da “BULLETTINO DELLA
DEPUTAZIONE ABRUZZESE DI STORIA PATRIA”, serie V, a. XXXII-XXXIV, voll. 3-5
(1941-1943). pp. 115-201.
ROMOLO TRINCHIERI
L’ ORDINE Dl SANT’AGOSTINO NELL’ABRUZZO
AQUILANO
PRINCIPALI PUBBLICAZIONI SULL’ORDINE DEGLI
EREMITANI DI S. AGOSTINO
PUBBLICAZIONI DI STORIA E DI ARTE ABRUZZESE ED AQUILANA […]
RAGIONI E LIMITI DI QUESTO
STUDIO
[…] La
riapertura del Convento del Beato Andrea in Montereale verificatasi il 6
febbraio
(1) R.
TRINCHIERI, L’Ordine di S. Agostino
nell’Abruzzo e il B. Andrea da Montereale, Montereale (AQ) 6 febbraio 1941,
p. 9, con note. Cf. anche: Il ritorno
degli Agostiniani a Montereale, in Bollettino mensile “S. Nicola da
Tolentino”, febbraio 1941. E così il quotidiano “Il Messaggero di Roma” (Ed.
Abruzzi) del 9 febbraio 1941, (articolo riportato in “Bollettino Storico
Agostiniano”, Firenze 1941, p.
24-26).
(2)
Bollettino “S. Nicola da Tolentino”, cit., 1943, 4, 31: Il IV Centenario della Beata Cristina Agostiniana. Cfr. inoltre il
quotidiano “L’Osservatore Romano”, 11
febbraio 1943, n. 34, p. 4: Onoranze
dell’Aquila alla Beata Cristina da Lucoli; Ibid., 21 febbraio 1943, p. 6: Quarantamila fedeli alle celebrazioni
centenarie della B. Cristina dell’Aquila.
(3)
Per orientarsi nelle ricerche degli Archivi e Biblioteche dell’Ordine
Agostiniano in Abruzzo, consigliamo di consultare anzitutto la pubblicazione
già da noi menzionata, edita sotto gli auspici del R. Istituto Storico Italiano
per il Medio Evo, e cioè la Guida storica
e bibliografica degli archivi e delle
biblioteche d’Italia, volume VI,
Provincia di Aquila, a cura di L.
CASSESE, distinta in due parti; quella sulla città dell’Aquila e quella sui
Comuni della Provincia dell’Aquila, ambedue edite a Roma (Libreria dello Stato)
1940, con prefazione dell’Autore (V-XII), bibliografia generale e bibliografia
particolare (Aquila). […] Consigliamo poi di consultare nella “Tommasiana”, e
con precedenza sulle altre, le varie opere MS. di A. L. ANTINORI (seconda metà del ‘700), relative ad Annali degli Abruzzi dall’epoce preromana al
1777.
UNA STORIA DA SCRIVERE
SULL’ORDINE DEGLI EREMITANI NELL’ABRUZZO
Sarebbe
anche interessante tessere una completa storia dell’Ordine nell’intero Abruzzo. Impresa peraltro ardua, non già per la difficoltà
di rintracciare la bibliografia essenziale, ma sopratutto perchè gli archivi
delle varie Comunità Agostiniane Abruzzesi andarono dispersi a causa delle
soppressioni degli Ordini religiosi del 1809 e del 1861 (9). […] E da questo studio
integratitro potrebbero emergere notizie di alto interesse culturale, quale
quello che a Chieti i confratelli cinturati solennizzavano la festa di S. Maria
della Cintura (o della Consolazione), cantando componimenti drammatici o azioni
sacre, dette anche oratorii (10).
__________________________________
(9)
E’ noto che due furono le soppressioni delle Comunità dipendenti da Ordini
Religiosi nell’intero Regno di Napoli (e quindi anche dell’Abruzzo che ne
faceva parte): l’una nell’epoca Napoleonica ad opera di Gioacchino Murat,
cognato del Bonaparte, per decreto 7 agosto 1809, n. 448; l’altra si verificò,
appena costituito il regno d’Italia, per disposizione del decreto 27 febbraio
1861, n. 251. Questo decreto fu seguito dagli altri tre:
del 21 agosto 1862, n.
772, del 7 luglio 1866, n. 3998 e del 15 agosto 1867 n. 3848. Lo Stato Italiano
devolveva i beni ecclesiastici al demanio dello Stato. Quanto all’Aquila, il
demanio vendé i beni in parola ai pubblici incanti il 1 giugno 1873.
(10) Dalle pubblicazioni rimaste si ricavano i titoli di
detti componimenti sacri, negli anni 1781, 1787, 1788, 1789, 1792, 1793, 1794,
1797, nonchè le date rispettive delle celebrazioni. Cfr. L. RIVERA, Appunti per lo studio sulle antiche
stamperie Abruzzesi, nel
“Bollettino della Società di Storie Patria; A. L. ANTINORI, Negli Abruzzi, serie 2°, a. XX (1908), p. 224-253, ai
nn. 69, 73, 75, 82, 84, 86, 92, 101.
Con
l’avere noi rammentate le lontane origini e la gloriosa vita dell’Ordine
Eremitano di S. Agostino, si è reso più agevole il compito di tessere la Storia
dell’Ordine nell’Abruzzo Aquilano e in specie nella città dell’Aquila.
A) VENUTA DEGLI AGOSTINIANI
La
città dell’Aquila, lo ricordiamo, era stata fondata nel 1254, attuandosi, come
ricorda la tradizione, un disegno di Federico II per ordine del figlio di lui,
Corrado IV di Svevia (11). Ad essa sempre più affluivano gli abitanti
dei castelli allora esistenti nella zona circonvicina. Fu così che dal convento
Agostiniano, sito sul colle omonimo di S. Onofrio, presso l’attuale villaggio
di S. Giacomo, in territorio di Collebrincioni, non distante e a nord della
città, i Padri Eremitani umili nei
primi mesi del 1282 vennero ad abitare entro le mura dell’Aquila (12).
B) FONDAZIONE DEL CONVENTO E SUO
SVILUPPO
Al
tempo di Re Carlo I d’Angiò, il Vescovo Niccolò Sinizzo (1267-1294), già Abate
cisterciense di S. Anastasio in Roma, autorizzava gli Eremitani di S. Agostino
ad edificare nell’Aquila una Chiesa ed un Convento sotto il titolo del loro
Santo. Il convento sorse in terreno donato dal Re e, vuole la tradizione, che
prima vi dimorassero i Benedettini. La prima pietra veniva benedetta dal
medesimo Vescovo aquilano Sinizzo il 21 marzo 1282. (13). Nel 1287 il Convento fu sotto
la giurisdizione della Provincia agostiniana di Valle Spoleto con sede a Spoleto. Successivamente detta Provincia
fu denominata Umbra o Spoletina (14). Nel 1295 al Convento di S.
Agostino fu aggregata la Chiesa di S. Tussio e l’annesso convento esistente nella frazione di Bagno. La Chiesa andò
distrutta nel terremoto del 1703. Il culto di S. Tussio passò nella Chiesa di
San Marco nell’Aquila con un altare, oggi a destra di quello maggiore (15).
Dopo essere stato prescelto nel 1400 come sede di un Capitolo generale
dell’Ordine, l’importanza del Convento aumentò quando ad esso fu riunito nel
1454 il Priorato di S. Onofrio, Monastero dell’Ordine Romitano che era sito,
come si è detto, in contrada di Collebrincioni (16). Nei terribili terremoti del
1461 e del 1462 tanto il Convento quanto la chiesa subirono sensibili danni, ma
dopo i solleciti restauri essi tornarono all’antico lustro. Detto Convento si
chiamò anche Collegio dell’Umiltà e
ad esso fu pure attribuito il titolo di Collegio
reale in memoria del Re Carlo I d’Angiò. Nel 1472 il Convento passò a far
parte della Congregazione Perugina con
sede a Perugia (e ciò durò fino al 18 gennaio 1770, quando si creò
C)
La primitiva chiesa di
S. Agostino, come le tante altre che furono erette dagli Agostiniani
nell’Abruzzo e come quelle del finitimo Reatino, era intonata allo stile
romanico con influenze gotiche. La facciata, le pareti laterali, l’abside di
dette Chiese per lo più erano a piccole pietre rettangolari sovrapposte
(cortina) prese da cave locali. Correva in alto un fregio ad archetti più o
meno in rilievo. Un portale o più portali secondo la grandezza e l’importanza
della chiesa, i cui stipiti erano adorni di colonnine semplici ovvero di
colonnine e di nicchiette con statuette di Santi. Lunette sopra l’architrave
con entro in affresco Madonne e Santi. In alto uno o più rose, formate da
colonnine ad archetti poggiate su d’un anello centrale. Porte e soffitti
lignei. L’antica Chiesa di S. Agostino dell’Aquila sorse nel 1282 (27) e
rimase in piedi fino al 1703, anno in cui fu distrutta dal terremoto. Aveva un
lungltezza di 165 canne “di sito”. In detta Chiesa era stata benedetta il 29
settembre 1462 una Cappella Alemannorum
Aquilae degentium, fatta
costruire da quei mercanti tedeschi che fin dal 1445 si eratto stabiliti in
Aquila per il commnercio dello zafferano (28). Sempre nell’antica chiesa si ricordano, tra
i sepolcri già allora esistenti, quelli della patrizia famiglia Rivera nella
cappella della Natività del Redentore; il sepolcro di Giuliano Pacelli, quello
di Giovanni Vrombaut fiammingo, nato in Guantes (Gand), organista di Madama
Margherita d’Austria, Governatrice dell’Aquila (sec. XVI) (29), l’epigrafe del medico Giulio
Cesura, aquilano, peraltro morto in Roma e quivi sepolto in nella Basilica di
S. Crisogono in Trastevere, infine l’epitafio di Ottavio Nardis, patrizio
Aquilano (sec. XVII), quest’ultimo nella Cappella gentilizia dei Nardis (30).
Distrutta l’antica Chiesa di stile romanico-gotico, risorse la nuova con stile
barocco e ne acquistò in grandiosità e magnificenza. Il disegno della
ricostruzione, sia della Chiesa che del Convento, è opera dell’architetto Fuga (31).
Costui elevò una maestosa ed artistica facciata, divisa in due parti. La
inferiore termina con un attico; la superiore è situata molto più indietro e vi
campeggia, in alto, in un grande ovale, il busto del Vescovo d’Ippona. Sotto,
in una cartello, si legge l’epigrafe: “SAPIENTIAM EIUS ENARRABUNT GENTES / ET LAUDEM EIUS ENUNTIABIT ECCLESIA”.
La cupola che sovrasta la Chiesa è elittica, come tutto l’interno che è a
quattro bracci: detto interno è imbiancato. Intorno al Coro, ed in altrettante
nicchie, sono collocate le statue dei quattro Dottori della Chiesa, tra cui
quella di S. Agostino, opera di Agostino Cornacchini da Pescia (32).
Vincenzo Damini da Venezia, pittore del XVIII secolo, raffigurò S. Nicola da Tolentino
nella terza Cappella a destra (quella attualmente della famiglia dei marchesi
Spaventa); mentre nella terza Cappella a sinistra dipinse la Madonna coi Santi
Agostino e Monica, e nella Sacrestia, sulla volta, S. Agostino che scrive
contro gli eresiarchi. Notevole il quadro centrale, rappresentante S. Agostino,
di Giov. Battista Bedeschini dall’Aquila (sec. XVI-XVII). Il quadro del Beato
Antonio che assiste un morente trovasi nella cappella marmorea dedicata al
Beato ed è di Pier Leone Ghezzi; quello degli Apostoli S. Pietro e S Paolo è dell’aquilano Giov. Paolo
Cardone (33).
Per le vicissitudini della Chiesa ricorderemo che, rimasta chiusa per la
soppressione di Murat, fu col decreto 15 luglio 1826 dell’autorità del tempo
affidata alla Congregazione del Sangue Preziosissimo di N. S. Gesù Cristo.
Prima vi erano altre due opere pie: l’una dal titolo di S. Barbara dei
Teutonici, fondata nel 1480 (già abbiam visto sopra che i tedeschi s’erano
qualche tempo prima stabiliti in città per ragione di commerci), l’altra
chiamata delle Ammantellate di
Sant’Agostino, fondata dal B. Antonio e che ebbe vita fino alla soppressione
dell’Ordine del 1809 (34). Dal 1915 al 1921 la chiesa a motivo della
guerra venne adibita per uso di magazzino del Consorzio Agrario. Nel 1927
l’Arcivescovo Turchi vi trasferì la sede della Cattedrale che si stava
restaurando. Nell’agosto 1942 per desiderio dell’Arcivescovo Manuelli fu
riaperta al culto dai Padri dell’Ordine dei Minori del Convento di S. Giuliano
presso l’Aquila.
D) RELIGIOSI AGOSTINIANI CHE VISSERO NEL
CONVENTO DI S. AGOSTINO DELL’AQUILA
Tra i religiosi
Agostiniani che vissero nel convento di S. Agostino dell’Aquila,
ricordiamo:
a) Fr. Filippo Delci
di Lucca, Vescovo dell’Aquila (1312-1327);
b) Fr. Valentino dell’Aquila, Penitenziere
Pontificio nel 1392 (35);
c) P. Maestro Fr. Nicola Saracini
da Cascia, Priore Generale dell’Ordine (1400-1412);
d) Fr. Giacomo Oliva, Priore Generale dell’Ordine nel 1470;
e) Fr. Antonio della
Torre (Beato Turriani);
f) Fr. Giuseppe
Eusanio, Sacrista dei Sacri Palazzi Apostolici, morto nel 1692.
Dei suddetti sette
personaggi (eccetto del secondo di cui nulla di più abbiamo potuto conoscere),
avremo occasione di trattare in appresso;
g) Fr. Carlo
Ciminelli. Vicario Generale degli Agostiniani a Perugia. Scrisse una vita del
Beato Antonio Turriani testè menzionato e fu autore di un tratto di canto
Gregoriano (36);
h) Fr. Antonio Agostino Giorgi
(Rimini 1711-1797), poliglotta, che fu reggente dello Studio Generale
dell’Aquila (37);
i) Fr. Spirito dell’Aquila
(1572-1630), latinista e teologo (38). Ha pubblicato orazioni e prediche, e nella
Biblioteca del Convento si conservavano di lui un repertorio di insegnamenti
vari (Eruditiones variae, ms. in 16°) ed un altro di insegnamenti
teologici, tutti a commento dei libri di Pietro di Novara (Eruditiones Theologicae, ms. in 4°).
l) Fr. Gio. Paolo
Caprini dall’Aquila, fratello del p. Giov. Antonio gesuita, appartenente
dapprima anch’egli alla Compagnia di Gesù, si rese poi Agostiniano. Pubblicò in
Aquila nel 1680 due opere di soggetto religioso, in latino, l’una intitolata “Praeceptum de audienda Missa diebus festis”, l’altra “Requesenius ad examen sive contritio et attritio” celandosi in
questa col nome di Anania Celineo. Morì nell’Aquila il 21 luglio 1681 (39); m)
Fr. Pietro Scacchi che lasciò ms. una storia sacra dell’Aquila ed una vita
del B. Antonio Turriani (40).
E) BEATO ANTONIO DELLA TORRE (Milano
1424 - Aquila 1494)
Fu
noto poi col nome di Turriano o Turriani. Venne per la prima volta ad
Aquila nel 1474, invitatovi dal Priore generale dell’Ordine Eremitano di S.
Agostino fra Giacomo Oliva, per comporvi alcuni dissidi sorti in Convento. Fu
un religioso di vita piena di zelo apostolico e di carità e si rese celebre in
Italia e altrove per santità di vita e per i prodigi che operava. Fr. Antonio,
che era esperto in chirurgia e medicina, come tale si prodigò nella peste che
infierì anche nell’Aquila e che egli aveva predetta (41). La sua effigie trovasi nella
sede civica dell’Aquila (42). Morì nell’Aquila e fu seppellito nella
menzionata Chiesa di S. Agostino il 24 luglio 1494. Per il terremoto del 1703
insieme alla quasi distruzione della Chiesa, restò anche gravemente danneggiata
l’urna del Beato, ma le di Lui sacre spoglie non subirono menomazioni e, fattasene
canonica ricognizione, furono rinchiuse con sigillo in altra urna da Mons.
