da “BULLETTINO DELLA DEPUTAZIONE ABRUZZESE DI STORIA PATRIA”, serie V, a. XXXII-XXXIV, voll. 3-5 (1941-1943). pp. 115-201.

 

 

ROMOLO TRINCHIERI

L’ ORDINE Dl SANT’AGOSTINO NELL’ABRUZZO AQUILANO

 

CAP. I

BIBLIOGRAFIA GENERALE DELL’ORDINE DEGLI EREMITANI DI SANT’AGOSTINO

PRINCIPALI PUBBLICAZIONI SULL’ORDINE DEGLI EREMITANI DI S. AGOSTINO

PUBBLICAZIONI DI STORIA E DI  ARTE ABRUZZESE ED AQUILANA […]

 

CAP. II

LA REGOLA AGOSTINIANA E I SUOI SEGUACI FINO AL 1256 […]

 

CAP. III

RAGIONI E LIMITI DI QUESTO STUDIO

[…] La riapertura del Convento del Beato Andrea in Montereale verificatasi il 6 febbraio 1941 a 132 anni dall’allontanamento degli Agostiniani (1) e la solenne celebrazione del quarto centenario della morte della Beata Cristina Ciccarelli da Lucoli, avvenuta nell’Aquila il 12 febbraio 1943 (2), ci offrono la gradita occasione per tessere a grandi linee un “Saggio storico-biografico-artistico dell’Ordine degli Eremitani di S. Agostino nell’Abruzzo Aquilano”, Ordine che dopo il 1000 fiorì nell’intero Abruzzo; ciò si può arguire così dalle molte chiese dedicate a S. Agostino vescovo d’Ippona e grande scrittore della Cattolicità, come dall’imponente schiera di Beati e Venerabili dell’Ordine, nati o vissuti nello stesso Abruzzo Aquilano. Abbiamo detto “saggio”, perchè purtroppo nell’Abruzzo Aquilano (come del resto in altre regioni d’Italia), i moti popolari del 1799, gli incendi, i terremoti del 1646 e 1703, la diminuita coscienza civica degli uomini, l’affievolirsi o l’interrompersi della tradizione di rispetto per le memorie patrie hanno contribuito a scemare questo patrimonio documentario e librario locale che un tempo era stato imponente. Quindi, nonostante i frutti copiosi di quella fervida attività di ricerche da parte degli eruditi del ‘700, sono frutti ancora giacenti negli archivi e nelle biblioteche sia dei conventi, sia dei privati dell’Abruzzo Aquilano […] L’argomento da noi trattato potrà essere approfondito, estendendosi le ricerche (3) sia presso Enti Ecclesiastici (Curia generalizia e Curie provinciali dell’Ordine Agostiniano, Archivi Vescovili, Capitolari e Conventuali esistenti, ecc), sia presso Enti civili Aquilani (Biblioteca provinciale “Salvatore Tommasi”, Archivio della Congregazione di carità, Archivio provinciale di Stato, Archivio del Comune, Archivio notarile distrettuale, Archivio dell’Ufficio del Registro, ecc.), ed infine presso la Biblioteca Nazionale, l’Archivio di Stato di Napoli, dove molto materiale è andato a finire, costituendo l’Alto Aquilano (Abruzzo ultra secondo) l’estremo Nord dell’antico Regno di Napoli e Sicilia.

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(1) R. TRINCHIERI, L’Ordine di S. Agostino nell’Abruzzo e il B. Andrea da Montereale, Montereale (AQ) 6 febbraio 1941, p. 9, con note. Cf. anche: Il ritorno degli Agostiniani a Montereale, in Bollettino mensile “S. Nicola da Tolentino”, febbraio 1941. E così il quotidiano “Il Messaggero di Roma” (Ed. Abruzzi) del 9 febbraio 1941, (articolo riportato in “Bollettino Storico Agostiniano”, Firenze 1941, p. 24-26).

(2) Bollettino “S. Nicola da Tolentino”, cit., 1943, 4, 31: Il IV Centenario della Beata Cristina Agostiniana. Cfr. inoltre il quotidiano “L’Osservatore Romano”, 11 febbraio 1943, n. 34, p. 4: Onoranze dell’Aquila alla Beata Cristina da Lucoli; Ibid., 21 febbraio 1943, p. 6: Quarantamila fedeli alle celebrazioni centenarie della B. Cristina dell’Aquila.

(3) Per orientarsi nelle ricerche degli Archivi e Biblioteche dell’Ordine Agostiniano in Abruzzo, consigliamo di consultare anzitutto la pubblicazione già da noi menzionata, edita sotto gli auspici del R. Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, e cioè la Guida storica e bibliografica degli archivi e delle biblioteche d’Italia, volume VI, Provincia di Aquila, a cura di L. CASSESE, distinta in due parti; quella sulla città dell’Aquila e quella sui Comuni della Provincia dell’Aquila, ambedue edite a Roma (Libreria dello Stato) 1940, con prefazione dell’Autore (V-XII), bibliografia generale e bibliografia particolare (Aquila). […] Consigliamo poi di consultare nella “Tommasiana”, e con precedenza sulle altre, le varie opere MS. di A. L. ANTINORI (seconda metà del ‘700), relative ad Annali degli Abruzzi dall’epoce preromana al 1777.

 

CAP. IV

UNA STORIA DA SCRIVERE SULL’ORDINE DEGLI EREMITANI NELL’ABRUZZO

Sarebbe anche interessante tessere una completa storia dell’Ordine nell’intero Abruzzo. Impresa peraltro ardua, non già per la difficoltà di rintracciare la bibliografia essenziale, ma sopratutto perchè gli archivi delle varie Comunità Agostiniane Abruzzesi andarono dispersi a causa delle soppressioni degli Ordini religiosi del 1809 e del 1861 (9). […] E da questo studio integratitro potrebbero emergere notizie di alto interesse culturale, quale quello che a Chieti i confratelli cinturati solennizzavano la festa di S. Maria della Cintura (o della Consolazione), cantando componimenti drammatici o azioni sacre, dette anche oratorii (10).

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(9) E’ noto che due furono le soppressioni delle Comunità dipendenti da Ordini Religiosi nell’intero Regno di Napoli (e quindi anche dell’Abruzzo che ne faceva parte): l’una nell’epoca Napoleonica ad opera di Gioacchino Murat, cognato del Bonaparte, per decreto 7 agosto 1809, n. 448; l’altra si verificò, appena costituito il regno d’Italia, per disposizione del decreto 27 febbraio 1861, n. 251. Questo decreto fu seguito dagli altri tre:

del 21 agosto 1862, n. 772, del 7 luglio 1866, n. 3998 e del 15 agosto 1867 n. 3848. Lo Stato Italiano devolveva i beni ecclesiastici al demanio dello Stato. Quanto all’Aquila, il demanio vendé i beni in parola ai pubblici incanti il 1 giugno 1873.

(10) Dalle pubblicazioni rimaste si ricavano i titoli di detti componimenti sacri, negli anni 1781, 1787, 1788, 1789, 1792, 1793, 1794, 1797, nonchè le date rispettive delle celebrazioni. Cfr. L. RIVERA, Appunti per lo studio sulle antiche stamperie Abruzzesi, nel “Bollettino della Società di Storie Patria; A. L. ANTINORI, Negli Abruzzi, serie 2°, a. XX (1908), p. 224-253, ai nn. 69, 73, 75, 82, 84, 86, 92, 101.

 

CAP. V

GLI AGOSTINIANI NELLA CITTA’ DELL’AQUILA

Con l’avere noi rammentate le lontane origini e la gloriosa vita dell’Ordine Eremitano di S. Agostino, si è reso più agevole il compito di tessere la Storia dell’Ordine nell’Abruzzo Aquilano e in specie nella città dell’Aquila.

A) VENUTA DEGLI AGOSTINIANI

La città dell’Aquila, lo ricordiamo, era stata fondata nel 1254, attuandosi, come ricorda la tradizione, un disegno di Federico II per ordine del figlio di lui, Corrado IV di Svevia (11). Ad essa sempre più affluivano gli abitanti dei castelli allora esistenti nella zona circonvicina. Fu così che dal convento Agostiniano, sito sul colle omonimo di S. Onofrio, presso l’attuale villaggio di S. Giacomo, in territorio di Collebrincioni, non distante e a nord della città, i Padri Eremitani umili nei primi mesi del 1282 vennero ad abitare entro le mura dell’Aquila (12).

B) FONDAZIONE DEL CONVENTO E SUO SVILUPPO

Al tempo di Re Carlo I d’Angiò, il Vescovo Niccolò Sinizzo (1267-1294), già Abate cisterciense di S. Anastasio in Roma, autorizzava gli Eremitani di S. Agostino ad edificare nell’Aquila una Chiesa ed un Convento sotto il titolo del loro Santo. Il convento sorse in terreno donato dal Re e, vuole la tradizione, che prima vi dimorassero i Benedettini. La prima pietra veniva benedetta dal medesimo Vescovo aquilano Sinizzo il 21 marzo 1282. (13). Nel 1287 il Convento fu sotto la giurisdizione della Provincia agostiniana di Valle Spoleto con sede a Spoleto. Successivamente detta Provincia fu denominata Umbra o Spoletina (14). Nel 1295 al Convento di S. Agostino fu aggregata la Chiesa di S. Tussio e l’annesso convento esistente nella frazione di Bagno. La Chiesa andò distrutta nel terremoto del 1703. Il culto di S. Tussio passò nella Chiesa di San Marco nell’Aquila con un altare, oggi a destra di quello maggiore (15). Dopo essere stato prescelto nel 1400 come sede di un Capitolo generale dell’Ordine, l’importanza del Convento aumentò quando ad esso fu riunito nel 1454 il Priorato di S. Onofrio, Monastero dell’Ordine Romitano che era sito, come si è detto, in contrada di Collebrincioni (16). Nei terribili terremoti del 1461 e del 1462 tanto il Convento quanto la chiesa subirono sensibili danni, ma dopo i solleciti restauri essi tornarono all’antico lustro. Detto Convento si chiamò anche Collegio dell’Umiltà e ad esso fu pure attribuito il titolo di Collegio reale in memoria del Re Carlo I d’Angiò. Nel 1472 il Convento passò a far parte della Congregazione Perugina con sede a Perugia (e ciò durò fino al 18 gennaio 1770, quando si creò la Provincia Aquilana). Nel 1478 per volere del Magistrato Aquilano vi passarono i Religiosi dell’Osservanza (cioè quelli appartenenti alla Congregazione Perugina) (17). Come costruzione il convento dovette essere sontuoso. Aveva 56 camere, tra abitazioni per i Religiosi e sale comuni, compreso il refettorio. Disponeva anche di un grandioso chiostro, e il Magistrato cittadino nel 1622 commise al pittore Aquilano Francesco Antonio Setta l’incarico della sua decorazione (18). Anche questo convento rimase oltremodo danneggiato dai terremoti. Successivamente abbellito per le ricche elargizioni del Vescovo Agostiniano Giuseppe Eusanio dell’Aquila, al tempo di Papa Innocenzo XI (Odescalchi, 1676-1689), divenne sede di Noviziato e, come vedremo, poi (1769) anche sede del rinomato Studio di Scienze sacre. Nel periodo del regime Napoleonico, essendo state istituite con la legge 8 agosto 1806 le Intendenze per l’amministrazione politica delle provincie del Regno di Napoli, fu nel 1807 inviato all’Aquila un Regio Commissario che scelse il Convento di Sant’Agostino come dimora. Fu così che gli Agostiniani furono trasferiti al Convento di Collemaggio già dei Celestini, rimasto sgombro per la soppressione di quell’Ordine (19), ed ivi rimasero fino a che non fu pubblicato il R. d. 7 agosto 1809 che dispose la soppressione di tutti gli Ordini Religiosi possidenti. Intervenuta nel 1815 la restaurazione politica del dominio dei Borboni, furono anche ripristinati gli Ordini religiosi ed allora, ad opera del patrizio aquilano Girolamo Manieri, eletto Vescovo dell’Aquila nel 1818, e come uno dei primi suoi atti richiamò in città gli Agostiniani, assegnando loro il convento e la chiesa Cisterciense di S. Bernardo. Ciò fu in seguito sanzionato dall’autorità governativa con decreto 4 aprile 1823. Ma, soppresso nuovamente l’Ordine nel 1866, gli Agostiniani lasciarono il Convento e la chiesa di S. Bernardo, oggi occupato dalle Suore Stinimatine. Fino al 1844, in cui fu demolita, vi era stata nell’ex Convento di S. Agostino una sala Olimpica (20), o teatro, di cui rimane un modello nel Museo Civico. Intanto il convento di S. Agostino, che dal 1809 era divenuto dello Stato quale sede dell’Intendenza della Provincia, passò poi (1860) a sede della Prefettura, con annessa anche l’Amministrazione della Provincia e con l’Archivio Provinciale di Stato. Nel soppresso Convento fu pure un’importante biblioteca dell’Ordine, con annesso Archivio. Ambedue erano a carattere Provinciale; ma l’una e l’altra andarono dispersi con la soppressione (21). Quanto all’Archivio, ricorderemo che vi si conservava, oltre l’atto di fondazione del Convento (1282), quello dell’aggregazione della Chiesa di S. Tussio di Bagno (1295), una pergamena relativa ad una sentenza interlocutoria a favore degli Agostiniani (1332), il martirologio detto di Usuardo e l’obituario della chiesa (22), oltre a documenti che riguardavano i monasteri di S. Onofrio di Collebrincioni, di S. Nicola di Tempera (poi in S. Amico) e l’altro di S. Andrea di Bagno nell’Aquila. Si conservava pure nello stesso Archivio il ms. dell’anno 1695, intitolato Origine di tutti gli Statuti che possiede il R. Collegio di S. Agostino della città di Aquila, compilato su diversi protocolli e libri del detto Collegio dal p. Colantonio Lucidi (23). Di altri documenti dà notizia l’Antinori (24). Quanto alla Biblioteca si conosce che nel 1646 Matteo dell’Aquila, Priore del Convento, la iniziò e l’arricchì, comminando la scomunica per coloro che ne avessero asportati i libri (25). All’epoca della soppressione la Biblioteca era composta di oltre 120 volumi che probabilmente furono concentrati nella Provinciale dell’Aquila. Oggi negli spaziosi sotterranei dell’ex convento fu allogato il deposito dei documenti dell’Archivio Provinciale, istituito con gli altri a norma del disegno di legge dell’ex regno di Napoli del 22 ottobre 1812, n. 1524, che peraltro ebbe effetto solo dopo il decennio di dominio francese (Murat), quando cioè tornò sul trono il Borbone Ferdinando IV. Ora tale Archivio, fin dall’origine, ebbe sede nell’ex Convento, nei locali lasciati liberi dalla Gran Corte Criminale, trasferita altrove (26).

C) LA CHIESA DI S. AGOSTINO ANNESSA AL CONVENTO

La primitiva chiesa di S. Agostino, come le tante altre che furono erette dagli Agostiniani nell’Abruzzo e come quelle del finitimo Reatino, era intonata allo stile romanico con influenze gotiche. La facciata, le pareti laterali, l’abside di dette Chiese per lo più erano a piccole pietre rettangolari sovrapposte (cortina) prese da cave locali. Correva in alto un fregio ad archetti più o meno in rilievo. Un portale o più portali secondo la grandezza e l’importanza della chiesa, i cui stipiti erano adorni di colonnine semplici ovvero di colonnine e di nicchiette con statuette di Santi. Lunette sopra l’architrave con entro in affresco Madonne e Santi. In alto uno o più rose, formate da colonnine ad archetti poggiate su d’un anello centrale. Porte e soffitti lignei. L’antica Chiesa di S. Agostino dell’Aquila sorse nel 1282 (27) e rimase in piedi fino al 1703, anno in cui fu distrutta dal terremoto. Aveva un lungltezza di 165 canne “di sito”. In detta Chiesa era stata benedetta il 29 settembre 1462 una Cappella Alemannorum Aquilae degentium, fatta costruire da quei mercanti tedeschi che fin dal 1445 si eratto stabiliti in Aquila per il commnercio dello zafferano (28). Sempre nell’antica chiesa si ricordano, tra i sepolcri già allora esistenti, quelli della patrizia famiglia Rivera nella cappella della Natività del Redentore; il sepolcro di Giuliano Pacelli, quello di Giovanni Vrombaut fiammingo, nato in Guantes (Gand), organista di Madama Margherita d’Austria, Governatrice dell’Aquila (sec. XVI) (29), l’epigrafe del medico Giulio Cesura, aquilano, peraltro morto in Roma e quivi sepolto in nella Basilica di S. Crisogono in Trastevere, infine l’epitafio di Ottavio Nardis, patrizio Aquilano (sec. XVII), quest’ultimo nella Cappella gentilizia dei Nardis (30). Distrutta l’antica Chiesa di stile romanico-gotico, risorse la nuova con stile barocco e ne acquistò in grandiosità e magnificenza. Il disegno della ricostruzione, sia della Chiesa che del Convento, è opera dell’architetto Fuga (31). Costui elevò una maestosa ed artistica facciata, divisa in due parti. La inferiore termina con un attico; la superiore è situata molto più indietro e vi campeggia, in alto, in un grande ovale, il busto del Vescovo d’Ippona. Sotto, in una cartello, si legge l’epigrafe: “SAPIENTIAM EIUS ENARRABUNT GENTES / ET LAUDEM EIUS ENUNTIABIT ECCLESIA”. La cupola che sovrasta la Chiesa è elittica, come tutto l’interno che è a quattro bracci: detto interno è imbiancato. Intorno al Coro, ed in altrettante nicchie, sono collocate le statue dei quattro Dottori della Chiesa, tra cui quella di S. Agostino, opera di Agostino Cornacchini da Pescia (32). Vincenzo Damini da Venezia, pittore del XVIII secolo, raffigurò S. Nicola da Tolentino nella terza Cappella a destra (quella attualmente della famiglia dei marchesi Spaventa); mentre nella terza Cappella a sinistra dipinse la Madonna coi Santi Agostino e Monica, e nella Sacrestia, sulla volta, S. Agostino che scrive contro gli eresiarchi. Notevole il quadro centrale, rappresentante S. Agostino, di Giov. Battista Bedeschini dall’Aquila (sec. XVI-XVII). Il quadro del Beato Antonio che assiste un morente trovasi nella cappella marmorea dedicata al Beato ed è di Pier Leone Ghezzi; quello degli Apostoli S. Pietro e S Paolo è dell’aquilano Giov. Paolo Cardone (33). Per le vicissitudini della Chiesa ricorderemo che, rimasta chiusa per la soppressione di Murat, fu col decreto 15 luglio 1826 dell’autorità del tempo affidata alla Congregazione del Sangue Preziosissimo di N. S. Gesù Cristo. Prima vi erano altre due opere pie: l’una dal titolo di S. Barbara dei Teutonici, fondata nel 1480 (già abbiam visto sopra che i tedeschi s’erano qualche tempo prima stabiliti in città per ragione di commerci), l’altra chiamata delle Ammantellate di Sant’Agostino, fondata dal B. Antonio e che ebbe vita fino alla soppressione dell’Ordine del 1809 (34). Dal 1915 al 1921 la chiesa a motivo della guerra venne adibita per uso di magazzino del Consorzio Agrario. Nel 1927 l’Arcivescovo Turchi vi trasferì la sede della Cattedrale che si stava restaurando. Nell’agosto 1942 per desiderio dell’Arcivescovo Manuelli fu riaperta al culto dai Padri dell’Ordine dei Minori del Convento di S. Giuliano presso l’Aquila.

D) RELIGIOSI AGOSTINIANI CHE VISSERO NEL CONVENTO DI S. AGOSTINO DELL’AQUILA

Tra i religiosi Agostiniani che vissero nel convento di S. Agostino dell’Aquila, ricordiamo:

a) Fr. Filippo Delci di Lucca, Vescovo dell’Aquila (1312-1327);

b) Fr. Valentino dell’Aquila, Penitenziere Pontificio nel 1392 (35);

c) P. Maestro Fr. Nicola Saracini da Cascia, Priore Generale dell’Ordine (1400-1412);

d) Fr. Giacomo Oliva, Priore Generale dell’Ordine nel 1470;

e) Fr. Antonio della Torre (Beato Turriani);

f) Fr. Giuseppe Eusanio, Sacrista dei Sacri Palazzi Apostolici, morto nel 1692.

Dei suddetti sette personaggi (eccetto del secondo di cui nulla di più abbiamo potuto conoscere), avremo occasione di trattare in appresso;

g) Fr. Carlo Ciminelli. Vicario Generale degli Agostiniani a Perugia. Scrisse una vita del Beato Antonio Turriani testè menzionato e fu autore di un tratto di canto Gregoriano (36); h) Fr. Antonio Agostino Giorgi (Rimini 1711-1797), poliglotta, che fu reggente dello Studio Generale dell’Aquila (37);

i) Fr. Spirito dell’Aquila (1572-1630), latinista e teologo (38). Ha pubblicato orazioni e prediche, e nella Biblioteca del Convento si conservavano di lui un repertorio di insegnamenti vari (Eruditiones variae, ms. in 16°) ed un altro di insegnamenti teologici, tutti a commento dei libri di Pietro di Novara (Eruditiones Theologicae, ms. in 4°).

l) Fr. Gio. Paolo Caprini dall’Aquila, fratello del p. Giov. Antonio gesuita, appartenente dapprima anch’egli alla Compagnia di Gesù, si rese poi Agostiniano. Pubblicò in Aquila nel 1680 due opere di soggetto religioso, in latino, l’una intitolata “Praeceptum de audienda Missa diebus festis”, l’altra “Requesenius ad examen sive contritio et attritio” celandosi in questa col nome di Anania Celineo. Morì nell’Aquila il 21 luglio 1681 (39); m) Fr. Pietro Scacchi che lasciò ms. una storia sacra dell’Aquila ed una vita del B. Antonio Turriani (40).

