non va valutata solo dalle opere esterne di apostolato, ma principalmente dai santi che dà alla Chiesa. E gli agostiniani del Mezzogiorno d’Italia nel periodo turbinoso che va dal 1800 al 1860 diedero anime veramente sante e care a Dio e agli nomini. Se l’incuria dei nostri maggiori, se i tempi turbinosi, se le soppressioni non ci avessero privato di documenti preziosi per molti potremmo scrivere pagine gloriose, mentre ci dobbiamo contentare di notizie frammentare e per qualcuno anche solo di nomi e date.

1. Ven. P. Nicola Coppa (Capua 1732 - Napoli 1804)

Superiore in vari conventi della Congregazione, di cui era figlio, sempre e dovunque si lasciò ammirare per la saggezza nell’amministrazione e per la sua vita esemplare. Restaurò quasi dalle fondamenta la Chiesa e il Convento della “Speranzella” in Napoli. Lo spirito di preghiera, a cui dedicava il tempo libero dal lavoro apostolico, lo arricchì di virtù e lo rese modello di umiltà e di pazienza. Principalmente per le sue virtù e per la stima da lui goduta, nel 1799 la corte borbonica si contentò di sopprimere solo il convento di S. Giovanni a Carbonara e non tutta la Congregazione.

2. Maestro P. Girolamo Maffione da Bisceglie ed ivi morto nel 1829

All’attaccamento all’Ordine unì grande zelo per la salvezza delle anime.

3. Maestro P. Nicola Stradiota (Rutigliano (Bari) 1756 - Giovinazzo 29 novembre 1839)

Religioso di grande dottrina, fu umile e modesto. Amante dell’Ordine, si mantenne sempre fedele ai voti pronunziati, ed eletto nel 1832 Provinciale, si studiò di accrescere il decoro. Ebbe grande devozione ed amore per le anime del purgatorio e, Provinciale, volle che i religiosi della Provincia, di S. Agostino alla Zecca e della Maddalenella avessero in comune i suffragi prescritti dalle Costituzioni dell’Ordine.