Tani, Vicario Apostolico, succeduto al dotto e Santo Vescovo dell’Aquila Fr.
Ignazio Della Zerda, Agostiniano di Lima (Perù). Nell’occasione in cui gli
Agostiniani dovettero lasciare il Convento di S. Agostino in città e passare
nel Convento di Collemaggio, già dei Celestini, fuori di città, il 4 novembre
1808 trasportarono colà nella Chiesa contigua l’urna di marmo, in cui si
conservavano chiuse e sigillate le ossa del Beato. Ma poichè l’urna per la sua
grandezza non potè essere collocata nella nicchia sotto l’altare maggiore, si
dovettero rompere i sigilli e collocare i sacri resti in altra piccola
custodia, foderata all’infuori di panno rosso, e nella quale fin dal 6 settembre
1759 erano conservate le vesti, tele, cuscini ed altro di detto Beato. Detti
oggetti furono a loro volta trasferiti in altro bauletto di pelle che venne pur
esso sigillato, alla presenza sempre del Vicario Generale, che poi fu Fr.
Emidio Marchetti (43). Così la chiesa, come il convento, furono in seguito
conosciuti con la denominazione del Beato Antonio dell’Aquila. Successivamente
la venerata salma fu trasferita (44) nella Chiesa di S. Bernardo, già Madonna del
Rifugio, quando gli Agostiniani furono dal Vescovo Manieri, come si è detto
sopra, richiamati all’Aquila. Partiti nuovamente nel
F) MONASTERO DI S. ANDREA
Fu fondato insieme
alla chiesa, in Aquila, nel locale di Bagno, nel 1368 (46), ad opera del cittadino
aquilano Simone Cola di Cucullo, per uso delle monache Agostiniane e fu messo
sotto la protezione del vicino convento di S. Agostino. Il 18 settembre 1400,
essendo Priore generale dell’Ordine il Maestro Fr. Giacomo Oliva dell’Aquila,
furono concesse grazie a detto Monastero (47). Nel 1439 il Torelli scrive (48) che
dette Monache, avendo alquanto tralignato nel corso del tempo, accettarono una
regola più osservante. Indi nel 1478 il monastero di S. Andrea passò ai Minori
Conventuali e, soppresso per la nota bolla di Innocenzo X, fu attribuito nel
1653 alle monache del Conservatorio delle Convertite della Nunziata (49).
L’archivio di tale monastero è andato disperso
G) EX MONASTERO Dl S. LUCIA
Fu
fondato il 7 dicembre 1350 ai tempi del Vescovo aquilano Paolo di Bazzano
(1349-1377) da alcune donne di Arischia senza regola approvata. Passò poi a far
parte dell’Ordine eremitano di S. Agostino per qualche tempo (50). Il
monastero di S Lucia divenne presto uno dei più grandi centri di vita
Agostiniana, Contava ben ottanta religiose quando per 18 anni (1476-1494) ne fu
direttore spirituale il Beato Turriani. Della direzione di esso proseguirono ad
occuparsi i padri Agostiniani fino a che la passarono al Vescovo dell’Aquila (51). Ma
nel 1512 una bolla di Giulio II (Della Rovere, 1503-13) lo ripose sotto l’OESA,
come si apprende da un ms. in pergamena conservata nell’archivio del monastero
di S. Amico (52). Ricordiamo che fu il B. Antonio
Turriani ad introdurre la stretta osservanza e ad ascrivere il monastero alla
Congregazione Agostiniana di Perugia. Delle monache di casato illustre che
vissero in questo Monastero, oltre
1) Suor Monica
Antonelli, vedova di Giov. Agostino Rosa, aquilana che alla morte del marito si
rese monaca Agostiniana insieme a tre figlie. Scrisse molte rime devote e morì
a 77 anni nel 1616 (53).
2) Suor Evangelista Rosa, aquilana (54), figlia della precedente.
3) Le suore Gismonda, Margherita e Maddalena, figlie di
Giovan Carlo Rivera, patrizio aquilano.
4) Suor Aurelia della stessa famiglia Rivera, monaca ed
abbadessa nel 1634 del monastero di S. Lucia, la quale fornì all’Herrera le
notizie sulla storia del Convento e sul prodigio che soleva verificarsi prima
della morte di ogni monaca, cioè di tre colpi come di un martello che batte
sull’incudine. Ciò la detta suor Aurelia consacrò in uno scritto consegnato
all’Herrera stesso. Tale prodigio continua a verificarsi anche oggi nelle
medesime circostanze ed è dalle attuali Monache di S. Amico attribuito alla “bastoncella” del Beato Turriani.
5) Suor Maria Teresa Ciampella che nel 1669 fece
restaurare la chiesa annessa al monastero di S. Amico (55).
Il Monastero di S. Lucia fu chiuso il 12 ottobre 1808
e si fuse con l’altro tuttora fiorente di S. Amico, ove vivevano suore
“esemplari per santità di vita ed osservanza di regola” (56). Le
consorelle di S. Lucia nell’occasione, insieme all’urna della Beata Cristina,
trasferirono al monastero di S. Amico reliquie e ricordi personali del Beato
Turriani. E così il monastero di S. Lucia, nelle cui mura era fiorita per più
secoli la più stretta osservanza claustrale, divenne poi abitazione di persone
del popolo rimaste senza tetto per il terremoto del 13 gennaio 1915.
L’artistica Chiesa poi, rimasta abbandonata, fu ridotta in seguito a magazzino.
In detta Chiesa si veneravano i resti mortali di S. Vittoria martire, portativi
dalle Catacombe di S. Ciriaca. Recentemente (1934) la Chiesa è stata riaperta
al culto dai Salesiani e ad essa è annesso un fiorente e popolare Istituto
Salesiano per i giovani (57).
___________________________________
(11) Cfr. S.
MASSONIO, Dialogo dell’origine della
città dell’Aquila, Aquila 1594; A.
CHIAPPINI, Intorno alla fondazione della città dell’Aquila, in Bullettino della R. Deputazione Abruzzese di Storia
Patria, serie 3, XXVII, 1936, p.
21-31.
(12) Si scrive che detto convento fosse quello di S.
Onofrio; altri menziona invece un convento di S. Silvestro, che era il patrono
di Collebrincioni. Nei tremendi terremoti degli anni 1461 e 1462 tanto il
convento, quante la Chiesa subirono sensibili danni, ma dopo i solleciti
restauri tornarono all’antico lustro.
(13) T. HERRERA, Alphabetum
Augustinianum, vol. I, p. 72. Per l’atto di fondazione del
(14) Archivio
Generale dell’Ordine in Roma: Dd, n.
1, p. 71. Circa 50 conventi Agostiniani facevano capo alla Provincia di Valle
Spoleto: appartenevano non ad una sola, ma a più regioni contigue. Tra questi
figuravano per la nostra zona i Conventi di Accumoli, Amatrice, Antrodoco,
Cantalice, Cascia, Cittaducale, Leonessa, Norcia, Posta, Sigillo, Turano e
Visso. L’esistenza di detti Conventi segna in certo modo il cammino dell’Ordine
nell’Abruzzo Aquilano.
(15) Cfr. L.
MURATORI, Antiquitates Italicae Medii
Aevi, cit. XVII, 39, 54sg, 56sg, 67sg; L.
CASSESE, Guida storica, cit., VI, p. 66.
(16) L. MURATORI, Antiquitates
Italicae Medii Aevi, cit. VI, 39, 54sg, 56sg, 67sg. Relativamente a detto
Priorato cfr. pure G. RIVERA, Catalogo delle scritture appartenenti alla
Confraternita di S. Mariadella Pietà nell’Aquila, in Bollettino cit., a.
XIII, 1901, II, p. 53-54, nota 125.
(17) Cfr. Archivio
Generale dell’Ordine in Roma Ii 7, p. 361: Relazione al papa Innocenzo X; L. CASSESE, Guida storica, cit., VI,
p. 66. Notizie degli Agostiniani nell’Aquila si trovano anche nel Regesto ms. di Collemaggio, compilato
nel secolo XVII da L. Zanotto, monaco celestino. Tale Regesto è ora posseduto
dal Dr. Pittoni di Sulmona: questi è erede del menzionato Giovanni Pansa,
chiaro scrittore e bibliografo.
(18) A. LEOSINI, Monumenti
storici artistici dello città di Aquila e suoi contorni, Aquila
1848, p. 88, nota 1.
(19) Cfr. L. RIVERA,
Le Scuole Universitarie cit., in l. c., p. 64-65; L. CASSESE, Guida storica, cit., I, p. 62 e 65-87, voce “Comune
dell’Aquila”. Nello stesso anno 1809 avvenne anche il trasferimento a
Collemaggio della salma del Beato Turriani, di cui appresso.
(20) G. RIVERA, La città
dell’Aquila negli ultimi anni della Monarchia Napoletana, vol. II, Aquila
1918, pp. 57-61, 66-69.
(21) Archivio Prov.
di Stato, Atti Amministrativi,
cit., serie I, cat. X, b. 1182. Ma degli Inventari si conserva solo quello
della Biblioteca.
(22) In alcune residue carte esistenti nel detto Archivio
Provinciale di Stato (serie I, cat. X, b. 1185), sotto la voce: Archivio del Monastero degli Agostiniani, esiste una pergamena che riguarda la
fondazione della Chiesa di S. Agostino dell’Aquila; in essa la fondazione è
fatta rimontare al 1282. Pertanto, allo stato delle ricerche, deve ritenersi
che la costruzione del convento sia stata coeva. E’ noto che all’atto della
soppressione, come nel verificarsi di terremoti che la precedettero, le carte
di questo Archivio conventuale andarono in gran parte disperse e solo di tanto
in tanto vennero alla luce documenti e codici. Per l’atto di fondazione del 20
marzo 1282, cfr. G. PANSA, Un manoscritto appartenente alla Compagnia
dei Disciplinati di S. Leonardo di Aquila, in Rassegna Abruzzese di
Storia e d’Arte, Sulmona (Casalbordino)
1899 (III), n. 7, pp. 71-82; O. SABATINI, Documenti Aquilani dei secoli XIII, XIV e XV, in Bullettino della R. Deputazione Abruzzese di
Storia Patria, serie III, a.
IX-X, 1918-1919, pp. 187-190, 206-207; per il doc. dell’8 dicembre 1332, cfr.
lo stesso O. SABATINI, cit. pp.
190-192; 207-210; per il III doc. del 25 marzo 1368, riguardante la fondazione
del monastero di S. Andrea (nell’atto si inserisce il testamento di Giovanni di
Matteo di Pietro di Egidio di S. Maria di Forfona dell’Aquila, del 19 giugno
1357). Cf. ID., ibid., pp. 192-195, 210-213, 213-220. Per il martirologio detto
di Usuardo, più volte menzionato dall’Antinori, cfr., tra l’altro, Monumenti cit., vol. 49, p. 398 e per
l’Obituario degli Agostìniani nell’Aquila, cfr. E. CARUSI, Notizie di un Martirologio e di un Obituario degli Agostinioni di Aquila, in Bullettino cit, serie
III, a. III, 1912, I-II, p. 83-109. Il Martirologio è contenuto in un codice
membranaceo del sec. XIV, di cui era proprietaria
(23) Trovasi nell’Archivio dell’Ufficio del Registro dell’Aquila,
tra gli atti ivi rimasti degli Ordini Religiosi soppressi.
(24) Cfr. L.
MURATORI, Antiquitates Italicae Medii
Aevi, cit. XVII, col. 26-27, 38-39, 48, 54 e 74; L. ANTINORI, Monumenti cit.,
vo.. 47, p. 12sg.
(25) Liber
propos., p. 96sg. citato dall’Antinori,
Monumenti, vol. 47, p. 49; L. CASSESE, Guida storica, cit., I, p. 67; Aquila Sacra
cit., p. 17.
(26) A. PANELLA, Relazione sul
riordinamento dell’Archivio Provinciale (agosto-novembre 1928), Aquila
1931; L. CASSESE, Guida storica cit., I, 29sg. L’Archivio
Provinciale di Stato dell’Aquila oggi occupa 19 stanze, in gran parte nei
setterranei dell’ex Convento, con una scaffalatura di
(27) A. LEOSINI, op. cit., p. 152
sg.; A. SIGNORINI, La Diocesi di Aquila descritta ed illustrata, Aquila 1868, I, p. 284-289, ove si
tratta degli Agostiniani, con l’origine delle chiese e dei conventi di S.
Agostino e di S. Bernardo.
(28) B. CIRILLO, Annali della
città dell’Aquila, Roma 1570, c.
70; L. MURATORI, Antiquitates cit.,
Torno VI, col. 74.
(29)
Per tale personaggio, cfr. T. VALENTI,
Notizie di personnagi Fiaminghi alla
Corte di Margherita d’Austria, duchessa di Parma e Piacenza durante la sua dimora in Abruzzo (Extrait da Bulletin de l’institute Historique Belge de
Rome, fasc. XIV, 1934],
Bruxelles-Roma, 1934), p. 149: ivi è menzionato tal Vrombanot Giovanni di Gand.
E’ omessa la sua qualifica di organista. Vi figura morto nel 1572, mentre il
suo testamento, che si conserva nell’Archivio notarile di Aquila, è del 1578.
(30)
Per gli epitafi dell’antica Chiesa, poi trasformata nell’attuale, dopo il
terremoto del 1703, cfr. l’articolo susseguente a questa nostra monografia.
Notiamo che le Cappelle, pur esse trasformate, non corrispondono a quelle
primitive, perchè assegnate canonicamente a famiglie moderne che vi hanno
apposti i loro stemmi in segno di giuspatronato.
(31)
L’Architetto Ferdinando Fuga (Firenze 1699-1780) fu tra i più valorosi
architetti del ‘700. A Roma costruiva la facciata a due ordini di S. Maria
Maggiore tutta classica, massiccia ed imponente; ma baroccheggiava con eleganza
nel Palazzo della Consulta. Nell’Aquila, oltre della Chiesa di S. Agostino,
curò il disegno di quelle di S. Caterina martire, della Concezione, nonché del Palazzo
Franchi (oggi Persichetti).
(32)
Del Cornacchini esiste nell’Aquila, nella chiesa dell’Immacolata Concezione,
un’altra statua di S. Agostino (1579) che fa parte del gruppo dei quattro
Dottori della Chiesa, posti nei corrispondenti lati, in altrettante nicchie, e
cioè: S. Agostino, S. Girolamo, S.
Gregorio, S. Ambrogio. Detta Chiesa aveva un prospetto disegnato, come quello
di S. Agostino, dal Fuga; ma con la
creazione dei Portici (1883), l’antica chiesa fu abbattuta e il disegno interno
fu ridotto nelle dimensioni attuali: vi si accede dai portici stessi.
(33) A. LEOSINI, op. cit., p.
152-154. Nella sacrestia si osserva pure un quadro del Bedeschini con le figure
della Madonna, di S. Matteo e S. Giovanni (cfr. anche Guida-Album dell’Aquila, Aquila
1908, p. 64).
(34)
Cfr. T. BONANNI, La Guida storica della città dell’Aquila e dei suoi contorni, Aquila 1874, p.
35-36; L. CASSESE, Guida storica cit., XI, 66.
(35)
T. HERRERA, Alphabetum, cit., vol. I,
p. 72.
(36) A. SIGNORINI, La Diocesi di
Aquila, cit., vol. II, pp. 19-20, nota 3; D. A. PERINI, Bibliographia
Augustiniana, vol. I, Firenze
1929, p. 232.
(37) D. A. PERINI, Bibliographia
Augustiniana, vol. II, p.
114.120.
(38)
A. DRAGONETTI, Le vite degli illustri
Aquilani, Aquila 1847, p.
202-203; D. A. PERINI, Bibliographia Augustiniana, cit., II, p.
48.
(39) A. DRAGONETTI, Le vite degli illustri Aquilani, cit. p. 209; D. A. PERINI, Bibliographia Augustiniana, cit., II, p. 197; L. RIVERA, Le Scuole
Universitarie, cit,, p. 58-59,
nota 13.
(40) A. DRAGONETTI, Le vite degli illustri Aquilani, cit. p. 229;
(41) GIO.
BATTISTA COTTA, Vita del Beato Antonio
Turriani, I, 29. E’ questa la più
interessante delle Vite scritte sul Beato. Il Cotta (Tenda, 1668-1737) fu un
chiaro letterato e in Roma tra i fondatori dell’Accademia di storia
ecclesiastica, istituita presso la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano nel 1710.