E) BEATO ANTONIO DELLA TORRE (Milano 1424 - Aquila 1494)

Fu noto poi col nome di Turriano o Turriani. Venne per la prima volta ad Aquila nel 1474, invitatovi dal Priore generale dell’Ordine Eremitano di S. Agostino fra Giacomo Oliva, per comporvi alcuni dissidi sorti in Convento. Fu un religioso di vita piena di zelo apostolico e di carità e si rese celebre in Italia e altrove per santità di vita e per i prodigi che operava. Fr. Antonio, che era esperto in chirurgia e medicina, come tale si prodigò nella peste che infierì anche nell’Aquila e che egli aveva predetta (41). La sua effigie trovasi nella sede civica dell’Aquila (42). Morì nell’Aquila e fu seppellito nella menzionata Chiesa di S. Agostino il 24 luglio 1494. Per il terremoto del 1703 insieme alla quasi distruzione della Chiesa, restò anche gravemente danneggiata l’urna del Beato, ma le di Lui sacre spoglie non subirono menomazioni e, fattasene canonica ricognizione, furono rinchiuse con sigillo in altra urna da Mons. Tani, Vicario Apostolico, succeduto al dotto e Santo Vescovo dell’Aquila Fr. Ignazio Della Zerda, Agostiniano di Lima (Perù). Nell’occasione in cui gli Agostiniani dovettero lasciare il Convento di S. Agostino in città e passare nel Convento di Collemaggio, già dei Celestini, fuori di città, il 4 novembre 1808 trasportarono colà nella Chiesa contigua l’urna di marmo, in cui si conservavano chiuse e sigillate le ossa del Beato. Ma poichè l’urna per la sua grandezza non potè essere collocata nella nicchia sotto l’altare maggiore, si dovettero rompere i sigilli e collocare i sacri resti in altra piccola custodia, foderata all’infuori di panno rosso, e nella quale fin dal 6 settembre 1759 erano conservate le vesti, tele, cuscini ed altro di detto Beato. Detti oggetti furono a loro volta trasferiti in altro bauletto di pelle che venne pur esso sigillato, alla presenza sempre del Vicario Generale, che poi fu Fr. Emidio Marchetti (43). Così la chiesa, come il convento, furono in seguito conosciuti con la denominazione del Beato Antonio dell’Aquila. Successivamente la venerata salma fu trasferita (44) nella Chiesa di S. Bernardo, già Madonna del Rifugio, quando gli Agostiniani furono dal Vescovo Manieri, come si è detto sopra, richiamati all’Aquila. Partiti nuovamente nel 1866, in seguito alla nuova soppressione religiosa, la venerata salma rimase a S. Bernardo. Fr. Antonio Turriani venne proclamato Beato dal Pontefice Clemente XIII (il veneziano Rezzonico, 1758-1769). Fu postulatore della causa il p. Felice Antonio Romanelli (45).

F) MONASTERO DI S. ANDREA

Fu fondato insieme alla chiesa, in Aquila, nel locale di Bagno, nel 1368 (46), ad opera del cittadino aquilano Simone Cola di Cucullo, per uso delle monache Agostiniane e fu messo sotto la protezione del vicino convento di S. Agostino. Il 18 settembre 1400, essendo Priore generale dell’Ordine il Maestro Fr. Giacomo Oliva dell’Aquila, furono concesse grazie a detto Monastero (47). Nel 1439 il Torelli scrive (48) che dette Monache, avendo alquanto tralignato nel corso del tempo, accettarono una regola più osservante. Indi nel 1478 il monastero di S. Andrea passò ai Minori Conventuali e, soppresso per la nota bolla di Innocenzo X, fu attribuito nel 1653 alle monache del Conservatorio delle Convertite della Nunziata (49). L’archivio di tale monastero è andato disperso

G) EX MONASTERO Dl S. LUCIA

Fu fondato il 7 dicembre 1350 ai tempi del Vescovo aquilano Paolo di Bazzano (1349-1377) da alcune donne di Arischia senza regola approvata. Passò poi a far parte dell’Ordine eremitano di S. Agostino per qualche tempo (50). Il monastero di S Lucia divenne presto uno dei più grandi centri di vita Agostiniana, Contava ben ottanta religiose quando per 18 anni (1476-1494) ne fu direttore spirituale il Beato Turriani. Della direzione di esso proseguirono ad occuparsi i padri Agostiniani fino a che la passarono al Vescovo dell’Aquila (51). Ma nel 1512 una bolla di Giulio II (Della Rovere, 1503-13) lo ripose sotto l’OESA, come si apprende da un ms. in pergamena conservata nell’archivio del monastero di S. Amico (52). Ricordiamo che fu il B. Antonio Turriani ad introdurre la stretta osservanza e ad ascrivere il monastero alla Congregazione Agostiniana di Perugia. Delle monache di casato illustre che vissero in questo Monastero, oltre la Ven. Diodata francese, di cui discorreremo trattando dei Santi e dei Venerabili dell’Ordine nell’Abruzzo Aquilano, si ricordano:

1) Suor Monica Antonelli, vedova di Giov. Agostino Rosa, aquilana che alla morte del marito si rese monaca Agostiniana insieme a tre figlie. Scrisse molte rime devote e morì a 77 anni nel 1616 (53).

2) Suor Evangelista Rosa, aquilana (54), figlia della precedente.

3) Le suore Gismonda, Margherita e Maddalena, figlie di Giovan Carlo Rivera, patrizio aquilano.

4) Suor Aurelia della stessa famiglia Rivera, monaca ed abbadessa nel 1634 del monastero di S. Lucia, la quale fornì all’Herrera le notizie sulla storia del Convento e sul prodigio che soleva verificarsi prima della morte di ogni monaca, cioè di tre colpi come di un martello che batte sull’incudine. Ciò la detta suor Aurelia consacrò in uno scritto consegnato all’Herrera stesso. Tale prodigio continua a verificarsi anche oggi nelle medesime circostanze ed è dalle attuali Monache di S. Amico attribuito alla “bastoncella del Beato Turriani.

5) Suor Maria Teresa Ciampella che nel 1669 fece restaurare la chiesa annessa al monastero di S. Amico (55).

Il Monastero di S. Lucia fu chiuso il 12 ottobre 1808 e si fuse con l’altro tuttora fiorente di S. Amico, ove vivevano suore “esemplari per santità di vita ed osservanza di regola” (56). Le consorelle di S. Lucia nell’occasione, insieme all’urna della Beata Cristina, trasferirono al monastero di S. Amico reliquie e ricordi personali del Beato Turriani. E così il monastero di S. Lucia, nelle cui mura era fiorita per più secoli la più stretta osservanza claustrale, divenne poi abitazione di persone del popolo rimaste senza tetto per il terremoto del 13 gennaio 1915. L’artistica Chiesa poi, rimasta abbandonata, fu ridotta in seguito a magazzino. In detta Chiesa si veneravano i resti mortali di S. Vittoria martire, portativi dalle Catacombe di S. Ciriaca. Recentemente (1934) la Chiesa è stata riaperta al culto dai Salesiani e ad essa è annesso un fiorente e popolare Istituto Salesiano per i giovani (57).

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(11) Cfr. S. MASSONIO, Dialogo dell’origine della città dell’Aquila, Aquila 1594; A. CHIAPPINI, Intorno alla fondazione della città dell’Aquila, in Bullettino della R. Deputazione Abruzzese di  Storia Patria, serie 3, XXVII, 1936, p. 21-31.

(12) Si scrive che detto convento fosse quello di S. Onofrio; altri menziona invece un convento di S. Silvestro, che era il patrono di Collebrincioni. Nei tremendi terremoti degli anni 1461 e 1462 tanto il convento, quante la Chiesa subirono sensibili danni, ma dopo i solleciti restauri tornarono all’antico lustro.

(13) T. HERRERA, Alphabetum Augustinianum, vol. I, p. 72. Per l’atto di fondazione del 1282 in copia sincrona; cfr. anche: Catalogus Pontificum Aquilanorum in L. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, tomo VI. col. 951-952, n. 50; col. 957, n. 55.

(14) Archivio Generale dell’Ordine in Roma: Dd, n. 1, p. 71. Circa 50 conventi Agostiniani facevano capo alla Provincia di Valle Spoleto: appartenevano non ad una sola, ma a più regioni contigue. Tra questi figuravano per la nostra zona i Conventi di Accumoli, Amatrice, Antrodoco, Cantalice, Cascia, Cittaducale, Leonessa, Norcia, Posta, Sigillo, Turano e Visso. L’esistenza di detti Conventi segna in certo modo il cammino dell’Ordine nell’Abruzzo Aquilano.

(15) Cfr. L. MURATORI, Antiquitates Italicae Medii Aevi, cit. XVII, 39, 54sg, 56sg, 67sg; L. CASSESE, Guida storica, cit., VI, p. 66.

(16) L. MURATORI, Antiquitates Italicae Medii Aevi, cit. VI, 39, 54sg, 56sg, 67sg. Relativamente a detto Priorato cfr. pure G. RIVERA, Catalogo delle scritture appartenenti alla Confraternita di S. Mariadella Pietà nell’Aquila, in Bollettino cit., a. XIII, 1901, II, p. 53-54, nota 125.

(17) Cfr. Archivio Generale dell’Ordine in Roma Ii 7, p. 361: Relazione al papa Innocenzo X; L. CASSESE, Guida storica, cit., VI, p. 66. Notizie degli Agostiniani nell’Aquila si trovano anche nel Regesto ms. di Collemaggio, compilato nel secolo XVII da L. Zanotto, monaco celestino. Tale Regesto è ora posseduto dal Dr. Pittoni di Sulmona: questi è erede del menzionato Giovanni Pansa, chiaro scrittore e bibliografo.

(18) A. LEOSINI, Monumenti storici artistici dello città di Aquila e suoi contorni, Aquila 1848, p. 88, nota 1.

(19) Cfr. L. RIVERA, Le Scuole Universitarie cit., in l. c., p. 64-65; L. CASSESE, Guida storica, cit., I, p. 62 e 65-87, voce “Comune dell’Aquila”. Nello stesso anno 1809 avvenne anche il trasferimento a Collemaggio della salma del Beato Turriani, di cui appresso.

(20) G. RIVERA, La città dell’Aquila negli ultimi anni della Monarchia Napoletana, vol. II, Aquila 1918, pp. 57-61, 66-69.

(21) Archivio Prov. di Stato, Atti Amministrativi, cit., serie I, cat. X, b. 1182. Ma degli Inventari si conserva solo quello della Biblioteca.

(22) In alcune residue carte esistenti nel detto Archivio Provinciale di Stato (serie I, cat. X, b. 1185), sotto la voce: Archivio del Monastero degli Agostiniani, esiste una pergamena che riguarda la fondazione della Chiesa di S. Agostino dell’Aquila; in essa la fondazione è fatta rimontare al 1282. Pertanto, allo stato delle ricerche, deve ritenersi che la costruzione del convento sia stata coeva. E’ noto che all’atto della soppressione, come nel verificarsi di terremoti che la precedettero, le carte di questo Archivio conventuale andarono in gran parte disperse e solo di tanto in tanto vennero alla luce documenti e codici. Per l’atto di fondazione del 20 marzo 1282, cfr. G. PANSA, Un manoscritto appartenente alla Compagnia dei Disciplinati di S. Leonardo di Aquila, in Rassegna Abruzzese di Storia e d’Arte, Sulmona (Casalbordino) 1899 (III), n. 7, pp. 71-82; O. SABATINI, Documenti Aquilani dei secoli XIII, XIV e XV, in Bullettino della R. Deputazione Abruzzese di Storia Patria, serie III, a. IX-X, 1918-1919, pp. 187-190, 206-207; per il doc. dell’8 dicembre 1332, cfr. lo stesso O. SABATINI, cit. pp. 190-192; 207-210; per il III doc. del 25 marzo 1368, riguardante la fondazione del monastero di S. Andrea (nell’atto si inserisce il testamento di Giovanni di Matteo di Pietro di Egidio di S. Maria di Forfona dell’Aquila, del 19 giugno 1357). Cf. ID., ibid., pp. 192-195, 210-213, 213-220. Per il martirologio detto di Usuardo, più volte menzionato dall’Antinori, cfr., tra l’altro, Monumenti cit., vol. 49, p. 398 e per l’Obituario degli Agostìniani nell’Aquila, cfr. E. CARUSI, Notizie di un Martirologio e di un Obituario degli Agostinioni di Aquila, in Bullettino cit, serie III, a. III, 1912, I-II, p. 83-109. Il Martirologio è contenuto in un codice membranaceo del sec. XIV, di cui era proprietaria la famiglia De Attiliis di Chieti. Detto codice, che in un fascicolo aggiunto contiene anche un calendario e l’obituario, fu poi accquistato dalla Biblioteca Apostolica Vaticana (Cfr. Bullettino cit, serie III, a. V, 1914, p. 265). Infine per l’archivio di S. Agostino in Aquila, cfr. U. SPERANZA, Gli Archivi in Abruzzo e le ricerche storiche (Estratto dagli Atti del Convegno storico Abruzzese-Molisano del 1931), 1935, vol. II, p. 781-849; L. CASSESE, Guida Storica cit., VI, 66.

(23) Trovasi nell’Archivio dell’Ufficio del Registro dell’Aquila, tra gli atti ivi rimasti degli Ordini Religiosi soppressi.

(24) Cfr. L. MURATORI, Antiquitates Italicae Medii Aevi, cit. XVII, col. 26-27, 38-39, 48, 54 e 74; L. ANTINORI, Monumenti cit., vo.. 47, p. 12sg.

(25) Liber propos., p. 96sg. citato dall’Antinori, Monumenti, vol. 47, p. 49; L. CASSESE, Guida storica, cit., I, p. 67; Aquila Sacra cit., p. 17.

(26) A. PANELLA, Relazione sul riordinamento dell’Archivio Provinciale (agosto-novembre 1928), Aquila 1931; L. CASSESE, Guida storica cit., I, 29sg. L’Archivio Provinciale di Stato dell’Aquila oggi occupa 19 stanze, in gran parte nei setterranei dell’ex Convento, con una scaffalatura di 5067 metri lineari contenente 33.362 pezzi cartacei e 1.282 pergamene; oltre tutto l’Archivio antico del Comune di Aquila. Tutto il materiale, diviso in quattro sezioni, è elencato in 21 distinti inventari, per la massima parte compilati dal Panella summenzionato; vi è inoltre una filza di elenchi di consegna.

(27) A. LEOSINI, op. cit., p. 152 sg.; A. SIGNORINI, La Diocesi di Aquila descritta ed illustrata, Aquila 1868, I, p. 284-289, ove si tratta degli Agostiniani, con l’origine delle chiese e dei conventi di S. Agostino e di S. Bernardo.

(28) B. CIRILLO, Annali della città dell’Aquila, Roma 1570, c. 70; L. MURATORI, Antiquitates cit., Torno VI, col. 74.

(29) Per tale personaggio, cfr. T. VALENTI, Notizie di personnagi Fiaminghi alla Corte di Margherita d’Austria, duchessa di Parma e Piacenza durante la sua dimora in Abruzzo (Extrait da Bulletin de l’institute Historique Belge de Rome, fasc. XIV, 1934], Bruxelles-Roma, 1934), p. 149: ivi è menzionato tal Vrombanot Giovanni di Gand. E’ omessa la sua qualifica di organista. Vi figura morto nel 1572, mentre il suo testamento, che si conserva nell’Archivio notarile di Aquila, è del 1578.

(30) Per gli epitafi dell’antica Chiesa, poi trasformata nell’attuale, dopo il terremoto del 1703, cfr. l’articolo susseguente a questa nostra monografia. Notiamo che le Cappelle, pur esse trasformate, non corrispondono a quelle primitive, perchè assegnate canonicamente a famiglie moderne che vi hanno apposti i loro stemmi in segno di giuspatronato.

(31) L’Architetto Ferdinando Fuga (Firenze 1699-1780) fu tra i più valorosi architetti del ‘700. A Roma costruiva la facciata a due ordini di S. Maria Maggiore tutta classica, massiccia ed imponente; ma baroccheggiava con eleganza nel Palazzo della Consulta. Nell’Aquila, oltre della Chiesa di S. Agostino, curò il disegno di quelle di S. Caterina martire, della Concezione, nonché del Palazzo Franchi (oggi Persichetti).

(32) Del Cornacchini esiste nell’Aquila, nella chiesa dell’Immacolata Concezione, un’altra statua di S. Agostino (1579) che fa parte del gruppo dei quattro Dottori della Chiesa, posti nei corrispondenti lati, in altrettante nicchie, e cioè: S. Agostino, S. Girolamo, S. Gregorio, S. Ambrogio. Detta Chiesa aveva un prospetto disegnato, come quello di S. Agostino, dal Fuga; ma con la creazione dei Portici (1883), l’antica chiesa fu abbattuta e il disegno interno fu ridotto nelle dimensioni attuali: vi si accede dai portici stessi.

(33) A. LEOSINI, op. cit., p. 152-154. Nella sacrestia si osserva pure un quadro del Bedeschini con le figure della Madonna, di S. Matteo e S. Giovanni (cfr. anche Guida-Album dell’Aquila, Aquila 1908, p. 64).

(34) Cfr. T. BONANNI, La Guida storica della città dell’Aquila e dei suoi contorni, Aquila 1874, p. 35-36; L. CASSESE, Guida storica cit., XI, 66.

(35) T. HERRERA, Alphabetum, cit., vol. I, p. 72.

(36) A. SIGNORINI, La Diocesi di Aquila, cit., vol. II, pp. 19-20, nota 3; D. A. PERINI, Bibliographia Augustiniana, vol. I, Firenze 1929, p. 232.

(37) D. A. PERINI, Bibliographia Augustiniana, vol. II, p. 114.120.

(38) A. DRAGONETTI, Le vite degli illustri Aquilani, Aquila 1847, p. 202-203; D. A. PERINI, Bibliographia Augustiniana, cit., II, p. 48.

(39) A. DRAGONETTI, Le vite degli illustri Aquilani, cit. p. 209; D. A. PERINI, Bibliographia Augustiniana, cit., II, p. 197; L. RIVERA, Le Scuole Universitarie, cit,, p. 58-59, nota 13.

(40) A. DRAGONETTI, Le vite degli illustri Aquilani, cit. p. 229;

(41) GIO. BATTISTA COTTA, Vita del Beato Antonio Turriani, I, 29. E’ questa la più interessante delle Vite scritte sul Beato. Il Cotta (Tenda, 1668-1737) fu un chiaro letterato e in Roma tra i fondatori dell’Accademia di storia ecclesiastica, istituita presso la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano nel 1710. Amico dei maggiori letterati del suo tempo e membro delle più rinomate Accademie d’Italia, scrisse molte opere in italiano e in latino. Fu uno dei migliori poeti lirici italiani. La sua raccolta di sonetti ed inni a Dio ebbe l’onore di parecchie edizioni. Dovette risiedere alcun tempo in Aquila ed in Montereale, consultandovi le memorie sì del Beato Turrianì che quelle del Beato Andrea; altrimenti non avrebbe petuto scrivere mirabilmente le vite dei due Beati. Tra i biografi secondari del B. Turriani, ricordiamo l’EUGENIO, il CIMINELLI e lo SCACCHI. Il Ciminelli aveva tratto materia per la Vita del Beato dall’opera ms. dallo scrittore Aquilano CLAUDIO EUGENI (+1603), Storia generale dai Santi e Beati Aquilani, come scrisse A. DRAGONETTI, op. cit., p. 213. Il Beato è anche menzionato dai seguenti autori: T. HERRERA, Alphabetum, I, p. 17; JACOBILLI, (ed. 1661), II (data 23 luglio); P. DOMENICO DI SANT’EUSANIO, L’Abruzzo Aquilano Santo, II (ed. 1849), p. 85; e infine E. CARUSI, Notizie cit., in l. cit., pp. 88, 91 nota 5, e 92 nota 2.

(42) Per l’effigie del Beato che si conserva nella sede civica, essa è una tela ovale (m. 0,89 x 0,67), dipinta ad olio. Cfr. P. DOMENICO DI SANT’EUSANIO, L’Aquila Santa, Aquila 1846, p. 17.

(43) Nell’Archivio del monastero di Sant’Amico si conserva l’autentica 20 maggio 1809, munita di sigillo, relativa a tale trasporto, redatta dal menzionato Vicario Generale Fr. Emidio Marchetti. In ordine poi all’ultimo trasferimento della venerata salma nella Chiesa di S. Bernardo di Aquila, cfr. G. RIVERA, La città dell’Aquila cit., vol. II, p. 155-162. Altri ricordi del Beato si conservano nel monastero di S. Amico.

(44) Il SIGNORINI ne La Diocesi dell’Aquila cit., narra che il trasferimento avvenne il 25 agosto 1838. La notizia peraltro, se è attendibile come data, non lo è là dove l’A. scrive che la salma fu trasferita nel monastero di S. Lucia, in quanto le Suore nel 1808 avevano lasciato tale monastero, riunendosi alle consorelle di S. Amico, secondo or ora esporremo.

(45) Analecta Augustiniana, XVI, 1937-38, p. 397.

(46) L’istrumento di fondazione che trovavasi nell’archivio del Convento di S. Agostino, ora è nella Casanatense di Roma: SABATINI, Documenti Aquilani cit., p. 192. Sempre nell’Archivio del convento di S. Amico si trova la Bolla di erezione di Urbano V del 13 maggio 1368 insieme ad altri documenti degli anni 1389, 1475, 1478 e 1479, dei quali tutti cfr. regesto in MURATORI, Antiquitates cit., tomo VI, col. 56sg. Per altre notizie storiche e regesti di altri documenti, cfr. ANTINORI, Monumenti cit., vol. 47, p. 65sg.; ANTINORI (LEOSINI), Annali, cit., pp. 395, 430.

(47) T. HERRERA, Alphabetum, cit., p. 89; TORELLI, cit., VII, p. 191.

(48) TORELLI, cit., VIII, p. 230.

(49) Circa la diffusione in Italia di Monasteri di Monache, cfr. W. HUMPFNER, Monosteria monialium Ord. S. Augustini, in “Analecta Augustiniana”, XV (1932), p. 172-179. Circa la dipendenza delle Monache, prima dall’Ordine, poi dagli Ordinari, pur rimanendo quelle con impronta e caratteristiche di vita comune Agostiniana ed osservando sempre sia la Regola che la liturgia e le costituzioni proprie dell’Ordine, cfr. DE ROMANIS, op. cit., p. 45-46.

(50) T. HERRERA, Alphabetum, cit., I, p. 89; ANTINORI (LEOSINI), Annali, cit., pp. 277, 278, 347.

(51) L. ANTINORI, Monumenti cit., vo.. 47, p. 1028ss.; ANTINORI (LEOSINI), Annali, cit., pp. 277-278, 347; T. HERRERA, Alphabetum, cit., I, p. 89

(52) L’archivio, già nel Monastero di S. Lucia, è oggi conservato nel monastero di S. Amico. Vi si trovano ben 53 manoscritti in pergamena, tutti elencati per data, il primo rimontante al 28 ottobre 1336, l’ultimo al 5 febbraio 1774.

(53) Per Suor Monica Antonelli cfr. D. A. GANDOLFO, De ducentis celeb. August. scriptoribus, p. 578; ELSIUS, Encomiasticon Augustinianum, p. 497; A. DRAGONETTI, op. cit., p. 228.

(54) Per Suor Evangelista Rosa cfr. D. A. GANDOLFO, op. cit., p. 578; A. DRAGONETTI, op. cit., p. 227.

(55) Per la biografia cfr. Vita di Suor Maria Teresa Ciampella, monaca Agostiniana nel monastero di S. Amico dell’Aquila, scritta dal P. Francesco A. Mascardi sj, ecc. Napoli 1726. In fine dell’opera si danno notizie delle suore Maria Giovanna e Cecilia della stessa patrizia famiglia Ciampella, nonché della loro genitrice Caterina Branconio, e delle suore Francesca Magnante ed Elena Vivio. Per i restauri alla chiesa di S. Amico cfr. A. LEOSINI, op. cit., p. 92.

(56) Aquila sacra cit., p. 18.

(57) Aquila sacra cit., pp. 53, 73, con illustrazioni.

