FR. GUGLIELMO

DE FLEETE O.S.A.

(sec. XIV)

 

 LETTERE

AGLI AGOSTINIANI

INGLESI

 

di PIETRO BELLINI O.S.A.

Supplemento al Notiziario della Provincia Agostinaiana Picena n.1 Tolentino, Maggio 1979 

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A. INTRODUZIONE

1. LA FIGURA DI FR. GUGLIELMO DE FLEETE

Fra Guglielmo Fleete è una figura di secondo piano nella storia generale dell'Ordine Agostiniano. Il suo ricordo è legato soprattutto alla relazione di amicizia avuta con S. Caterina da Siena. Tuttavia lo studio della sua vita e della sua opera (tesa alla riforma della Chiesa) può essere utilmente illuminante per noi, che viviamo in tempi di riforma e di rinnovamento sia nell'ambito della Chiesa universale che del nostro Ordine.

Poche e frammentarie le notizie certe che si hanno di lui. Prima però di parlare di lui è bene delineare la situazione della Chiesa e dell'Ordine Agostiniano nell'epoca in cui si svolse la vita di fra Guglielmo Fleete, cioè la seconda metà del secolo XIV.

La residenza dei papi in Avignone (1309-1377) aveva portato conseguenze negative per la Chiesa e non solo in Italia; per citarne alcune: disordini e guerre tra gli stati e le città italiane, dipendenza della politica papale da quella francese, allargamento del sistema delle provvisioni (benefici papali a pagamento) richiesto dal mantenimento di una lussuosa corte papale, mancanza di una vera guida spirituale per la cristianità. Clemente XI tornò definitivamente a Roma da Avignone nel 1377, ma alla sua morte (1378) iniziò per la Chiesa d'Occidente il periodo forse più drammatico della sua storia: il grande scisma che divise la cristianità in due e anche tre obbedienze, fino al 1417.

Anche per l'Ordine Agostiniano inizia nella seconda metà del sec. XIV un periodo di crisi e di decadenza: la peste nera del 1348 ne aveva ridotto di un terzo gli effettivi; il fervore iniziale dell'Ordine si stava attenuando; iniziò così un certo rilassamento nella disciplina regolare; l'importanza forse eccessiva che l'Ordine all'inizio aveva dato agli studi per recuperare il distacco dai due maggiori ordini mendicanti (Domenicani e Francescani), cominciò a produrre anche conseguenze dannose: privilegi ed esenzioni di cui godevano coloro che si applicavano agli studi, a detrimento della osservanza regolare e della vita religiosa stessa.

In seno all'Ordine tuttavia rimasero accesi parecchi focolai di alta spiritualità, soprattutto nei luoghi in cui fin dai tempi anteriori alla Grande Unione del 1256 si viveva una vita più marcatamente contemplativa, a volte propriamente eremitica, fatta soprattutto di preghiera e di aspra penitenza. Uno di questi luoghi era il convento-romitorio di Lecceto (a pochi chilometri fuori Siena), vera fucina di santità. Proprio a Lecceto inizierà nel 1387 quel movimento di riforma dell'Ordine, incoraggiato dai superiori e almeno all'inizio certamente positivo, che va sotto il nome di Congregazioni di Osservanza. E proprio a Lecceto, desideroso di vita contemplativa più austera, si rifugiò Fr. Guglielmo dalla natia Inghilterra.

Guglielmo Fleete nacque in Inghilterra, non si sa in quale anno. Divenuto agostiniano e avviato alla carriera degli studi, raggiunse il grado di Baccelliere. Di temperamento riflessivo, portato alla solitudine, alla contemplazione e al misticismo, dovette sentirsi non a suo agio nell'ambiente accademico scolastico, nel quale la vacuità, l'ambizione e la superbia, compagna abituale della scienza, erano purtroppo di casa. E così si matura in lui la decisione, non sappiamo se in conseguenza di qualche fatto particolare, di abbandonare la carriera degli studi e ritirarsi nell'eremo di Lecceto, la cui fama di luogo di santità era arrivata anche in Inghilterra. Chiede il dovuto permesso al P. Generale per sé e per due suoi compagni. Il P. Matteo da Ascoli annota nel suo 'Regesto' l'8 settembre 1359 (è la prima data certa della vita del Fleete): "Abbiamo fatto Fr. Guglielmo de Fleete, della provincia inglese, conventuale nel nostro convento di Selva del Lago (= Lecceto), aggiungendo e comandando che i suoi due compagni, cioè Fr. Giovanni de Dington e Fr. Guglielmo Pigot siano posti dal Provinciale della Provincia di Siena nei romitori vicini al convento di Selva del Lago"(1).