Amico dei maggiori letterati del suo tempo e membro delle più rinomate
Accademie d’Italia, scrisse molte opere in italiano e in latino. Fu uno dei
migliori poeti lirici italiani. La sua raccolta di sonetti ed inni a Dio ebbe
l’onore di parecchie edizioni. Dovette risiedere alcun tempo in Aquila ed in
Montereale, consultandovi le memorie sì del Beato Turrianì che quelle del Beato
Andrea; altrimenti non avrebbe petuto scrivere mirabilmente le vite dei due
Beati. Tra i biografi secondari del B. Turriani, ricordiamo l’EUGENIO, il
CIMINELLI e lo SCACCHI. Il Ciminelli aveva tratto materia per la Vita del Beato
dall’opera ms. dallo scrittore Aquilano CLAUDIO
EUGENI (+1603), Storia generale dai
Santi e Beati Aquilani, come
scrisse A. DRAGONETTI, op. cit., p.
213. Il Beato è anche menzionato dai seguenti autori: T. HERRERA, Alphabetum,
I, p. 17; JACOBILLI, (ed. 1661), II
(data 23 luglio); P. DOMENICO DI
SANT’EUSANIO, L’Abruzzo Aquilano
Santo, II (ed. 1849), p. 85; e
infine E. CARUSI, Notizie cit., in l. cit., pp. 88, 91
nota 5, e 92 nota 2.
(42) Per l’effigie del Beato che si conserva nella sede civica, essa è una tela ovale (m. 0,89
x 0,67), dipinta ad olio. Cfr. P. DOMENICO
DI SANT’EUSANIO, L’Aquila Santa,
Aquila 1846, p. 17.
(43) Nell’Archivio del monastero di Sant’Amico si conserva
l’autentica 20 maggio 1809, munita di sigillo, relativa a tale trasporto,
redatta dal menzionato Vicario Generale Fr. Emidio Marchetti. In ordine poi
all’ultimo trasferimento della venerata salma nella Chiesa di S. Bernardo di
Aquila, cfr. G. RIVERA, La città dell’Aquila cit., vol. II, p.
155-162. Altri ricordi del Beato si conservano nel monastero di S. Amico.
(44) Il SIGNORINI ne La
Diocesi dell’Aquila cit., narra che il trasferimento avvenne il 25 agosto
1838. La notizia peraltro, se è attendibile
come data, non lo è là dove l’A. scrive che la salma fu trasferita nel
monastero di S. Lucia, in quanto le
Suore nel 1808 avevano lasciato tale monastero, riunendosi alle consorelle di
S. Amico, secondo or ora esporremo.
(45) Analecta Augustiniana, XVI, 1937-38, p. 397.
(46) L’istrumento
di fondazione che trovavasi
nell’archivio del Convento di S. Agostino, ora è nella Casanatense di Roma: SABATINI, Documenti Aquilani cit.,
p. 192. Sempre nell’Archivio del convento di S. Amico si trova la Bolla di
erezione di Urbano V del 13 maggio 1368 insieme ad altri documenti degli anni
1389, 1475, 1478 e 1479, dei quali
tutti cfr. regesto in MURATORI, Antiquitates cit., tomo VI, col. 56sg.
Per altre notizie storiche e regesti di altri documenti, cfr. ANTINORI, Monumenti cit., vol. 47, p. 65sg.; ANTINORI (LEOSINI), Annali, cit., pp. 395, 430.
(47) T. HERRERA, Alphabetum, cit., p. 89; TORELLI, cit., VII, p. 191.
(48) TORELLI, cit., VIII, p. 230.
(49) Circa
la diffusione in Italia di Monasteri di Monache, cfr. W. HUMPFNER, Monosteria
monialium Ord. S. Augustini, in “Analecta Augustiniana”, XV (1932), p. 172-179. Circa la dipendenza delle
Monache, prima dall’Ordine, poi dagli Ordinari, pur rimanendo quelle con
impronta e caratteristiche di vita comune Agostiniana ed osservando sempre sia
la Regola che la liturgia e le costituzioni proprie dell’Ordine, cfr. DE ROMANIS, op. cit., p. 45-46.
(50) T. HERRERA, Alphabetum, cit., I, p. 89; ANTINORI (LEOSINI), Annali, cit., pp. 277, 278, 347.
(51) L.
ANTINORI, Monumenti cit.,
vo.. 47, p. 1028ss.; ANTINORI (LEOSINI),
Annali, cit., pp. 277-278, 347; T.
HERRERA, Alphabetum, cit., I, p. 89
(52) L’archivio, già nel Monastero di S. Lucia, è oggi
conservato nel monastero di S. Amico. Vi si trovano ben 53 manoscritti in
pergamena, tutti elencati per data, il primo rimontante al 28 ottobre 1336,
l’ultimo al 5 febbraio 1774.
(53) Per Suor Monica Antonelli cfr. D. A. GANDOLFO, De ducentis celeb. August.
scriptoribus, p.
578; ELSIUS, Encomiasticon
Augustinianum, p. 497; A. DRAGONETTI, op. cit., p. 228.
(54) Per Suor Evangelista Rosa cfr. D. A. GANDOLFO, op. cit., p.
578; A. DRAGONETTI, op. cit., p.
227.
(55) Per la biografia cfr. Vita di Suor Maria Teresa Ciampella, monaca Agostiniana nel monastero
di S. Amico dell’Aquila, scritta dal P.
Francesco A. Mascardi sj, ecc.
Napoli
(56) Aquila
sacra cit.,
p. 18.
(57) Aquila sacra cit., pp. 53, 73, con illustrazioni.
Dopo la costituzione
dell’Unico Ordine Agostiniano e quando non ancora era costituita
____________________________
(58) DE ROMANIS, op. cit., p. 21.
(59) Cfr. L. RIVERA,
Appunti per lo studio sulle antiche
stamperie Abruzzesi, in Bollettino
cit., serie 2°, a. XX, 1908, pp. 218-219.
(60) Arch. Gen. Agost. di Roma, Dd.
(61)
Cfr. L. RIVERA, Le Scuole Universitarie cit.,
l. c., pp. 60-61.
COSTITUZIONE DI UNA
“PROVINCIA AQUILANA” DELL’ORDINE DI S. AGOSTINO
La Provincia monastica
ebbe sede nell’Aquila, e precisamente nel grandioso Convento di S. Agostino; essa
avvenne per decreto 18 gennaio 1770, del Priore Generale Fr. Francesco Saverio
Vazquez (62)
e fu formata dalla riunione di otto Conventi e cioè quelli di Amatrice, Antrodoco,
Cantalice, Cittaducale,
Leonessa, Montereale,
Posta e Turano, appartenenti alla Provincia Umbra, in
più dei Conventi dell’Aquila, di S. Valentino e di Sulmona, già appartenenti alla Congregazione
Perugina, ed annettendovisi in più, per opportunità di funzionamento (leggi:
perchè forniti di rendite), i Conventi di Cascia, di Norcia
e di Visso. Sostanzialmente furono riuniti sotto
_______________________________
(62) Arch. Gen. Agost. di Roma, Dd.
(63) Arch. Gen. Agost. di Roma, Ff. 53, ff. 947-958. Il Capitolo
fu convocato dal rettore Provinciale Fr. Felice Antonio Romanelli: in esso
Capitolo venne eletto egli stesso a pieni voti (f. 949).
(64) Arch.
Gen. Agost. di Roma, Ff. 54, ff. 602-605. Il Capitolo fu convocato dal
Provinciale in carica Fr. Agostino Jacchetti: in esso Capitolo venne eletto Fr.
Alfonso M. Alferi (f. 802).
(65)
Arch. Gen. Agost. di Roma, Ff. 55, ff. 186-189. Il Provinciale in carica Fr.
Alfonso M. Alferi convocò la Congregazione intermedia, quella che si celebra
tra Capisolo e Capitolo.
(66)
Arch. Gen. Agost. di Roma, Ff. 55, ff. 368-373.
(67)
Arch. Gen. Agost. di Roma, Dd.
CONVENTI, MONASTERI E CHIESE
GIA ESISTENTI NELL’ABRUZZO AQUILANO
Dopo aver tratteggiato
fin qui quel che fu l’affermarsi dell’OESA nella città dell’Aquila e accennato
ai Conventi e Monasteri che vi esistevano; dopo aver scritto sul costituirsi di
una Provincia Aquilana dell’Ordine, daremo qui appresso qualche notizia storica
ed artistica di conventi e monasteri che fecero parte della detta Provincia
Aquilana dell’Ordine di S. Agostino, rinviando le notizie relative alle
comunità tuttora esistenti: nell’Aquila (monastero di S. Amico), in Cascia
(monastero di S. Rita), in Montereale (monastero del B. Andrea). Ciò darà pure
occasione di ricordare le tre grandi figure, della Beata Cristina dell’Aquila,
di S. Rita da Cascia e del Beato Andrea di Montereale. Le notizie relative a
conventi e monasteri già facenti parte dell’alto Aquilano sono per la scarsezza
delle fonti (secondo quanto dicemmo all’inizio di questa monografia)
necessariamente brevi ed anche perché, eccetto il Convento di Sulmona, tutti gli
altri in tempi non lontani sono passati a dipendere dalla diocesi di Rieti e
rientrano dal 1927 nella nuova Provincia amministrativa di Rieti (68),
pur avendo in precedenza, per la maggior parte delle Comunità, fatto capo alla
Diocesi dell’Aquila e pertanto rientrando nei limiti della ex Provincia
Aquilana OESA. Tratteremo più di Chiese che di Conventi, perché questi con le
soppressioni, con i passaggi di proprietà e trasformazioni, con le distruzioni
degli uomini e della natura, non hanno sopravvissuto come quelle. Tratteremo
pertanto più dell’arte che della storia di esse chiese Agostiniane. E queste
Chiese superstiti o le parti di esse che non hanno subito trasformazioni, quali
abbiamo ammirato nell’alto Aquilano o più esattamente nell’antica circoscrizione
della Provincia Aquilana, costruite tutte con una forma di prammatica e con
materiale in pietra locale o Aquilana, secondo lo stile romanico, o con
modifiche ed ispirazioni gotiche in prevalenza, non solo ci mostreranno la
bellezza ed originalità dell’arte cui si ispirano (69), ma dimostrano l’antica
vitalità dell’Ordine e la costante devozione dei suoi figli al loro Padre, al
grande Agostino, scrittore insuperato della Chiesa.
1) AMATRICE (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi Aquilana,
diocesi attuale di Ascoli Piceno). La Chiesa di S. Agostino, in piazza Vitelli,
si attribuisce all’arch. Giovanni di Amatrice (70). E’ in pietra Aquilana ed ha un
bellissimo portale romanico, terminante a timpano. Nel fregio è scritto: Anno Domini 1428 e nella lunetta è un
affresco con due figure: l’Annunziata inginocchiata e l’Arcangelo Gabriele. Gli
stipiti e l’arco che la racchiudono sono tutti decorati da fogliame a voluta di
pieno carattere romanico, mentre teste di animali sono raffigurate nei
capitelli terminanti la colonnatura dell’insieme, formata da due contropilastri
alternati con colonnine lisce e tortili. Le due colonnine terminali del portale
poggiano su leoni, mentre i capitelli sono a fiorami e sul ripiano degli stessi
poggiano altri due leoni. Assai caratteristica è la cornice esterna di
coronamento, in cui si notano figure di Santi, poste l’una poggiante con la
base contro la testa dell’altra. Nell’interno della Chiesa, di cui poco rimane
della forma originaria, perchè devastata da un incendio, sono mirabili alcuni
affreschi (1492) di Dionisio Cappelli di Amatrice, maestro di Cola. Adiacenti,
sulla destra, la caratteristica porta della chiesa, alla quale sovrasta la
bella torre campanaria, rettangolare. Il Convento di cui tratta la relazione
del 1650, menzionata nella nostra nota 62, fu soppresso nel 1809 e l’archivio
andò allora disperso. Dagli atti relativi alla soppressione (71) si
apprende che in quell’epoca si conservavano, oltre i comuni libri di
amministrazione, anche 171 pergamene e pochi libri nella Biblioteca.
2) ANTRODOCO (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Provincia
Agostiniana Aquilana, oggi diocesi di Rieti). Così la Chiesa, come il Convento,
erano sotto il titolo di S. Agostino. Era una piccola Comunità, che fu
soppressa nel 1809 e l’Archivio ne andò distrutto. Si conserva l’inventario tra
le carte della soppressione (72).
3) CANTALICE (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Provincia
Aquilana, oggi Diocesi di Rieti). Sotto il Pontificato di Martino (Colonna,
1417-31) Chiesa e Convento furono donati all’Ordine Agostiniano dall’Università
di Cantalice l’11 febbraio 1426 (73). La Chiesa di stile rinascimentale,
bellissima, era sotto il titolo di S. Maria del Popolo (m. 27 x 15) con sette
altari, un organo, un campanile con campane antichissime. Il Convento fu
soppresso nel 1809 e l’Archivio andò disperso. L’inventario trovasi tra le
carte relative alla soppressione (74).
4) CASCIA (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Aquilana,
oggi diocesi di Spoleto). a) Oltre il Monastero delle Suore Agostiniane di cui
sarà trattato specialmente in fine di questa monografia, esisteva un Convento
di Agostiniani nella parte alta della città (75) dove era “una bona et forte
rocha, quale dice non li fo may più” (fatta distruggere nel 1517 da Leone X)
vicino al Palazzo del Governatore e poco distante da quello dei Consoli. Tale
convento era formato di undici stanze, con chiostro e loggiati e sala a due
navate. Nel mezzo del chiostro era un pozzo. La memoria più antica è quella che
nel 1344 (76)
Fr. Andrea da Cascia, di quel Convento, andò a predicare ai Turchi.
b) La Chiesa di S. Agostino. Anticamente nota col titolo di S.
Giovanni Battista, è tuttora in piedi, sfidando i tempi e le furie della natura.
Fu edificata alla fine del sec. XIV, con la facciata in cortina a concio, opera
di marmorari lombardi. In essa balza l’artistico portale romanico-gotico con
sei colonne tortoli e sei lisce, e con un bel rosone sovrastante. Nella lunetta
un affresco di scuola Umbra, del sec. XV, rappresenta la Vergine ed il Bambino
Gesù; ai lati S. Agostino e S. Nicola. Nell’interno, di una sola navata, si
ammirano all’ingresso alcuni affreschi di Scuola Umbra del sec. XVI,
rappresentanti la Madonna delle Mandorle, S. Rita e S. Agostino. Nell’altare di
fronte la Vergine della Cintura e genuflessi i Santi Gaetano e Domenico,
Claudio e Petronilla. Il quadro, datato 1609, è opera di Virgilio Nucci da
Gubbio. Da notare inoltre due pulpiti in legno del sec. XVII: presso quello di
destra è un affresco del sec. XV (77). La lunghezza della Chiesa è di
5) CITTADUCALE (ex Provincia Agostiniana umbra, poi ex Aquilana,
oggi prov. di Rieti e diocesi dell’Aquila). Sulla piazza principale a sinistra,
si nota il magnifico portale della chiesa dell’ex convento di S. Agostino,
portale in pietra costruito dietro incitamento e consiglio di S. Bernardino da
Siena (78).
Tale portale s’impone all’attenzione dell’osservatore per la bellezza e la ricchezza
degli intagli e dei rilievi in fogliami e colonnati. Il portale risente ancora
di tutta l’arte romanica nella struttura piena e lunga, mentre ha i caratteri
dell’arte gotica, a quattro pilastri intercalati da tre colonnine, due liscie
ed una a tortiglione con capitelli fiorati e due belle mensole a cariatidi, che
sostengono l’architrave: di esse mensole è particolarmente interessante
6) LEONESSA (ex Provincia Agostiniana umbra, poi ex Provincia
Aquilana, oggi diocesi di Rieti).
Chiesa di S. Pietro o Convento di S. Agostino. Nella piazza principale, dove fa moslra di sè la
fontana detta Farnesina, si è attratti
subito da una quattrocentesca facciata di Chiesa in pietra rossa, con campanile
trecentesco a cuspide ottagonale; ivi al secondo ripiano si nota una bifora
triloba, ed al terzo ripiano una grande monofora a sesto acuto. Nello sfondo il
forte e rude scenario del monte Tibia. E’ la chiesa di S. Pietro (già di S.