4. Ven. P. Fedele Amalfi (Lagonegro 1762 - Napoli 1839)

Il venerabile P. Fedele Amalfi nacque a Lagonegro in Lucania il 14 marzo 1762. Secondogenito di numerosa figliolanza educata tutta secondo i sani principi di vita cristiana, per cui a Lagonegro “la casa Amalfi fu sempre considerata casa di Santi”, il giovane Fedele Saverio, tale il nome di battesimo, il 18 novembre 1780 vesti l’abito religioso agostiniano nel convento di Paola. Qui fece il noviziato ed emise i voti religiosi venendo affiliato al convento di Fuscaldo (Cosenza) della Provincia monastica di Calabria Citra. Il giovane Amalfi compì i suoi studi filosofici e teologici prima a Cosenza e poi a Buccino (Salerno) e a Napoli. Qui, nel grandioso convento di S. Agostino alla Zecca, si fece ammirare non tanto per la sua dottrina quanto per la docilità del carattere, per la sua umiltà, per la sua ubbidienza e per lo spirito di pietà e devozione. Furono queste virtù a renderlo caro a Dio e agli uomini e, in seguito alla soppressione della Provincia di Calabria Citra, avvenuta dopo il terremoto del febbraio 1783, a farlo aggregare al convento di S. Agostino alla Zecca. Qui, ordinato Sacerdote nel 1788, dimostrò subito un ardente desiderio della salvezza delle anime iniziando il suo apostolato di bene nel popolare quartiere di S. Agostino alla Zecca e di Forcella. La soppressione Murattiana del 1809 lo trova nel convento di Santa Maria del Soccorso in S. Giovanni a Teduccio dove egli si era rifugiato in seguito alla soppressione del convento di S. Agostino avvenuta il 14 gennaio 1808. Costretto a dimettere l’abito religioso, fu uno di quei frati che non prestò giuramento alla Costituzione Francese perché contraria alle leggi di Dio e della Chiesa. Ritiratosi a Lagonegro, col suo esempio e con la sua parola santificò il paese ottenendo dal Signore speciali grazie. “Per lunga siccità le sorgenti erano disseccate, le campagne orribilmente desolate, si temeva una grande carestia e altri mali”. Il P. Fedele predicò non solo in Chiesa ma nella pubblica piazza, richiamò il popolo a penitenza dei propri peccati, pregò a lungo e immediatamente il cielo si coprì di nubi e venne giù acqua in abbondanza. Dopo circa 70 anni il fatto era ancora vivo nella memoria del popolo ed i vecchi indicando il luogo dicevano: “Qui predicò il santo P. Fedele e operò il miracolo”. Nel 1816 lo ritroviamo a Napoli e fu uno dei primi a ritornare in S. Agostino alla Zecca dove, piangendo per la gioia e chiamando quell’ora la più importante della sua vita, rivestì l’abito religioso, insieme a 16 sacerdoti e 5 frati laici, il 9 gennaio 1820. Da quel giorno il P. Fedele ricomincia la vita di religioso osservante delle regole del suo Ordine e continua il suo apostolato con la fondazione di un monastero di Terziarie Religiose nel convento di S. Monica. Sulla collina di S. Efrem Nuovo, nella strada che ancor oggi porta il nome di S. Monica e che fa angolo con la strada Salvator Rosa, si vede un vecchio fabbricato attualmente abitato dalle Suore Benedettine. Ivi il P. Fedele, con la collaborazione della Venerabile Suor Maria Giuseppa Crosta, radunò le Terziarie Agostiniane di cui fino alla morte fu saggio Direttore Spirituale. Fu ammirabile per la sua umiltà che lo spinse a rinunziare sempre ai posti di comando che i superiori gli volevano affidare e finanche all’Episcopato che gli era stato offerto dalla corte di Napoli. L’umiltà andò però sempre accompagnata all’obbedienza cieca al volere dei superiori fìno al punto che questi dovevano essere cauti nel comandare. Fu solo per ubbidienza che nel 1823 accettò di essere superiore di S. Agostino alla Zecca. La pietà e l’orazione furono il suo cibo quotidiano e consacrava alla preghiera il tempo libero dal lavoro. Le sue devozioni preferite furono verso l’Eucaristia, per cui molte ore del giorno e della notte le passava in preghiera dinanzi all’altare del Ss.mo Sacramento, verso la Madonna e verso S. Nicola da Tolentino suo speciale Protettore. Frutto del suo spirito di preghiera fu una saggia e prudente direzione spirituale ricercata da anime assetate di Dio. Fra gli altri penitenti ebbe il Venerabile Giovanbattista Iossa (1767-1818), il santo sacerdote napoletano don Agostino Casolare (1829) il Ven. P. Quaranta (1776-1857) ed una schiera di religiosi agostiniani che, fedeli ai suoi saggi insegnamenti, furono modelli di virtù. La carità verso i poveri ed i sofferenti gli fece affrontare ogni sacrificio e, durante la peste del 1836, già vecchio e malato, non si diede riposo per assistere i malati e portare ad essi gli aiuti spirituali. Si addormentò nel Signore il 2 aprile 1839 in seguito ad una piaga cancrenosa ad una gamba che lo afflisse per diversi mesi. Esposto nella Chiesa di S. Agostino alla Zecca, il vasto tempio che era stato il luogo del suo apostolato e delle sue preghiere, era incapace di contenere la folla di tutti i beneficati spiritualmente o materialmente che ne piangevano amaramente la perdita. Il suo corpo fu sepolto nel cimitero, ma il 16 settembre 1845, con decreto del Card. Filippo Del Giudice Caracciolo, Arcivescovo di Napoli, fu trasportato nella Chiesa di S. Agostino e tumulato avanti alla cappella della Vergine Immacolata dove in vita era solito pregare. Fu posta questa semplice lapide: Hic iacet corpus Servi Dei Patris Fidelis Amalfi Ordinis Eremitarum S. Augustini. Obiit die II mensis aprilis an. Dom. MDCCCXXXIX.