 

 

CAP. VI

UNO “STUDIO GENERALE” DELL’ORDINE NELL’AQUILA

Dopo la costituzione dell’Unico Ordine Agostiniano e quando non ancora era costituita la Provincia Aquilana dell’Ordine, nel principio del 1300, furono istituiti in Italia e in Europa gli Studi generali, nei quali i giovani Religiosi Agostiniani potevano frequentare i corsi teologici e scientifici. Ne sorse così anche uno nell’Aquila, come erano sorti a Bologna, Padova, Roma, Perugia, Firenze, Milano, Bari, Siena, Viterbo, Strasburgo, Colonia, Montpellier, Vienna, Cambridge, Oxford. In questi Studi ciascuna Provincia avrebbe dovuto inviare almeno uno studente. Dagli atti capitolari del 1292 della Provincia Romana si apprende che l’Università di Parigi riconosceva gli anni compiuti in detti Studi Generali (58). Quanto allo Studio Generale sorto nell’Aquila, di esso si trova menzione nel 1684, quando ne era rettore Fr. Stefano Coppa da Macerata, lettore di sacra Teologia: egli fu relatore al vescovo dell’Aquila circa la stampa di un’opera del teologo Fr. Giov. Andrea Ferrari, romano (59). Altra menzione dello Studio Aquilano di S. Agostino si trova più tardi, cioè nel 1738 (60). Successivamente, il 24 novembre 1765, giorno sacro a S. Caterina di Alessandria, patrona degli studi, essendo Rettore il Padre Maestro Fr. Giovanni Carlo Gagliardi e sotto la di lui presidenza, si disputò una tesi teologica, difesa da Fr. Niccolò Rossi di Vigilia, Uditore di Teologia nell’Aquila (61).

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(58) DE ROMANIS, op. cit., p. 21.

(59) Cfr. L. RIVERA, Appunti per lo studio sulle antiche stamperie Abruzzesi, in Bollettino cit., serie 2°, a. XX, 1908, pp. 218-219.

(60) Arch. Gen. Agost. di Roma, Dd. 180, f. 8.

(61) Cfr. L. RIVERA, Le Scuole Universitarie cit., l. c., pp. 60-61.

 

 

CAP. VII

COSTITUZIONE DI UNA “PROVINCIA AQUILANA” DELL’ORDINE DI S. AGOSTINO

La Provincia monastica ebbe sede nell’Aquila, e precisamente nel grandioso Convento di S. Agostino; essa avvenne per decreto 18 gennaio 1770, del Priore Generale Fr. Francesco Saverio Vazquez (62) e fu formata dalla riunione di otto Conventi e cioè quelli di Amatrice, Antrodoco, Cantalice, Cittaducale, Leonessa, Montereale, Posta e Turano, appartenenti alla Provincia Umbra, in più dei Conventi dell’Aquila, di S. Valentino e di Sulmona, già appartenenti alla Congregazione Perugina, ed annettendovisi in più, per opportunità di funzionamento (leggi: perchè forniti di rendite), i Conventi di Cascia, di Norcia e di Visso. Sostanzialmente furono riuniti sotto la Provincia Aquilana tutti i Conventi Agostiniani del Regno delle Due Sicilie, rientranti nella giurisdizione civile della Provincia dell’Abruzzo ulteriore secondo di quel Regno. E’ da notare che da quel periodo il Convento di S. Agostino fu cominciato a chiamare il Convento del Beato Turriani, perchè il detto Beato illustrò il Convento con la sua dimora e perchè la Provincia monastica fu posta sotto il di lui patrocinio. Nell’Archivio dell’Ordine si conserva notizia di tre Capitoli provinciali seguiti al decreto istituzionale della Provincia e cioè alle date del 6 maggio 1770 (63), del 16 maggio 1782 (64) e del 15 maggio 1787 (65); di essi Capitoli provinciali il primo fu tenuto a Leonessa e gli altri due nell’Aquila. E’ da notare poi che dei Conventi menzionati nel decreto generalizio, quello di Cantalice non figura rappresentato in nessuno dei tre ricordati Capitoli. E così nel terzo Capitolo non figura presente nemmeno quello di Cittaducale. E pure successivamente non fecero più parte della Provincia Aquilana i Conventi di Norcia (S. Agostino) e di Visso (S. Maria Maddalena), perchè figurano presenti invece nel Capitolo della Provincia Umbra, tenutosi il 25 giugno 1792 (66). Ma per Norcia e Visso il motivo della variante può trovarsi forse nell’intervento del Re delle Due Sicilie che col dispaccio del 1 settembre 1788, pubblicato il 3 successivo (67) sancì che gli Agostiniani della Provincia dell’Abruzzo (ulteriore secondo) del suo Regno passassero sotto la giurisdizione ecclesiastica, in spiritualibus, dei rispettivi Vescovi, mentre per la parte in temporalibus passassero sotto quella delle autorità civili del suo governo, a ciò delegate. Ciò porta ad osservare che il provvedimento, inizialmente limitato, a distanza di non molti anni (1809), ed in conseguenza di più gravi eventi politici, fu seguìto dalla soppressione degli Ordini religiosi in genere e di quello Agostiniano in specie, questa volta in tutte e tre le Provincie che formavano la regione Abruzzese del Regno delle Due Sicilie. Da allora la “Provincia Aquilana” non fu più ricostituita; anzi, verificatasi la seconda soppressione (1861-1866) per le leggi eversive del Regno d’Italia, anche gli Agostiniani di S. Bernardo finirono col lasciare l’Aquila per non più ritornarvi.

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(62) Arch. Gen. Agost. di Roma, Dd. 212, f. 72. Osserviamo che, a differenza della relazione 1650, ordinata da Innocenzo X, nell’Archivio non trovasi alcuna altra relazione dalla quale possano desumersi maggiori notizie circa le singole Comunità Agostiniane appartenenti alla Provincia Aquilana.

(63) Arch. Gen. Agost. di Roma, Ff. 53, ff. 947-958. Il Capitolo fu convocato dal rettore Provinciale Fr. Felice Antonio Romanelli: in esso Capitolo venne eletto egli stesso a pieni voti (f. 949).

(64) Arch. Gen. Agost. di Roma, Ff. 54, ff. 602-605. Il Capitolo fu convocato dal Provinciale in carica Fr. Agostino Jacchetti: in esso Capitolo venne eletto Fr. Alfonso M. Alferi (f. 802).

(65) Arch. Gen. Agost. di Roma, Ff. 55, ff. 186-189. Il Provinciale in carica Fr. Alfonso M. Alferi convocò la Congregazione intermedia, quella che si celebra tra Capisolo e Capitolo.

(66) Arch. Gen. Agost. di Roma, Ff. 55, ff. 368-373.

(67) Arch. Gen. Agost. di Roma, Dd. 231, f. 43.

 

CAP. VIII

CONVENTI, MONASTERI E CHIESE GIA ESISTENTI NELL’ABRUZZO AQUILANO

Dopo aver tratteggiato fin qui quel che fu l’affermarsi dell’OESA nella città dell’Aquila e accennato ai Conventi e Monasteri che vi esistevano; dopo aver scritto sul costituirsi di una Provincia Aquilana dell’Ordine, daremo qui appresso qualche notizia storica ed artistica di conventi e monasteri che fecero parte della detta Provincia Aquilana dell’Ordine di S. Agostino, rinviando le notizie relative alle comunità tuttora esistenti: nell’Aquila (monastero di S. Amico), in Cascia (monastero di S. Rita), in Montereale (monastero del B. Andrea). Ciò darà pure occasione di ricordare le tre grandi figure, della Beata Cristina dell’Aquila, di S. Rita da Cascia e del Beato Andrea di Montereale. Le notizie relative a conventi e monasteri già facenti parte dell’alto Aquilano sono per la scarsezza delle fonti (secondo quanto dicemmo all’inizio di questa monografia) necessariamente brevi ed anche perché, eccetto il Convento di Sulmona, tutti gli altri in tempi non lontani sono passati a dipendere dalla diocesi di Rieti e rientrano dal 1927 nella nuova Provincia amministrativa di Rieti (68), pur avendo in precedenza, per la maggior parte delle Comunità, fatto capo alla Diocesi dell’Aquila e pertanto rientrando nei limiti della ex Provincia Aquilana OESA. Tratteremo più di Chiese che di Conventi, perché questi con le soppressioni, con i passaggi di proprietà e trasformazioni, con le distruzioni degli uomini e della natura, non hanno sopravvissuto come quelle. Tratteremo pertanto più dell’arte che della storia di esse chiese Agostiniane. E queste Chiese superstiti o le parti di esse che non hanno subito trasformazioni, quali abbiamo ammirato nell’alto Aquilano o più esattamente nell’antica circoscrizione della Provincia Aquilana, costruite tutte con una forma di prammatica e con materiale in pietra locale o Aquilana, secondo lo stile romanico, o con modifiche ed ispirazioni gotiche in prevalenza, non solo ci mostreranno la bellezza ed originalità dell’arte cui si ispirano (69), ma dimostrano l’antica vitalità dell’Ordine e la costante devozione dei suoi figli al loro Padre, al grande Agostino, scrittore insuperato della Chiesa.

1) AMATRICE (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi Aquilana, diocesi attuale di Ascoli Piceno). La Chiesa di S. Agostino, in piazza Vitelli, si attribuisce all’arch. Giovanni di Amatrice (70). E’ in pietra Aquilana ed ha un bellissimo portale romanico, terminante a timpano. Nel fregio è scritto: Anno Domini 1428 e nella lunetta è un affresco con due figure: l’Annunziata inginocchiata e l’Arcangelo Gabriele. Gli stipiti e l’arco che la racchiudono sono tutti decorati da fogliame a voluta di pieno carattere romanico, mentre teste di animali sono raffigurate nei capitelli terminanti la colonnatura dell’insieme, formata da due contropilastri alternati con colonnine lisce e tortili. Le due colonnine terminali del portale poggiano su leoni, mentre i capitelli sono a fiorami e sul ripiano degli stessi poggiano altri due leoni. Assai caratteristica è la cornice esterna di coronamento, in cui si notano figure di Santi, poste l’una poggiante con la base contro la testa dell’altra. Nell’interno della Chiesa, di cui poco rimane della forma originaria, perchè devastata da un incendio, sono mirabili alcuni affreschi (1492) di Dionisio Cappelli di Amatrice, maestro di Cola. Adiacenti, sulla destra, la caratteristica porta della chiesa, alla quale sovrasta la bella torre campanaria, rettangolare. Il Convento di cui tratta la relazione del 1650, menzionata nella nostra nota 62, fu soppresso nel 1809 e l’archivio andò allora disperso. Dagli atti relativi alla soppressione (71) si apprende che in quell’epoca si conservavano, oltre i comuni libri di amministrazione, anche 171 pergamene e pochi libri nella Biblioteca.

2) ANTRODOCO (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Provincia Agostiniana Aquilana, oggi diocesi di Rieti). Così la Chiesa, come il Convento, erano sotto il titolo di S. Agostino. Era una piccola Comunità, che fu soppressa nel 1809 e l’Archivio ne andò distrutto. Si conserva l’inventario tra le carte della soppressione (72).

3) CANTALICE (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Provincia Aquilana, oggi Diocesi di Rieti). Sotto il Pontificato di Martino (Colonna, 1417-31) Chiesa e Convento furono donati all’Ordine Agostiniano dall’Università di Cantalice l’11 febbraio 1426 (73). La Chiesa di stile rinascimentale, bellissima, era sotto il titolo di S. Maria del Popolo (m. 27 x 15) con sette altari, un organo, un campanile con campane antichissime. Il Convento fu soppresso nel 1809 e l’Archivio andò disperso. L’inventario trovasi tra le carte relative alla soppressione (74).

4) CASCIA (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Aquilana, oggi diocesi di Spoleto). a) Oltre il Monastero delle Suore Agostiniane di cui sarà trattato specialmente in fine di questa monografia, esisteva un Convento di Agostiniani nella parte alta della città (75) dove era “una bona et forte rocha, quale dice non li fo may più” (fatta distruggere nel 1517 da Leone X) vicino al Palazzo del Governatore e poco distante da quello dei Consoli. Tale convento era formato di undici stanze, con chiostro e loggiati e sala a due navate. Nel mezzo del chiostro era un pozzo. La memoria più antica è quella che nel 1344 (76) Fr. Andrea da Cascia, di quel Convento, andò a predicare ai Turchi.

b) La Chiesa di S. Agostino. Anticamente nota col titolo di S. Giovanni Battista, è tuttora in piedi, sfidando i tempi e le furie della natura. Fu edificata alla fine del sec. XIV, con la facciata in cortina a concio, opera di marmorari lombardi. In essa balza l’artistico portale romanico-gotico con sei colonne tortoli e sei lisce, e con un bel rosone sovrastante. Nella lunetta un affresco di scuola Umbra, del sec. XV, rappresenta la Vergine ed il Bambino Gesù; ai lati S. Agostino e S. Nicola. Nell’interno, di una sola navata, si ammirano all’ingresso alcuni affreschi di Scuola Umbra del sec. XVI, rappresentanti la Madonna delle Mandorle, S. Rita e S. Agostino. Nell’altare di fronte la Vergine della Cintura e genuflessi i Santi Gaetano e Domenico, Claudio e Petronilla. Il quadro, datato 1609, è opera di Virgilio Nucci da Gubbio. Da notare inoltre due pulpiti in legno del sec. XVII: presso quello di destra è un affresco del sec. XV (77). La lunghezza della Chiesa è di 14 metri con coro, sacrestia e bel campanile.

5) CITTADUCALE (ex Provincia Agostiniana umbra, poi ex Aquilana, oggi prov. di Rieti e diocesi dell’Aquila). Sulla piazza principale a sinistra, si nota il magnifico portale della chiesa dell’ex convento di S. Agostino, portale in pietra costruito dietro incitamento e consiglio di S. Bernardino da Siena (78). Tale portale s’impone all’attenzione dell’osservatore per la bellezza e la ricchezza degli intagli e dei rilievi in fogliami e colonnati. Il portale risente ancora di tutta l’arte romanica nella struttura piena e lunga, mentre ha i caratteri dell’arte gotica, a quattro pilastri intercalati da tre colonnine, due liscie ed una a tortiglione con capitelli fiorati e due belle mensole a cariatidi, che sostengono l’architrave: di esse mensole è particolarmente interessante la sinistra. Nella lunetta è un affresco abbastanza deperito in cui si osserva la Vergine con S. Agostino e S. Francesco. Interessante anche la porta d’ingresso a scacchiera e in mezzo ad ogni scacco altrettante parti a rilievo (36), terminanti a punta di diamante. Manca la facciata e l’abside è poligonale. Nel Marchesi si legge che “nell’anno 1455 fu fatta la cona di rilievo dell’altare maggiore d S. Agostino di artificiosissimo lavoro e molto ricca”. Sembra sia stata fatta eseguire a Venezia, per incarico ed a spese di Mastro Antonio di Cittaducale, il quale volle lasciare un suo ricordo ai Frati Agostiniani che per lungo tempo l’avevano ospitato. Il Convento fu edificato precedentemente alla Chiesa, cioè nel 1387 ad opera di Fr. Giacomo, agostininno (79) e fu soppresso nel 1809. Gli inventari sia dell’Archivio che della Biblioteca si trovano ora tra le carte della soppressione (80).

6) LEONESSA (ex Provincia Agostiniana umbra, poi ex Provincia Aquilana, oggi diocesi di Rieti).

Chiesa di S. Pietro o Convento di S. Agostino. Nella piazza principale, dove fa moslra di sè la fontana detta Farnesina, si è attratti subito da una quattrocentesca facciata di Chiesa in pietra rossa, con campanile trecentesco a cuspide ottagonale; ivi al secondo ripiano si nota una bifora triloba, ed al terzo ripiano una grande monofora a sesto acuto. Nello sfondo il forte e rude scenario del monte Tibia. E’ la chiesa di S. Pietro (già di S. Agostino), con l’adiacente ex Convento: quivi si conserva una bella loggia medioevale da cui può ammirarsi tutta l’ampia valle sottostante. Il ricco portale della Chiesa, pur esso in pietra rossa, e romanico, di magnifica fattura, con colonnine alternate liscie e tortili, che ripetono il motivo anche nei sesti degradanti fino ad arrivare al piano della lunetta; quivi, nel centro dell’architrave, si osserva lo stemma della città. Il portale termina in una specie di cuspide su cui poggia una statuetta di S. Agostino. Ai due lati del portale, su due mensole prolungate poggiano, un po’ più in basso, le statuette di S. Pietro e S. Paolo. Nell’interno della Chiesa sull’altare maggiore è una Assunta di Girolamo Muziano, con pala attribuita a Giulio Romano (81). Alcune tavole con Storie di Santi, attribuite al Perugino o ad un suo allievo molto vicino furono trasportate nel Museo dell’Aquila, mentre di notevole, nella Cripta della Chiesa, rimane una bellissima Pietà in legno scolpito di autore ignoto del sec. XVI, copia di quella di Michelangelo nella Basilica di S. Pietro in Roma. Si ignora la data della fondazione del Convento. Si ricorda che la Cripta era denominata Madonna delle Grazie ed era officiata da una Arciconfraternita; che il chiostro era molto capace, avendo una loggia sopra (loggiato) e una sotto (porticato) ed era contiguo un orto murato, che le camere per alloggio del Convento erano 24, oltre ogni accessorio necessario alla vita materiale (82). Tra i Religiosi illustri del convento di Leonessa va ricordato il frate Agostino Campelli, nativo del luogo, vescovo di Bova, di cui tratteremo in seguito. Quanto alla soppressione ed all’archivio di questo convento nulla ci è dato di rilevare (83).

Convento di S. Egidio. Trovasi a 4 miglia da Leonessa in una valle circondata da monti. Fu fondato nel 1538 da Fr. Manfredo della Congregazione di Liceto (84). La chiesa di struttura medioevale in pietra, con sacrestia e coro. Il convento Agostiniano aveva piccole stanze e un orticino.

7) MONTEREALE (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Provincia Aquilana, oggi diocesi di Rieti). Rimandiamo per questo Convento al cap. XI.

8) NORCIA (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Provincia Aquilana, oggi diocesi di Spoleto). L’antica chiesa di stile romanico, denominata di S. Agostino, sorgeva in mezzo alla città. Sopra l’architrave del portale sta la figura del Santo con la data 1134 (85). Doveva quindi la chiesa essere stata costruita in quell’anno. Nel 1650, l’interno era ornato di 10 cappelle “alla moderna”, cioè di stile Rinascimentale. Aveva due chiostri, 12 camere, un appartamento di tre Camere per uso del Priore e dei forestieri, un dormitorio pure di tre camere, due giardini, due fontane. Nel convento abitavano 12 frati. Da un libro dei più antichi, facenti parte dell’Archivio del 1383 (perchè il precedente andò bruciato) si sa che la Comunità religiosa custodiva la bussola dei Consoli della città ed una delle chiavi era tenuta dal Priore.

9) POSTA (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi ex Provincia Aquilana, oggi diocesi di Rieti). Di fondazione antica (86). La Chiesa originariamente era sotto il titolo di S. Maria Maddalena (m. 30 x 12), con un convento di 18 stanze, denominato di S. Agostino, fu soppresso nel 1809 ed allora l’Archivio andò distrutto, salvandosi solo l’inventario che oggi conservasi tra le carte della soppressione (87).

10) SULMONA (ex Congregazione Agostiniana Perugina, poi Provincia Aquilana, oggi diocesi omonima).

a) Convento e Chiesa di S. Agostino. Attraverso l’Antinori (88), si ha qualche notizia sulla origine e sullo sviluppo del convento di Sulmona. Fu soppresso nel 1809, andando perduti i libri di amministrazione. Le pergamene si conservano qua e là (89), e si conservano nell’Archivio Provinciale di Stato gli atti relativi alla soppressione (90). Sulla fondazione del Convento e della Chiesa, così scriveva il Di Pietro: “Intorno il 1262 il Magistrato Sulmonese fondò il Convento dei Religiosi Eremitani per la devozione che professava al gran padre delle lettere S. Agostino. Avevano essi una Cappella sotto il titolo di S. Martino, dove disimpegnavano i loro sacri doveri. Il Re Carlo d’Angiò, affinchè potessero edificare un tempio, donò al Convento un gran suolo vicino l’abbandonato “borgo di S. Panfilo” come dal Real diploma 20 dicembre 1229, che si conserva nell’Archivio del Convento. Quivi dunque venne fabbricata la Chiesa ed ampliato il Convento, che tuttora esiste” (91). Del Convento e della Chiesa dedicata pur essa a S. Agostino, non rimane che la facciata che sorgeva contigua al Palazzo Capograssi, dove è ora la piazza Garibaldi e che, rimasta distrutta nel 1879, fu per interessamento del De Nino, finita di demolire, conservata e poi ricostruita nel 1885 come facciata all’odierna chiesa di S. Filippo. Oggi, anche per chi non sa, la facciata appare integra all’ammirazione degli studiosi d’arte. Tale Chiesa si trova di fronte a destra di chi dal Corso Ovidio scende alla detta piazza Garibaldi, cioè in fondo alla stessa. Il portale, costruito nel 1315, presenta uno schema quasi gotico, analogo a quelli del Duomo di Teramo (firmato da Deodatus de Urbe) e dello stesso Duomo di Sulmona e che deve essere servito di modello ad altri portali d’Abruzzo. Le colonne ottagonali esterne sorreggono pinacoli, che mostrano nel fronte, oltre gli stemmi degli Angioini, le arme della famiglia Sanità. I primi si spiegano con la donazione di Carlo I d’Angiò cui accenna il Di Pietro (92), le seconde con le oblazioni di Rinaldo Sanità e di suo figlio Giacomo, che concorsero alle spese per la costruzione del tempio. Sulla lunetta un dipinto a fresco rappresentava la Madonna che allatta il Bambino, con S. Agostino e S. Lorenzo ai lati. In occasione della demolizione della facciata, il dipinto fu staccato e trasportato al Museo Civico, ove oggi si ammira. Nel mezzo del frontone in bassissimo rilievo è un S. Martino di buona fattura. Tutta la facciata termina con una cornice ove, tra le foglie di acanto e di cardo, spuntano teste di Santi e Vescovi, di monache, di donne e uomini con acconciature dell’epoca, eseguite con perizia tecnica e gusto decorativo (93).

b) Monastero di S. Monica. Fu soppresso nel 1811, nel quale anno si conservavano vari libri di amministrazione (1671-1811) e circa 250 pergamene dal 1540 al 1790 (94).

11) S. VALENTINO (ex Congregazione Agostiniana Perugina, ex Provincia Aquilana, attuale diocesi di Poggio Mirteto, del qual Comune è frazione).

Pur attraverso diligenti ricerche, scarse notizie ci è stato dato di rintracciare su questo convento Agostiniano. La chiesa annessa era sotto il titolo di S. Maria delle Grazie e fu fondata nel 1595 (95).

12) TUBANO (ex Provincia Agostiniana Umbra, poi Provincia Aquilana, diocesi di Rieti).