Agostino), con l’adiacente ex Convento: quivi si conserva una bella loggia
medioevale da cui può ammirarsi tutta l’ampia valle sottostante. Il ricco
portale della Chiesa, pur esso in pietra rossa, e romanico, di magnifica
fattura, con colonnine alternate liscie e tortili, che ripetono il motivo anche
nei sesti degradanti fino ad arrivare al piano della lunetta; quivi, nel centro
dell’architrave, si osserva lo stemma della città. Il portale termina in una
specie di cuspide su cui poggia una statuetta di S. Agostino. Ai due lati del
portale, su due mensole prolungate poggiano, un po’ più in basso, le statuette
di S. Pietro e S. Paolo. Nell’interno della Chiesa sull’altare maggiore è una Assunta di Girolamo Muziano, con pala
attribuita a Giulio Romano (81). Alcune tavole con Storie di Santi, attribuite
al Perugino o ad un suo allievo molto vicino furono trasportate nel Museo
dell’Aquila, mentre di notevole, nella Cripta della Chiesa, rimane una bellissima
Pietà in legno scolpito di autore
ignoto del sec. XVI, copia di quella di Michelangelo nella Basilica di S.
Pietro in Roma. Si ignora la data della fondazione del Convento. Si ricorda che
la Cripta era denominata Madonna delle
Grazie ed era officiata da una Arciconfraternita; che il chiostro era molto
capace, avendo una loggia sopra (loggiato) e una sotto (porticato) ed era
contiguo un orto murato, che le camere per alloggio del Convento erano 24,
oltre ogni accessorio necessario alla vita materiale (82). Tra i Religiosi illustri del
convento di Leonessa va ricordato il frate Agostino Campelli, nativo del luogo,
vescovo di Bova, di cui tratteremo in seguito. Quanto alla soppressione ed
all’archivio di questo convento nulla ci è dato di rilevare (83).
Convento di S. Egidio. Trovasi
a
7) MONTEREALE (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Provincia
Aquilana, oggi diocesi di Rieti). Rimandiamo per questo Convento al cap. XI.
8) NORCIA (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Provincia
Aquilana, oggi diocesi di Spoleto). L’antica chiesa di stile romanico,
denominata di S. Agostino, sorgeva in mezzo alla città. Sopra l’architrave del
portale sta la figura del Santo con la data 1134 (85). Doveva quindi la chiesa essere
stata costruita in quell’anno. Nel 1650, l’interno era ornato di 10 cappelle
“alla moderna”, cioè di stile Rinascimentale. Aveva due chiostri, 12 camere, un
appartamento di tre Camere per uso del Priore e dei forestieri, un dormitorio
pure di tre camere, due giardini, due fontane. Nel convento abitavano 12 frati. Da un libro dei più antichi,
facenti parte dell’Archivio del 1383 (perchè il precedente andò bruciato) si sa
che la Comunità religiosa custodiva la bussola dei Consoli della città ed una
delle chiavi era tenuta dal Priore.
9) POSTA (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Provincia
Aquilana, oggi diocesi di Rieti). Di fondazione antica (86). La Chiesa originariamente era
sotto il titolo di S. Maria Maddalena (m. 30 x 12), con un convento di 18
stanze, denominato di S. Agostino, fu soppresso nel 1809 ed allora l’Archivio
andò distrutto, salvandosi solo l’inventario che oggi conservasi tra le carte
della soppressione (87).
10)
SULMONA (ex Congregazione
Agostiniana Perugina, poi Provincia Aquilana, oggi diocesi omonima).
a) Convento e Chiesa di S. Agostino. Attraverso l’Antinori (88), si ha qualche notizia sulla
origine e sullo sviluppo del convento di Sulmona. Fu soppresso nel 1809,
andando perduti i libri di amministrazione. Le pergamene si conservano qua e là
(89),
e si conservano nell’Archivio Provinciale di Stato gli atti relativi alla
soppressione (90).
Sulla fondazione del Convento e della Chiesa, così scriveva il Di Pietro:
“Intorno il 1262 il Magistrato Sulmonese fondò il Convento dei Religiosi
Eremitani per la devozione che professava al gran padre delle lettere S.
Agostino. Avevano essi una Cappella sotto il titolo di S. Martino, dove
disimpegnavano i loro sacri doveri. Il Re Carlo d’Angiò, affinchè potessero
edificare un tempio, donò al Convento un gran suolo vicino l’abbandonato “borgo
di S. Panfilo” come dal Real diploma 20 dicembre 1229, che si conserva
nell’Archivio del Convento. Quivi dunque venne fabbricata la Chiesa ed ampliato
il Convento, che tuttora esiste” (91). Del
Convento e della Chiesa dedicata pur essa a S. Agostino, non rimane che la
facciata che sorgeva contigua al Palazzo Capograssi, dove è ora
b) Monastero di S. Monica. Fu soppresso nel 1811, nel quale anno si
conservavano vari libri di amministrazione (1671-1811) e circa 250 pergamene
dal 1540 al 1790 (94).
11) S. VALENTINO (ex Congregazione Agostiniana Perugina, ex Provincia Aquilana, attuale diocesi di
Poggio Mirteto, del qual Comune è frazione).
Pur attraverso
diligenti ricerche, scarse notizie ci è stato dato di rintracciare su questo
convento Agostiniano. La chiesa annessa era sotto il titolo di S. Maria delle
Grazie e fu fondata nel 1595 (95).
12) TUBANO (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi Provincia
Aquilana, diocesi di Rieti).
Non siamo riusciti a identificare la località ove il convento fosse
situato; esso esisteva certo alla fine del sec. XV (96), come probabilmente il villaggio in cui era compreso. Prendeva nome
dal Turano che col Salto attraversa la regione di Rieti ed è per importanza il
secondo fiume dopo il Velino, avendo un corso di
13) VISSO (ex Provincia Agostiniana Umbra, diocesi di Spoleto).
Sempre nella Relazione ms. a Papa Innocenzo X (98) si legge che il convento
trovavasi nella piazza del paese, dopo la chiesa dei Canonici secolari. Nulla
si sa della fondazione per incendio dell’Archivio Conventuale verificatosi nel
1450. La chiesa dedicata a S. Agostino era di “60 canne alla misura Vissana”,
cioè di circa
_______________________________
(68)
Cfr. Bullettino, serie III, a. XVIII, 1927, p. 244.
(69)
Cfr. I. C. GAVINI, Storia dell’Architettura in Abruzzo, in 2 voll., Milano 1927.
(70)
F. PALMEGIANI, Rieti e
(71)
Bibliografia tratta dal CASSESE, Guida cit., VI, parte II, p. 120; A L. ANTINORI, Corografia
storica, ms. cit., vol. XXV; L. GIUSTINIANI, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, I-X, Napoli
1797-1905, vol. I, pp. 174, 179; C.
MINIERI RICCIO, Biblioteca storico-topografica degli Abruzzi, Napoli 1862, pp. 79-80; PARASCANDOLO,
Supplemento all’opera di Minieri Riccio,
p. 81; PANSA, Supplemento, p. 32 sg. In specie, vedi in Archivio Prov. di Stato, Atti Amministrativi, serie
F., cat. X, b. 1182.
(72) Bibliografia
generica tratta dal CASSESE, Guida cit., VI, parte II, p. 121; A L. ANTINORI, Corografia
storica, ms. cit., vol. XXXII; L. GIUSTINIANI, cit., vol. I, pp.
206-210; C. MINIERI RICCIO, cit., pp. 88-92; V. BINDI, Fonti della storia Abruzzese, Napoli 1884, sappl. 10; PANSA, Supplemento, cit., n.
(73)
Bibliografia generica tratta dal CASSESE,
Guida cit., VI, parte II, p. 124; A L. ANTINORI, Corografia, ms. cit., vol. XXVIII; L. GIUSTINIANI, cit., vol. III, p. 95; C. MINIERI RICCIO, cit., p. 227; V.
BINDI, Fonti, cit., n. 38; G. PANSA, Supplemento, cit., pp. 121-124; FULIO-BRAGONI, Cantalice
descritta ed illustrata, Rieti
(74)
Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione
al papa Innocenzo X, cit., Ii 5, p. 211.
(75) E. MATURO, Cascia, città
di S. Rita, gemma dell’Umbria, Spoleto 1932, p. 56; Gli Agostiniani a Cascia, in Bollettino Storico Agostiniano, vol.
XII, p. 48; vol. 13, pp. 48-51; A.
MORINI, Cascia nella natura, nella
storia e nell’arte, Perugia 1913.
(76)
Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione
al papa Innocenzo X, cit., p. 172.
(77) E. MATURO, Cascia, cit., pp. 47-54, 57.
(78) S. MARCHESI, Compendio
Storia di Cittaducale dall’origine al 1592, Rieti 1875, scrisse che nel 1442 S. Bernardino da Siena,
predicando a Cittaducale nella piazza, non solo ridusse i cittadini alla pace
fino all’anno 1450, ma li spinse ad
adornare col bel portale la chiesa di S. Agostino, come sopra riferito. Per la
chiesa cfr. pure PALMEGGIANI, cit.,
p. 436.
(79)
Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione
al papa Innocenzo X, cit., p. 178.
(80)
Bibliografia generica tratta dal CASSESE,
Guida cit., VI, parte II, p. 125; A L. ANTINORI, Corografia, ms. cit., vol. XXX; L. GIUSTINIANI, cit., vol. IV, pp. 58-62; C. MINIERI RICCIO,
cit., pp. 303-305; CAPPELLETTI, Chiese d’Italia, XXI, p. 424; PARASCANDOLO, Suppl. cit., n. 69; BINDI,
Suppl. cit., n. 62; G. PANSA, Suppl., cit., pp. 158-
(81)
Cfr. Bullettino, cit., serie III, a. VI, 1915, p. 265.
(82)
Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione
al papa Innocenzo X, cit., p. 246.
(83)
Cfr. CASSESE, Guida cit., VI, parte II, pp.
127-128. Ivi è solo la bibliografia generica che trascriviamo: A L. ANTINORI, Corografia, ms. cit.,
vol. XXXIII; E. GENTILE, Le pergamene di Leonessa depositate nel R.
Archivio di Stato di Napoli, Repertorio, Foligno, 1915, p. X-XXXIV;
C. MINIERI RICCIO, cit., pp. 380seg.;
PARASCANDOLO, Suppl. cit., p. 83; SABATINI, Appunti bibliografici cit., in l. cit., p. 683.
(84)
Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione
cit., t. II, f. 246.
(85)
Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione
cit., t. II, f. 198.
(86)
Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione
cit., t. II, f. 252.
(87)
Bibliografia generica tratta dal CASSESE,
Guida cit., VI, parte II, p. 131; A L. ANTINORI, Corografia, ms. cit., vol. XXXVII; L. GIUSTINIANI, cit., vol. VII, pp.
282seg. In specie cfr. Archivio Prov. di Stato, Atti Amministrativi cit., serie I, cat. X, b. 1185. T. HERRERA, Alphabetum, cit., II, p. 413.
(88) Per
la ricca bibliografia generale e particolare intorno a Sulmona cfr. CASSESE, Guida cit., II, pp. 85-86;
ANTINORI, Corografia, ms. cit., vol. XLIX, pp. 538-599;
Archivio Prov. di Stato, Atti
Amministrativi cit., serie I, cat. X, b. 1186.
(89) Le
pergamene 1368-1598 sono nell’Archivio della Cattedrale di Sulmona ed altre in
quello della Curia Vescovile. Ogni
altro documento di Archivio è andato
perduto. Tra queste pergamene potrebbe rinvenirsi qualcosa che riguardi il
convento degli Agostiniani di Sulmona. Cfr. A. CHIAPPINI, Regesto delle pergamene del nuovo Archivio di S. Panfilo di Sulmona, in Bullettino, serie III, a. VI, 1915, p. 125-226.
(90)
Archivio Prov. di Stato, Atti
Amministrativi cit., serie I, cat. X, b. 1186.
(91) Cfr. IGNAZIO
DI PIETRO, Memorie storiche della città
di Sulmona, Napoli 1804; Memorie
storiche degli Uomini illustri della città di Sulmona, Aquila 1806.
(92) Intorno
alle notizie del portale cfr., oltre il Di Pietro, nelle sue opere citate,
(93) G. PICCIRILLI, Sulmona, Guida
storico-artistica, Sulmona 1932, p. 120 con ill.
(94)
Archivio Prov. di Stato, Atti
Amministrativi cit., serie I, cat. X, b. 1186. Per cenni storici, cfr. L. ANTINORI, Monumenti, cit., vol. XLIX,
pp. 598ss; T. HERRERA, Alphabetum, cit., II, p. 432; e per
l’Archivio, cfr. A. CHIAPPINI, op. cit., P. 128.
(95)
Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione
cit., f. 370.
(96) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Regesto, Dd.
(97) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione cit., p. 248.
(98) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione cit., t. II, f. 211. Il
convento si trova altresì menzionato nel Regesto, Dd.
CAP.
IX
VESCOVI,
PRIORI GENERALI E RELIGIOSI AGOSTINIANI ILLUSTRI
DELLA
EX PROVINCIA MONASTICA AQUILANA
A) VESCOVI DELL’AQUILA
AGOSTINIANI
Fr. Filippo Delci da Lucca, eletto Vescovo dell’Aquila da Clemente V
(Francese, 1305-14) alla morte del Vescovo Bartolomeo Conti (1312). Tenne la
carica dal 4 giugno di quell’anno al 1327. Fu un celebre oratore, forte e
amante della giustizia. Difese gli Agostiniani in una controversia sorta tra
essi e i Vescovi di Narni e di Gubbio. Ricostruì quasi ex novo la cattedrale dell’Aquila e l’Ughelli
lasciò scritto in proposito: “Novum Cathedralem templum a fundamentis ad
perennitatem sui nominis, Deique gloriam munificentissime erexit”. Essendosi
nel 1327 recato in patria, vi infermò e vi morì. Fu seppellito in Lucca nella
locale chiesa di S. Agostino (99).
B) VESCOVI NATI O VISSUTI NELLA PROVINCIA SPOLETANA OESA
1) P.
Maestro Giovani da Cascia (n. 1328),
Vescovo di Palma del Sole, fecondo oratore (100).
2) P. Nicola Saracini da Cascia (+ 1418), nominato Vescovo di Macerata e Recanati da Giovanni
XXIII (Baldassarre Cossa, napoletano, 1410-1415), dopo essere stato Priore generale dell’Ordine (1400-12) e
Visitatore Apostolico. Visse ai tempi dello scisma di Gregorio XII (Angelo
Corrasio, 1406-15). Il Saracini ebbe a soffrire da parte del Marini, veneziano,
creato Vescovo in sua vece dall’antipapa. Ma Recanati, fedele al suo legittimo
Pastore, non permise che l’intruso mettesse piede tra le sue mura mura (101).
Nell’occasione della sua nomina a Vescovo, il ricordato Pontefice concesse alla
chiesa di S. Agostino dell’Aquila privilegi e grazie spirituali (102).
3) Fr.
Agostino (Campelli) de Gonessa (o
Lagonessa, oggi Leonessa) valente predicatore, Vescovo di Bova (Calabria),
morto nel 1483 (103).
4) P. Cherubino Lavosi da Atri (+ 1578), Segetario generale dell’Ordine, caro al
Pontefice Pio V (Ghislieri, 1566-72) che lo nominò Vescovo di Telese,
nell’Archidiocesi di Benevento. Il Lavosi intervenne al Concilio di Trento
(1545-63) come teologo del Vescovo di Vercelli Mons. Melignani. L’anno 1571 ritornò
a Cascia, nella sua casa paterna, dove morì, essendo sepolto nella locale
chiesa di S. Agostino, ove fu affrescata la sua immagine e posta una nobile
epigrafe. Altra immagine del P. Cherubino Lavosi con epigrafe si trova nella
sua parrocchia di Atri (104).
5) Fr. Ignazio Della Zerda nacque a Lima nel Perù, dove il padre era Vicerè per
incarico della Spagna. Fu il 43° Vescovo dell’Aquila, su proposta del Re Carlo
II che lo stimava assai. Resse la carica
dal 1683 al 1702. Il Della Zerda richiamò la cittadinanza al culto di S.