5. P. Michelangelo Cecere (Brusciano (Napoli) 1770 - Napoli 1841)

Entrato giovanetto nell’Ordine fu fedele ai suoi voti fino alla morte. Nonostante il rifiuto di giuramento alla costituzione francese, per le sue virtù e per lo zelo della casa del Signore, potè rimanere rettore della Chiesa della Speranzella, Chiesa che lasciò solo nel 1827 quando, insieme al P. Quaranta, rivesti l’abito religioso. Da quel giorno e fino alla morte (29 maggio 1841) fu alla Maddalenella Maestro dei Novizi. Con la sua Parola calda e incitatrice, e principalmente col suo esempio, seppe formare una schiera di religiosi fatta secondo il cuore di Dio. Questi ne piansero amaramente la perdita e di lui scrissero: “religioso pio e modesto... assai istruito nella disciplina monastica, a buon conto poteva chiamarsi un vero monaco”.

6. Maestro P. Stefano Baldassarre (Sora 1763 - Napoli 29 novembre 1850)

“Uomo di ingegno versatile e veramente enciclopedico”, diede alle stampe alcuni volumi di poesie sacre e profane, e morendo lasciò molti manoscritti andati miseramente perduti nella soppressione del 1860. Ad una soda cultura teologica e letteraria unì una profonda umiltà. Eletto Procuratore Generale dell’Ordine nel 1839, fu di esempio per la modestia e spirito di mortificazione. Ritornato alla “Maddalenella” in Napoli dove aveva ripreso l’abito nel 1830, si apparecchiò alla morte con la preghiera a cui dedicava tutto il tempo che gli lasciavano libero la scuola e l’apostolato del confessionale.

7. Maestro P. Giovanni Caliendo (Scisciano di Nola 1802 - morto 1850)

Fu il primo giovane che vestì l’abito religioso nel 1823 a S. Agostino alla Zecca. Religioso di vasta cultura e membro apprezzato dell’Almo Collegio Teologico di Napoli, fu semplice e modesto. Eletto nel 1844 Assistente Generale dell’Ordine, per la sua condotta fu di esempio ai religiosi e ai membri della Curia Generalizia. Maestro dei novizi a S. Agostino alla Zecca, li santificò col suo esempio. Al paese natio, dove si era portato per consiglio dei medici e dove morì a soli 48 anni, per molti anni il popolo andava a inginocchiarsi avanti alla sua tomba con la stessa fede con cui ci si prostra avanti alla tomba dei santi.

8. P. Fulgenzo Saviano (Palma Campania 1764 - S. Giovanni a Teduccio 1853)

Fu un religioso secondo il cuore di Dio. Zelante della vita religiosa e del decoro della casa di Dio, nei molti anni che governò il convento di Benevento, con la sua fede e la sua prudenza lo trasformò in uno dei conventi più osservanti del regno. Per le sue non comuni virtù fu caro al Cardinale Spinucci che se ne servi per missioni delicate e importanti.