Non siamo riusciti a identificare la località ove il convento fosse situato; esso esisteva certo alla fine del sec. XV (96), come probabilmente il villaggio in cui era compreso. Prendeva nome dal Turano che col Salto attraversa la regione di Rieti ed è per importanza il secondo fiume dopo il Velino, avendo un corso di 96 Km. Nella Relazione ms. a Papa Innocenzo X si legge (97) ignorarsi l’epoca della fondazione e dell’erezione del convento, che trovavasi sotto la piazza, con ingresso sulla strada pubblica. Era di m. 60 x 39 e aveva sei stanze principali ed accessori (granaio, legnaia, cantina, stalla, pagliaio e cisterna). La chiesa sotto il titolo di S. Pietro Apostolo era di m. 42 x 15.

13) VISSO (ex Provincia Agostiniana Umbra, diocesi di Spoleto).

Sempre nella Relazione ms. a Papa Innocenzo X (98) si legge che il convento trovavasi nella piazza del paese, dopo la chiesa dei Canonici secolari. Nulla si sa della fondazione per incendio dell’Archivio Conventuale verificatosi nel 1450. La chiesa dedicata a S. Agostino era di “60 canne alla misura Vissana”, cioè di circa 20 metri ed il convento aveva venti stanze.

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(68) Cfr. Bullettino, serie III, a. XVIII, 1927, p. 244.

(69) Cfr. I. C. GAVINI, Storia dell’Architettura in Abruzzo, in 2 voll., Milano 1927.

(70) F. PALMEGIANI, Rieti e la regione Sabina, Roma 1932, p. 404.

(71) Bibliografia tratta dal CASSESE, Guida cit., VI, parte II, p. 120; A L. ANTINORI, Corografia storica, ms. cit., vol. XXV; L. GIUSTINIANI, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, I-X, Napoli 1797-1905, vol. I, pp. 174, 179; C. MINIERI RICCIO, Biblioteca storico-topografica degli Abruzzi, Napoli 1862, pp. 79-80; PARASCANDOLO, Supplemento all’opera di Minieri Riccio, p. 81; PANSA, Supplemento, p. 32 sg. In specie, vedi in Archivio Prov. di Stato, Atti Amministrativi, serie F., cat. X, b. 1182.

(72) Bibliografia generica tratta dal CASSESE, Guida cit., VI, parte II, p. 121; A L. ANTINORI, Corografia storica, ms. cit., vol. XXXII; L. GIUSTINIANI, cit., vol. I, pp. 206-210; C. MINIERI RICCIO, cit., pp. 88-92; V. BINDI, Fonti della storia Abruzzese, Napoli 1884, sappl. 10; PANSA, Supplemento, cit., n. 93. In specie, cfr. Archivio Prov. di Stato, cit., sez. I, cat. X, b. 1185; Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione al papa Innocenzo X; Regesto ms., p. 200.

(73) Bibliografia generica tratta dal CASSESE, Guida cit., VI, parte II, p. 124; A L. ANTINORI, Corografia, ms. cit., vol. XXVIII; L. GIUSTINIANI, cit., vol. III, p. 95; C. MINIERI RICCIO, cit., p. 227; V. BINDI, Fonti, cit., n. 38; G. PANSA, Supplemento, cit., pp. 121-124; FULIO-BRAGONI, Cantalice descritta ed illustrata, Rieti 1885. In specie, cfr. Archivio Prov. di Stato, Atti Amministrativi cit., serie I, cat. X, b. 1183.

(74) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione al papa Innocenzo X, cit., Ii 5, p. 211.

(75) E. MATURO, Cascia, città di S. Rita, gemma dell’Umbria, Spoleto 1932, p. 56; Gli Agostiniani a Cascia, in Bollettino Storico Agostiniano, vol. XII, p. 48; vol. 13, pp. 48-51; A. MORINI, Cascia nella natura, nella storia e nell’arte, Perugia 1913.

(76) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione al papa Innocenzo X, cit., p. 172.

(77) E. MATURO, Cascia, cit., pp. 47-54, 57.

(78) S. MARCHESI, Compendio Storia di Cittaducale dall’origine al 1592, Rieti 1875, scrisse che nel 1442 S. Bernardino da Siena, predicando a Cittaducale nella piazza, non solo ridusse i cittadini alla pace fino all’anno 1450, ma li spinse ad adornare col bel portale la chiesa di S. Agostino, come sopra riferito. Per la chiesa cfr. pure PALMEGGIANI, cit., p. 436.

(79) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione al papa Innocenzo X, cit., p. 178.

(80) Bibliografia generica tratta dal CASSESE, Guida cit., VI, parte II, p. 125; A L. ANTINORI, Corografia, ms. cit., vol. XXX; L. GIUSTINIANI, cit., vol. IV, pp. 58-62; C. MINIERI RICCIO, cit., pp. 303-305; CAPPELLETTI, Chiese d’Italia, XXI, p. 424; PARASCANDOLO, Suppl. cit., n. 69; BINDI, Suppl. cit., n. 62; G. PANSA, Suppl., cit., pp. 158-164. In specie cfr. Archivio Prov. di Stato, Atti Amministrativi cit., serie I, cat. X, b. 1184.

(81) Cfr. Bullettino, cit., serie III, a. VI, 1915, p. 265.

(82) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione al papa Innocenzo X, cit., p. 246.

(83) Cfr. CASSESE, Guida cit., VI, parte II, pp. 127-128. Ivi è solo la bibliografia generica che trascriviamo: A L. ANTINORI, Corografia, ms. cit., vol. XXXIII; E. GENTILE, Le pergamene di Leonessa depositate nel R. Archivio di Stato di Napoli, Repertorio, Foligno, 1915, p. X-XXXIV; C. MINIERI RICCIO, cit., pp. 380seg.; PARASCANDOLO, Suppl. cit., p. 83; SABATINI, Appunti bibliografici cit., in l. cit., p. 683.

(84) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione cit., t. II, f. 246.

(85) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione cit., t. II, f. 198.

(86) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione cit., t. II, f. 252.

(87) Bibliografia generica tratta dal CASSESE, Guida cit., VI, parte II, p. 131; A L. ANTINORI, Corografia, ms. cit., vol. XXXVII; L. GIUSTINIANI, cit., vol. VII, pp. 282seg. In specie cfr. Archivio Prov. di Stato, Atti Amministrativi cit., serie I, cat. X, b. 1185. T. HERRERA, Alphabetum, cit., II, p. 413.

(88) Per la ricca bibliografia generale e particolare intorno a Sulmona cfr. CASSESE, Guida cit., II, pp. 85-86; ANTINORI, Corografia, ms. cit., vol. XLIX, pp. 538-599; Archivio Prov. di Stato, Atti Amministrativi cit., serie I, cat. X, b. 1186.

(89) Le pergamene 1368-1598 sono nell’Archivio della Cattedrale di Sulmona ed altre in quello della Curia Vescovile. Ogni altro documento di Archivio è andato perduto. Tra queste pergamene potrebbe rinvenirsi qualcosa che riguardi il convento degli Agostiniani di Sulmona. Cfr. A. CHIAPPINI, Regesto delle pergamene del nuovo Archivio di S. Panfilo di Sulmona, in Bullettino, serie III, a. VI, 1915, p. 125-226.

(90) Archivio Prov. di Stato, Atti Amministrativi cit., serie I, cat. X, b. 1186.

(91) Cfr. IGNAZIO DI PIETRO, Memorie storiche della città di Sulmona, Napoli 1804; Memorie storiche degli Uomini illustri della città di Sulmona, Aquila 1806.

(92) Intorno alle notizie del portale cfr., oltre il Di Pietro, nelle sue opere citate, GUIDO PICCIRILLI, Sulmona, Guida storico-artistica, Sulmona 1932, p. 120 con ill.

(93) G. PICCIRILLI, Sulmona, Guida storico-artistica, Sulmona 1932, p. 120 con ill.

(94) Archivio Prov. di Stato, Atti Amministrativi cit., serie I, cat. X, b. 1186. Per cenni storici, cfr. L. ANTINORI, Monumenti, cit., vol. XLIX, pp. 598ss; T. HERRERA, Alphabetum, cit., II, p. 432; e per l’Archivio, cfr. A. CHIAPPINI, op. cit., P. 128.

(95) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione cit., f. 370.

(96) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Regesto, Dd. 8, f. 308.

(97) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione cit., p. 248.

(98) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Relazione cit., t. II, f. 211. Il convento si trova altresì menzionato nel Regesto, Dd. 1, f. 4 (anno 1358).

 

 

CAP. IX

VESCOVI, PRIORI GENERALI E RELIGIOSI AGOSTINIANI ILLUSTRI

DELLA EX PROVINCIA MONASTICA AQUILANA

A) VESCOVI DELL’AQUILA AGOSTINIANI

Fr. Filippo Delci da Lucca, eletto Vescovo dell’Aquila da Clemente V (Francese, 1305-14) alla morte del Vescovo Bartolomeo Conti (1312). Tenne la carica dal 4 giugno di quell’anno al 1327. Fu un celebre oratore, forte e amante della giustizia. Difese gli Agostiniani in una controversia sorta tra essi e i Vescovi di Narni e di Gubbio. Ricostruì quasi ex novo la cattedrale dell’Aquila e l’Ughelli lasciò scritto in proposito: “Novum Cathedralem templum a fundamentis ad perennitatem sui nominis, Deique gloriam munificentissime erexit”. Essendosi nel 1327 recato in patria, vi infermò e vi morì. Fu seppellito in Lucca nella locale chiesa di S. Agostino (99).

B) VESCOVI NATI O VISSUTI NELLA PROVINCIA SPOLETANA OESA

1) P. Maestro Giovani da Cascia (n. 1328), Vescovo di Palma del Sole, fecondo oratore (100).

2) P. Nicola Saracini da Cascia (+ 1418), nominato Vescovo di Macerata e Recanati da Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa, napoletano, 1410-1415), dopo essere stato Priore generale dell’Ordine (1400-12) e Visitatore Apostolico. Visse ai tempi dello scisma di Gregorio XII (Angelo Corrasio, 1406-15). Il Saracini ebbe a soffrire da parte del Marini, veneziano, creato Vescovo in sua vece dall’antipapa. Ma Recanati, fedele al suo legittimo Pastore, non permise che l’intruso mettesse piede tra le sue mura mura (101). Nell’occasione della sua nomina a Vescovo, il ricordato Pontefice concesse alla chiesa di S. Agostino dell’Aquila privilegi e grazie spirituali (102).

3) Fr. Agostino (Campelli) de Gonessa (o Lagonessa, oggi Leonessa) valente predicatore, Vescovo di Bova (Calabria), morto nel 1483 (103).

4) P. Cherubino Lavosi da Atri (+ 1578), Segetario generale dell’Ordine, caro al Pontefice Pio V (Ghislieri, 1566-72) che lo nominò Vescovo di Telese, nell’Archidiocesi di Benevento. Il Lavosi intervenne al Concilio di Trento (1545-63) come teologo del Vescovo di Vercelli Mons. Melignani. L’anno 1571 ritornò a Cascia, nella sua casa paterna, dove morì, essendo sepolto nella locale chiesa di S. Agostino, ove fu affrescata la sua immagine e posta una nobile epigrafe. Altra immagine del P. Cherubino Lavosi con epigrafe si trova nella sua parrocchia di Atri (104).

5) Fr. Ignazio Della Zerda nacque a Lima nel Perù, dove il padre era Vicerè per incarico della Spagna. Fu il 43° Vescovo dell’Aquila, su proposta del Re Carlo II che lo stimava assai. Resse la carica dal 1683 al 1702. Il Della Zerda richiamò la cittadinanza al culto di S. Celestino V, di cui celebrò il IV centenario dell’incoronazione con solenni onoranze: nella circostanza fu portato il Corpo del Santo in processione per le vie della città. Il suo ministero, così fecondo di opere e di vita cristiana, venne bruscamente interrotto. Obbedendo alle urgenti pressioni del papa Innocenzo XII (Pignatelli, 1691-1700), scomunicò i giudici di un processo, nel quale un presunto chierico della sua giurisdizione (tale Vincenzo Caruso di Fossa) era stato condannato a morte in Napoli, nonostante l’immunità della quale godeva. La reazione dell’autorità civile fu tanto violenta che egli venne bandito dal Regno. Ed allora si trasferì a Rieti, dove morì il 29 settembre 1702 nel convento di S. Agostino (105). Le sue spoglie seppellite nella chiesa omonima furono poi solennemente traslate nella cattedrale di Rieti il 5 maggio 1719.

C) PRIORI GENERALI DI NASCITA AQUILANA

Allo stato delle nostre ricerche abbiamo un solo Priore generale di nascita aquilana cioè Fr. Giacomo Oliva (106) di famiglia patrizia aquilana, oriunda di Norcia: ne ignoriamo la data di nascita. Fu un dotto teologo, del quale si servirono molto i Pontefici Niccolò V (Parentuccelli, 1447-55) e Calisto III Borgia, 1455-58), del quale ultimo Fr. Oliva fu anche consigliere e cappellano d’onore. Dal Capitolo generale dell’Ordine tenuto a Bologna nel 1470 (107) fu eletto all’unanimità Priore generale. In precedenza era stato Vicario Generale e lettore nell’Università di Napoli, oltre che consigliere della Regina Giovanna II di Napoli. Frate Giacomo Oliva, sotto Sisto IV, al termine completo del settennio di suo generalato, moriva a Roma il 28 marzo 1476, lasciando molte migliaia di ducati d’oro che il cardinale Rotomagense Guglielmo di Estouteville, Vescovo di Ostia, protettore dello stesso Ordine Agostiniano, dispose fossero impiegati a principiare la fabbrica del Convento Agostiniano di Roma (108). Un medaglione in istucco, tra i cinque che rappresentano personaggi di tale famiglia Oliva, e che sono seguiti da epigrafi, ricorda frate Giacomo nella monumentale cappella del tempio di San Bernardino da Siena nell’Aquila, seconda cappella a destra, il cui altare è adorno del noto lavoro in plastica dei Della Robbia (109). L’epigrafe sotto il medaglione suona così: “P. Jacobus Oliva Ord. Eremitarum S. Augustini a MCCCCLXX in Bononiensi Comitio sui Ordinis Prior. Generalis renunciatus”.

D) PRIORI GENERALI DELL’ABRUZZO AQUILANO

1) P. Nicola Serani che fu Priore generale nel 1699 e che il Lanteri (110) scrive esser nato da madre appartenente alla famiglia Oliva, in Antrodoco (111). Il nome Nicola ha fatto cadere in errore il nominato Lanteri quando, nella I parte, a p. 289 della sua citata opera, lo attribuisce al Priore generale Oliva che chiama: “p. Nicolaus Oliva, alias de Aquila”, errore probabilmente materiale, perchè poi nella parte II della stessa opera scrive: “Fr. Jacobus Oliva de Aquila”.

2) P. Nicola Saracini da Cascia che, prima di essere eletto Vescovo, fu Priore generale dell’Ordine dal 1400 al 1412, come nel precedente capitolo abbiamo ricordato.

E) RELIGIOSI AGOSTINIANI ILLUSTRI NATI NELLE DUE PROVINCE (ex Spoletana ed Aquilana)

1) Un Penitenzine maggiore: Fu costui Fr. Valentino da Aquila nominato tale da Bonifacio IX con breve 30 gennaio 1392 (112).

2) Un Sacrista pontificio: Fu costui Fr. Giuseppe Eusanio (+ Roma, 1692) aquilano, religioso autorevole: dapprima fece i suoi studi nel convento di S. Agostino della sua città natale (113). La famiglia Eusanio o Eusani era congiunta in parentela fin dal sec. XVI con famiglie del patriziato Aquilano: così una Piera Eusani fu sposa di Girolamo Bucciarelli, la cui figlia Beatrice nel 1545 impalmò Giov. Angelo Porcinari (114). Valente predicatore e dotto in teologia, fu chiamato come lettore di Sacra Scrittura nell’Archiginnasio della Sapienza di Roma, Vicario generale della Congregazione di Perugia e poi Procuratore generale. Clemente IX nel Concistoro segreto del 9 marzo 1669 lo creò Vescovo in partibus di Elenopoli ed in pari tempo suo sacrista (115). Clemente X (Altieri, 1670-1676), prescelse l’Eusanio a suo confessore, concedendogli nel 1672 in cambio del già conferitogli, il titolo vescovile di Porfirio, titolo già posseduto da altri due sacristi immediati predecessori e poi per disposizione del Papa Pio VII (Chiaramonti, 1800-1823), stabilito come ordinario titolo dei Sacristi. “La elevata condizione cui ascese per tal modo l’Eusanio fè che il Magistrato Aquilano o sia l’amministrazione municipale della nostra città, gli si rivolgesse, ove, per materia ecclesiastica gli occorresse far ricorso alla romana Curia. Intorno al che sarem paghi di rammentar l’incarico datogli nel 1677 di far risolvere dalla S. Congragazione delle Indulgenze, dietro alcuni dubbi insorti, quanto durar dovesse il così detto Perdono o sia, l’indulgenza plenaria, nella Chiesa di Collemaggio, in virtù della famosa Bolla di Papa Celestino V, poi da altri Pontefici confermata. Al che adempiutosi con sollecitudine, per favore dell’insigne prelato, fu dallo stesso data al Magistrato Aquilano analoga partecipazione, cioè che l’indulgenza in questione, intender si dovesse concessa in ambi i giorni 28 e 29 Agosto. Per tali atti di benevola cortesia addimostrata verso la nostra città, nonché per meriti scientifici dell’Eusanio, si pensò dai nostri padri di dargli un attestato di stima e di affettuosa riconoscenza, con ascriverlo alla cittadinanza Aquilana di primo ordine, cioè al Patriziato. Il quale atto solenne si compiva con deliberazione del Corpo dei Nobili del 23 novembre 1637 (116). Ed è tanto più degno di memoria in quanto che ne rimane come unico esempio di ascrizioni personali al Corpo Nobile della nostra città, dopo la chiusura avvenuta quindici anni innanzi: dovendo essere le aggregazioni per principio, massime dopo detta chiusura, sempre ereditari, come stabilenti separazioni di classi. A questa splendida testimonianza di stima della sua patria, non potea l’Eusanio rimanere indifferente e l’occasione di mostrare la sua gratitudine gli fu porta nel seguente anno. Il Magistrato Aquilano, sendone camerlergo il dott. di leggi Stefano Alferi, si risolse di adornare una delle sale del palazzo della città, delle immagini dei più alti dignitari ecclesiastici, fioriti nel Contado Aquilano, anche prima della edificazione della città, affidandone l’incarico a due reputati artisti concittadini: Cesare Fantitti e Francesco Redeschini. A non gravare però con tale spesa il pubblico erario, si fè ricorso all’amato Vescovo di Porfirio, il quale immantinenti dispose all’ogetto la somma di ducati cento, incaricando il suo confratello Agostiniano Fr. Paolo De Filippis Presidente in Aquila, di sborsarli per di lui conto” (117). A Roma fece erigere nella Chiesa di S. Agostino la Cappella di S. Rita (118). Fr. Giuseppe Eusanio morì in Roma il 23 aprile 1692, sotto il Pontificato di Innocenzo XII, lasciando di sé memoria, come di uno dei più zelanti ed esemplari ecclesiastici, che abbiano esercitato il geloso ufficio di Sacrista pontificio o Prefetto dell’Apostolico Sacrario (119). Detto Vescovo fu sepolto a Roma, in S. Agostino (chiesa) presso l’altare stesso di S. Rita, da lui fondato, come leggesi nell’epitafio (120). Posteriormente, per alcune modificazioni apportate alla chiesa di S. Agostino, il monumento dedicato all’illustre Sacrista Mons. Eusanio con la soprastante effige in scultura e con l’epitafio è stato rimosso dalla Cappella della B. Rita e situato presso la cappella di S. Tommaso, sicchè ora vedesi nella crociera di sinistra della chiesa cioè dal lato dell’evangelio (121).

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(99) Cfr. Catalogus Pontificum Aquilanorum ab anno 1254 ad annum usque 1472, in L. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, tomo VI, col. 931; A. SIGNORINI, La Diocesi di Aquila descritta ed illustrata, Aquila 1868, II, n. V, p. 19-20: fra Filippo Dolci; M. ODDO BONAFEDE, Guida, cit. p. 157 (serie dei Vescovi dell’Aquila dal 1257 al 1881).

(100) MATURO, op. cit., p. 92.

(101) MATURO, op. cit., p. 92; TORELLI, o. cit., VI, p. 359; LANTERI, Eremi sacrae Augustinianae, Romae 1874, pars I, p. 143; ANALCTA AUG., Atti del capitolo 1400, già ricordati alla nota 5, vol. 5, p. 220seg.

(102) ANALCTA AUG., Atti del capitolo 1400, già ricordati alla nota 5, vol. 5, p. 219.

(103) Fu sepolto nella chiesa di S. Agostino a Roma. L’epitafio di lui, già esistente in detta chiesa, suonava così: “Hic iacet corpus Rev.mi in Christo Patris et Dominus Domini Augustini de Gonessa Ord. Heremitarum Episcopi Boven. qui obiit an. MCCCCXXXV die XXII Angusti cuius anima requiescat in pace”. Cfr. V. FORCELLA, Iscrizioni delle chiese e di altri edifici di Roma, vol. V, Roma 1874, p. 7, n. 5.

(104) MATURO, op. cit., p. 92; LANTERI, Eremi sacrae, cit., pars I, p. 171; PERINI, op. cit., II, p. 151;

(105) Per tali fatti cfr. R. LUDOVICI, Gli Abruzzi al principio del secolo XVIII, nel vol. Anton Ludovico Antinori e il II centenario della sua nascita, Aquila 1904, pp. 5-7.

(106) C. CRISPOMONTI, Famiglie nobili Aquilane (opera ms. della prima metà del secolo XVII), famiglia Oliva; G. RIVERA, in annotazione al Catalogo delle scritture appartenenti alla Confraternita di S. Maria della Pietà nell’Aquila, in Bollettino cit., serie II, a. XVIII, 1906, p. 17 nota 373. Per la genealogia della famiglia Oliva, cfr. ivi. pp. 18-19; vi si apprende che una Dorotea sposò Lelio Rivera, Gran Croce dell’Ordine di S. Stefano di Toscana. Aggiungiamo che anche una Cornelia Oliva sposò Bartolomeo Rivera. In progresso di tempo, un altro Agostiniano e presule doveva essere generato per illustrazione della famiglia Oliva: egli fu Alfonso, Vescovo di Bovino nel 1535, poi promosso alla sede arcivescovile di Amalfi nel 1541.