Celestino V, di cui celebrò il IV centenario dell’incoronazione con solenni
onoranze: nella circostanza fu portato il Corpo del Santo in processione per le vie della città. Il suo ministero, così
fecondo di opere e di vita cristiana, venne bruscamente interrotto. Obbedendo
alle urgenti pressioni del papa Innocenzo XII (Pignatelli, 1691-1700),
scomunicò i giudici di un processo, nel quale un presunto chierico della sua
giurisdizione (tale Vincenzo Caruso di Fossa) era stato condannato a morte in
Napoli, nonostante l’immunità della quale godeva. La reazione dell’autorità
civile fu tanto violenta che egli venne bandito dal Regno. Ed allora si
trasferì a Rieti, dove morì il 29 settembre 1702 nel convento di S. Agostino (105).
Le sue spoglie seppellite nella chiesa omonima furono poi solennemente traslate
nella cattedrale di Rieti il 5 maggio 1719.
C)
PRIORI GENERALI DI NASCITA AQUILANA
Allo stato delle nostre ricerche abbiamo un solo
Priore generale di nascita aquilana cioè Fr. Giacomo Oliva (106) di famiglia patrizia aquilana,
oriunda di Norcia: ne ignoriamo la data di nascita. Fu un dotto teologo, del quale si servirono molto i Pontefici Niccolò
V (Parentuccelli, 1447-55) e Calisto III Borgia, 1455-58), del quale ultimo Fr.
Oliva fu anche consigliere e cappellano d’onore. Dal Capitolo generale
dell’Ordine tenuto a Bologna nel 1470 (107) fu eletto
all’unanimità Priore generale. In precedenza era stato Vicario Generale e
lettore nell’Università di Napoli, oltre che consigliere della Regina Giovanna
II di Napoli. Frate Giacomo Oliva, sotto Sisto IV, al termine
completo del settennio di suo generalato, moriva a Roma il 28 marzo 1476,
lasciando molte migliaia di ducati d’oro che il cardinale Rotomagense Guglielmo
di Estouteville, Vescovo di Ostia, protettore dello stesso Ordine Agostiniano,
dispose fossero impiegati a principiare la fabbrica del Convento
Agostiniano di Roma (108). Un medaglione in istucco, tra i cinque che
rappresentano personaggi di tale famiglia Oliva, e che sono seguiti da epigrafi,
ricorda frate Giacomo nella monumentale cappella del tempio di San Bernardino
da Siena nell’Aquila, seconda cappella a destra, il cui altare è adorno del
noto lavoro in plastica dei Della Robbia (109). L’epigrafe sotto il medaglione suona così:
“P. Jacobus Oliva Ord. Eremitarum S. Augustini a MCCCCLXX in Bononiensi Comitio
sui Ordinis Prior. Generalis renunciatus”.
D) PRIORI GENERALI
DELL’ABRUZZO AQUILANO
1) P. Nicola Serani che fu Priore generale nel 1699 e che il Lanteri (110)
scrive esser nato da madre appartenente alla famiglia Oliva, in Antrodoco (111).
Il nome Nicola ha fatto cadere in errore il nominato Lanteri quando, nella I
parte, a p. 289 della sua citata opera, lo attribuisce al Priore generale Oliva
che chiama: “p. Nicolaus Oliva, alias de Aquila”, errore probabilmente
materiale, perchè poi nella parte II della stessa opera scrive: “Fr. Jacobus
Oliva de Aquila”.
2) P. Nicola
Saracini da Cascia
che, prima di essere eletto Vescovo, fu Priore generale dell’Ordine dal 1400 al
1412, come nel precedente capitolo abbiamo ricordato.
1) Un
Penitenzine maggiore: Fu costui Fr. Valentino da Aquila nominato tale da Bonifacio IX con breve
30 gennaio 1392 (112).
2) Un Sacrista pontificio: Fu costui
Fr. Giuseppe Eusanio (+ Roma, 1692)
aquilano, religioso autorevole: dapprima fece i suoi studi nel convento di S.
Agostino della sua città natale (113).
_____________________________________
(99) Cfr. Catalogus
Pontificum Aquilanorum ab anno 1254 ad annum usque
(100) MATURO,
op. cit., p. 92.
(101) MATURO, op. cit., p. 92; TORELLI, o. cit., VI, p. 359; LANTERI, Eremi sacrae Augustinianae, Romae 1874, pars I, p. 143; ANALCTA AUG., Atti del capitolo 1400,
già ricordati alla nota 5, vol. 5, p. 220seg.
(102) ANALCTA
AUG., Atti del capitolo 1400, già
ricordati alla nota 5, vol. 5, p. 219.
(103)
Fu sepolto nella chiesa di S.
Agostino a Roma. L’epitafio di lui,
già esistente in detta chiesa, suonava così: “Hic iacet corpus Rev.mi in
Christo Patris et Dominus Domini Augustini de Gonessa Ord. Heremitarum Episcopi
Boven. qui obiit an. MCCCCXXXV die XXII Angusti cuius anima requiescat in
pace”. Cfr. V. FORCELLA, Iscrizioni delle chiese e di altri edifici
di Roma, vol. V, Roma 1874, p. 7, n. 5.
(104) MATURO, op. cit., p. 92; LANTERI, Eremi sacrae,
cit., pars I, p. 171; PERINI, op. cit., II, p. 151;
(105)
Per tali fatti cfr. R. LUDOVICI, Gli Abruzzi
al principio del secolo XVIII,
nel vol. Anton Ludovico Antinori e il II
centenario della sua nascita, Aquila 1904, pp. 5-7.
(106) C.
CRISPOMONTI, Famiglie nobili Aquilane (opera ms. della prima metà del secolo
XVII), famiglia Oliva; G. RIVERA, in
annotazione al Catalogo delle scritture appartenenti alla Confraternita di
S. Maria della Pietà nell’Aquila, in Bollettino
cit., serie II, a. XVIII, 1906, p. 17 nota 373. Per la genealogia della
famiglia Oliva, cfr. ivi. pp. 18-19; vi si apprende che una Dorotea sposò Lelio
Rivera, Gran Croce dell’Ordine di S.
Stefano di Toscana. Aggiungiamo che anche una Cornelia Oliva sposò Bartolomeo
Rivera. In progresso di tempo, un altro Agostiniano e presule doveva essere
generato per illustrazione della famiglia
Oliva: egli fu Alfonso, Vescovo
di Bovino nel 1535, poi promosso alla sede arcivescovile di Amalfi nel 1541.
(107) Cfr. Fr.
MAURIZIO TERZO da AQUILA, Cronaca,
Roma 1582; S. MASSONIO, op. cit.,
del 1593 (l’A. riporta nel suo libro il ms. relativo all’elezione di Fr.
Giacomo Oliva che era conservato nell’Archivio del Convento); LANTERI, Eremi, cit., pars I, p. 289; V.
MATURANA, Historia general de les
Eremitanes de San Agustin, Santiago de Chile 1913, vol. III, pp. 171-187,
riferisce di due altri generali dell’Ordine originati da famiglie di cognome
Oliva: il primo fu P. Alessandro Oliva da Sassoferrato (1408-63), XXV generale (1459-60) e poi cardinale
preconizzato a successore di Pio II (Piccolomini, 1458-1464), ove la morte non
l’avesse colto a Tivoli, avendo 55 anni (Cfr. PASTOR, Storia dei Papi, vol. I, p. 43). A proposito del luogo di nascita del Card. Oliva, il LANTERI, op. cit., p. 51, scrive:
“ortus est Bocchiolini prope Saxoferratum”; e, in rettifica del Lanteri, il PERINI, op. cit., vol. III, p. 31,
scrive: “ortus est in oppido vulgo Coboccolino, a nonnullis per errorem
Bocchiolino vocato, prope Saxoferratum”. Cfr. infine gli Atti del Capitolo
generale celebrato nel
(108) V. APPENDICE,
doc. I. Cfr. pure PAMPHILO, op.
cit., p. 87 e sgg.; L. RIVERA, Mecenati e Artisti, cit.,
p. 290-291; Codex diplomaticus OESA
Papiae, 1906, II, 55, n. 4.
(109) Cfr. A.
LEOSINI, op. cit., pp. 202-203.
(110) LANTERI, Eremi,
cit., pars I, p. 32.
(111)
PERINI, Bibliografia
cit., vol. I, p. 48.
(112) TORELLI, cit., VI, p. 512.
(113) G. RIVERA,
Cenni biografici degli Arcivescovi e Vescovi che sortirono
nascimento in Aquila e suo antico Contado, in “
(114) O. D’ANGELO,
Un antico inventario nuziale, nel
volume miscellaneo per nozze Piromallo-Rivera, Aquila 1906, p. 70.
(115) Il Sacrista (Praefectus
Sacrarii Apostolici) è vescovo assistente
al soglio, prelato domestico e palatino: essendo religioso Agostiniano, veste
l’abito prelatizio nero. E’ parroco palatino e fa parte della Camera segreta o
della Corte particolare del Papa nei viaggi e nelle villeggiature. Quando nei
viaggi si porti la cassetta del SS.mo Sacramento ne custodisce
(116) V. APPENDICE, doc. II.
(117) Il documento esistente nei citati libri delle Riformazioni venne riportato da F. S. CAJAZZO, Carlantonio De Rosis ed i suoi studi
giuridico-politico-penali nello Stato di Napoli, dal Regno di Carlo II di
Spagna al
(118) A. LEOSINI, op. cit., pp. 202-203; G. RIVERA, Cenni biografici,
cit.
(119) SAVINI,
op. cit., p. 147.
(120) G. MORONI, Dizionorio
d’erudizione, vol. 60, p. 189, scrive così di lui: “Egli visse in Corte con
tanta virtù come fosse nel claustro: frugale, umile, senza profittare del
Pontificio favore, onde formò l’ammirazione di tutti. Fu amante del suo Ordine
e procurò aumentarne i privilegi, propagò la devozione della cintura, con i
Conventi di Roma fu benefico, a quello di Aquila eresse
(121) Riproduciamo qui l’epitafio, peraltro riportato da G.
RIVERA, Cenni biografici, cit.:
“D.O.M.- F. Joseph Eusanius Aquilanus, Episcopus Porphyriensis, Apostolici
Sacrarii Praefectus, ex Augustin. eremitar. Ordine, cuius in amore Sanctorum
ejus ritibus, et praevilegiorum amplitudine, vehementer illustratis,
beneficientia continuo praesens onus omnium aemulator et exemplum extit, ut
sola sibi gloria superstes foret totum pietatis operibus impendens, hanc B.
Ritae de Cassia aram extruxit viventi nec nisi sero lugendo Augustiniana
Religio, perpetuae venerationis M. P. Qui legis disce nil majus in
illustri fortuna quam ut benefacere possis et velis”.
Enumeriamo nel loro succedersi cronologico, siano del primo che del
secondo Ordine (122):
1) BEATO SIMONE FIDATI DA CASCIA
(1280-1348), celebre predicatore e scrittore insigne dell’aureo trecento. Le sue
numerose opere nel campo della filosofia e delle lettere sono redatte con
classico gusto e stile forte, puro e vivace, tanto da essere annoverate dalla
Crusca tra i testi di lingua (123). Fu beatificato da Gregorio XVI (Cappellari,
1831-1846). Al Beato si ricollega un episodio relativo ad uno strepitoso
prodigio Eucaristico, avvenuto in Siena nel 1330. Eccone la narrazione: Un
parroco, chiamato al capezzale di un infermo, pose irriverentemente
2) BEATO GIOVANNI DEI DUCHI DI
CHIAVANO, nato a Cascia nel 1310
e di cui
3) BEATO UGOLINO (n. 1330), nobile uomo di Cascia, terziario
Agostiniano che trascorse la sua vita di penitente nell’eremo della chiesa di
S. Maria sorta sul Castellano, piccolo poggio in frazione di S. Anatolia (126).
4) SANTA RITA DA CASCIA (1326-1434): vedi capitolo che segue.
5) BEATO BENEDETTO CERI DA SULMONA (+
6) BEATO ANDREA DA MONTEREALE (1437-1480), di cui al capitolo che segue.
7) BEATO ANTONIO DELLA TORRE,
detto Turriani (Milano 1424 - L’Aquila 1494). Di esso abbiamo discorso al V capitolo
(Gli Agostiniani nella città dell’Aquila)
e ad esso rimandiamo il lettore.
8) BEATO MANFREDO GIUDICI DA LEONESSA, morto il
1567 nel Convento di S. Egidio in Val di Leonessa, discosto cinque miglia dalla
sua Patria (128).
9) VEN. MATTEO PAOLETTI DA ANTRODOCO (1367-1436), Predicatore e Vicario generale (129).
10) VEN. DIODATA FRANCESE (Barete 1547 - L’Aquila 12 agosto 1586). La
denominazione “francese” le derivava dall’origine della sua famiglia. Fu
compagna diletta ed emula della Beata Cristina e visse pur essa nell’ex
monastero di S. Lucia morendovi in concetto di santità (130).
11) VEN. MATTEO CIOTTI DI LUCOLI (+1586) (131).
12) VEN.
ZACCARIA DI S. PIETRO, frazione di
Leonessa, nato nel 1584 e morto a Roma nel 1633 nel convento di S. Nicolò da Tolentino (132).
13) SERVA DI DIO ELENA VIVIO (L’Aquila 1618-1684) vissuta nel monastero di S. Amico
dell’Aquila (133).
14) SERVA DI DIO MARIA TERESA CIAMPELLA (L’Aquila, 1627-1714), vissuta pur essa nel monastero
di S. Amico dell’Aquila (134).
____________________________________________
(122) Su tutti questi Santi e Beati, è utile consultare i
seguenti Autori TORELLI, Ristretto delle Vite; PORTILLO
Y AGUILLAR, Chronica espiritual
Augustiniana cit. nella bibliografia essenziale.
(123) HERRERA
op. cit., I, p. 160; N. MATTIOLI, Il Beato Simone Fidati da Cascia OESA ed i
suoi scritti editi e inediti, Roma 1898, II, p. 525; ID. ibid., IV: Gli Evangelii del B. Simone da Cascia, esposti in volgare dal suo discepolo fr.
Giovanni da Salerno, delucidati con prefazione e glossario, di pp. 640; FRANCESCHINI, Fra Simone da Cascia ed il Cavalca, studi critico-letterari dell’Umbria nel sec. XIV, Roma, 1897. Del
B. Simone l’Autore dà questo giudizio: Dedicò tutto se stesso al bene degli
umili, a rendere popolare il nascente idioma volgare, predicando e scrivendo
opere nelle quali inculcava a tutti la piena e fedele pratica delle sublimi
massime del Vangelo e della carità cristiana”.
(124) A. MORINI,
La reliquia del Corpus Christi,
Cascia; cfr. E. MATURO, op. cit., p. 88.
(125) E. MATURO,
op. cit., pp. 88-89; N. MATTIOLI, op. cit., p. 49.
(126) Cfr. E. MATURO,
op. cit., p. 19; N. MATTIOLI, op. cit., p. 50.
(127) GB. COTTA,
Vita del B. Antonio Turriani, cit.,
I, cap. 29; P. DOMENICO DA S. EUSANIO,
L’Abruzzo Aquilano Santo, col. II,
ediz. 1869, p. 85.
(128) GB. COTTA,
op. cit., I, cap. 24; P. DOMENICO DA S.
EUSANIO, op. cit., II, p. 401.
(129) GB. COTTA, op. cit., I, cap. 24; P. DOMENICO DA S. EUSANIO, op. cit., II, p. 437.
(130) ANTINORI, Vita della B.
Cristina, cit., cap. 17; P. DOMENICO
DA S. EUSANIO, op. cit., II, p. 140.
(131) P. DOMENICO
DA S. EUSANIO, op. cit., II, p. 403.
(132) P. DOMENICO
DA S. EUSANIO, op. cit., II, p. 438.
(133) A. MASCARDI, Vita di Suor Maria Ciampella,
monaca Agostiniana nel convento di S. Amico, Napoli 1726, lib. I, cap. 14; P. DOMENICO DA S. EUSANIO, op. cit.,
II, p. 146.
(134) A. MASCARDI,
op. cit., I, cap. 14. P. DOMENICO DA S.
EUSANIO, op. cit., II, p. 268.
CAP.