9. Ven P. Giovanni M. Quaranta (Cava dei Tirreni 1776 - Napoli 1857)

La vita di questo religioso, decoro degli Agostiniani di Napoli, è sintetizzata in queste parole apposte dai confratelli alla sua immagine conservata nel convento di Maria Ss.ma del Buon Consiglio in Napoli: “Vir omnibus religiosis virtutibus praestans, totus a primis annis Deo et Ordini Augustniensi vixit”. Nato nel 1776 nel villaggio dei Santi Quaranta presso Cava dei Tirreni, da Onofrio ed Elia del Baglivo, a solo sette anni fu accettato quale Educando nel convento Agostiniano di S. Giovanni a Carbonara di Napoli. Qui, sotto la guida di uomini eminenti per sapere e virtù religiose, gettò le basi di quella pietà che conservò inalterata fino alla morte, nonostante il periodo turbinoso in cui visse e le prove a cui andò soggetto. A 23 anni, il 14 luglio 1799, nella rivoluzione dei lazzaroni napoletani insorti contro la repubblica Partenopea, a stento ebbe salva la vita. Soppresso il convento il 22 luglio di detto anno, il giovane Quaranta passò a Sessa Aurunca dove terminò gli studi e fu ordinato sacerdote. Nel 1801, a soli 25 anni, fu nominato superiore del convento di Celso nel Cilento, e nel 1804 Superiore del convento di S. Agostino di Gaeta. A Gaeta, nel famoso assedio francese del 1806, noncurante della propria vita, diede esempi luminosi di zelo apostolico. Difatti Mons. Tommaso Salzano, Cappellano Maggiore presso la Corte Borbonica scrive: “Infuriava l’impeto francese ai danni della bandiera borbonica nel memorando assedio di quella città. Orava nella Chiesa il P. Quaranta, allorchè una delle prime mitraglie tirate dalle navi nemiche, rotto il tetto e la volta del tempio, scoppiò terribile innanzi ai suoi piedi, e questa avrebbegli reciso di buon ora lo stame dei suoi giorni, se Maria della Consolazione, cui egli immantinente ricorse, con potentissimo miracolo non ne lo avesse salvato. Cadevano intanto le mura della tormentata piazza, aprivasi la breccia, era ormai distrutta dalle nemiche bombe Chiesa e Convento, infuriava il soldato, vincitori e vinti vedeansi orribilmente confusi, da per ogni dove dominava il dolore, l’orrore, lo spavento, la confusione, la morte; non temete, uditori, in sì terribile scompiglio non smarrì la fede, la mansuetudine del nostro giovane Quaranta. Che anzi, dopo aver pianto, novello Geremia, sulle rovine della desolata città par che moltiplichi se stesso: ed or raddoppia le preci onde impetrare da Dio aiuto e soccorso, or rafforza la divina parola per chiamare quel popolo in quei giorni orribili a penitenza, or assiste e medica i feriti, or amministra ai moribondi il sacramento di riconciliazione ed il Ss.mo Viatico, per ispianare a tutti della salvezza la via”. Costretto a dimettere l’abito religioso in seguito alla soppressione, non prestò giuramento alla costituzione del nuovo governo, e anziché ritornare alla casa paterna dove avrebbe potuto condurre una vita comoda e tranquilla, preferì ritirarsi a Celso, dove dal 1801 al 1804 era stato Superiore, per continuare il suo apostolico ministero. Anche qui fu salvo per divino miracolo. “Era appena il nostro P. Quaranta, come per ispirazione divina balzato dal letto in occasione di un violento temporale, che videsi di repente cadere un fulmine sul letto stesso, ancor caldo della sua persona. Conobbe il pericolo il nostro defunto, ne rese all’altissimo le più fervide azioni di grazie e con maggior ardore, vincitor dell’inferno e della morte, proseguì la sua gloriosa carriera” (Elogio funebre del Rev.mo P. Fr. Giovanni Michele Quaranta recitato da Mons. Tommaso Salzano, Napoli 1857). Appena possibile ritornò a Napoli e nel luglio 1819 fu dal Cardinate Ruffo nominato rettore della Chiesa di S. Carlo alle Mortelle, il convento assegnato dal governo in sostituzione di S. Giovanni a Carbonara. In questo convento dopo anni di lotte, amarezze e delusioni, il 18 settembre 1827, dalle mani del Rev.mo Padre Generale dell’Ordine, P. Giuseppe Mistretta, riprese insieme ad altri tre sacerdoti e quattro fratelli conversi, l’abito religioso. A Napoli si mise immediatamente a disposizione del Commissario Generale dell’Ordine e con lui collaborò per la restaurazione delle case religiose. Per poter raggiungere tale scopo dedicò tutte le sue forze, mise in moto le sue numerose amicizie e non si diede mai pace fino alla morte. E fu proprio per la sua tenacia se furono aperti i Conventi di S. Carlo alle Mortelle e la Maddalenella degli Spagnoli in Napoli, il convento di Santa Maria dei Miracoli di Andria e quello di S. Giovanni di Dio in Sinopoli (Reggio Calabria). Come pure si deve al suo zelo se dal governo furono assegnate le rendite per il mantenimento di queste case religiose. Il P. Quaranta visse tutto per l’Ordine. Quando poteva ne magnificava le grandezze, si preoccupò di aumentarne il numero dei religiosi e di far conoscere le sue glorie. Si rallegrava quando vedeva i religiosi dell’Ordine stimati e dal Popolo e dalle autorità religiose e civili; mentre si amareggiava e soffriva quando qualcuno non adempiva i suoi doveri o era ingiustamente accusato. Il P. Quaranta visse tutto dedicato al servizio di Dio. Lo zelo per la gloria di Dio mostrato nei primi anni della sua vita sacerdotale, lo animò fino agli ultimi giorni della sua vita terrena. La Chiesa della Maddalenella, un luogo abbandonato, divenne un centro di vita religiosa. Il suo confessionale era sempre circondato da anime devote desiderose di ascoltare una sua parola di conforto. La fama di santità che godeva era tale che gente di ogni condizione sociale accorreva a lui per riceverne un saggio consiglio. Dappertutto e a tutti inculcava la pratica del bene e l’amore verso Dio. “Osservarlo, vederlo, trattarlo e non sentirsi rapito alla virtù e all’amore di quel Dio che unicamente egli amava, questo non era in alcun modo possibile”. “Fu la morte del P. Quaranta tale quale ne fu la vita, cioè santa e preziosa avanti al cospetto di Dio. Nell’ultima sua infermità, sentendosi prossimo alla fine, cercò perdono delle sue colpe ai confratelli, che ne piansero altamente la perdita. Dopo aver ricevuto con tenerissimi affetti gli ultimi Sacramenti, con la serenità sulla fronte e col sorriso sulle labbra morì nel bacio del Signore di anni 81”. Era il 21 febbraio 1857. Dopo tre giorni dal suo corpo salassato usci vivo sangue. Per privilegio del re Ferdinando II che lo riceveva spesso a corte, fu sepolto nella Chiesa della Maddalenella e sulla sua tomba, dal nipote Bernardo Quaranta, celebre archeologo, fu posta una lapide per ricordare ai posteri il suo nome e le sue virtù.