(107) Cfr. Fr. MAURIZIO TERZO da AQUILA, Cronaca, Roma 1582; S. MASSONIO, op. cit., del 1593 (l’A. riporta nel suo libro il ms. relativo all’elezione di Fr. Giacomo Oliva che era conservato nell’Archivio del Convento); LANTERI, Eremi, cit., pars I, p. 289; V. MATURANA, Historia general de les Eremitanes de San Agustin, Santiago de Chile 1913, vol. III, pp. 171-187, riferisce di due altri generali dell’Ordine originati da famiglie di cognome Oliva: il primo fu P. Alessandro Oliva da Sassoferrato (1408-63), XXV generale (1459-60) e poi cardinale preconizzato a successore di Pio II (Piccolomini, 1458-1464), ove la morte non l’avesse colto a Tivoli, avendo 55 anni (Cfr. PASTOR, Storia dei Papi, vol. I, p. 43). A proposito del luogo di nascita del Card. Oliva, il LANTERI, op. cit., p. 51, scrive: “ortus est Bocchiolini prope Saxoferratum”; e, in rettifica del Lanteri, il PERINI, op. cit., vol. III, p. 31, scrive: “ortus est in oppido vulgo Coboccolino, a nonnullis per errorem Bocchiolino vocato, prope Saxoferratum”. Cfr. infine gli Atti del Capitolo generale celebrato nel 1470 in ANALECTA AUGUSTINIANA., vol. VII (1917-18) pp. 166-212. Il secondo, P. Santiago (Giacomo) Oliva di Aquila, XXVII generale (1470-76), che per il periodo di Generalato coincide col p. Giacomo da noi ricordato. Nell’Archivio generale dell’Ordine v’ha un Regesto ms. relativo a Giacomo dell’Aquila, periodo di generalato (collocazione Dr, 6 e 7).

(108) V. APPENDICE, doc. I. Cfr. pure PAMPHILO, op. cit., p. 87 e sgg.; L. RIVERA, Mecenati e Artisti, cit., p. 290-291; Codex diplomaticus OESA Papiae, 1906, II, 55, n. 4.

(109) Cfr. A. LEOSINI, op. cit., pp. 202-203.

(110) LANTERI, Eremi, cit., pars I, p. 32.

(111) PERINI, Bibliografia cit., vol. I, p. 48.

(112) TORELLI, cit., VI, p. 512.

(113) G. RIVERA, Cenni biografici degli Arcivescovi e Vescovi che sortirono nascimento in Aquila e suo antico Contado, in “La Palestra Aternina”, vol. X, 1892, fasc. 8. pp. 235-240; LANTERI, Eremi, cit., pars I, p. 225.

(114) O. D’ANGELO, Un antico inventario nuziale, nel volume miscellaneo per nozze Piromallo-Rivera, Aquila 1906, p. 70.

(115) Il Sacrista (Praefectus Sacrarii Apostolici) è vescovo assistente al soglio, prelato domestico e palatino: essendo religioso Agostiniano, veste l’abito prelatizio nero. E’ parroco palatino e fa parte della Camera segreta o della Corte particolare del Papa nei viaggi e nelle villeggiature. Quando nei viaggi si porti la cassetta del SS.mo Sacramento ne custodisce la chiave. Siede nella cappella pontificia tra i vescovi assistenti al soglio, quale vescovo di Porfireone o Porfirio. Custodisce tutte le sacre suppelettili (arredi, vasi e paramenti della Cappella Pontificia), nonchè gli ornamenti preziosi del Papa (triregno, mitria e berrettone) ed anche la Rosa d’oro. Nei Pontificali assaggia l’acqua, il vino e le ostie non consacrate. Porge al Papa l’aspersorio. Il sabato santo benedice l’acqua e a Pasqua le stanze pontificie. Celebra le messe pontificali nelle cappelle prelatizie e cardinalizie. Amministra l’estrema unzione al Papa, del quale in antico era anche il confessore. Entra nel Conclave. E’ Consultore della S. Congregazione dei Riti. Infine, per disposizione di Alessandro VII, al Sacrista venne affidata la sopraintendenza negli scavi delle catacombe di Roma, la custodia dei corpi santi e l’autenticazione delle reliquie. Sulle mansioni del Sacrista, sia ordinarie come parroco, cioè per la parte spirituale svolta nei Sacri Palazzi Apostolici, sia straordinarie, cfr. LANTERI, op. cit., I, p. 206 (ove si riportano le espressioni del Rocca), dopo avere a p. 199 data notizia dell’origine dello carica. Cfr. pure P. MONTI, in Analecta Augustiniana, XVI (1937-1938), p. 233-247; G. FALLANI e M. ESCOBAR, Vaticano, Firenze 1946, p. 174-175.

(116) V. APPENDICE, doc. II.

(117) Il documento esistente nei citati libri delle Riformazioni venne riportato da F. S. CAJAZZO, Carlantonio De Rosis ed i suoi studi giuridico-politico-penali nello Stato di Napoli, dal Regno di Carlo II di Spagna al 1712, in Bollettino cit., a. III, 1891, pp. 10-11, nota 1.

(118) A. LEOSINI, op. cit., pp. 202-203; G. RIVERA, Cenni biografici, cit.

(119) SAVINI, op. cit., p. 147.

(120) G. MORONI, Dizionorio d’erudizione, vol. 60, p. 189, scrive così di lui: “Egli visse in Corte con tanta virtù come fosse nel claustro: frugale, umile, senza profittare del Pontificio favore, onde formò l’ammirazione di tutti. Fu amante del suo Ordine e procurò aumentarne i privilegi, propagò la devozione della cintura, con i Conventi di Roma fu benefico, a quello di Aquila eresse la Biblioteca. Nella Chiesa di S. Agostino di Roma, ornò magnificamente la cappella della Beata Rita da Cascia e presso di essa fu sepolto con suo ritratto marmoreo ed elogio”.

(121) Riproduciamo qui l’epitafio, peraltro riportato da G. RIVERA, Cenni biografici, cit.: “D.O.M.- F. Joseph Eusanius Aquilanus, Episcopus Porphyriensis, Apostolici Sacrarii Praefectus, ex Augustin. eremitar. Ordine, cuius in amore Sanctorum ejus ritibus, et praevilegiorum amplitudine, vehementer illustratis, beneficientia continuo praesens onus omnium aemulator et exemplum extit, ut sola sibi gloria superstes foret totum pietatis operibus impendens, hanc B. Ritae de Cassia aram extruxit viventi nec nisi sero lugendo Augustiniana Religio, perpetuae venerationis M. P. Qui legis disce nil majus in illustri fortuna quam ut benefacere possis et velis”.

 

 

CAP. X

SANTI, BEATI, VENERABILI E SERVI DI DIO NATI O VISSUTI

NELLA EX PROVINCIA AQUILANA DELL’ORDINE DI S. AGOSTINO

Enumeriamo nel loro succedersi cronologico, siano del primo che del secondo Ordine (122):

1) BEATO SIMONE FIDATI DA CASCIA (1280-1348), celebre predicatore e scrittore insigne dell’aureo trecento. Le sue numerose opere nel campo della filosofia e delle lettere sono redatte con classico gusto e stile forte, puro e vivace, tanto da essere annoverate dalla Crusca tra i testi di lingua (123). Fu beatificato da Gregorio XVI (Cappellari, 1831-1846). Al Beato si ricollega un episodio relativo ad uno strepitoso prodigio Eucaristico, avvenuto in Siena nel 1330. Eccone la narrazione: Un parroco, chiamato al capezzale di un infermo, pose irriverentemente la S. Particola nel breviario che per via mise persino sotto il braccio. Dopo aver confessato l’infermo, il sacerdote nell’aprire il breviario per la Comunione, si trova dinanzi ad una tremenda visione: la S. Particola rosseggia di vivo sangue, macchiando ancora ambedue le pagine del breviario. Il sacerdote, frettoloso e confuso, si reca da Fra Simone Fidati, che predicava allora in quella città ed era tenuto in concetto di Santo. Questi, ascoltata la narrazione del fatto meraviglioso, assolve dal sacrilegio il sacerdote e da lui riceve il portentoso breviario che dona in seguito alla sua diletta Patria (124). Questa preziosa reliquia, arricchita dai Sommi Pontefici di numerose indulgenze, ha riscosso sempre un culto magnifco e speciale dai fedeli. Si festeggia ogni anno nella domenica tra l’ottava del Corpus Domini, con la esposizione per tutto il giorno e con la processione per le vie della città, ove intervengono anche devoti pellegrini. A tal riguardo rimarrà memoranda la celebrazione a Cascia del IV centenario nel 1930, con un Congresso Eucaristico e con l’inaugurazione di un nuovo e pregevole Ostensorio per la S. Particola. In esso può ancora ammirarsi, dopo trascorsi ben sei secoli, la detta prodigiosa Particola aderente ad una membrana di forma rettangolare, che il B. Simone tagliò dal suo breviario, mentre, attraverso le macchie di sangue, può scorgersi il volto del Redentore di meravigliosa bellezza! Il Corpo del Beato riposa in Cascia nella Collegiata di S. Maria, nel secondo altare di destra, sotto la mensa. Nel timpano in alto è una tela, in cui è raffigurato con una pittura olio il detto Beato.

2) BEATO GIOVANNI DEI DUCHI DI CHIAVANO, nato a Cascia nel 1310 e di cui la Repubblica Casciana (1547) affrescò l’immagine nella Sala del Palazzo Consolare (125).

3) BEATO UGOLINO (n. 1330), nobile uomo di Cascia, terziario Agostiniano che trascorse la sua vita di penitente nell’eremo della chiesa di S. Maria sorta sul Castellano, piccolo poggio in frazione di S. Anatolia (126).

4) SANTA RITA DA CASCIA (1326-1434): vedi capitolo che segue.

5) BEATO BENEDETTO CERI DA SULMONA (+ 1439 a Foligno). Ad opera di detto Beato il Convento di S. Maria Novella (127) di Perugia fu unito alla Congregazione di S. Maria del Popolo che da allora fu denominata “Congregazione Perugina”. E fu nel 1476 che a detta Congregazione fu unito anche il Convento di S. Agostino dell’Aquila, come sopra accennammo.

6) BEATO ANDREA DA MONTEREALE (1437-1480), di cui al capitolo che segue.

7) BEATO ANTONIO DELLA TORRE, detto Turriani (Milano 1424 - L’Aquila 1494). Di esso abbiamo discorso al V capitolo (Gli Agostiniani nella città dell’Aquila) e ad esso rimandiamo il lettore.

8) BEATO MANFREDO GIUDICI DA LEONESSA, morto il 1567 nel Convento di S. Egidio in Val di Leonessa, discosto cinque miglia dalla sua Patria (128).

9) VEN. MATTEO PAOLETTI DA ANTRODOCO (1367-1436), Predicatore e Vicario generale (129).

10) VEN. DIODATA FRANCESE (Barete 1547 - L’Aquila 12 agosto 1586). La denominazione “francese” le derivava dall’origine della sua famiglia. Fu compagna diletta ed emula della Beata Cristina e visse pur essa nell’ex monastero di S. Lucia morendovi in concetto di santità (130).

11) VEN. MATTEO CIOTTI DI LUCOLI (+1586) (131).

12) VEN. ZACCARIA DI S. PIETRO, frazione di Leonessa, nato nel 1584 e morto a Roma nel 1633 nel convento di S. Nicolò da Tolentino (132).

13) SERVA DI DIO ELENA VIVIO (L’Aquila 1618-1684) vissuta nel monastero di S. Amico dell’Aquila (133).

14) SERVA DI DIO MARIA TERESA CIAMPELLA (L’Aquila, 1627-1714), vissuta pur essa nel monastero di S. Amico dell’Aquila (134).

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(122) Su tutti questi Santi e Beati, è utile consultare i seguenti Autori TORELLI, Ristretto delle Vite; PORTILLO Y AGUILLAR, Chronica espiritual Augustiniana cit. nella bibliografia essenziale.

(123) HERRERA op. cit., I, p. 160; N. MATTIOLI, Il Beato Simone Fidati da Cascia OESA ed i suoi scritti editi e inediti, Roma 1898, II, p. 525; ID. ibid., IV: Gli Evangelii del B. Simone da Cascia, esposti in volgare dal suo discepolo fr. Giovanni da Salerno, delucidati con prefazione e glossario, di pp. 640; FRANCESCHINI, Fra Simone da Cascia ed il Cavalca, studi critico-letterari dell’Umbria nel sec. XIV, Roma, 1897. Del B. Simone l’Autore dà questo giudizio: Dedicò tutto se stesso al bene degli umili, a rendere popolare il nascente idioma volgare, predicando e scrivendo opere nelle quali inculcava a tutti la piena e fedele pratica delle sublimi massime del Vangelo e della carità cristiana”.

(124) A. MORINI, La reliquia del Corpus Christi, Cascia; cfr. E. MATURO, op. cit., p. 88.

(125) E. MATURO, op. cit., pp. 88-89; N. MATTIOLI, op. cit., p. 49.

(126) Cfr. E. MATURO, op. cit., p. 19; N. MATTIOLI, op. cit., p. 50.

(127) GB. COTTA, Vita del B. Antonio Turriani, cit., I, cap. 29; P. DOMENICO DA S. EUSANIO, L’Abruzzo Aquilano Santo, col. II, ediz. 1869, p. 85.

(128) GB. COTTA, op. cit., I, cap. 24; P. DOMENICO DA S. EUSANIO, op. cit., II, p. 401.

(129) GB. COTTA, op. cit., I, cap. 24; P. DOMENICO DA S. EUSANIO, op. cit., II, p. 437.

(130) ANTINORI, Vita della B. Cristina, cit., cap. 17; P. DOMENICO DA S. EUSANIO, op. cit., II, p. 140.

(131) P. DOMENICO DA S. EUSANIO, op. cit., II, p. 403.

(132) P. DOMENICO DA S. EUSANIO, op. cit., II, p. 438.

(133) A. MASCARDI, Vita di Suor Maria Ciampella, monaca Agostiniana nel convento di S. Amico, Napoli 1726, lib. I, cap. 14; P. DOMENICO DA S. EUSANIO, op. cit., II, p. 146.

(134) A. MASCARDI, op. cit., I, cap. 14. P. DOMENICO DA S. EUSANIO, op. cit., II, p. 268.

 

 

CAP. XI

COMUNITA’ AGOSTINIANE FIORITE NELL’ABRUZZO AQUILANO

CON I SANTI ED I BEATI IN ESSE VENERATI

A) MONASTERO E CHIESA DI S. AMICO NELL’AQUILA

1. MONASTERO

Il Monastero delle Monache Agostiniane di clausura di S. Amico deriva dal Monastero di S. Nicolò da Intervere (in Villa S. Blasii de Interveris (135), paese chiamato oggi Tempèra presso l’Aquila) e colà eretto dal Vescovo Aquilano Pietro nel 1345 con la condizione che nel caso venisse a mancare un sufficiente numero di monache, si sarebbe fuso col Convento di S. Onofrio di Collebrincioni. Ma, quando nel 1375 Antonio Petrone di Paganica ottenne dalla Basilica Vaticana che il palazzo con annessi giardini, già donato alla medesima dal di lui genitore, si trasformasse in un Monastero sotto gli auspici del glorioso S. Amico, di cui era devotissimo, il Vescovo Aquilano Paolo di Bazzano lo destinò alle Monache Agostiniane di Villa S. Blasii de Interveris e ciò avvenne il 1 novembre 1375 (136). Sin dall’origine in questo Monastero si osservò la Regola Agostiniana (137) e non già quella Benedettina. L’atto di fondazione che trovavasi nell’archivio di S. Agostino nell’Aquila fu riassunto dall’Antinori (138), il quale dà anche notizia dell’istrumento di traslazione, già esistente nell’Archivio di S. Nicola. Solo nel 1401 Bonifacio IX (Tomacelli, 1389-1404) riconobbe all’Ordine Agostiniano il diritto d’istituire comunità di monache con l’abito, la regola e i privilegi dell’Ordine stesso, secondo era stato concesso ai Frati Minori e all’Ordine dei Predicatori. Il monastero di S. Amico, essendo sopravvissuto alla soppressione del 1809, vive oggi rigogliosamente e le Monache Agostiniane attendono anche ad un educandato. Il monastero è tuttora (1954) sotto la giurisdizione del Vescovo dell’Aquila. Sulle Monache che in gran numero popolarono il monastero, si sa che vestirono l’abito Agostiniano molte donzelle di famiglie appartenenti al Patriziato Aquilano e che trascorsero fin da fanciulle la loro vita modesta ed esemplare, fiori di virtù, rinchiuse tra le sacre mura dei monasteri di S. Amico e di S. Lucia. Come esempio di quanto nei passati tempi la vocazione monacale fosse in voga presso il Patriziato Aquilano, menzoniamo le monache uscite dalle famiglie Alfieri, Cappa, Gentileschi, Nardis, Rivera. A proposito di questa famiglia e attraverso consultazioni nell’Archivio Rivera, ricordiamo le sorelle D. Chiara e D. Marta, figlie di Don Marcantonio Salvatore Rivera e di D. Lucrezia Nardis, che entrarono il 4 ottobre 1713 come educande in S. Amico, l’una di anni nove e l’altra di anni otto. Esse il 24 maggio 1722 vestirono l’abito Agostiniano e nel seguente anno, il 6 giugno, fecero la solenne professione, prendendo i nomi di Suor Maria Chiara Giuseppina e di Suor Maria Marta Carlotta: la prima nel 1760 era Abbadessa del monastero e morì l’8 novembre 1765, la seconda morì nello stesso monastero il 17 aprile 1773. Le sorelle minori D. Isabella e D. Maria Vittoria Rivera erano entrate pure in S. Amico il 2 giugno 1729, l’una nell’età di anni 21 e l’altra di anni 18: entrò pure educanda D. Olimpia di anni 16 (139). Tra quelle che, oltre le Serve di Dio Elena Vivio e Maria Teresa Ciampella avanti ricordate, si distinsero per santità di vita sono da menzionare Suor Maria Crocifissa Mari, Suor Maria Francesca Magnante e Suor Maria Giovanna Ciampella le cui memorie biografiche furono raccolte dal p. Antonio Mascardi e dal p. Domenico da Santo Eusanio, già citati. Scrivendo a p. 10 dell’ex Monastero di S. Lucia ricordammo che il 12 ottobre 1808 si trasferì (140) in questo monastero la comunità di S. Lucia e successivamente nel 1888 l’Orfanotrofio femminile di S. Anna, dimesso dallo stabile non lungi dalla chiesa della Lauretana. A quella piccola comunità di otto suore e 12 orfanelle sostenute dalla carità cristiana e senza rendita alcuna fu ceduto parte del monastero. In seguito la direzione dell’Orfanotrofio fu assunta dalle stesse Monache Agostiniane. Tra le reliquie esistenti nel monastero di S. Amico e trasferitevi da quello di S. Lucia nel 1808, oltre l’urna della Beata Cristina, si conservano, a ricordo del Beato Antonio, una tavola del letto dove è dipinta la sua immagine tratta dal vero, il piatto in cui mangiava, la “bastoncella” e alcuni indumenti.

2. CHIESA DI S. AMICO

Contigua al monastero sta la piccola e bella chiesa ad una sola nave dedicata a S. Amico, la cui festività da secoli (141) si celebra con grande pompa e concorso di popolo il 3 novembre. Alla Chiesa si accede internamente, mentre quando è aperta al pubblico si passa da una porta che sta sotto un portico a destra nell’atrio del cortile. Sulla porta e in una lunetta sono dipinte a fresco quattro sacre figure che il Leosini giudica della scuola degli ultimi giotteschi (142). Raffigurano la Vergine con il Bambino, fiancheggiati da S. Agostino e da S. Possidio, che fu il primo biografo di S. Agostino. Alla base 5 pregevoli figurine. Nell’interno, sull’altar maggiore altro pregevole affresco rappresenta la Madonna della neve, attribuito a Giov. Antonio da Lucoli, detto il Percossa, allievo, secondo alcuni, del Perugino e, secondo altri, del Botticelli. Rappresenta la Vergine col Bambino lattante in atteggiamento nobile e decoroso, con movemza dolce e graziosa. Il fondo è poi fiorito di stelle, con due angeli adoranti. E’ memoria che questa Sacra Immagine, venerata da antichi tempi come miracolosa e già situata nel muro esterno della chiesa, fosse trasportata per straordinari prodigi il 9 giugno 1626 nell’attuale cappella del titolare S. Amico e poi fatta collocare ove ora si trova, sull’altare maggiore il giugno 1669 da Suor Maria Teresa Ciampella, Agostiniana, che, a sue spese, volle restaurare e arricchire la chiesa del monastero (143). Gli Aquilani venerano con molta devozione la Madonna della Neve e la festeggiano solennemente ogni anno il 5 agosto per due ricordi storici funesti, nei quali il monastero rimase provvidenzialmente incolume: la peste del 1656 ed il terremoto del 1703. Di mano posteriore, cioè del sec. XVI, sono i quadri rappresentanti la Visitazione, copia di quella che Raffaello dipinse per la cappella Branconio in S. Silvestro (144) e la Deposizione, ambedue della Scuola del Cesura. Trasferito dalla Chiesa di S. Lucia, da qualche anno e per consenso dei Salesiani, è il bel quadro della beata Cristina, raffigurata in quell’estasi che durò dal giovedì santo al sabato santo. Nel quadro notasi lo stemma di Lucoli. Ma torneremo a discorrere appresso circa i quadri che rappresentano la Beata.