XI
COMUNITA’
AGOSTINIANE FIORITE NELL’ABRUZZO AQUILANO
CON
I SANTI ED I BEATI IN ESSE VENERATI
A) MONASTERO E CHIESA DI
S. AMICO NELL’AQUILA
1. MONASTERO
Il Monastero delle Monache Agostiniane di clausura di S. Amico deriva
dal Monastero di S. Nicolò da Intervere (in Villa
S. Blasii de Interveris (135), paese chiamato oggi Tempèra presso
l’Aquila) e colà eretto dal Vescovo Aquilano Pietro nel 1345 con la condizione
che nel caso venisse a mancare un sufficiente numero di monache, si sarebbe
fuso col Convento di S. Onofrio di Collebrincioni. Ma, quando nel 1375 Antonio
Petrone di Paganica ottenne dalla Basilica Vaticana che il palazzo con annessi
giardini, già donato alla medesima dal di lui genitore, si trasformasse in un
Monastero sotto gli auspici del glorioso S. Amico, di cui era devotissimo, il
Vescovo Aquilano Paolo di Bazzano lo destinò alle Monache Agostiniane di Villa S. Blasii de Interveris e ciò avvenne il 1 novembre 1375 (136).
Sin dall’origine in questo Monastero si osservò
2. CHIESA DI
S. AMICO
Contigua al monastero sta la piccola e bella chiesa ad una sola nave dedicata
a S. Amico, la cui festività da
secoli (141)
si celebra con grande pompa e concorso di popolo il 3 novembre. Alla Chiesa si
accede internamente, mentre quando è aperta al pubblico si passa da una porta
che sta sotto un portico a destra nell’atrio del cortile. Sulla porta e in una
lunetta sono dipinte a fresco quattro sacre figure che il Leosini giudica della
scuola degli ultimi giotteschi (142). Raffigurano la Vergine con il Bambino,
fiancheggiati da S. Agostino e da S. Possidio, che fu il primo biografo di S.
Agostino. Alla base 5 pregevoli figurine. Nell’interno, sull’altar maggiore
altro pregevole affresco rappresenta la Madonna
della neve, attribuito a Giov. Antonio
da Lucoli, detto il Percossa,
allievo, secondo alcuni, del Perugino e, secondo altri, del Botticelli.
Rappresenta la Vergine col Bambino lattante in atteggiamento nobile e decoroso,
con movemza dolce e graziosa. Il fondo è poi fiorito di stelle, con due angeli
adoranti. E’ memoria che questa Sacra Immagine, venerata da antichi tempi come
miracolosa e già situata nel muro esterno della chiesa, fosse trasportata per
straordinari prodigi il 9 giugno 1626 nell’attuale cappella del titolare S.
Amico e poi fatta collocare ove ora si trova, sull’altare maggiore il giugno
1669 da Suor Maria Teresa Ciampella, Agostiniana, che, a sue spese, volle
restaurare e arricchire la chiesa del monastero (143). Gli Aquilani venerano con
molta devozione la Madonna della Neve
e la festeggiano solennemente ogni anno il 5 agosto per due ricordi storici
funesti, nei quali il monastero rimase provvidenzialmente incolume: la peste
del 1656 ed il terremoto del 1703. Di mano posteriore, cioè del sec. XVI, sono
i quadri rappresentanti la Visitazione, copia di quella che Raffaello dipinse
per
3.
Mattia (o Mattiuccia) de’ Ciccarelli, nata a Lucoli, in frazione Villa
del Colle (1480), fu la Serva di Dio che visse e morì (1543) nel monastero di
S. Lucia dell’Aquila e poi proclamata Beata; dopo che fu soppresso il monastero
suddetto, le di lei sacre reliquie furono, come abbiamo cennato, traslate e
deposte nella chiesa di S. Amico in elegante e visibile urna a vetri. Non
intendiamo diffonderci sui particolari religiosi della vita claustrale di questa Beata, rimandando lo studioso
alla ricca bibliografia che la riguarda (145), mentre riteniamo interessante
riferire sull’istruttoria fatta dalla Sacra Congregazione dei Riti sul titolo
di Beata, attribuitole subito dopo la morte (146) e che la SGR riconosceva con
suo decreto 15 gennaio 1841 (cfr. in Appendice
la copia di detto Decreto rilasciataci, a nostra richiesta, dall’Autorità
Ecclesistica).
B) MONASTERO E SANTUARIO
DI S. RITA IN CASCIA
1. MONASTERO
V’ha un monastero di clausura papale
che rimonta a sette secoli indietro. Parte di esso si conserva come ai
tempi di S. Rita, mentre la parte esterna del vasto fabbricato e gran parte
dell’interno furono costruite a spese di Giovanni V, re di Portogallo, per
gratitudine verso la Santa che lo aveva guarito da una grave infermità. Detto
re spese all’uopo una somma superiore a tredicimila scudi e la costruzione fu
effettuata tra il 1747 e il 1752, come si rileva da una lapide sul portone con
lo stemma di casa Braganza (150). Nell’interno del monastero sono degni di
osservazione:
a) il cortile del sec. XV con scala esterna, ricoperta da un piccolo
tetto sostenuto da due archi, a mezzo del quale si accede al piano superiore
ove, attraverso un loggiato, si trovano:
b) il coro, le cui pareti furono affrescate mirabilmente nel
1952;
c) la cella, piccola e
modesta, trasformata in oratorio, ove notasi a sinistra il finestrino primitivo
da cui prende luce l’ambiente, un affresco
raffigurante Santa Rita e il sarcofago
in legno scolpito, un vero gioiello d’arte, ricco di pitture attribuite a
“mastro Antonio Sparapane da Norcia ed eseguite nel 1457. Tra queste, sul
coperchio, la Santa distesa sopra un tappeto e ravvolta nell’originale
mantello. Proseguendo, attraverso altri ambienti si giunge al
d) romitaggio, dove era solita appartarsi in preghiera la Santa:
ivi su una parete si vede affrescata una immagine del Crocifisso, dalla cui
corona la notte del 14 aprile (venerdì Santo) si staccò una spina che andò a
ferire Santa Rita sulla fronte, presso l’occhio sinistro. Si prosegue per
e) la sacrestia, ove
trovansi interessanti suppellettili.
In questo monastero permane ancora lo spirito dei cinque secoli
trascorsi […]
2. SANTUARIO DI S. RITA DA CASCIA
Nel paese alto annessa al Monastero con l’antica Chiesa già dedicata a
S. Maria Maddalena ed officiata dalle Monache Benedettine. Nel 1330 passò alle
Agostiniane. Demolita nel 1563 perchè insufficiente al culto della Santa, se ne
edificò una seconda, che rovinò totalmente per il terremoto del 1703 (151).
Di questa rimangono gli attuali due portali in travertino (1499-1577). La
chiesa, come oggi (1943) si presenta all’esterno e nell’interno, fu costruita
tra il 1704 e il 1707 su disegno dell’architetto Francesco Antonio Bufalini.
Nell’interno, a sinistra, tela ad olio (1577): Crocifisso con angeli; ai piedi della Croce, si vedono la
Vergine, S. Maria Maddalena, S. Elena, S. Agostino e S. Rita. Come sottoquadro
una tavola a tempera con fondo dorato di Benozzo Gozzoli, nella quale è
rappresentata la Madonna che prende i fiori da un vaso alla sua sinistra e li
dà al Bambino Gesù, ritto sulle sue ginocchia, il quale a sua volta li porge a
S. Rita, mentre S. Nicola da Bari e gli Agostiniani B. Simone Fidati e B.
Ugolino aspettano il medesimo rito. Il secondo altare è dedicato alla Madonna del Buon Consiglio: sopra la
cimasa della cornice del dipinto è quella tavola che servì da coperchio alla
cassa ove fu posta la salma della Santa e ivi è disegnata la vera effigie di
Lei. Sull’altare maggiore (1925) un medaglione in bronzo raffigura la Santa
nell’atto di sanare alcuni infermi
supplicanti. Dietro una grata di ferro la Salma incorrotta della Santa,
traslata nella Chiesa fin dal 1595. Sopra la grata, una tela del romano Tito Troia (1889): la Santa che riceve
a) la vite che, per ubbidienza della Santa all’Abbadessa, venne
fuori dall’annaffiamento giornaliero di un tronco morto. La vite mette ogni anno
tralci e foglie e produce tra ottobre e novembre uva squisita, che viene inviata al Pontefice, ai
Cardinali della Regione Umbra, al Vescovo della Diocesi, ai Superiori
dell’Ordine in segno della protezione della Santa;
b) le sette api che, annidate presso la tomba della Santa (153),
escono dalle sovrapposte intonacature nel giorno della Passione per ritornarvi
la sera del 22 maggio, anniversario della morte della Stigmatizzata, mentre
cessano le sacre funzioni;
c) le rose qui trapiantate dall’orticello di Roccaporena e a cui
si ricollega la pia leggenda di una
rosa bellissima che in pieno inverno una congiunta della Santa le recò sul
letto di morte per desiderio di Lei. Oggi le foglie di queste rose poste in
buste son distribuite per devozione ai fedeli. Rita passò alla vita celeste nel
1434, cioè dieci anni prima dell’altro taumaturgo S. Bernardino da Siena, morto
nell’Aquila, appunto il 20 maggio 1444. […] Fu beatificata da Papa Clemente XII
(Corsini, 1730-40) e canonizzata da
papa Leone XIII (Pecci, 1878-1903) (154).
C) IN MONTEREALE
(Capoluogo)
1. CONVENTO
E SANTUARIO DEL BEATO ANDREA
Secondo accennammo all’inizio di questo studio, il
Convento degli Agostiniani è l’unico che prosperi ancora non solo
nell’Aquilano, ma nell’intiera regione dell’Abruzzo. Purtroppo, nonostante le
nostre diligenti ricerche, effettuate nel corso degli anni, nulla di preciso
abbiamo potuto rintracciare sull’origine del Convento. Tale mancanza di notizie
molto si collega al fatto che Montereale paese, come territorio amministrativo
oggi fa parte della Provincia di Aquila e confina con la Provincia di Rieti,
mentre come giurisdizione
ecclesiastica, non dipende dalla
Diocesi dell’Aquila, ma da quella di Rieti.
a) Dato di fatto incontroverso sull’esistenza in
Montereale di un convento di S.
Agostino è questo: che quivi il 20
luglio 1358 si adunò il Capitolo
provinciale della Provincia Umbra (155);
b) Dato di fatto probabile è invece quello che deriva da
una lapide posta sulla parete destra dell’odierna Chiesa del B. Andrea (annessa
ab immemorabili al Convento odierno
omonimo). In questa lapide si legge che il Tempio fu nel 1000 dedicato a S.
Agostino, Vescovo d’Ippona. Ciò è dato di fatto probabile, in quanto prima
della fondazione dell’Aquila (1254) e prima della costituzione di un Ordine
Agostiniano (bolla papale 9 aprile 1256), nella zona Aquilana (secondo afferma la tradizione)
esistevano chierici e laici seguaci della Regola di S. Agostino, noti da noi col nome di “Padri Eremitani umili”, i quali erano
riuniti in Conventi e, in ogni località in cui vivevano, avevano eretto Chiese
in onore di S. Agostino. All’infuori di questi due dati di fatto, nulla ci ha
offerto di utile sin qui la consultazione di tutti gli atti relativi alla
soppressione del Convento, (con decreto del 7 agosto 1809 di Gioacchino Murat,
re di Napoli, nei cui regno era allora compresa verso i confini del Nord, la
comunità di Montereale) esistenti nell’Archivio Provinciale di Stato,
all’infuori della notizia che nell’Archivio Conventuale Agostiniano di
Montereale si conservano pergamene, oltre a libri di amministrazione e a
scritture varie, peraltro andate disperse. Utile invece a conoscersi è che tra
i detti atti trovasi l’inventario della Biblioteca conventuale, andata anch’essa
dispersa, al contrario di quelle dei
Conventi di S. Antonio (Minori conventuali) e di Santa Croce (Minori
Cappuccini), ambedue già esistenti in Montereale, Biblioteche che furono
accentrate l’anno 1876 nella Tommasiana di Aquila (156). Quando poi si rifletta che
convento e chiesa furono gravemente danneggiati dai terremoti del 1691 e del
1703 (v. lapide in APPENDICE n.
III), e che soggiacquero ad altre calamità, oltre ai moti politici, si deve
purtroppo concludere che al presente è difficile avere altre relative notizie.
Oltre i ricordi sull’origine del convento, pochi sono pertanto quelli che
abbiamo potuto rintracciare sulla storia di esso, fino alla ricordata
soppressione del 1809, all’infuori di quanto può desumersi dagli scrittori
specifici della vita del B. Andrea e dai nostri accenni ad essa di cui qui appresso, nella trattazione sui
Religiosi illustri che nel Convento vissero e su un dato storico di curiosità,
la permanenza per alcuni anni nel convento dei Minori Conventuali (157). Relativamente agli inventari la cui
esistenza è ricordata nella nota 156, aggiungiamo che essi furono redatti in
Montereale il 27 settembre e il 4 ottobre 1809 ad opera dei signori Francesco
Saverio Ricci, Giovanni Antonio Tasca, del sindaco Francesco Mevi e del Ricevitore
del Demanio Sig. Bernardino Fabio Ricci, delegati in esecuzione del Real
dispaccio 7 agosto 1809. Dal complesso di tali inventari si rileva che fu
lasciato alle persone fisiche dei religiosi quel che non fu avocato dallo Stato
e che gli Agostiniani lasciarono il loro Convento e l’officiatura della annessa
loro Chiesa il 4 ottotre
2. RELIGIOSI
ILLUSTRI VISSUTI NEL CONVENTO
Ricordiamo i seguenti
nomi:
a) Sante Riccitelli nato a Montereale e visuto nel secolo XVI, teologo di
chiara fama (158).
Fu nel 1575 lettore e predicatore nel Convento Agostiniano di Verona; nel 1578
fu reggente degli studi a Pavia; nel 1592 Provinciale dell’Umbria; nel 1598
intervenne nel Capitolo generale come rappresentante della Sardegna e fu eletto
assistente del Priore Generale per l’Italia. Morì nel 1600. Scrisse un
“Compendio della Vita del B. Andrea da Montereale”, da noi già riportata nella
Bibliografia del B. Andrea. Il nipote Giovanni pubblicò una sua opera postuma: Lezioni sul miserere, Roma 1603. Tale
opera fu da lui scritta a Venezia, quando la peste desolava l’Italia. Il cav. Marini premise all’edizione un sonetto
che incomincia: “Quei del poeta Ebreo sospiri ardenti...”.
b) Sante
Alessi di Montereale (1491-1561) (159).
Ebbe importanti cariche nell’Ordine e fu quindici anni pubblico lettore di
filosofia nello Studio di Perugia. Si narra che chiamato dal Papa Pio IV (de’
Medici, 1559-1565) a rivestire una carica nella Corte Pontificia, abbia
risposto che lo studio e la quiete tenevano luogo di ogni dignità. Scrisse
un’opera sulla filosofia Aristotelica.