10. P. Luigi Castiglione (Adernò in Sicilia 5 luglio 1804 - Napoli 1859)

La madre, Giuseppina Neri, rimasta ben presto vedova, pose tutte le cure nell’educare cristianamente i figliuoli. Il piccolo Pierino Luigi, tali i nomi ricevuti nel battesimo, corrispose appieno alle cure materne. Vestì l’abito religioso nel convento di Regalbuto e compì gli studi in quello di Catania. Di intelligenza sveglia e fornito di buona volontà, approfittò del tempo dello studio per arricchire la mente di quella scienza necessaria ad un Sacerdote. Principalmente però si preoccupò di acquistare le virtù necessarie per vivere religiosamente. Appena Sacerdote, chiese di essere inviato in terra di missione, ma i Superiori, a causa della sua malferma salute, lo dissuasero. Allora egli chiese che lo si mandasse a Napoli nel convento della Maddalenella degli Spagnoli che, in quel tempo, era uno dei conventi più osservanti del regno di Napoli. Accontentato, si portò in Napoli e subito, nonostante la giovane età, si lasciò ammirare da quei religiosi per la sua grande pietà e profonda umiltà. Virtù queste che vediamo svilupparsi in lui sempre più e che indussero il P. G. M. Quaranta a nominarlo Priore del Convento di S. Carlo alle Mortelle. Scoppiato il colera del 1836 e trasformato il convento in lazzaretto, il Padre Castiglione prodigò tutte le sue energie per assistere e spiritualmente e materialmente gli ammalati. L’opera dei religiosi fu encomiata dalle autorità e dal popolo, ma egli, sempre umile e modesto, a chi si congratulava con lui per quanto era stato fatto, rispondeva: “Non abbiamo fatto altro che il nostro dovere”. Mandato nel 1838 quale Superiore del nuovo convento di Andria, egli fedele al suo motto “quanto si spende per la casa di Dio, è sempre poco, anzi niente”, dedicò il suo zelo per riportare al primiero splendore il Santuario sacro alla Vergine dei Miracoli. Lo stesso zelo mostrò quando nel 1856, eletto Superiore del Convento della Maddalenella di Napoli, fece approntare un progetto grandioso per ampliare e abbellire la Chiesa. Progetto non effettuato per i capovolgimenti politici che portarono alla soppressione degli Ordini religiosi da parte del governo italiano nel 1861. Il P. Castiglione fu religioso secondo il cuor di Dio, osservante delle regole fino allo scrupolo. Amante della povertà, da superiore o da suddito la sua stanza era sempre la più povera e la più scomoda del convento. Considerando il religioso non più padrone della sua volontà, ma totalmente dipendente da quella del superiore, osservò l’ubbidienza fino all’eroismo, anche quando gli costava veramente sacrificio. Amò la purezza e la custodì con la preghiera e la penitenza. Il P. Castiglione fu arricchito da Dio del dono di conoscere il futuro. Nel 1852 predicando gli Esercizi spirituali alle suore della Visitazione di Minervino Murge (Bari), nel cui monastero quale confessore e predicatore aveva operato molto bene, nel concedarsi disse alle Suore che era l’ultima volta che predicava. L’anno dopo fu trasferito a Napoli. Predisse a Mons. Cosenza, Vescovo di Andria, che sarebbe stato Cardinale: e dopo qualche anno questi fu eletto Arcivescovo di Capua e insignito della porpora cardinalizia. Nel 1858, pochi mesi prima di morire, annunziò al P. Francesco Saverio Jafanti, religioso di S. Agostino alla Zecca, che sarebbe vissuto e morto nella Congregazione di Napoli. Alla soppressione del convento di Giovinazzo nel 1865 il P. Jafanti passò in Andria e qui mori il 1914. Quando la sera del 2 agosto 1838 si mise a letto, ammalato, disse: “questa è la mia ultima malattia”. E così fu. Non usci più dal convento e sopportando con “edificante pazienza la lunga malattia” si addormentò nel Signore il 5 gennaio 1859. Il suo corpo riposa sotto l’altare maggiore della Chiesa della Maddalenella. La sua morte fu pianta da quanti avevano avuto la fortuna di avvicinarlo. Di lui fu scritto: “la sua morte ha recato dispiacere a tutto l’Ordine perchè era un buon religioso [...] lasciando a tutti la certezza di essere volato velocemente all’abbraccio di quel Sommo Bene che sempre amò e fedelmente servì […] morì in odore di santità”.