3. LA BEATA CRISTINA DA LUCOLI, VENERATA NELLA CHIESA DI S. AMICO

Mattia (o Mattiuccia) de’ Ciccarelli, nata a Lucoli, in frazione Villa del Colle (1480), fu la Serva di Dio che visse e morì (1543) nel monastero di S. Lucia dell’Aquila e poi proclamata Beata; dopo che fu soppresso il monastero suddetto, le di lei sacre reliquie furono, come abbiamo cennato, traslate e deposte nella chiesa di S. Amico in elegante e visibile urna a vetri. Non intendiamo diffonderci sui particolari religiosi della vita claustrale di questa Beata, rimandando lo studioso alla ricca bibliografia che la riguarda (145), mentre riteniamo interessante riferire sull’istruttoria fatta dalla Sacra Congregazione dei Riti sul titolo di Beata, attribuitole subito dopo la morte (146) e che la SGR riconosceva con suo decreto 15 gennaio 1841 (cfr. in Appendice la copia di detto Decreto rilasciataci, a nostra richiesta, dall’Autorità Ecclesistica). La “Aquilana confirmationis cultus ab immemorabili praestiti Servae Dei Cristinae de Ciccarellis Sancti Moniali Ordinis Eremitarum Sancti Augustini Beatae nuncupatae” fu originata da un ricorso del benemerito Vescovo Aquilano Girolamo Manieri (1818-1844), oltre che da lettere postulatorie del Clero e del Popolo dell’Aquila e da suppliche del Clero e del Popolo di Lucoli, ove la Beata era nata. Furono poi prese in esame tutte le Vite pubblicate sulla Beata, tutti gli Autori che attribuirono alla Serva di Dio il titolo di Beata (147). L’attestazione da parte dei Vescovi Aquilani del possesso del culto di Beata, le adnotationes del Promotore della fede sul dubbio di tale culto immemorabile e la responsio ad adnotationes, concludente “ab obitus die Beata nuncupata”. Il culto ecclesiastico pubblicamente prestato alla Beata dal giorno della morte (18 gennaio 1543) mai fu interrotto, celebrandosene in passato solennemente la festa nella chiesa di Santa Lucia (oggi chiesa officiata dai Salesiani) ove trovavasi una cappella eretta in di Lei onore, in cui, oltre un altare con quadro per la venerazione dei fedeli e le tabelle votive per grazie ricevute appese alle pareti, stava in un deposito sopra terra il Suo Corpo. “Nel quadro era effigiata nel mezzo la Madonna col Bambino in grembo. A sinistra S. Marco, S. Caterina e S. Francesco d’Assisi; a destra S. Giov. Battista, S. Martino Vescovo, S. Lucia. In alto la sacra colomba tra ghirlande di Strafini e di Angeletti, con raggi diversi in oro. Sul lato destro dietro i Santi, si osserva una monaca con le mani giunte in atto di pregare, cinta al capo del velo sacro, di un’aureola come gli altri Santi quivi effigiati. Al disotto piccole figure a basso rilievo e a tratti d’oro rappresentanti la Natività e l’Adorazione dei Re Magi. Sul lato sinistro varie frutta. Il quadro ad olio è alto palmi 4 e largo 3. Per la proporzione delle figure, per la vivacità del colorito, e la sua morbidezza, per il panneggio ben formato, per la buona collocazione delle figure, per la loro espressione e per la doratura, deve ritenersi opera di pittore classico, posteriore di poco alla morte della Beata. Nel palazzo Comunale trovasi pure un’effige della Beata in tela a mezzo busto con splendore intorno alla testa e in mezzo a due Venerabili del suo tempo, Suor Cecilia Ciampelli e a Suor Dorotea Antonelli a sinistra. E’ un ovato di palmi 5 fisso al muro con cornice di stucco e diversi ornati. Nell’interno dell’ovato un cartello di stucco con l’iscrizione “B. Cristina Ord. Erem. S. Augustini”. Forse è dallo stesso Autore del quadro fatto per la cappella e pur esso ritienesi eseguito poco tempo dopo la morte” (148). Dal 1808, col trasferimento delle Monache di S. Lucia nel Monastero di S. Amico, la festa della Beata Cristina si solennizza ogni anno nella Chiesa di S. Amico. Infine dobbiamo segnalare la solenne ricorrenza del quarto centenario dalla di Lei morte, celebrata nell’Aquila con il cospicuo intervento di autorità ecclesiastiche e civili, venute da più parti e con il concorso plebiscitario di popolo. L’urna della Beata per due volte (12 e 14 febbraio 1943) attraversò la città addobbata a festa, dalla chiesa di S. Amico alla Cattedrale e viceversa. Nella relazione citata in nota 9, si legge questo periodo conclusivo: “Intorno alla nuova urna della B. Cristina acclamata, benedetta, invocata si ravvivavano le glorie immortali di illustri Agostiniani, tutti venerati dalla pietà del popolo Aquilano. Allo sfilar della processione dinanzi al vetusto ex convento Agostiniano (attualmente Palazzo del Governo) ed al maestoso tempio di S. Agostino parea che la immagine del Vescovo d’Ippona protendesse le sue braccia verso i figli per richiamarli nella rinnovata capitale de l’Abruzzo a continuare il bene già largamente diffuso dai loro maggiori e tuttora fremente nelle venerate reliquie del B. Antonio Turriani e della B. Cristina da Lucoli”.

B) MONASTERO E SANTUARIO DI S. RITA IN CASCIA

1. MONASTERO

V’ha un monastero di clausura papale che rimonta a sette secoli indietro. Parte di esso si conserva come ai tempi di S. Rita, mentre la parte esterna del vasto fabbricato e gran parte dell’interno furono costruite a spese di Giovanni V, re di Portogallo, per gratitudine verso la Santa che lo aveva guarito da una grave infermità. Detto re spese all’uopo una somma superiore a tredicimila scudi e la costruzione fu effettuata tra il 1747 e il 1752, come si rileva da una lapide sul portone con lo stemma di casa Braganza (150). Nell’interno del monastero sono degni di osservazione:

a) il cortile del sec. XV con scala esterna, ricoperta da un piccolo tetto sostenuto da due archi, a mezzo del quale si accede al piano superiore ove, attraverso un loggiato, si trovano:

b) il coro, le cui pareti furono affrescate mirabilmente nel 1952;

c) la cella, piccola e modesta, trasformata in oratorio, ove notasi a sinistra il finestrino primitivo da cui prende luce l’ambiente, un affresco raffigurante Santa Rita e il sarcofago in legno scolpito, un vero gioiello d’arte, ricco di pitture attribuite a “mastro Antonio Sparapane da Norcia ed eseguite nel 1457. Tra queste, sul coperchio, la Santa distesa sopra un tappeto e ravvolta nell’originale mantello. Proseguendo, attraverso altri ambienti si giunge al

d) romitaggio, dove era solita appartarsi in preghiera la Santa: ivi su una parete si vede affrescata una immagine del Crocifisso, dalla cui corona la notte del 14 aprile (venerdì Santo) si staccò una spina che andò a ferire Santa Rita sulla fronte, presso l’occhio sinistro. Si prosegue per

e) la sacrestia, ove trovansi interessanti suppellettili.

In questo monastero permane ancora lo spirito dei cinque secoli trascorsi […]

2. SANTUARIO DI S. RITA DA CASCIA

Nel paese alto annessa al Monastero con l’antica Chiesa già dedicata a S. Maria Maddalena ed officiata dalle Monache Benedettine. Nel 1330 passò alle Agostiniane. Demolita nel 1563 perchè insufficiente al culto della Santa, se ne edificò una seconda, che rovinò totalmente per il terremoto del 1703 (151). Di questa rimangono gli attuali due portali in travertino (1499-1577). La chiesa, come oggi (1943) si presenta all’esterno e nell’interno, fu costruita tra il 1704 e il 1707 su disegno dell’architetto Francesco Antonio Bufalini. Nell’interno, a sinistra, tela ad olio (1577): Crocifisso con angeli; ai piedi della Croce, si vedono la Vergine, S. Maria Maddalena, S. Elena, S. Agostino e S. Rita. Come sottoquadro una tavola a tempera con fondo dorato di Benozzo Gozzoli, nella quale è rappresentata la Madonna che prende i fiori da un vaso alla sua sinistra e li dà al Bambino Gesù, ritto sulle sue ginocchia, il quale a sua volta li porge a S. Rita, mentre S. Nicola da Bari e gli Agostiniani B. Simone Fidati e B. Ugolino aspettano il medesimo rito. Il secondo altare è dedicato alla Madonna del Buon Consiglio: sopra la cimasa della cornice del dipinto è quella tavola che servì da coperchio alla cassa ove fu posta la salma della Santa e ivi è disegnata la vera effigie di Lei. Sull’altare maggiore (1925) un medaglione in bronzo raffigura la Santa nell’atto di sanare alcuni infermi supplicanti. Dietro una grata di ferro la Salma incorrotta della Santa, traslata nella Chiesa fin dal 1595. Sopra la grata, una tela del romano Tito Troia (1889): la Santa che riceve la S. Spina. La tela è racchiusa in un’artistica cornice di marmo, con decorazioni fiancheggiata da colonne corinzie e ai lati le statue di S. Giovanni Battista e di S. Nicola da Tolentino, opere di Francesco Savini (152). Il disegno della cornice e delle colonne è del Bernini e fu eseguito nel 1629 a spese del Card. Poli, in occasione della beatificazione della Taumaturga. A destra, sul primo altare la statua della Madonna della Cintura di Gioacchino Grampini di Foligno; detta statua è rivestita di broccato con ricami stile Luigi XV. Nel secondo altare tela ad olio raffigurante la Pietà di Salvi Castellucci di Arezzo. Nel terzo altare una statua di S. Lucia del sec. XVIII, con sottoquadro ad olio attribuito al Guercino e rappresentante Gesù Nazareno. La cantoria ha pitture del sec. XVIII, tra cui una che raffigura S. Agostino. La chiesa attuale di qui a non molto sarà sostituita da un grandioso artistico tempio con le offerte dei devoti della Santa sparsi nel mondo. Al momento in cui scriviamo fervono i preparativi per l’attuazione. E finalmente veniamo a trattare dei ricordi riguardanti Santa Rita […]

a) la vite che, per ubbidienza della Santa all’Abbadessa, venne fuori dall’annaffiamento giornaliero di un tronco morto. La vite mette ogni anno tralci e foglie e produce tra ottobre e novembre uva squisita, che viene inviata al Pontefice, ai Cardinali della Regione Umbra, al Vescovo della Diocesi, ai Superiori dell’Ordine in segno della protezione della Santa;

b) le sette api che, annidate presso la tomba della Santa (153), escono dalle sovrapposte intonacature nel giorno della Passione per ritornarvi la sera del 22 maggio, anniversario della morte della Stigmatizzata, mentre cessano le sacre funzioni;

c) le rose qui trapiantate dall’orticello di Roccaporena e a cui si ricollega la pia leggenda di una rosa bellissima che in pieno inverno una congiunta della Santa le recò sul letto di morte per desiderio di Lei. Oggi le foglie di queste rose poste in buste son distribuite per devozione ai fedeli. Rita passò alla vita celeste nel 1434, cioè dieci anni prima dell’altro taumaturgo S. Bernardino da Siena, morto nell’Aquila, appunto il 20 maggio 1444. […] Fu beatificata da Papa Clemente XII (Corsini, 1730-40) e canonizzata da papa Leone XIII (Pecci, 1878-1903) (154).

C) IN MONTEREALE (Capoluogo)

1. CONVENTO E SANTUARIO DEL BEATO ANDREA

Secondo accennammo all’inizio di questo studio, il Convento degli Agostiniani è l’unico che prosperi ancora non solo nell’Aquilano, ma nell’intiera regione dell’Abruzzo. Purtroppo, nonostante le nostre diligenti ricerche, effettuate nel corso degli anni, nulla di preciso abbiamo potuto rintracciare sull’origine del Convento. Tale mancanza di notizie molto si collega al fatto che Montereale paese, come territorio amministrativo oggi fa parte della Provincia di Aquila e confina con la Provincia di Rieti, mentre come giurisdizione ecclesiastica, non dipende dalla Diocesi dell’Aquila, ma da quella di Rieti.

a) Dato di fatto incontroverso sull’esistenza in Montereale di un convento di S. Agostino è questo: che quivi il 20 luglio 1358 si adunò il Capitolo provinciale della Provincia Umbra (155);

b) Dato di fatto probabile è invece quello che deriva da una lapide posta sulla parete destra dell’odierna Chiesa del B. Andrea (annessa ab immemorabili al Convento odierno omonimo). In questa lapide si legge che il Tempio fu nel 1000 dedicato a S. Agostino, Vescovo d’Ippona. Ciò è dato di fatto probabile, in quanto prima della fondazione dell’Aquila (1254) e prima della costituzione di un Ordine Agostiniano (bolla papale 9 aprile 1256), nella zona Aquilana (secondo afferma la tradizione) esistevano chierici e laici seguaci della Regola di S. Agostino, noti da noi col nome di “Padri Eremitani umili”, i quali erano riuniti in Conventi e, in ogni località in cui vivevano, avevano eretto Chiese in onore di S. Agostino. All’infuori di questi due dati di fatto, nulla ci ha offerto di utile sin qui la consultazione di tutti gli atti relativi alla soppressione del Convento, (con decreto del 7 agosto 1809 di Gioacchino Murat, re di Napoli, nei cui regno era allora compresa verso i confini del Nord, la comunità di Montereale) esistenti nell’Archivio Provinciale di Stato, all’infuori della notizia che nell’Archivio Conventuale Agostiniano di Montereale si conservano pergamene, oltre a libri di amministrazione e a scritture varie, peraltro andate disperse. Utile invece a conoscersi è che tra i detti atti trovasi l’inventario della Biblioteca conventuale, andata anch’essa dispersa, al contrario di quelle dei Conventi di S. Antonio (Minori conventuali) e di Santa Croce (Minori Cappuccini), ambedue già esistenti in Montereale, Biblioteche che furono accentrate l’anno 1876 nella Tommasiana di Aquila (156). Quando poi si rifletta che convento e chiesa furono gravemente danneggiati dai terremoti del 1691 e del 1703 (v. lapide in APPENDICE n. III), e che soggiacquero ad altre calamità, oltre ai moti politici, si deve purtroppo concludere che al presente è difficile avere altre relative notizie. Oltre i ricordi sull’origine del convento, pochi sono pertanto quelli che abbiamo potuto rintracciare sulla storia di esso, fino alla ricordata soppressione del 1809, all’infuori di quanto può desumersi dagli scrittori specifici della vita del B. Andrea e dai nostri accenni ad essa di cui qui appresso, nella trattazione sui Religiosi illustri che nel Convento vissero e su un dato storico di curiosità, la permanenza per alcuni anni nel convento dei Minori Conventuali (157). Relativamente agli inventari la cui esistenza è ricordata nella nota 156, aggiungiamo che essi furono redatti in Montereale il 27 settembre e il 4 ottobre 1809 ad opera dei signori Francesco Saverio Ricci, Giovanni Antonio Tasca, del sindaco Francesco Mevi e del Ricevitore del Demanio Sig. Bernardino Fabio Ricci, delegati in esecuzione del Real dispaccio 7 agosto 1809. Dal complesso di tali inventari si rileva che fu lasciato alle persone fisiche dei religiosi quel che non fu avocato dallo Stato e che gli Agostiniani lasciarono il loro Convento e l’officiatura della annessa loro Chiesa il 4 ottotre 1809. A proposito di tali inventari ricorderemo che nell’iniziarli furono tolti quei suggelli che su vari oggetti inventariati erano stati apposti il 7 settembre 1809 in esecuzione, come già si è accennato, del disposto del R. d. 7 agosto precedente. Il primo inventario si riferisce a tutti i titoli, scritture, libri di conti, obblighi e pesi del Convento soppresso. Nell’elencazione notiamo che oltre i vari Atti di sacra visita, v’ha notizia su una statua del Beato Andrea, come hanno un fascicolo di scritture ed altre carte concernenti il Convento, due perizie riguardanti la proprietà del Convento e “una quantità di 142 documenti tra istromenti, scritture ed altre carte scritte in carte pergamena, antichissimi”. Il secondo inventario riguarda gli arredi ed oggetti del servizio del culto valutati a “docati 370,50”. Si elenca, tra l’altro, una croce con lastra di argento ed anima di legno dell’altezza di circa due palmi, con un Cristo di argento nella parte antistante e una figura della SS.ma Concezione in quella retrostante, una campana di bronzo alta circa mezza canna e larga lo stesso, due quadri esistenti nel coro e altri quattro quadri, di cui uno nell’altare maggiore. (Non si spiega se detti arredi furono incamerati dallo Stato). Il terzo inventario riguarda libri, quadri ed oggetti di scienze ed arti, il tutto valutato ducati 5 e grani 7. (Non vi sono notati libri d’interesse storico, nè elencati i quadri e gli oggetti). Il quarto inventario riguarda il denaro contante, gli utensili d’argento, gli oggetti preziosi e tutti i mobili riservati allo Stato e da quelli sono stati ricavati “docati centoventuno e grana quarantasette e un quattrino. Da quelli tolti docati otto da noi consegnati ai religiosi per il loro mantenimento fino al primo ottobre, giusta gli ordini, son rimasti netti docati centotredici e grana quarantasette ed un quattrino, quali sono stati versati nella cassa del Ricevitore dei demani di questo luogo, giusta il documento da Egli fattone”. Il quinto inventario parla delle derrate riservate allo Stato, cioè “grano salme trenta e coppe una, che, radizzate a carlini quarantadue la salma, importano docati centoventisei e grana 70”. Il sesto inventario è quello dei mobili ed effetti che servono all’uso dei Religiosi e che debbono essere loro lasciati in proprietà. Nell’elenco si parla dei mobili ed effetti di proprietà del Padre Priore Mosca e di quelli del laico Fr. Gaetano Petrucci. Il settimo ed ultimo elenco relativo alla descrizione del convento e della chiesa, ci sembra tanto interessante ai fini della storia di essi che lo riportiamo in APPENDICE integralmente.

2. RELIGIOSI ILLUSTRI VISSUTI NEL CONVENTO

Ricordiamo i seguenti nomi:

a) Sante Riccitelli nato a Montereale e visuto nel secolo XVI, teologo di chiara fama (158). Fu nel 1575 lettore e predicatore nel Convento Agostiniano di Verona; nel 1578 fu reggente degli studi a Pavia; nel 1592 Provinciale dell’Umbria; nel 1598 intervenne nel Capitolo generale come rappresentante della Sardegna e fu eletto assistente del Priore Generale per l’Italia. Morì nel 1600. Scrisse un “Compendio della Vita del B. Andrea da Montereale”, da noi già riportata nella Bibliografia del B. Andrea. Il nipote Giovanni pubblicò una sua opera postuma: Lezioni sul miserere, Roma 1603. Tale opera fu da lui scritta a Venezia, quando la peste desolava l’Italia. Il cav. Marini premise all’edizione un sonetto che incomincia: “Quei del poeta Ebreo sospiri ardenti...”.

b) Sante Alessi di Montereale (1491-1561) (159). Ebbe importanti cariche nell’Ordine e fu quindici anni pubblico lettore di filosofia nello Studio di Perugia. Si narra che chiamato dal Papa Pio IV (de’ Medici, 1559-1565) a rivestire una carica nella Corte Pontificia, abbia risposto che lo studio e la quiete tenevano luogo di ogni dignità. Scrisse un’opera sulla filosofia Aristotelica.

3. VICENDE STORICHE DEL CONVENTO

aa) Circa la permanenza dei Minori Conventuali, verificatasi dal 1820 fino alla seconda soppressione degli Ordini religiosi (1866), fa d’uopo segnalare le vicende storiche relative a quelli. Dopo la soppressione del 1809, essendo rimasto sempre vivo l’affetto verso gli Agostiniani e alla memoria del B. Andrea, quando ebbe luogo la cosidetta reazione ed il Re delle Due Sicilie tornò sul trono di Napoli, la popolazione dovette sollecitare l’Ordine Agostiniano per la riapertura del Convento, come anche recentemente (1941) ebbe di nuovo a verificarsi, ma allora, non avendo l’ordine disponibilità di personale, si dovette ricorrere ai Francescani detti Minori Conventuali (pur essi Religiosi vestiti di nero, con foggia somigliante a quella degli Agostiniani, variante solo nella cintura che invece di essere di cuoio tinto di nero, è per essi formata da un cordone bianco ad uso Francescano), i quali godevano anche affetti e tradizioni nel paese e nella zona. Detti Minori Conventuali, in virtù di decreto 20 aprile 1820 del Re delle Due Sicilie (160), furono autorizzati a riaprire il Convento e l’annessa chiesa di S. Francesco (oggi detti beni sono passati in proprietà degli eredi di Domenico Canali) e ad officiare di nuovo la chiesa di S. Maria di Piazza. Per desiderio di popolo dovettero ad un certo momento riofficiare anche la chiesa del B. Andrea e successivamente trasferirsi nel convento degli Agostiniani (in tutto o in parte non sappiamo). Dell’officiatura della chiesa da parte loro, v’ha un ricordo nella sacrestia, ove nel riquadro del soffitto è dipinto rozzamente un San Francesco stigmatizzato in orazione e v’ha pure un ricordo sulla volta della chiesa, ove notasi un emblema dell’Ordine francescano dipinto (1894) dal pittore aquilano Rubei. E poichè in tale anno i Minori Conventuali non v’erano più, ciò fu frutto di un errore storico da parte di chi commissionò il lavoro pittorico. Esistono altri ricordi del passaggio Francescano, quali una statua lignea di S. Antonio di Padova, di buona fattura collocata nel primo altare di fronte, nonché alcune suppellettili ed arredi sacri conservati in sacrestia. Suppellettii ed arredi sacri appartenenti agli Agostiniani prima della loro soppressione si trovano invece nella Parrocchiale di S. Maria.

bb) Chiuderemo con l’aggiungere che il convento, divenuto proprietà demaniale, dopo il 1886 fu ceduto dallo Stato al Comune e da questo, trasformato nel suo attuale aspetto, e con le opportune modifiche ed ampliamenti, nel 6 febbraio 1941, come dicemmo, è stato in parte riceduto in uso all’Ordine Agostiniano dal Comune stesso, resosi interprete, con l’appoggio autorevole del Prefetto, della, volontà e del sentimento di tutto il popolo, sia come capoluogo, e sia come frazioni (ville) vicine. Oggi il convento dipende gerarchicamente dalla Provincia Agostiniana delle Marche, con sede a Tolentino; ne fu Priore il Padre Maestro Fr. Mariano Tomassini, già parroco di S. Agostino in Roma, e a cui si deve in gran parte la riapertura dello stesso convento di Montereale, avendo detto Religioso seguito l’impulso di ritirarsi a Montereale per affetto verso la grande figura del Beato Andrea (161).

cc) Notizie sulla consistenza ed importanza del Convento prima della soppressione si son desunte dalla Relazione, più volte citata, fatta nel 1650 dal Priore del Convento, dietro ordine del Provinciale dell’Umbria, al Pontefice Innocenzo X (162). Nel 1650 il convento si trovava, come oggidì, nell’interno “dell’abitato della terra di Montereale”, corrispondendo sulla strada pubblica “bonissimo sito”. “Aveva cinque loggiati; tre appartenenti da basso a piede piano con una camera di giusta grandezza e due altre sopra, con un dormitorio. Da una parte sette abitazioni, cioè sala e camera; e dall’altra parte quattro abitazioni composte pure di una sala e camera. Al fine del dormitorio vi è un altra stanziola dove si conservano tutti li libri lasciati dai Padri Maestri, morti nel Convento, alla detta libreria. Sotto l’appartamento da basso, detto di sopra, vi sono sei stanzine a volta quali servono parte per cantine e parte per tenere legna. Appresso dette stanze vi è una stalla assieme con una loggetta, quale serve per tener paglia e fieno. Nella parte di sopra a piede piano, vicino all’entrata del Convento, vi è una stanza in volta dove si conservano li grani, legnami, olio, sale, carne salata ed altre robbe, e si chiama granaro. Nell’istesso appartamento vi è il refettorio con una bellissima volta dipinta; d’incontro vi è la dispensa; ai piedi la scala del dormitorio. Qui è una stanza qual prima serviva per cucina ed ora serve per passo per andare in cucina, quale seguita dopo quella. Vi sono tre orti attaccati al convento de’ quali non si cava danaro nisuno, servono solo per erbaggi e comodità dei Padri”. La relazione prosegue enumerando una cospicua serie di possessi nel territorio e nelle ville di terreni lavorativi, terreni a pascolo, vigne, alberi, boschi, case e casette date in affitto, ecc., e oltre tutto ciò, rammenta che il Convento possedeva una Chiesa dal titolo di S. Antonio Abate e la Chiesa di S. Giovanni in Laterano con alcuni pezzetti di terre “prati e selve”. E’ ricordato altresì nella Relazione che non vi era stato mai un numero prefisso di Religiosi, avendovi dormito, quando nove e quando dieci frati e che sul momento vi dormono il p. Fr. Agostino Circio da Montereale, Priore e sacerdote, il p. Baccelliere Fr. Giovanni Sabbatutii da Montereale, sacerdote, il Fr. Carlo Memi da Montereale, sacerdote, Fr. Felice da Montereale ed uno scolaro cieco “e si chiama Giovanni Amiralio qual ha servito in questo convento circa trent’anni e vi ha perso la luce”.