La sua vita nell'eremo era contrassegnata da aspra penitenza e solitudine. Le sue virtù e la sua cultura gli fecero acquistare una fama di santità anche presso i suoi contemporanei. Era molto stimato da S. Caterina da Siena con la quale aveva rapporti di profonda amicizia spirituale. Riportiamo i giudizi di due contemporanei, estranei all'Ordine.

Scrive Cristoforo di Gano Guidini (+1410), laico, discepolo di S. Caterina, che conosceva bene il "Baccelliere" (nome con il quale abitualmente S. Caterina chiamava il Fleete): "Era uomo di molta penitenza, stando il più del tempo nel bosco, tornando alla sera al convento. Non altro adoperava in bevanda che aceto inacquato. Onde aveasi in gran riverenza dalle genti. Or questi tenea in tale stima questa vergine (= S. Caterina), che quasi faceasi coscienza di toccarle le vesti. Ad altri solea dire che eglino non bene la conoscevano, e che il pontefice doveva avere di grazia d'esserle quale uno de' suoi figliuoli, essendo in lei di verità lo Spirito Santo" (2).

In una memoria dal titolo "Questi sono i miracoli de della B. Caterina", scritta da un anonimo fiorentino che la conobbe di persona nel 1374, si dice di Fra Guglielmo: "Ae nella Selva del Lago presso ad Siena a quattro miglia un luogo di Frati romitani di Santo Agostino nel quale ha uno frate d'Inghilterra il quale si chiama il Baccelliere della Selva del Lago, che vi è stato oltre a dodici anni. Questi è un uomo di grande scenzia, uomo venerabile, di grande santità et solitudine. Abita spesso nella detta selva in sue spelonche che l'ha fatte egli stesso in luoghi scuri et aspri; et là porta i libri seco per fuggire la conversazione delle genti; et ad sua posta va et viene dalla chiesa nella selva, et dalla selva nella chiesa. Questi è uomo di maturo consiglio, amico di Dio, et uomo di grande esemplo et poco parla se non quando la necessità del parlare si richiede. Questi non vide mai la Caterina (=S. Caterina da Siena), né ella lui (è un particolare inesatto), ma hanno conoscimento l'uno dell'altro per istinto di Spirito Santo, in tanto che l'uno parla de' fatti dell'altro con solennità e con grande reverenzia quale più piace" (3).

Fra Guglielmo conobbe e fu in corrispondenza con gli esponenti dello spiritualismo dell'epoca, massime con il B. Giovanni Colombini, fondatore dei Gesuati, e con il vallombrosano B. Giovanni delle Celle. Fu tanto amante della vita solitaria che, nonostante i rimproveri di S. Caterina, declinò l'invito di Urbano VI di andare presso la corte papale a Roma.

Non si conosce l'anno della sua morte e gli storici sono vaghi. Lanteri dice che morì "circa l'anno 1380 a circa 70 anni di età" (4). Certamente non morì prima del 1380 (in questo anno infatti scrisse le tre lettere di cui stiamo trattando) (5).

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(1) Roma, Archivio Generale O.S.A., Dd 1, f.197.

(2) MISCIATELLI P. (a cura di), S. Caterina da Siena: Epistolario, Firenze 1940, Marzocco, vol. I, pag. 237, nota.

(3) MISCIATELLI P., cit., vol. VI, pp. 163-164.

(4) LANTERI G., Postrema saecula sex religionis augustinianae, Tolentino 1858, vol. I, pp. 293-295.

(5) Per il testo delle tre lettere, le opere e la bibliografia riguardanti G. Fleete, vedi LAURENT M. H. , De litteris ineditis fr. Willelmi de Fleete, in ANALECTA AUGUSTINIANA, XVIII (1941-42), pp. 303-327.

 

 

2. FRA GUGLIELMO DE FLEETE E S. CATERINA DA SIENA

Una profonda, reciproca stima e fiducia legava il "Baccelliere" a S. Caterina e ai suoi discepoli (6). S. Caterina andava spesso al convento di Lecceto; in assenza del suo confessore abituale, che era il domenicano fra Raimondo da Capua, si confessava da fra Guglielmo. Per la sua ricca e forte personalità, ma soprattutto per la sua santità, divenne la consigliera spirituale e la "mamma" (come la chiamavano affettuosamente e devotamente i suoi discepoli) di molti religiosi di Lecceto.