 

LA NUOVA PROVINCIA DI NAPOLI

Il Capitolo Generale celebrato a Roma nell’aprile del 1947 decise di unire la Provincia e la Congregazione e formare una sola Provincia a cui fu dato il titolo di “Provincia Napoletana del S. P. Agostino e S. Giovanni a Carbonara” per conservare almeno il ricordo storico dei due organismi che avevano avuto secoli gloriosi di storia. Il decreto di fusione fu proclamato il 1° ottobre 1947 nel convento di Maria SS.ma del Buon Consiglio in Napoli. Commissario Generale fu nominato dalla Rev.ma Curia Generalizia il P. Riccardo Quacquarelli, che fu confermato Provinciale nel capitolo del 1948. Nel capitolo del 1951 fu eletto Provinciale il P. Luigi Meninno, mentre nel 1954 fu rieletto il P. Riccardo Quacquarelli. Fare la storia di questi anni non è cosa facile e noi vi rinunziamo per motivi comprensibili a tutti. Lo stato della Provincia oggi è il seguente:

Religiosi sacerdoti n. 40

Religiosi professi di filosofia e teologia n. 9

Novizi n. 7

Fratelli laici n. 15

Aspiranti o Educandi n. 50.

 

CONVENTI

1. S. Agostino alla Zecca in Napoli fondato nel 1274. I religiosi si dedicano al sacro ministero.

2. S. Maria del Soccorso in S. Giovanni a Teduccio, fondato il 1517. I religiosi si dedicano al sacro ministero.

3. Maddalenella degli Spagnoli in Napoli aperto il 1827. I religiosi si dedicano al sacro ministero.

4. Maria SS.ma del Buon Consiglio in Napoli fondato il 1883. I religiosi si dedicano al ministero parrocchiale.

5. S. Maria del Carmine in Pomigliano d’Arco (Napoli) aperto il 1901. I religiosi si dedicano al sacro ministero.

6. S. Cuore di Gesù di Aversa (Caserta) aperto il 1914. I religiosi si dedicano al sacro ministero.

7. S. Maria del Carmine di Aversa (Caserta) aperto il 1933. In questo convento vi è l’educandato della Provincia.

8. SS.ma Annunziata di Benevento aperto il 1934. I religiosi si dedicano alla cura degli orfani e al sacro ministero.

9. S. Nicola in Cusano Mutri (Benevento) aperto il 1946. I religiosi si dedicano al sacro ministero.

10. S. Maria dei Miracoli in Andria (Bari) aperto il 1838. Culto del Santuario e ministero parrocchiale.

11. S. Maria degli Angeli in Cassano Murge (Bari) aperto il 1935. I religiosi si dedicano al culto del Santuario.

12. S. Maria della Lama in Noicattaro (Bari) aperto il 1941. I religiosi dirigono una fiorente scuola Media parificata.

 