4. SANTUARIO DEL B. ANDREA

La chiesa del B. Andrea (di S. Agostino) è di origine remota e sembra si chiamasse S. Angelo. E in considerazione di ciò il giorno di S. Michele Arcangelo (29 settembre) si svolgeva avanti a detta chiesa e convento una fiera (conforme oggi si pratica, ma nella parte bassa del paese). “La Chiesa è d’una navata sola e competentemente grande fabbrica antica per quanto si giudica; have nove altari comumerativi. L’altar maggiore dove del continovo si conserva il Santissimo e si celebrano Messe ogni giorno. Have il Choro di proporzionata grandezza adorno di sedie di noce, provvisto di libri del canto fermo, cioè due antifonarii, un graduale ed un salterio tutti di cartepecora e scritti a mano e del continovo si recitano li divini Officii” (163), e dell’antica si conservano una base di acquasantiera a destra, dopo l’attuale porta d’ingresso, e due leoncini in pietra che dovevano sostenere colonne di un portico e si trovano all’inizio della scala che conduce al Comune (ex Convento). Da tali avanzi si può desumere che lo stile della chiesa fosse romanico-gotico. I terremoti del 1691 e del 1703, l’uno più grave dell’altro, la distrussero in gran parte insieme al convento. La facciata trovavasi allora in senso longitudinale, come tuttora può osservarsi dall’esterno e dalla stessa disposizione interna e da una croce in pietra che corre lungo tutto il pavimento della Chiesa. Oggi l’ingresso è stato portato dalla parete frontale a quella laterale, e sul timpano leggesi l’anno 1740, data dell’ultima ricostruzione. La chiesa è ad una sola navata con cinque altari: uno (maggiore) sotto l’abside centrale (ove è l’ex coro dei monaci) e gli altri quattro nelle pareti laterali, due per parte. In quello a destra per chi entra, e dietro il paliotto si conserva una cassa lignea scolpita con stemma degli estinti Ricci di Mopolino (Capitignano), ove fu racchiusa la salma del Beato Andrea. In più, di fronte all’ingresso nella chiesa, sta il “cappellone” del Beato Andrea, cappella ricca di eleganti stucchi e con affreschi ai quattro lati raffiguranti miracoli compiuti dal B. Andrea; termina a cupola. Esso è diviso dalla navata a mezzo di una balaustra in marmo di colore, sormontata a sua volta da robusta cancellata in ferro battuto con guarnizioni di ottone (164). In mezzo, nel suo interno, trovasi il deposito del Beato Andrea, e fu costruito insieme con la cappella nel 1749. Esso consiste in un piccolo mausoleo, un tutto armonico di pura arte Abruzzese, animato da eleganti ornamentazioni di paraste terminanti in graziosi capitelli corinzi e da delicati fregi sovrastati da un cornicione. Ai lati due porticine di accesso. Tre pareti sono in blocchi di pietra Aquilana, mentre quella prospicente a chi guarda, rivestita da ricchi marmi colorati, termina in un timpano spezzato, ove sta una piccola nicchia chiusa da una tavoletta, sulla quale è dipinto il noto monogramma di San Bernardino da Siena. Ed il ricordo di tale Santo ci richiama al di lui deposito che ammirasi nella chiesa di San Bernardino all’Aquila e che presenta col nostro alcune analogie tanto da poterlo considerare quasi un’imitazione di quello. Dietro l’altare, pur esso di pregevole marmo, all’altezza del medesimo, sta un’ampia apertura rettangolare, munita di inferriata artistica, dalla quale lo sguardo può ammirare nell’interno la ricca e pregevole urna, in cui sono contenuti i resti mortali del Beato. Alla parte opposta sta un’altra ampia apertura, munita pur essa di inferriata artistica, donde può osservarsi la stessa urna. Fiancheggiano in basso dell’altare due grandi stemmi di Montereale in pietra Aquilana (tre monti sovrastati da corona reale e da un giglio fiorentino). Al deposito si accede dalla porticina a destra, che si apre con tre chiavi, e ciò avviene in determinate solennità o quando il Priore del convento lo concede. Entrando nel deposito sarà facile osservare nei dettagli la massiccia artistica arca od urna in argento con riporti in bronzo dorato a fuoco e con cristalli, ove dorme da secoli, in ottimo stato di conservazione, la salma benedicente del nostro Beato (165). Detta urna di alto valore artistico, fabbricata a Napoli nel 1784, delle dimensioni di m. 2 x 1,50 x 0,80 e del peso di oltre un quintale, è finemente modellata e cesellata, anche nei dettagli. Ai quattro lati in angolo possiamo ammirare altrettante teste di cherubini in argento. La cornice che gira intorno e trattiene i cristalli delle pareti è cesellata a baccelli incavati. Nel centro superiore da ogni lato notasi una cimasa con bel risalto, mentre nella parte inferiore in corrispondenza si osservano due stemmi l’uno della Comunitas Montis Regalis e l’altro dei Marchesi Savorelli, imparentati con i Ricci di Mopolino (frazione, come si è detto, di Capitignano). La parte superiore è costituita da una specie di coperchio, in forma triangolare, sollevato verso il centro e culminante in due bellissimi puttini di argento massiccio, i quali, a loro volta, sorreggono gli emblemi dell’Ordine Agostiniano, cioè una stola ed un libro. Rientrati nella navata, ciò che colpisce è la grandiosa abside, in mezzo di cui è l’altare e, lateralmente dalla parte dell’ingresso, in fondo, l’altro altare di S. Antonio Abate e quello di S. Nicola da Tolentino, ambedue sormontati da quadri di detti Santi di buona fattura del ‘600. Dalla parte della cappella del Beato Andrea, ancora due altari, l’uno a destra dedicato alla Madonna della Cintura (Agostiniana), di cui ammirasi la bella statua vestita di seta celeste a fiorami e custodita in sopraelevata urna a vetri e l’altro altare a sinistra dedicato al francescano S. Antonio; il taumaturgo è rappresentato in una bella statua lignea massiccia del ‘700, qui trasferita da altra chiesa locale, forse dopo la soppressione del 1860. Non dobbiamo mancare di segnalare la bella epigrafe incisa su pietra Aquilana e contenuta in una specie di gran quadro con ornamentazioni a stucco, raffiguranti gli emblemi dell’Ordine: in mezzo un’icona ovale con l’effigie del Beato. La epigrafe trovasi nella parete di fronte all’altare maggiore, a destra entrando, a oltre tre metri dal suolo: la detta epigrafe ricorda la erezione nuova della chiesa, avvenuta dopo il terremoto del 1703 e propriamente negli anni 1726 e 1727 (166). E’ pure interessante leggere un decreto di Re Ferdinando IV delle Due Sicilie (1789), seguito da un decreto di esecuzione degli ordini reali da parte di Gaetano Celentano, governatore della Regia Curia della città di Montereale (16 aprile 1789), contenente le norme disciplinanti l’apertura del deposito a quell’epoca. Nel Real dispaccio la cappella del Beato è definita “il santuario del Beato Andrea”. Detti documenti sono stati incisi in pietra locale del tempo e si leggono a sinistra della cancellata (167). La chiesa fu restaurata e decorata nel 1894 e ridipinta a fresco dal pittore Emilio Rubei nella volta e nell’abside, in cui sono raffigurati miracoli compiuti dal Beato Andrea. Nel pavimento è il Sepolcro comune ai Religiosi Agostiniani (1727).

5. BEATO ANDREA DA MONTEREALE (1397-1480)

Come nell’Aquila si è verificato che il Beato Antonio (Turriani), nativo di Milano, per esser morto in quella città è noto come il Beato Antonio dell’Aquila, così il B. Andrea nativo di Mascioni (fraz. di Campotosto) per aver vestito l’abito religioso nel convento di Montereale e per avervi dimorato gran parte della vita ed esservi morto, è stato designato ad è noto come il B. Andrea da Montereale (168). Molti hanno scritto sul Beato (169) e si attende una nuova vita dal più autorevole, che del suo amore per il rifiorire del convento del B. Andrea e del culto del Beato ha fatto lo scopo finale della sua vita terrena, alludiamo al P. Maestro Fr. Mariano Tomassini, attuale Priore del convento. Anche noi che della vita del Beato fummo e siamo studiosi, stralciamo qualche notizia intorno a Lui dal precedente nostro lavoro, già citato; ma s’intende, con qualche modifica, suggeritaci dal più maturo studio. Nel 1411 fu accolto nel convento di Montereale un giovinetto di 14 anni, un pastorello di nome Andrea Artesi, nato nel 1397 a Mascioni, (allora frazione di Montereale). Come si apprende dai registri e dagli scrittori dell’Ordine, Fra Andrea divenne uomo molto dotto, specie nel diritto canonico, nella filosofia e nella teologia, gran predicatore in Italia e all’estero, ripieno di ogni virtù religiosa. Studiò a Rimini e a Siena. Fu lettore e poi baccelliere in sacra teologia e dottore, rivestì molte cariche nell’Ordine quali: maestro e dottore nel Capitolo generale di Montpellier (1430), definitore nel Capitolo generale di Bourges (1447), Vicario generale nel Convento di Norcia (1452 e 1455), priore di più conventi e tra questi Siena e poi Mantova (1459), più volte Visitatore di Conventi per ordine del Priore Generale in più parti d’Italia, Provinciale della Provincia di Valle Spoleto negli anni 1444, 1453, 1471 e 1472. Eletto poi Definitore generale dell’Ordine, alla data del 21 novembre 1475 veniva eletto Vicario del Convento di Cerreto. Dopo quella data i Registri della Curia Generalizia nessun’altra annotazione contengono che riguardi Maestro Andrea o Andreuzzo, Frate Eremitano, onde è da supporre che nel 1476 egli si sia ritirato nel convento di S. Agostino di Montereale, che lo aveva accolto giovanetto, per trascorrervi in pace l’ultimo suo periodo. E quivi, attraverso una vita di mortificazione e di esempio, nell’esercizio costante di ogni virtù e di ogni opera di bene, consigliere e consolatore, insegnando e sempre predicando, compì il suo corso mortale l’11 aprile 1479, (18 aprile 1480, secondo il computo Pisano già in uso sotto il Pontificato di Sisto IV), nella veneranda età di 83 anni. Tanta fu la fama di santità che circondò questo Padre agostiniano, che il De Chora, autore già citato, lo considera come il 36° tra i Beati dell’OESA. Dalla vita del B. Andrea scritta dal P. Riccitelli riportiamo questi brani: “Raccontano i nostri vecchi aver inteso raccontare da quelli che si trovarono alla morte del Beato che nella espiazione che egli fece si sentirono canti angelici e che le campane da sé per ventiquattrore, che fanno un giorno naturale, sonarono. Fu il suo beato corpo tenuto trenta giorni nella nostra Chiesa senza odori, o balsamo: e non solo odorava e si manteneva bello et intiero: ma anche faceva infiniti miracoli, come tuttora ne fa. Fu poi messo in una cassa di ferro dentro una cappelletta nel Choro. Poi l’anno di nostro Signore 1568, acciò meglio dalla moltitudine delle genti veder si potesse, fu posto in un’altra cassa sotto l’altare grande ove dalla parte della Chiesa, e del Choro, agiamente veder si può, così intiero, come fu dal primo dì che morì, e già sono cent’anni che rese l’anima al suo Signore” E più oltre: “Si mostra il suo sacrato corpo due volte l’anno, con gran concorso di genti l’ottava della Pasqua della Resurrezione di nostro Signore, et il giorno di San Girolamo che viene all’ultimo di Settembre. La sua tonica si mostra per reliquia nella terra di Visso. Il suo cilitio ponendosi sopra infermi e indemoniati, fa cose meravigliose. Per il che si è stato portato di quello fino in Ulisbona, Città Metropoli di Portogallo e quasi per tutta l’Italia: si che con gran fatica se n’è serbato il busto solo. La sua immagine è anche dipinta in Bologna, in Perugia, in Padova, in Venetia et in molti altri luoghi, e specialmente in Montereale nella facciata di S. Maria di Piazza, e nel nostro choro, con la maggior parte de’ suoi miracoli intorno, e con questo epitaffio sotto l’immagine sua: Beati Andreae Ordinis Eremitarum Sancti Augustini de Monte Regali, magnis et innumeris in dies miraculis, integrum hic quiescit corpus. Qui vitae sanctitate, corporis asperitate, doctrina catholica et melliflua praedicatione, miraculorumque magnitudine in totius Italiae, Galliarumque fulgendo, Dilectus Deo et hominibus, Religioni honori, Patriae ornamento, proximo utilitati, et Saeculo per quinquaginta annos continuos verbum Dei praedicans magno fuit, estque juvamenti. Obiit Anno Domini MCCCCLXXX, aetatis vero suae LXXXIII”. Ed infine, a proposito dei 27 miracoli che si verificarono nei trenta giorni in cui fu esposta dopo morte la salma di Fr. Andrea, il Riccitelli così scrisse: “Questi ventisette miracoli, descritti qui da me per ordine, furono fatti dal nostro glorioso Beato Andrea in quei trenta giorni, che il suo corpo fu tenuto in Chiesa sopra il cataletto con concorso grande delle genti sì vicine, come lontane: dalli quali ad un per uno ne rogò per commissione della Magnifica nostra Università, e Reverendo Monastero di S. Agostino, l’egregio Notaro Giacopo delli Laurentii di Monte Reale, alla presenza di Giacopo Antonio Santi, Alessandro Di Renzo, e Nardo di Notaro Gabriello, tutti tre Regii Giudici a’ contratti, e della medesima terra di Monte Reale, con la sottoscrizione delli Testimoni, che furono presenti, quando con stupor delle genti furono fatti questi Miracoli: i quali scritti in carta pergamena dell’istesso Notaro con la sottoscrizione del Giudice, e testimoni, furono mandati dall’istessa nostra Magnifica Università a Roma alla Santità di nostro Signore Sisto, questo Papa Quarto, acciò sua Beatitudine fosse contenta connumerarlo per suoi stupendi Miracoli nel Catalogo de’ Santi. Ma essendo sua Santità in quei tempi occupata in altri negotii appartenenti alla santa Chiesa molto maggiori, non potè; e così morendo restò l’originale di questi Miracoli nella Cancelleria del Papa. Dove trovandolo la felice memoria di Monsignor Vescovo di Thilesio, il molto reverendo Padre Maestro Cherubino da Cascia lo riportò in Monte Reale l’anno di nostro Signore 1560. Et lo pose nel deposito del nostro Monastero dove hora si conserva per mostrarlo a chi mosso da curiosità desiderasse vederlo e leggerlo”. Tratteggiata così nelle grandi linee la bella figura di questo Agostiniano vissuto nel turbinoso ‘400, aggiungeremo che nel 1764 (11 febbraio) sotto il Pontificato di Clemente XIII (Rezzonico della Torre, 1759-1769) fu confermato il culto di Lui, quale Beato. Ricostruita la Chiesa di S. Agostino dopo i terremoti del 16 settembre 1691 e del 1703, fu il 29 ottobre 1787 il sacro Corpo del Beato rimosso di sotto l’altare maggiore e trasferito nell’attuale sontuoso deposito della cappella a lui intitolata, nella chiesa di S. Agostino, di cui appresso. E crebbe così la devozione per il Beato che nel 1789 re Ferdinando IV delle Due Sicilie, con suo editto (scolpito in pietra nella cappella del Beato, a sinistra) (170), dette disposizioni sull’apertura del Sacro Deposito, qualificando con l’uso della parola “Santuario” l’importanza, cui era assunta la chiesa per la devozione e per i frequenti pellegrinaggi dall’Abruzzo intiero e dal Napoletano. La festa del Beato (secondo il calendario dell’Ordine) si celebra il 12 aprile. Quanto alla canonizzazione del B. Andrea ricordiamo che nell’Archivio della Postulazione OSA esiste un volume in pergamena di fogli 448, così intestato: “Reatina. V. Servi Dei Andreae a Monte Regali, Ordinis S. Augustini, Beati nuncupati. Copia Processus authoritate Ordinaria compilati super Fama Sanctitatis, Vitae et rniracolorum ac Cultu publico ab immemorabili dicto Beato exibito. PHILIPPUS DE AMICIS Notarius et Cancellarius”. Nello stesso Archivio si conserva: Positio super introductione Causae, Roma 1757, ex typographia Rev. Camerae Apostolicae (171) e Super revisione scriptorum Causae Ven. Andreae de Monte Regalis, Romae 1763 Tip. R.C.A. (172). (Biblioteca Angelica di Roma, coll. Gg., 1.6). Ambedue i volumi, per gli argomenti e per le testimonianze che contengono, dimostrano le intenzioni ardenti dei nostri Padri, interrotte dalle vicissitudini di due secoli, le quali, riprese con maggior lena dai Padri Agostiniani - oggi custodi per eccellenza delle spoglie mortali del Beato Andrea - con la registrazione dei miracoli passati e nuovi, condurranno, in un tempo non lontano, il figlio prediletto di Montereale alla glorificazione sua come Santo. E’ utile a tal riguardo rammentare quanto scrisse il Cotta nella prefazione alla sua Vita, di aver egli tentato di rintracciare “la causa Reatina formata sopra la di lui canonizzazione dall’Avvocato Alessandro Mausonio, Aquilano”. E forse tale causa è l’oggetto del volume ms. Reatina surriferito. Quanto precede si riferisce a tutti gli studi ed opera intrapresi per ottenere la Beatificazione di Fr. Andrea, cioè la conferma del culto pubblico ecclesiastico che ebbe luogo l’11 febbraio 1764. Successivamente, il 1 dicembre 1764, fu concesso l’ufficio e la Messa del Comune ed infine il 17 febbraio 1770 furono approvate le lezioni proprie del II notturno (173).

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(135) CASSESE, Guida cit., VI, p. I, p. 78.

(136) G. RIVERA, Catalogo delle scritture, cit., 1901, II, p. 53, nota 120.

(137) GB. COTTA, op. cit.

(138) MURATORI, Antiquitates cit., vol. V, col. 54ss e per regesto di altri documenti relativi cfr. anche l’ANTINORI, Monumenti cit., vol. 47, p. 51ss.

(139) Nell’Archivio del monastero si conserva pure qualche antico regesto rilegato in pergamena, ove si trovano indicazioni delle nobili patrizie aquilane consacratesi al Signore insieme ad altre distinte fanciulle dell’Abruzzo e, tra tutte, di coloro che emersero per fama di santità.

(140) A proposito di tale trasferimento è da rammentare che alcuni anni dopo le Monache di S. Lucia furono autorizzate a riaprire l’originario Monastero nel quale rimasero fino alla nuova soppressione in cui, per intervento dell’autorità locale del tempo, furono fatte ricoverare, e questa volta definitivamente, nel Monastero di S. Amico. Per ulteriori ricerche cfr. l’Archivio della Curia Arcivescovile dell’Aquila.

(141) BUCCIO DI RANALLO, Cronaca Aquilana rimata, Roma 1907, pp. 132-134. Circa l’uso del nome di Amico nell’Aquila, esso era molto diffuso nel passato. Valga il ricordo del maggiore dei Vescovi Aquilani, cioè l’Agnifili, coevo di Fr. Giacomo Oliva e che morì cardinale nel 1476.

(142) Cfr. A. LEOSINI, op. cit., p. 92; M. ODDO BONAFEDE, Guida della città dell’Aquila, Aquila 1888, p. 146.

(143) Cfr. A. LEOSINI, op. e l. cit.

(144) L. RIVERA, Raffaello e varie memorie attinenti all’Abruzzo e a Roma, nel Bullettino, cit., serie III, a. XI-XII, 1920-22, pp. 351-352.

(145) Cfr. A. ANTINORI, Vita della B. Cristina, già nel secolo Mattia de’ Ciccarelli di Lucoli, Religiosa Agostiniana nel Monistero di S. Lucia dell’Aquila, Roma 1740, p. 138; HERRERA, Alphabetum cit., I, p. 143; PORTILLO, op. cit., I, pp. 180-196; GB. COTTA, Poema: B. Rita da Cascia; P. DOMENICO DA S. EUSANIO, op. cit.; E. MATURO, op. cit., pp. 41-54, 89-90 e indice, pp. 182-183; E. FIORENZA, Vita della B. Cristina in ottava rima, s. d.; Cfr. altresì: C. CURZIO (istoriografo Agostiniano) Vita della Beata Cristina; SEMPLICIANO DI SAN MARTINO; G. P. INTERVERI, Aquilano, Vita della Beata Cristina; TORELLI, op. cit., VII, n. 16; COTTA, Vita del Beato Turriani, cit. I, p. 49; C. CREMONA, La B. Cristina de l’Aquila Agostiniana, Roma 1943. Per la vita della B. Cristina e delle altre illustri Consorelle cfr. pure la rara pubblicazione citata dall’Antinori, alla p. 127: Vite delle BB. Chiara di Montefalco, Rita da Cascia, Cristina overo Oringa, Cristina de’ Visconti e Cristina dell’Aquila, Coloniae 1636. Infine cfr. Archivio Gen. Postulazione OESA, Acta Sanctorum (ivi cfr. volume relativo alla Beata Cristina) e così in Archivio della Sacra Congregazione dei Riti, januari, 544 b., ed. II.

(146) La prima notizia del titolo di Beata, attribuito a Suor Cristina Ciccarelli da Lucoli, è data dall’ANTINORI nella Vita di lei, a pag. 126, laddove riferisce che nel 1634 le due consorelle Suor Aurelia Rivera e Suor Monica Antonelli testimoniarono ciò, anche per il culto prestato all’altro Agostiniano, il B. Antonio Turriani.

(147) Per il riconoscimento del titolo di Beata, altre la consultazione di quanto trovasi raccolto in merito nei due Archivi testè citati, cfr. ANALECTA AUG., XVI (1937-38), p. 412. Inoltre nell’Archivio S.C.R., al n. 39 dei decreti 1840-41, trovasi l’originale Decreto relativo alla Beata Cristina, di cui sopra abbiamo trattato, nonché la posizione che riguarda l’Aquilana, ecc. Per il decreto o Aquilana della conferma del culto ab immemorabili prestato alla Beata, v. Appendice, doc. VII. Il decreto stesso che venne dato alle stampe in Roma nel 1841, è qui riprodotto nella solenne occasione del centenario. Nell’Archivio S.C.R. è altresì il Summarium, donde a p. 16, n. 9 si ricava che nell’Archivio Episcopale furono rinvenute le relazioni fatte dai vescovi ad sacra limina, in esse si menziona la Serva di Dio come Beata e si ricorda il di Lei Corpo, venerato nella chiesa di S. Lucia entro il relativo deposito.