3. VICENDE
STORICHE DEL CONVENTO
aa) Circa
la permanenza dei Minori Conventuali, verificatasi
dal 1820 fino alla seconda soppressione degli Ordini religiosi (1866), fa
d’uopo segnalare le vicende storiche relative a quelli. Dopo la soppressione
del 1809, essendo rimasto sempre vivo l’affetto verso gli Agostiniani e alla
memoria del B. Andrea, quando ebbe luogo la cosidetta reazione ed il Re delle
Due Sicilie tornò sul trono di Napoli, la popolazione dovette sollecitare
l’Ordine Agostiniano per la riapertura del Convento, come anche recentemente
(1941) ebbe di nuovo a verificarsi, ma allora, non avendo l’ordine
disponibilità di personale, si dovette ricorrere ai Francescani detti Minori
Conventuali (pur essi Religiosi
vestiti di nero, con foggia somigliante a quella degli Agostiniani, variante
solo nella cintura che invece di essere di cuoio tinto di nero, è per essi
formata da un cordone bianco ad uso Francescano), i quali godevano anche
affetti e tradizioni nel paese e nella zona. Detti Minori Conventuali, in virtù
di decreto 20 aprile 1820 del Re delle Due Sicilie (160), furono autorizzati a riaprire
il Convento e l’annessa chiesa di S. Francesco (oggi detti beni sono passati in
proprietà degli eredi di Domenico Canali) e ad officiare di nuovo la chiesa di
S. Maria di Piazza. Per desiderio di popolo dovettero ad un certo momento
riofficiare anche la chiesa del B. Andrea e successivamente trasferirsi nel
convento degli Agostiniani (in tutto o in parte non sappiamo). Dell’officiatura
della chiesa da parte loro, v’ha un ricordo nella sacrestia, ove nel riquadro
del soffitto è dipinto rozzamente un San Francesco stigmatizzato in orazione e
v’ha pure un ricordo sulla volta della chiesa, ove notasi un emblema
dell’Ordine francescano dipinto (1894) dal pittore aquilano Rubei. E poichè in
tale anno i Minori Conventuali non v’erano più, ciò fu frutto di un errore
storico da parte di chi commissionò il lavoro pittorico. Esistono altri ricordi
del passaggio Francescano, quali una statua lignea di S. Antonio di Padova, di
buona fattura collocata nel primo altare di fronte, nonché alcune suppellettili
ed arredi sacri conservati in sacrestia. Suppellettii ed arredi sacri
appartenenti agli Agostiniani prima della loro soppressione si trovano invece
nella Parrocchiale di S. Maria.
bb)
Chiuderemo con l’aggiungere che il convento, divenuto proprietà demaniale, dopo
il 1886 fu ceduto dallo Stato al Comune e da questo, trasformato nel suo
attuale aspetto, e con le opportune modifiche ed ampliamenti, nel 6 febbraio
1941, come dicemmo, è stato in parte riceduto in uso all’Ordine Agostiniano dal
Comune stesso, resosi interprete, con l’appoggio autorevole del Prefetto,
della, volontà e del sentimento di tutto il popolo, sia come capoluogo, e sia
come frazioni (ville) vicine. Oggi il convento dipende gerarchicamente dalla
Provincia Agostiniana delle Marche, con sede a Tolentino; ne fu Priore il Padre
Maestro Fr. Mariano Tomassini, già parroco di S. Agostino in Roma, e a cui si
deve in gran parte la riapertura dello stesso convento di Montereale, avendo
detto Religioso seguito l’impulso di ritirarsi a Montereale per affetto verso la
grande figura del Beato Andrea (161).
cc) Notizie
sulla consistenza ed importanza del Convento prima della soppressione si son
desunte dalla Relazione, più volte
citata, fatta nel 1650 dal Priore del Convento, dietro ordine del Provinciale
dell’Umbria, al Pontefice Innocenzo X (162). Nel 1650 il convento si trovava, come
oggidì, nell’interno “dell’abitato della terra di Montereale”, corrispondendo sulla strada pubblica
“bonissimo sito”. “Aveva cinque
loggiati; tre appartenenti da basso a piede piano con una camera di giusta
grandezza e due altre sopra, con un dormitorio. Da una parte sette abitazioni,
cioè sala e camera; e dall’altra parte quattro abitazioni composte pure di una
sala e camera. Al fine del dormitorio vi è un altra stanziola dove si conservano
tutti li libri lasciati dai Padri Maestri, morti nel Convento, alla detta
libreria. Sotto l’appartamento da basso, detto di sopra, vi sono sei stanzine a volta quali servono parte per cantine e parte
per tenere legna. Appresso dette stanze vi è una stalla assieme con una
loggetta, quale serve per tener paglia e fieno. Nella parte di sopra a piede
piano, vicino all’entrata del Convento, vi è una stanza in volta dove si
conservano li grani, legnami, olio, sale, carne salata ed altre robbe, e si
chiama granaro. Nell’istesso appartamento vi è il refettorio con una bellissima
volta dipinta; d’incontro vi è la dispensa; ai piedi la scala del dormitorio.
Qui è una stanza qual prima serviva per cucina ed ora serve per passo per
andare in cucina, quale seguita dopo quella. Vi sono tre orti attaccati al
convento de’ quali non si cava danaro nisuno, servono solo per erbaggi e
comodità dei Padri”. La relazione prosegue enumerando una cospicua serie di
possessi nel territorio e nelle ville di terreni lavorativi, terreni a pascolo,
vigne, alberi, boschi, case e casette date in affitto, ecc., e oltre tutto ciò,
rammenta che il Convento possedeva una Chiesa dal titolo di S. Antonio Abate e
la Chiesa di S. Giovanni in Laterano con alcuni pezzetti di terre “prati e
selve”. E’ ricordato altresì nella Relazione che non vi era stato mai un numero
prefisso di Religiosi, avendovi dormito, quando nove e quando dieci frati e che
sul momento vi dormono il p. Fr. Agostino Circio da Montereale, Priore e
sacerdote, il p. Baccelliere Fr. Giovanni Sabbatutii da Montereale, sacerdote,
il Fr. Carlo Memi da Montereale, sacerdote, Fr. Felice da Montereale ed uno
scolaro cieco “e si chiama Giovanni Amiralio qual ha servito in questo convento
circa trent’anni e vi ha perso la luce”.
4. SANTUARIO DEL B. ANDREA
La
chiesa del B. Andrea (di S. Agostino) è di origine remota e sembra si chiamasse
S. Angelo. E in considerazione di ciò il giorno di S. Michele Arcangelo (29
settembre) si svolgeva avanti a detta chiesa e convento una fiera (conforme
oggi si pratica, ma nella parte bassa del paese). “La Chiesa è d’una navata
sola e competentemente grande fabbrica antica per quanto si giudica; have nove
altari comumerativi. L’altar maggiore dove del continovo si conserva il
Santissimo e si celebrano Messe ogni giorno. Have il Choro di proporzionata
grandezza adorno di sedie di noce, provvisto di libri del canto fermo, cioè due
antifonarii, un graduale ed un salterio tutti di cartepecora e scritti a mano e
del continovo si recitano li divini Officii” (163), e dell’antica si conservano
una base di acquasantiera a destra, dopo l’attuale porta d’ingresso, e due
leoncini in pietra che dovevano sostenere colonne di un portico e si trovano
all’inizio della scala che conduce al Comune (ex Convento). Da tali avanzi si può
desumere che lo stile della chiesa fosse romanico-gotico. I terremoti del 1691
e del 1703, l’uno più grave dell’altro, la distrussero in gran parte insieme al
convento. La facciata trovavasi allora in senso longitudinale, come tuttora può
osservarsi dall’esterno e dalla stessa disposizione interna e da una croce in
pietra che corre lungo tutto il pavimento della Chiesa. Oggi l’ingresso è stato
portato dalla parete frontale a quella laterale, e sul timpano leggesi l’anno
1740, data dell’ultima ricostruzione. La chiesa è ad una sola navata con cinque
altari: uno (maggiore) sotto l’abside centrale (ove è l’ex coro dei monaci) e
gli altri quattro nelle pareti laterali, due per parte. In quello a destra per
chi entra, e dietro il paliotto si conserva una cassa lignea scolpita con
stemma degli estinti Ricci di Mopolino (Capitignano), ove fu racchiusa la salma
del Beato Andrea. In più, di fronte all’ingresso nella chiesa, sta il
“cappellone” del Beato Andrea, cappella ricca di eleganti stucchi e con
affreschi ai quattro lati raffiguranti miracoli compiuti dal B. Andrea; termina
a cupola. Esso è diviso dalla navata a mezzo di una balaustra in marmo di
colore, sormontata a sua volta da robusta cancellata in ferro battuto con
guarnizioni di ottone (164). In mezzo, nel suo interno, trovasi il deposito del Beato Andrea, e fu
costruito insieme con la cappella nel 1749. Esso consiste in un piccolo
mausoleo, un tutto armonico di pura arte Abruzzese, animato da eleganti
ornamentazioni di paraste terminanti in graziosi capitelli corinzi e da
delicati fregi sovrastati da un cornicione. Ai lati due porticine di accesso.
Tre pareti sono in blocchi di pietra Aquilana, mentre quella prospicente a chi
guarda, rivestita da ricchi marmi colorati, termina in un timpano spezzato, ove
sta una piccola nicchia chiusa da una tavoletta, sulla quale è dipinto il noto
monogramma di San Bernardino da Siena. Ed il ricordo di tale Santo ci richiama
al di lui deposito che ammirasi nella chiesa di San Bernardino all’Aquila e che
presenta col nostro alcune analogie tanto da poterlo considerare quasi
un’imitazione di quello. Dietro l’altare, pur esso di pregevole marmo,
all’altezza del medesimo, sta un’ampia apertura rettangolare, munita di
inferriata artistica, dalla quale lo sguardo può ammirare nell’interno la ricca
e pregevole urna, in cui sono contenuti i resti mortali del Beato. Alla parte
opposta sta un’altra ampia apertura, munita pur essa di inferriata artistica,
donde può osservarsi la stessa urna. Fiancheggiano in basso dell’altare due
grandi stemmi di Montereale in pietra Aquilana (tre monti sovrastati da corona
reale e da un giglio fiorentino). Al deposito si accede dalla porticina a
destra, che si apre con tre chiavi, e ciò avviene in determinate solennità o
quando il Priore del convento lo concede. Entrando nel deposito sarà facile
osservare nei dettagli la massiccia artistica arca od urna in argento con
riporti in bronzo dorato a fuoco e con cristalli, ove dorme da secoli, in
ottimo stato di conservazione, la salma benedicente del nostro Beato (165).
Detta urna di alto valore artistico, fabbricata a Napoli nel 1784, delle
dimensioni di m. 2 x 1,50 x 0,80 e del peso di oltre un quintale, è finemente
modellata e cesellata, anche nei dettagli. Ai quattro lati in angolo possiamo
ammirare altrettante teste di cherubini in argento. La cornice che gira intorno
e trattiene i cristalli delle pareti è cesellata a baccelli incavati. Nel
centro superiore da ogni lato notasi una cimasa con bel risalto, mentre nella
parte inferiore in corrispondenza si osservano due stemmi l’uno della Comunitas Montis Regalis e l’altro dei
Marchesi Savorelli, imparentati con i Ricci di Mopolino (frazione, come si è
detto, di Capitignano). La parte superiore è costituita da una specie di
coperchio, in forma triangolare, sollevato verso il centro e culminante in due
bellissimi puttini di argento massiccio, i quali, a loro volta, sorreggono gli
emblemi dell’Ordine Agostiniano, cioè una stola ed un libro. Rientrati nella
navata, ciò che colpisce è la grandiosa abside, in mezzo di cui è l’altare e,
lateralmente dalla parte dell’ingresso, in fondo, l’altro altare di S. Antonio
Abate e quello di S. Nicola da Tolentino, ambedue sormontati da quadri di detti
Santi di buona fattura del ‘600. Dalla parte della cappella del Beato Andrea,
ancora due altari, l’uno a destra dedicato alla Madonna della Cintura
(Agostiniana), di cui ammirasi la bella statua vestita di seta celeste a
fiorami e custodita in sopraelevata urna a vetri e l’altro altare a sinistra
dedicato al francescano S. Antonio; il taumaturgo è rappresentato in una bella
statua lignea massiccia del ‘700, qui trasferita da altra chiesa locale, forse
dopo la soppressione del 1860. Non dobbiamo mancare di segnalare la bella
epigrafe incisa su pietra Aquilana e contenuta in una specie di gran quadro con
ornamentazioni a stucco, raffiguranti gli emblemi dell’Ordine: in mezzo
un’icona ovale con l’effigie del Beato. La epigrafe trovasi nella parete di
fronte all’altare maggiore, a destra entrando, a oltre tre metri dal suolo: la
detta epigrafe ricorda la erezione nuova della chiesa, avvenuta dopo il
terremoto del 1703 e propriamente negli anni 1726 e 1727 (166). E’ pure interessante leggere
un decreto di Re Ferdinando IV delle Due Sicilie (1789), seguito da un decreto
di esecuzione degli ordini reali da parte di Gaetano Celentano, governatore
della Regia Curia della città di Montereale (16 aprile 1789), contenente le
norme disciplinanti l’apertura del deposito a quell’epoca. Nel Real dispaccio
la cappella del Beato è definita “il santuario del Beato Andrea”. Detti documenti sono stati incisi in
pietra locale del tempo e si leggono a sinistra della cancellata (167).
La chiesa fu restaurata e decorata nel 1894 e ridipinta a fresco dal pittore
Emilio Rubei nella volta e nell’abside, in cui sono raffigurati miracoli
compiuti dal Beato Andrea. Nel pavimento è il Sepolcro comune ai Religiosi
Agostiniani (1727).
5. BEATO ANDREA DA MONTEREALE (1397-1480)
Come nell’Aquila si è verificato
che il Beato Antonio (Turriani), nativo di Milano, per esser morto in quella
città è noto come il Beato Antonio dell’Aquila, così il B. Andrea nativo di
Mascioni (fraz. di Campotosto) per aver vestito l’abito religioso nel convento
di Montereale e per avervi dimorato gran parte della vita ed esservi
morto, è stato designato ad è noto come il B. Andrea da Montereale (168).
Molti hanno scritto sul Beato (169) e si attende una nuova vita dal più
autorevole, che del suo amore per il rifiorire del convento del B. Andrea e del
culto del Beato ha fatto lo scopo finale della sua vita terrena, alludiamo al
P. Maestro Fr. Mariano Tomassini, attuale Priore del convento. Anche noi che
della vita del Beato fummo e siamo studiosi, stralciamo qualche notizia intorno
a Lui dal precedente nostro lavoro, già citato; ma s’intende, con qualche
modifica, suggeritaci dal più maturo
studio. Nel 1411 fu accolto nel convento di Montereale un giovinetto di 14
anni, un pastorello di nome Andrea Artesi, nato nel
____________________________
(135) CASSESE, Guida cit., VI, p. I, p. 78.
(136) G. RIVERA, Catalogo delle
scritture, cit., 1901, II, p. 53, nota 120.
(137) GB. COTTA, op. cit.
(138) MURATORI, Antiquitates
cit., vol. V, col. 54ss e per regesto di altri documenti relativi cfr. anche l’ANTINORI, Monumenti cit., vol. 47, p. 51ss.
(139) Nell’Archivio del monastero si conserva pure qualche
antico regesto rilegato in pergamena, ove si trovano indicazioni delle nobili patrizie aquilane consacratesi
al Signore insieme ad altre distinte fanciulle dell’Abruzzo e, tra tutte, di
coloro che emersero per fama di santità.
(140) A proposito di tale trasferimento è da rammentare che
alcuni anni dopo le Monache di S. Lucia furono autorizzate a riaprire
l’originario Monastero nel quale rimasero fino alla nuova soppressione in cui,
per intervento dell’autorità locale del tempo, furono fatte ricoverare, e
questa volta definitivamente, nel Monastero di S. Amico. Per ulteriori ricerche cfr. l’Archivio della Curia
Arcivescovile dell’Aquila.
(141) BUCCIO DI
RANALLO, Cronaca Aquilana rimata, Roma 1907, pp. 132-134. Circa l’uso del nome
di Amico nell’Aquila, esso era molto diffuso nel passato. Valga il ricordo del
maggiore dei Vescovi Aquilani, cioè l’Agnifili, coevo di Fr. Giacomo Oliva e
che morì cardinale nel 1476.
(142) Cfr. A. LEOSINI,
op. cit., p. 92; M. ODDO BONAFEDE, Guida della città dell’Aquila, Aquila
1888, p. 146.
(143) Cfr. A.
LEOSINI, op. e l. cit.
(144) L. RIVERA, Raffaello e
varie memorie attinenti all’Abruzzo e a Roma, nel Bullettino, cit., serie III,
a. XI-XII, 1920-22, pp. 351-352.
(145) Cfr. A. ANTINORI, Vita
della B. Cristina, già nel secolo Mattia de’ Ciccarelli di Lucoli, Religiosa
Agostiniana nel Monistero di S. Lucia dell’Aquila, Roma 1740, p. 138; HERRERA, Alphabetum cit., I, p. 143; PORTILLO, op. cit., I, pp. 180-196; GB. COTTA, Poema: B. Rita da Cascia;
P. DOMENICO DA S. EUSANIO, op. cit.;
E. MATURO, op. cit., pp. 41-54, 89-90 e indice, pp. 182-183; E. FIORENZA, Vita della B. Cristina in ottava rima, s. d.; Cfr. altresì: C. CURZIO (istoriografo Agostiniano) Vita della Beata Cristina; SEMPLICIANO
DI SAN MARTINO; G. P. INTERVERI,
Aquilano, Vita della Beata Cristina; TORELLI, op. cit., VII, n. 16; COTTA, Vita del Beato Turriani, cit. I, p. 49; C. CREMONA,
(146) La prima notizia del titolo di Beata, attribuito a
Suor Cristina Ciccarelli da Lucoli, è data dall’ANTINORI nella Vita di lei, a pag. 126, laddove riferisce che nel
1634 le due consorelle Suor Aurelia Rivera e Suor Monica Antonelli
testimoniarono ciò, anche per il culto prestato all’altro Agostiniano, il B.