SERIE CRONOLOGICA DEI PROVINCIALI DELLA PROVINCIA DI NAPOLI

1.   P. GIUSEPPE PEZZELLA nato a Benevento e morto a Teano. Provinciale dal 1819 al 1823 (1)

2.   P. GIUSEPPE CERBONE nato ad Afragola e morto a Napoli. Provinciale dal 1823 al 1827

3.   P. LUIGI DONNANNO nato a Giovinazzo e morto a Gioviazzo. Provinciale dal 1827 al 1829

4.   P. GIUSEPPE CERBONE nato ad Afragola e morto a Napoli. Provinciale dal 1829 al 1832

5.   P. NICOLA STRADIOTA nato a Rutigliano e morto a Gioviazzo. Provinciale dal 1832 al 1835

6.   P. MICHELE QUARANTA nato a Cava dei Tirreni e morto a Napoli. Provinciale dal 1835 al 1838

7.   P. G. CRISOSTOMO MARTEMUCCI nato a Matera e morto a Matera. Provinciale dal 1838 al 1841

8.   P. GIUSEPPE FEZIO nato a Napoli e morto a Napoli. Provinciale dal 1841 al 1844

9.   P. AGOSTINO SAVIANO nato a Palma Campania e morto a Chieti. Provinciale dal 1844 al 1847

10. P. GENNARO MARASCO nato a Napoli e morto a Napoli. Provinciale dal 1847 al 1850

11. P. GIUSEPPE CAIAZZO nato a Napoli e morto a Otranto. Provinciale dal 1850 al 1850 (2)

12. P. GENNARO MARASCO nato a Napoli e morto a Napoli. Provinciale dal 1850 al 1853

13. P. FELICE GIGLI nato a Cantalice e morto a Cascia. Provinciale dal 1853 al 1856 (3)

14. P. CARMELO PAROLISI nato in Calabria e morto in Calabria. Provinciale dal 1856 al 1859

15.       P. LORENZO FERRARA nato a Palma Campania e morto a Palma C. Provinciale dal 1859 al 1864

16. P. CARMELO PAROLISI nato in Calabria e morto in Calabria. Provinciale dal 1864 al 1868

17. P. GIUSEPPE GIGANTE nato a S. Valentino (Chieti) e ivi morto. Provinciale dal 1868 al 1870 (4)

18. P. NICOLA GIOVINE nato a Molfetta e morto a Molfetta. Provinciale dal 1870 al 1875

19. P. NICOLA DE FALCO nato a Pomigliano e morto a Pomigliano. Provinciale dal 1875 al 1883

20. P. MICHELANGELO VITALE nato a Faibano di Nola e morto a Napoli. Provinciale dal 1883 al 1889

21. P. AGOSTINO CERBONE nato a Palma Campania e morto a Napoli. Provinciale dal 1889 al 1907

22. P. ALFONSO SEMENZA nato a Prata (AV) e morto a Roma. Provinciale dal 1907 al 1913

23. P. GELASIO LEPORE nato a Prata (AV) e morto a Prata (AV). Provinciale dal 1913 al 1919

24. P. SALVATORE PROCACCINO nato a Barra (NA) e morto a Barra. Provinciale dal 1919 al 1923

25. P. ANGELO CARUSO nato ad Altavilla Irpina e morto ad Altavilla. Provinciale dal 1923 al 1925

26. P. GIUSEPPE ABRUZZESE nato a Grottaminarda (AV) ……………….. Provinciale dal 1925 al 1931

27. P. SALVATORE PROCACCINO nato a Barra (NA) e morto a Barra. Provinciale dal 1931 al 1934

28. P. CHERUBINO CAIAZZO nato a Casandrino (CE) ……………………. Provinciale dal 1934 al 1937