(148) Summarium, pp. 4-5, leggesi la relazione del 20 marzo 1838 dei pittori Nicola Carli e Francesco Hille circa il quadro che trovavasi nella Cappella della Beata nella Chiesa di S. Lucia e così ancora la relazione peritale del 12 settembre 1836 sul deposito della Beata con relativo disegno.

(149) Per l’officiolo detto della B. Cristina cfr. Bollettino Storico cit., serie II, a. XIX, 1907, p. 237, nota. Inoltre cfr. Bollettino Storico cit., serie III, a. XI-XIII, 1920-22, p. 381. GB. MANIERI, Catalogo-inventario del Museo Civico Aquilano, Aquila 1920, p. 27.

(150) Per la riproduzione fotografica della facciata del Monastero quale appariva nel 1932, cfr. MATURO, op. cit., dopo p. 28.

(151) MATURO, op. cit., p. 41.

(152) Cfr. MATURO, op. cit., p. 46. Le statue furono eseguite dal Savini nel 1707. Al medesimo artista appartengono i numerosi stucchi: dopo p. 36, quella della nuova facciata; dopo p. 52 del corpo e urna di S. Rita; dopo p. 100 dell’interno; dopo p. 124 del sarcofago ove fu rinchiuso il corpo dello Santa.

(153) MATURO, op. cit., p. 89.

(154) Per maggiori notizie intorno alla vita della Santa cfr. P. MARABOTTINI, Vita di S. Rita da Cascia Agostiniana, Roma 1923. A pag. 22 a proposito del prodigio delle api roteanti intorno al viso e posantesi sulle labbra della Santa, si ricorda che papa Urbano VIII “prodigiosam apum albarum existentiam experimento comprobavit”. Difatti s’era fatta portare in Vaticano una di dette api dentro piccola urna di cristallo. L’ammirò il Pontefice e l’esaminò attentamente. Dopo averle posto un sottil filo di seta d’intorno al corpo, la lasciò libera ed essa, volando, tornò a Cascia, vicino a S. Rita. CIACCONIO, Vitae Pontificum RR., tomo IV, col. 498, riporta interessanti aneddoti intorno alle api e in riferimento al detto Pontefice il cui stemma è appunto ornato di tre api. Sempre nel MARABOTTINI, a p. 67, si tratta mirabilmente dell’ingresso a porte chiuse della Santa nel Monastero la notte dell’Ascensione del Signore, l’anno 1416; a p. 82 del prodigio dell’albero della vite rigogliosa; a p. 82 circa dell’umida e piccola celletta, ove visse 40 anni usando una sola tonaca con la quale la Santa fu sepolta; a p. 122 della sua venuta a piedi da Cascia a Roma nel 1423, per lucrare il Giubileo; a p. 193-201 è ritrascritto il contratto 30 luglio 1704 per ricostruire la Chiesa dedicata alla Santa e distrutta dal terremoto del 1703, ove si afferma l’incorruzione della salma ed il culto straordinario della Beata.

(155) Archivio Generale dell’Ordine in Roma, Regesto, Dd. I, f. 71.

(156) Per notizie generiche cfr. CASSESE, Guida cit., VI, p. II, 51, ove come fonti sono citati: ANTINORI, Corografia, ms. cit., vol. XXXIV; GIUSTINIANI, Diz. geografico cit., VI, p. 121sg.; MINIERI-RICCIO, Biblioteca storica cit., p. 404sg.; BINDI, Supplemento cit., p. 75. In Arch. Prov. di Stato dell’Aquila, tra gli Atti relativi alla soppressione del Convento di S. Agostino di Montereale, cfr. Atti Amministrativi, serie I, cat. X, b. 1185.

(157) E. RICOTTI, La Provincia Francescana Abruzzese di S. Bernardino dei Frati Minori Conventuali, tradizioni, memorie, notizie, Roma 1938, pp. 193-195.

(158) A. DRAGONETTI, op. cit. p. 224; PERINI, Bibliographia cit., III, p. 119.

(159) A. DRAGONETTI, op. cit. pp. 198-199; PERINI, Bibliographia cit., I, p. 20.

(160) Archivio di Stato di Napoli, fasc. 421.

(161) Al momento in cui vede la luce questo studio il p. Maestro Tomassini è passato a miglior vita. Cfr. ANALCTA AUGUSTINIANA, vol. XXII, p. 147.

(162) Arch. Gen. dell’Ordine, Ii 5. f. 164.

(163) Arch. Gen. dell’Ordine, Relazioni, cit., Ii 5. f. 165.

(164) La cancellata in ferro massiccio, con fregi in ottone e cancelletto di accesso all’altare, opera di Mariano Napolione e figli, da Palena, 1720, come rilevasi da un graffito nel retro di quella lastra superiore di ferro della cancellata stessa, ove sta il descritto stemma di Montereale, sormontato dalla figura intiera, pure in ottone, del Beato. Intorno è scritto un pensiero tratto dal Vangelo.

(165) L. TORELLI, Ristretto delle vite ecc. cit., p. 381: “Mentre giaceva nella bara, tra l’altra gente che vi si trovava, fu una certa donna, per nome Martomina la quale piangendo si doleva di non aver mai potuto confessarsi da esso, mentr’era vivo; ed in questo baciandogli divotamente la mano, alle sue orazioni si raccomandava. Quand’ecco che, all’improvviso, alza la destra il glorioso Beato Andrea e dà la benedizione a quella donna devota”. E tuttora osservando le sacre spoglie mortali del Beato, si rimane colpiti da quella mano destra - alquanto elevato sul rimanente del corpo - quasi in atto di continua benedizione ai fedeli che a lui ricorrono e alla buona popolazione di Montereale, di cui è protettore.

(166) Vedi APPENDICE, doc. III.

(167) Vedi APPENDICE. dccc. IV-V.

(168) Al tempo del B. Andrea, peraltro, i Religiosi nel lasciare il cognome, prendevano quello del convento in cui vestivano l’abito e di cui si consideravano figli.

(169) Ecco una serie di biografie del B. Andrea, in ordine cronologico: AMBROGIO DE CHORA, op. cit., 1481, pp. 114, 227; ALFONSO DE OROZCO; SANTE RICCITELLI, Vita e miracoli del Beato Andrea da Montereale dell’Ord. Erem. di S. Agostino, Pisa 1614, p. 31: Questa vita è punto di partenza per chi intenda compiere altri studi sul Beato. La prima edizione, stampata a Perugia nel 1851, contiene una prefazione diretta dal Maestro Riccitelli al dr. in legge Persio Circi di Montereale e porta la data 20 novembre 1580. Una III edizione si ebbe in Roma il 1713, riveduta da Francesco Conzaga; NICOLA CRUSENIO, Monaci Agostiniani, Monaco, vol. III, 1623, Vallespoleto 1890, p. 78; A. GELSOMINI, Tesoro celeste della devozione di Maria Vergine ecc., Venezia, 1625, p. 68; CURTIUS CORNELIUS OESA, Sanctus Nicolaus Tolentinus et alii eiusdem Ordinis Beati, Antuerpiae 1637 e Munachii 1689, in 12°; SEMPLICIANO DA S. MARTINO, La vie de S. Augustin et des autres Hommes illustres de son Ordre, Tolosa 1641, p. 404sgg.; T. HERRERA, Alphabetum, cit., 1643, vol. I, pp. 16-17; L. TORELLI, Ristretto delle vite cit., p. 380; F. ELSIO, Encomiasticon Augustinianum, cit., 1645, p. 53seg.; C. DIELMAN, Normae vitae monasticae in aliquot viris Ordinis nostri scientia et vitae sanctitate illustribus delineata, Gandorri 1648; A. NIPPINGA, Ephemeris Sanctorum Ord. Erem. S. P. Augustini, Antuerpiae 1672, p. 31; BOLLANDISTI, Acta Sanctorum, Antuerpiae 1675, tomo II, pp. 612-616 (giorno 18 del mese di aprile); L. TORELLI, Secoli Agostiniani cit., tomo VI, p. 342-343, 438; tomo VII, p. 196 (ivi è riferito che il Priore generale Ambrogio Coriolano attesta che il Beato morì nel 18 aprile 1479 e pertanto l’Ordine ne celebra la festa il 18 aprile. Sotto tale giorno, nel Breviario Agostiniano si celebra la festa del Beato). Leggansi poi altre notizie nella vita di Lui a p. 298 e 299; G. BASCAPE’, Effemeridi sacre di Aprile, Napoli 1690, p. 336 e sgg. (citato in Reatina Canonizationis B. Andreae, 1757, p. 250); G. DI SAN ANTONIO, Flos Sanctorum Augustiniano dividido em scis partes; as quatro primeyras des Santos e Beatos..., Lisbona Occidentale 1721; A. ARPE, Giornale dei Santi e Beati Agostiniani, Genova 1722, mese di aprile, p. 215; S. PORTILLO A., Chronica espiritual Augustiniana, cit., Madrid 1732, tomo II, pp. 108-112;  G. BATTISTA COTTA, Vita prodigiosa del Beato Andrea da Montereale dell’Ordine Erem. di S. Agostino, Perugia 1706 (la II ediz. di pagg. 208 fu stampata a Napoli nel 1824. Tale ristampa, come leggesi nel titolo del libro, fu un omaggio della famiglia Canofari di Montereale per la salute mirabilmente restituita a Don Francesco Canofari, Vice Presidente della Suprema Corte di Giustizia di Napoli. Per il Canofari cfr. G. RIVERA, Memorie biografiche degli scrittori Aquilani trapassati dal 1820 al 1893, Aquila 1898, pp. 36-42. E’ riprodotta una dedica 6 ottobre 1726. Nella prefazione L’A. ricorda gli altri che hanno scritto sul B. Andrea); DOMENICO DA S. EUSANIO, L’Abruzzo Aquilano Santo cit., 1849, vol. II, p. 36. Nella bibliografia è citata la novena in onore del Beato, scritta dal poeta cav. Angelo Maria Ricci; S. LOPEZ - M. RODRIGUEZ, De Beato Andrea a Monteregali (Notae et documenta), Roma, Tip. Vaticana, 1937 estratto da Analecta Augustiniana, vol. XVI, n. 11, p. 131); REUTHER, in Aquila Santa cit.; PIO FULVI, Compendio della vita del Beato Andrea, Montereale 1930.

(170) Sotto lo stesso Papa Clemente XIII, la Sacra Congregazione dei Riti concesse all’Ordine di S. Agostino di recitare l’uffizio del Beato Andrea con le lezioni proprie. Tali lezioni sono state appositamente riportate in una immagine del Beato - copia di quella originole che era dipinta dietro l’altare maggiore della Chiesa - e seguono ad una fervida preghiera indirizzata al Beato, al quale si domanda d’impetrare da Dio la grazia dell’incolumità dei suoi concittadini e “il regno in essi dello spirito di pietà e di religione”. L’immagine è in distribuzione.

(171) Cfr. detto in Biblioteca Angelica di Roma (colloc. Gg., 1-5).

(172) Cfr. detto in Biblioteca Angelica di Roma (colloc. Gg., 1-6).

(173) Cfr. Analecta Augustiniana, XVI, 1937-38, p. 399.

 

 

APPENDICE

-I-

1476 Julii 2 - Maistro Jacomo dell’Aquila morse generale in Roma nel 1476 et lassò molti migliara de ducati de oro, li quali pretendeva haver il nostro Convento de Aquila, ma il nostro protettore card. Roanno li applicò al Convento de Roma, con li quali denari fo principiato dicto convento de Roma, il qual convento è obbligato per dicti denari tucti li frati del nostro convento de Aquila et darli a mangiare et dormire ecc., como alli frati Conventuali de Roma. Ma il contratto ora non se trova.

 

-II-

Aquila, 23 novembre 1687. Si è convocata secondo il solito l’Assemblea della Nobiltà e sono intervenuti i seguenti… Ai quali è stata fatta proposizione del tenore seguente, videlicet: Ritrovandosi Monsignor Giuseppe Eusanio, Vescovo di Porfirio e attuale Sagrista di Sua Santità, e come nativo di luogo circonvicino del distretto di questo città, desiderando ascriversi alla cittadinanza e nobiltà della medesima, si propone alle SS. VV. Ill.me; se debba concederseli detta ascrizione, con tutti gli onori e privilegi soliti godersi dagli altri primarii gentiluomini e patrizi e se li odierni signori Camerlengo ed Eletti al Magistrato abino, quando venga affermativamente risoluto, a spedirgliene le solite lettere testimoniali, conforme lo stile praticato in altre occasioni, ponghi il suffragio bianco e chi no il negro. Quale proposizione fatta viva voce e con li suffragi tutti bianchi, è stato risoluto che il sopradetto Monsignor Sagrista si ammetti nella Cittadinanza e Nobiltà come sopra sta proposto.

(Dal verbale di deliberazione delle Riformazioni o Registri Municipali dell’Aquila, a. 1687)

 

-III-

1726-1727. Testo di una epigrafe scolpita in lapide a Montereale nel Santuario del Beato Andrea

sulla parete di fronte all’altar maggiore (174).

DEO OPTIMO MAXIMO. Templum hocce Divo Protoparenti Augustino Hipponensium Episcopo Anno Salutis M... dicatum, ab communi terremotus ariete anno MDCCIII aequatum solo, ac ferme per quinas olympiades sine fornice, sine pavimento, lugentibus undecumque parietibus, horrens adhuc et informe relictum, demum ob reverentiam Samnitum Thaumaturgi, Italiae et Galliarum tempore schismatum Apostoli, Daemonum Fulminis, pluviarum Fontis ac Freni, infulatus magnanimi Contemptoris, cunctarumque animae et corporis aegritudinum Eversoris validissimi, Sacrae Theologiae nec non legis Canonicae olim Magistri incomparabilis, Provinciaeque Eremitarum Umbriae integerrimi non semel Antistitis, BEATI ANDREAE de civitate MONTIS REGALIS, cuius hoc loci perantiquam verissimamque spectator cernis effigiem exhibitam in parvula icone, non secus ac in altari, sacrum a die obitus MCCCCLXXX publica culti veneratione corporis incorrupti depositum, piissimae illustrissimaeque Universitatis, et civium frumentariis praesertim elemosynis, simulque Fratrum Augustinensium huius coenobii aere, sudoribus ac industria restauratur, absolvitur, exornatur, animos movente eiusdem Servi Dei jam per anni unius cum dimidio periodum episcopalibus processibus, typisque mandata dexterae, capitis, pectorisque MDCCXXVI et XXVII mira elevatione.

 

IV-V

1789, 11 aprile. Dispaccio del re Ferdinando IV con le disposizioni da osservarsi nel Santuario del Beato Andrea circa l’apertura del deposito del sacro Corpo di Lui e le inerenti modalità.

1789, 16 aprile. Decreto del Governatore di Montereale Gaetano Celentano per l’esecuzione del detto R. Dispaccio e comminante le sanzioni agli inadempienti.

(I due documenti sono scolpiti in una lapide a sinistra di chi guarda il deposito del B. Andrea, nel Santuario di Montereale).

FERDINANDO IV, Re dell’una e dell’altra Sicilia e di Gerusalemme, Infante di Spagna ecc, con Reale Dispaccio dell’11 aprile 1789 ha comandato come segue: “Ha risoluto il Re, e comunica che vs. faccia affiggere ordini, che il Santuario del Beato Andrea non riapra, se non ne’ giorni designati dell’ottava di Pasqua di Resurrezione e de’ tredici e ventinove settembre di ciascun anno, nei quali giorni, niuno possa entrarvi fuorchè li deputati, e che un sacerdote vestito di cotta e di stola debbe prestarsi alle richieste de’ divoti. Ed in quanto alle straordinarie aperture, non debbano queste permettersi se non se in occasione che volessero visitare il Santuario, o il Vescovo Diocesano, o cardinali, o ministri di Sua Maestà o dell’ordine Superiore. Nel Real Nome le partecipo questa Sovrana risoluzione per lo adempimento. Napoli, 11 aprile 1789 – CARLO DE MARCO - Signor Governatore di Montereale”.

   Die decimasexta mensis aprilis 1789, in Regia Curia Civitatis Montis Regalis. Per subscriptum Dominum Regium Governatorem, viso suprascripto Regali diplomate, fuit dictum quod observetur iuxta etc. pro cuius observantia expediantur et affigantur ordines servata forma dicti Regalis diplomatis sub poena immediatae carcerationis, et ducat(orum) biscentum Serenissimae Regiae Camerae, et fiat etc. CAIETANUS CELENTANO Gubernator. JOSEPH FALCONI Actorum magister.

 

-VI-

Inventario (VII) dei locali con esatta descrizione del Convento e la Chiesa di S. Agostino in Montereale redatto il 4 ottobre 1809 in occasione della sua soppressione.

Il Convento di S. Agostino della città di Montereale è situato in mezzo di quella, e propriamente nella pubblica di lei strada, nomata la strada, ossia in quella, che avendo principio dalla pubblica sua piazza proseguendo per linea retta, conduce al borgo; ed ha per composizione basso ed ordinario fabbricato. Il CONVENTO consiste nel primo piano: in un picciolo cortile, che con una porta corrisponde direttamente all’orto, e con un’altra simile alla cucina, legnara e campanile. In un corridoio con cinque piccioli camerini abitabili, ed altri simili, ma un po’ oscuro destinato per il ricovero dei polli, corrispondenti a detta strada. In due cucine, granaio, refettorio ed un altro ristrettissimo stangiolino con comodo a capo di pestar l’uva, siti tutti verso l’occidente ossia l’orto dell’enunciato convento. Di più in un camerone fabbricato di poco ed un altro simile alquanto oscuro esistenti sotto l’enunciata torre, ossia verso l’occidente come sopra. E finalmente in un’altra camera verso la medesima strada destinata al mantenimento delle legne, stalla e cantina. Il succennato Convento ritiene al disopra poi un altro corridore non molto grande con tre camere abitabili verso occidente, ossia detto orto, ed un’altra camera con due porte, in oggi inabitabile verso la strada predetta. Annessa al nomato Convento, ossi ala divisata pubblica strada ritiene la sua Chiesa di fabbricato piuttosto alto, di una sola navata sotto il titolo di S. Agostino con quattro quadri dei Santi, e cinque altari, non compreso un altro Altare, che esiste nel deposito del Santo Corpo del Beato Andrea per mantenerlo dentro un buon Cappellone. Vi è la statua di S. Nicola da Tolentino e della Madonna ss.ma della Consolazione. Al disotto poi, ossia verso la porta del Borgo, ritiene detto Convento a sè annesso al primo piano nove camere per uso di botteghe, cantine, pagliaro e speziaria, ed altre sette della medesima poste nel piano superiore per uso di abitazione. Vi è un campanile, ossia Torre a più piani. In fine annessa alla porta del Borgo possiede una stalla con pagliaro superiore di non molta grandezza. La località dell’enunciato Convento è dello approssimativo valore di docati quattordici mila. Montereale, 4 ottobre 1809. FRANCESCO SAVERIO RICCI - GIO. ANTONIO TASCA - FRANCESCO MEVI - Sindico FULVI ricevitore.

 

- VII -

DECRETUM

AQUILANA Confirmationis cultus ab immemorabili praestiti Servae Dei CHRISTINAE DE CICCARELLIS sanctimoniali Ordinis Eremitarum S. Augustini BEATAE NUNCUPATAE

Lucolis, quod est Oppidum in Aquilana Diocesi, ex familia de Ciccarellis progenita est Mathia virgo, quae ab ineunte aetate praeclara pietatis, modestiae, saeculique contemptus specimina edere coepit, adolescens caelesti voci obtemperans Aquilam profecta est, ibique inter Sanctimoniales Asceterii Sanctae Luciae Ordinis Eremitarum Sancti Augustini religiosum induit habitum, et Christinae nomen assumens solemnia vota Deo nuncupavit. Aretius ita Christo Sponso conjuncta virtutibus omnibus praefulsit, pietate potissimum in pauperes, atque humilitate erga omnes. Orationi quum assidue instaret, non raro in extasim rapta, multa prophetico spiritu praedixit, variisque, uti fertur, miraculis coruscavit. Jugi poenitentia, omnique asperitatem genere corpus in servitutem redegit, donec diversis gravata morbis ac dentium praecipue, laterumque doloribus vexata, et tandem ad extremum adducta sancto fine quievit quintodecimo Kalendas Februarias Anno MDXLIII. Virginis obitum in triviis pueri qua clamore, qua cantu divulgarunt; eo praeconio exciti Aquilani omnes ad asceterium accurrentes stupore attoniti, Christinae Corpus venerari coeperunt. Qui Cultus in eodem semper splendore persistens ad haec usque tempora dimanavit: hinc Scriptores plures Christinam Beatae titulo decorant, sepulchrum elatum, ut Fidelium pietati pateret, mortales exuviae publicae venerationi exhibitae, eleemosynae oblatae ad explenda sacrificia in peculiari ipsius ara. Sacellum apposite exstructum, visitationes sepulchri, translationes, et reliquiarum distributiones non semel peractae, festum quotannis multa pompa ductum fuit, et in Patria ter quolibet in anno, atque in publicis calamitatibus consueverunt pia supplicantium agmina Lucolis se conferre ejusdem opem imploratura. Multiplicia haec et alia publici ecclesisticique cultus monumenta a felici Christinae decessu ad haec usque tempora producta animo revolvens R.mus Aquilanus Antistes una cum Clero et Populo Luculano Sacrorum Rituum Congregationi humillime supplicavit, ut juxta sancitas a Generalibus Decretis leges Cultus ille ab hac Sancta Apostolica Sede formiter confirmaretur. Sacra Congregatio ad Quirinales Aedes Ordinariis in Comitiis coadunata, E.mi et R.mi Domini Cardinalis Constantini Patrizi Ponentis relatione percepta, auditoque R. P. D. Virgilio Pescetelli Sanctae Fidei Promotore, qui scripto, et voce suam exposuit sententiam, ablatis omnibus rationum momentis, Cultusque significationibus rite libratis, ac perpensis responsionibus ad Animadversiones per Defensores datis, rescribendum censuit. Constare de casu excepto a Decretis sa: me: Urbani Papae VIII, et ad E.mum Cardinalem Praefectum cum Sanctissimo. Die 31 Augusti 1839. Super quibus omnibus facta postmodum Sanctissimo Domino Nostro Gregorio Papae XVI per E.mum et R.mum Dominum Cardinalem Carolum Mariam Pedicini Episcopum Portuensem, Sanctae Rufinae et Centumcellarum Sanctae Romanae Ecclesiae Vice Cancellarium, eidemque Sacrae Congregationi Praefectum fideli relatione, Sanctitas Sua, de speciali gratia rescriptum Sacrae Congregationis adprobavit, confirmavitque Cultum publicum et Ecclesiasticum ab immemorabili praestitum Beatae Christinae de Ciccarellis. Die 15 Ianuarii 1841. C. M. E.pus Portuensis etc. Card. PEDICINIUS, S. R. E. Vice-Cancellarius S. R. C. Praefectus. Loco Signi. I. G. FATATI, S. R. C. Secretarius.