Antonio Turriani.
(147) Per il riconoscimento del titolo di Beata, altre la
consultazione di quanto trovasi raccolto in merito nei due Archivi testè
citati, cfr. ANALECTA AUG., XVI
(1937-38), p. 412. Inoltre nell’Archivio S.C.R., al n. 39 dei decreti 1840-41,
trovasi l’originale Decreto relativo alla Beata Cristina, di cui sopra abbiamo
trattato, nonché la posizione che riguarda l’Aquilana, ecc. Per il decreto o Aquilana
della conferma del culto ab
immemorabili prestato alla Beata, v. Appendice, doc. VII. Il decreto stesso che venne
dato alle stampe in Roma nel 1841, è qui riprodotto nella solenne occasione del
centenario. Nell’Archivio S.C.R. è altresì il Summarium, donde a p. 16, n. 9 si ricava che nell’Archivio
Episcopale furono rinvenute le relazioni fatte dai vescovi ad sacra limina, in esse si menziona la Serva di Dio come Beata e
si ricorda il di Lei Corpo, venerato nella chiesa di S. Lucia entro il relativo
deposito.
(148) Summarium, pp. 4-5, leggesi la relazione del 20 marzo 1838 dei
pittori
(149) Per l’officiolo detto della B. Cristina cfr. Bollettino Storico cit., serie II, a.
XIX, 1907, p. 237, nota. Inoltre cfr.
Bollettino Storico cit., serie III, a. XI-XIII, 1920-22, p. 381. GB. MANIERI, Catalogo-inventario del Museo Civico Aquilano, Aquila 1920, p. 27.
(150) Per la riproduzione fotografica della facciata del
Monastero quale appariva nel 1932, cfr. MATURO,
op. cit., dopo p. 28.
(151) MATURO, op. cit., p. 41.
(152) Cfr. MATURO,
op. cit., p. 46. Le statue furono eseguite dal Savini nel 1707. Al medesimo
artista appartengono i numerosi stucchi: dopo p. 36, quella della nuova
facciata; dopo p. 52 del corpo e urna di S. Rita; dopo p. 100 dell’interno;
dopo p. 124 del sarcofago ove fu rinchiuso il corpo dello Santa.
(153) MATURO, op. cit., p. 89.
(154) Per maggiori notizie intorno alla vita della Santa
cfr. P. MARABOTTINI, Vita di S. Rita da Cascia Agostiniana, Roma
(155) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Regesto, Dd. I, f. 71.
(156) Per notizie generiche cfr. CASSESE, Guida cit., VI,
p. II, 51, ove come fonti sono citati: ANTINORI,
Corografia, ms. cit., vol. XXXIV; GIUSTINIANI, Diz. geografico cit., VI, p. 121sg.; MINIERI-RICCIO, Biblioteca
storica cit., p. 404sg.; BINDI, Supplemento cit., p.
(157) E. RICOTTI,
(158) A.
DRAGONETTI, op. cit. p. 224; PERINI, Bibliographia cit., III, p. 119.
(159) A.
DRAGONETTI, op. cit. pp. 198-199; PERINI, Bibliographia cit., I, p. 20.
(160)
Archivio di Stato di Napoli, fasc. 421.
(161)
Al momento in cui vede la luce questo studio il p. Maestro Tomassini è passato
a miglior vita. Cfr. ANALCTA
AUGUSTINIANA, vol. XXII, p. 147.
(162) Arch. Gen. dell’Ordine,
Ii
(163)
Arch. Gen. dell’Ordine, Relazioni, cit., Ii
(164)
La cancellata in ferro massiccio, con fregi in ottone e cancelletto di accesso
all’altare, opera di Mariano Napolione e figli, da Palena, 1720, come rilevasi
da un graffito nel retro di quella lastra superiore di ferro della cancellata
stessa, ove sta il descritto stemma di Montereale, sormontato dalla figura
intiera, pure in ottone, del Beato. Intorno è scritto un pensiero tratto dal Vangelo.
(165)
L. TORELLI, Ristretto delle vite ecc. cit., p. 381: “Mentre giaceva nella bara,
tra l’altra gente che vi si trovava, fu una certa donna, per nome Martomina la
quale piangendo si doleva di non aver mai potuto confessarsi da esso, mentr’era
vivo; ed in questo baciandogli divotamente la mano, alle sue orazioni si
raccomandava. Quand’ecco che, all’improvviso, alza la destra il glorioso Beato
Andrea e dà la benedizione a quella donna devota”. E tuttora osservando le
sacre spoglie mortali del Beato, si rimane colpiti da quella mano destra -
alquanto elevato sul rimanente del corpo - quasi in atto di continua
benedizione ai fedeli che a lui ricorrono e alla buona popolazione di
Montereale, di cui è protettore.
(166)
Vedi APPENDICE, doc. III.
(167)
Vedi APPENDICE. dccc. IV-V.
(168)
Al tempo del B. Andrea, peraltro, i Religiosi nel lasciare il cognome,
prendevano quello del convento in cui vestivano l’abito e di cui si
consideravano figli.
(169)
Ecco una serie di biografie del B. Andrea, in ordine cronologico: AMBROGIO DE CHORA, op. cit., 1481, pp.
114, 227; ALFONSO DE OROZCO; SANTE RICCITELLI, Vita e miracoli del Beato Andrea da Montereale dell’Ord. Erem. di S.
Agostino, Pisa 1614, p. 31: Questa vita è punto di partenza per chi intenda compiere altri studi sul Beato.
La prima edizione, stampata a Perugia nel 1851, contiene una prefazione diretta
dal Maestro Riccitelli al dr. in legge Persio Circi di Montereale e porta la
data 20 novembre 1580. Una III edizione si ebbe in Roma il 1713, riveduta da
Francesco Conzaga; NICOLA CRUSENIO, Monaci Agostiniani, Monaco, vol. III,
1623, Vallespoleto 1890, p. 78; A.
GELSOMINI, Tesoro celeste della
devozione di Maria Vergine ecc., Venezia,
1625, p. 68; CURTIUS CORNELIUS OESA,
Sanctus Nicolaus Tolentinus et alii
eiusdem Ordinis Beati, Antuerpiae 1637 e Munachii
(170)
Sotto lo stesso Papa Clemente XIII,
(171)
Cfr. detto in Biblioteca Angelica di Roma (colloc. Gg., 1-5).
(172)
Cfr. detto in Biblioteca Angelica di Roma (colloc. Gg., 1-6).
(173)
Cfr. Analecta Augustiniana, XVI, 1937-38, p. 399.
APPENDICE
-I-
1476 Julii 2 - Maistro
Jacomo dell’Aquila morse generale in Roma nel 1476 et lassò molti migliara de
ducati de oro, li quali pretendeva haver il nostro Convento de Aquila, ma il
nostro protettore card. Roanno li applicò al Convento de Roma, con li quali
denari fo principiato dicto convento de Roma, il qual convento è obbligato per
dicti denari tucti li frati del nostro convento de Aquila et darli a mangiare
et dormire ecc., como alli frati Conventuali de Roma. Ma il contratto ora non
se trova.
-II-
Aquila, 23 novembre
1687. Si è convocata secondo il solito l’Assemblea della Nobiltà e sono
intervenuti i seguenti… Ai quali è stata fatta proposizione del tenore
seguente, videlicet: Ritrovandosi Monsignor Giuseppe Eusanio, Vescovo di
Porfirio e attuale Sagrista di Sua Santità, e come nativo di luogo circonvicino
del distretto di questo città, desiderando ascriversi alla cittadinanza e
nobiltà della medesima, si propone alle SS. VV. Ill.me; se debba concederseli
detta ascrizione, con tutti gli onori e privilegi soliti godersi dagli altri
primarii gentiluomini e patrizi e se li odierni signori Camerlengo ed Eletti al
Magistrato abino, quando venga affermativamente risoluto, a spedirgliene le
solite lettere testimoniali, conforme lo stile praticato in altre occasioni,
ponghi il suffragio bianco e chi no il negro. Quale proposizione fatta viva voce e con li suffragi tutti
bianchi, è stato risoluto che il sopradetto Monsignor Sagrista si ammetti nella
Cittadinanza e Nobiltà come sopra sta proposto.
(Dal verbale di deliberazione delle Riformazioni o Registri Municipali dell’Aquila, a. 1687)
-III-
1726-1727. Testo di una epigrafe
scolpita in lapide a Montereale nel Santuario del Beato Andrea
sulla parete di fronte all’altar
maggiore (174).
DEO OPTIMO MAXIMO.
Templum hocce Divo Protoparenti Augustino Hipponensium Episcopo Anno Salutis
M... dicatum, ab communi terremotus ariete anno MDCCIII aequatum solo, ac ferme
per quinas olympiades sine fornice, sine pavimento, lugentibus undecumque
parietibus, horrens adhuc et informe relictum, demum ob reverentiam Samnitum
Thaumaturgi, Italiae et Galliarum tempore schismatum Apostoli, Daemonum
Fulminis, pluviarum Fontis ac Freni, infulatus magnanimi Contemptoris,
cunctarumque animae et corporis aegritudinum Eversoris validissimi, Sacrae
Theologiae nec non legis Canonicae olim Magistri incomparabilis, Provinciaeque
Eremitarum Umbriae integerrimi non semel Antistitis, BEATI ANDREAE
de civitate MONTIS REGALIS, cuius hoc loci perantiquam verissimamque spectator
cernis effigiem exhibitam in parvula icone, non secus ac in altari, sacrum a
die obitus MCCCCLXXX publica culti veneratione corporis incorrupti depositum,
piissimae illustrissimaeque Universitatis, et civium frumentariis praesertim
elemosynis, simulque Fratrum Augustinensium huius coenobii aere, sudoribus ac
industria restauratur, absolvitur, exornatur, animos movente eiusdem Servi Dei
jam per anni unius cum dimidio periodum episcopalibus processibus, typisque
mandata dexterae, capitis, pectorisque MDCCXXVI et XXVII mira elevatione.
IV-V
1789, 11 aprile.
Dispaccio del re Ferdinando IV con le disposizioni da osservarsi nel Santuario
del Beato Andrea circa l’apertura del deposito del sacro Corpo di Lui e le
inerenti modalità.
1789, 16 aprile.
Decreto del Governatore di Montereale Gaetano Celentano per l’esecuzione del
detto R. Dispaccio e comminante le sanzioni agli inadempienti.
(I due documenti sono scolpiti in una
lapide a sinistra di chi guarda il deposito del B. Andrea, nel Santuario di
Montereale).
FERDINANDO IV, Re
dell’una e dell’altra Sicilia e di Gerusalemme, Infante di Spagna ecc, con
Reale Dispaccio dell’11 aprile
Die decimasexta mensis aprilis
-VI-
Inventario (VII) dei locali con esatta
descrizione del Convento e la Chiesa di S. Agostino in Montereale redatto il 4
ottobre
Il
Convento di S. Agostino della città di Montereale è situato in mezzo di quella,
e propriamente nella pubblica di lei strada, nomata la strada, ossia in quella,
che avendo principio dalla pubblica sua piazza proseguendo per linea retta,
conduce al borgo; ed ha per composizione basso ed ordinario fabbricato. Il CONVENTO consiste nel primo piano: in un
picciolo cortile, che con una porta corrisponde direttamente all’orto, e con
un’altra simile alla cucina, legnara e campanile. In un corridoio con cinque
piccioli camerini abitabili, ed altri simili, ma un po’ oscuro destinato per il
ricovero dei polli, corrispondenti a detta strada. In due cucine, granaio,
refettorio ed un altro ristrettissimo stangiolino con comodo a capo di pestar
l’uva, siti tutti verso l’occidente ossia l’orto dell’enunciato convento. Di
più in un camerone fabbricato di poco ed un altro simile alquanto oscuro
esistenti sotto l’enunciata torre, ossia verso l’occidente come sopra. E
finalmente in un’altra camera verso la medesima strada destinata al
mantenimento delle legne, stalla e cantina. Il succennato Convento ritiene al
disopra poi un altro corridore non molto grande con tre camere abitabili verso
occidente, ossia detto orto, ed un’altra camera con due porte, in oggi
inabitabile verso la strada predetta. Annessa al nomato Convento, ossi ala
divisata pubblica strada ritiene
- VII -
DECRETUM
AQUILANA Confirmationis
cultus ab immemorabili praestiti Servae Dei CHRISTINAE DE CICCARELLIS
sanctimoniali Ordinis Eremitarum S. Augustini BEATAE NUNCUPATAE
Lucolis,
quod est Oppidum in Aquilana Diocesi, ex familia de Ciccarellis progenita est
Mathia virgo, quae ab ineunte aetate praeclara pietatis, modestiae, saeculique
contemptus specimina edere coepit, adolescens caelesti voci obtemperans Aquilam
profecta est, ibique inter Sanctimoniales Asceterii Sanctae Luciae Ordinis
Eremitarum Sancti Augustini religiosum induit habitum, et Christinae nomen
assumens solemnia vota Deo nuncupavit. Aretius ita Christo Sponso conjuncta
virtutibus omnibus praefulsit, pietate potissimum in pauperes, atque humilitate
erga omnes. Orationi quum assidue instaret, non raro in extasim rapta, multa
prophetico spiritu praedixit, variisque, uti fertur, miraculis coruscavit. Jugi
poenitentia, omnique asperitatem genere corpus in servitutem redegit, donec
diversis gravata morbis ac dentium praecipue, laterumque doloribus vexata, et
tandem ad extremum adducta sancto fine quievit quintodecimo Kalendas Februarias
Anno MDXLIII. Virginis obitum in triviis pueri qua clamore, qua cantu
divulgarunt; eo praeconio exciti Aquilani omnes ad asceterium accurrentes stupore
attoniti, Christinae Corpus venerari
coeperunt. Qui Cultus in eodem semper splendore persistens ad haec usque
tempora dimanavit: hinc Scriptores plures Christinam Beatae titulo decorant, sepulchrum elatum, ut Fidelium pietati
pateret, mortales exuviae publicae venerationi exhibitae, eleemosynae oblatae
ad explenda sacrificia in peculiari ipsius ara. Sacellum apposite exstructum,
visitationes sepulchri, translationes, et reliquiarum distributiones non semel
peractae, festum quotannis multa pompa ductum fuit, et in Patria ter quolibet
in anno, atque in publicis calamitatibus consueverunt pia supplicantium agmina
Lucolis se conferre ejusdem opem imploratura. Multiplicia haec et alia publici
ecclesisticique cultus monumenta a felici Christinae decessu ad haec usque
tempora producta animo revolvens R.mus Aquilanus Antistes una cum Clero et
Populo Luculano Sacrorum Rituum Congregationi humillime supplicavit, ut juxta sancitas a Generalibus Decretis
leges Cultus ille ab hac Sancta Apostolica Sede formiter confirmaretur. Sacra
Congregatio ad Quirinales Aedes Ordinariis in Comitiis coadunata, E.mi et R.mi
Domini Cardinalis Constantini Patrizi Ponentis relatione percepta, auditoque R.
P. D. Virgilio Pescetelli Sanctae Fidei Promotore, qui scripto, et voce suam exposuit
sententiam, ablatis omnibus rationum momentis, Cultusque significationibus rite
libratis, ac perpensis responsionibus ad Animadversiones per Defensores datis,
rescribendum censuit. Constare de casu excepto a Decretis sa: me: Urbani Papae
VIII, et ad E.mum Cardinalem Praefectum cum Sanctissimo. Die 31 Augusti 1839. Super quibus omnibus
facta postmodum Sanctissimo Domino Nostro Gregorio Papae XVI per E.mum et R.mum Dominum Cardinalem
Carolum Mariam Pedicini Episcopum Portuensem, Sanctae Rufinae et Centumcellarum
Sanctae Romanae Ecclesiae Vice Cancellarium, eidemque Sacrae Congregationi
Praefectum fideli relatione, Sanctitas Sua, de speciali gratia rescriptum
Sacrae Congregationis adprobavit, confirmavitque Cultum publicum et
Ecclesiasticum ab immemorabili praestitum Beatae Christinae de Ciccarellis. Die
15 Ianuarii