29. P. DOMENICO PRISCO nato a S. Gennaro di Palma Campania ……….. Provinciale dal 1937 al 1940

30. P. GIUSEPPE ABRUZZESE nato a Grottaminarda (AV) ……………….. Provinciale dal 1940 al 1944

31. P. ANTONIO ANTONELLI nato a Castelguidone (CH) ……………. Provinciale dal 1944 al 1947

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(1) da Vescovo

(2) Dopo pochi mesi dall’elezione a Provinciale fu eletto Proc. Gen. e morì Arcivescovo di Otranto.

(3) Fu Procuratore Generale.

(4) Fu Assistente e Procuratore Generale.

 

SERIE CRONOLOGICA DEI VICARI GEN. DELLA CONGREGAZIONE DI S. GIOVANNI A CARBONARA

1.   P. MICHELE QUARANTA (Cava dei Terreni 1776 - Napoli 1857) Vicario 1838-1853

2.   P. FRANCESCO CAPPA (Napoli 1813 - Napoli 1879) Vicario 1853-1856

3.   P. GABRIELE CASOMAGNO (Aversa 1806 - Napoli 1881) Vicario 1856-1859

4.   P. MICHELE TABACCO (Molfetta 1824 - Napoli 1895) Vicario 1859-1880

5.   P. LUIGI CANDRIAN (Napoli 1834 - Roma 1910) Vicario 1880-1889

6.   P. AGOSTINO SALINAS (Napoli 1838 - Napoli 1912) Vicario 1889-1904

7.   P. FRANC. SAVERIO INFANTI (Gildone (CB) 1833 - Andria 1914) Vicario 1904-1907

8.   P. GIUSEPPE POLIGNANO (Putignano (BA) 1872 - Andria 1938) Vicario 1907-1913 (5)

9.   P. MARIANO FERRIELLO (S. Felice a Cancello (CE) - Andria 1946) Vicario 1913-1922

10. P. GIUSEPPE POLIGNANO (Putignano (BA) 1872 - Andria 1938 Vicario 1922-1931

11. P. CARMELO CRISPO (Pomigliano d’Arco 1885 - ……………. Vicario 1931-1945

12. P. RICCARDO QUACQUARELLI (Andria 1908 - ……………. Vicario 1945-1947

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(5) Dal 1913 al 1920 fu Assistente Generale.

 

ELENCO DEI CONVENTI ESISTENTI NEL REGNO 1938

1.   Napoli - S. Agostino alla Zecca

2.   Napoli -  Maddalenella degli Spagnoli

3.   Napoli - S. Carlo alle Mortelle

4.   S. Giovanni a Teduccio (NA) - S. Maria del Soccorso

5.   Lacco Ameno (Ischia) - S. Restituta

6.   Benevento - S. Agostino

7.   Buccino (SA) - S. Antonio Abate

8.   Andria (BA) - S. Maria dei Miracoli

9.   Bisceglie (BA) - S. Maria delle Grazie

10. Giovinazzo (BA) - S. Agostino

11. Gravina (BA) - S. Vito

12. Sogliano (LE) - S. Maria del Riposo

13. Matera - S. Maria delle Grazie

14. Montescaglioso (MT) - S. Francesco

15. Monteleone (CZ) - S. Chiara

16. Sinopoli (RC) - S. Giovanni di Dio

17. Terranova (CS) - S. Michele

18. L’Aquila - S. Bernardo

19. Chieti - S. Agostino

20. Leonessa (RI) - S. Pietro

21. S. Valentino (PE) - S. Maria delle Grazie

 

NB. Nel 1843 fu aperto il convento di Scorrano (Teramo).

I suddetti conventi esistettero fino alla soppressione del governo italiano del 1861.

Esistono ancora i conventi di S. Agostino alla Zecca, Maddalenella delli Spagnoli, S. Maria del Soccorso e Andria.