Ci rimangono sette lettere di S. Caterina indirizzate a fra Guglielmo. In esse la santa, con rispetto, ma con fermezza, guida il suo 'discepolo-confessore' sulla via della perfezione. Alcuni esempi.

Era tanto il desiderio di fra Guglielmo di starsene appartato, che gli riusciva difficile assecondare il desiderio del suo Priore di celebrare più frequentemente la S. Messa; il desiderio della solitudine inoltre lo estraniava dalla vita della comunità. S. Caterina gli scrisse in proposito ricordandogli che l'obbedienza e la carità vanno preferite ai desideri personali, pur legittimi e lodevoli: "Dicovi da parte di Cristo crocifisso che non tanto che alcuna volta la settimana il priore volesse che voi diceste la Messa in convento, ma voglio che se vedete la sua volontà, ogni dì voi la diciate. Perché voi perdiate le consolazioni, non perdete però lo stato della Grazia; anco, l'acquistate, quando voi perdete la vostra volontà. Voglio che, acciocché noi mostriamo d'essere mangiatori dell'anime e gustatori de' prossimi, noi non attendiamo pure alle nostre consolazioni; ma dobbiamo attendere e udire e aver compassione alle fadighe de' prossimi, e specialmente a coloro che sono uniti a una medesima carità. E se non faceste così, sarebbe grandissimo difetto, E però voglio che alle fadighe e necessità di frate Antonio voi prestiate l'orecchio ad udirle: e frate Antonio voglio e prego che egli oda voi. E così vi prego da parte di Cristo, e mia, che facciate. A questo modo conserverete in voi la vera carità. E se non faceste così, dareste luogo al dimonio a seminare discordia" (7).

Scoppiato lo scisma nella Chiesa (1378), Caterina con il numeroso gruppo dei suoi seguaci (circa 40 persone) si stabilisce a Roma, votandosi completamente alla causa del papa legittimo, Urbano VI. Riesce a convincere il papa a circondarsi, come consiglieri, di uomini virtuosi e capaci, che ella stessa gli suggerisce, per iniziare una riforma della Chiesa. Con un breve del 13 dicembre 1378 difatti Urbano VI invitava Roma religiosi appartenenti ad Ordini diversi; tra questi vi era anche fra Guglielmo Fleete.

S. Caterina invia da Roma una lettera, il 15 dicembre, a fra Guglielmo e all'agostiniano fra Antonio da Nizza, anche lui a Lecceto, esortandoli ad accogliere l'invito del Papa e ad andare tutti e due a Roma, lasciando la pace del bosco: "Oggi vediamo (la Chiesa) in tanta necessità, che per sovvenirgli è da escire dal bosco e abandonare sé medesimo. Vedendo che si possa fare frutto in lei, non è da stare né da dire: 'Io non averei la pace mia'. Ché, poi che Dio ci ha data grazia d'avere proveduto alla santa Chiesa d'uno buono e giusto pastore (Urbano VI), il quale si diletta de' servi di Dio e vuolli a sé..., noi altri dobbiamo sovvenire. Avedrommi se in verità abbiamo conceputo amore alla reformazione della santa Chiesa; perocché se sarà così in verità, seguiterete la volontà di Dio e del vicario suo, escirete del bosco e verrete ad intrare nel campo della battaglia" (8).

A questa lettera fra Guglielmo risponde che nè lui nè fra Antonio se la sentono di lasciare quello che ritengono lo stile di vita ispirato loro da Dio. Al che S. Caterina risponde alquanto amareggiata e risentita, non direttamente a fra Guglielmo, ma a fra Antonio, tacciando di superbia fra Guglielmo, senza mezzi termini: "Parmi, secondo la lettera che frate Guglielmo mi ha mandata, che né egli né voi ci veniate. Alla quale lettera io non intendo di rispondere: ma molto mi duole della sua simplicità, perché ne séguita poco onore di Dio e edificazione del prossimo. Perocché se egli non vuole venire per umiltà e timore di non perdere la pace sua, doverebbe usare la virtù dell'umiltà, chiedendo umilmente e con mansuetudine licenzia al vicario di Cristo, supplicando alla Santità sua, che gli piacesse lassarlo stare al bosco per più sua pace; rimettendola nondimeno alla sua volontà, siccome vero obediente: e così sarebbe più piacevole a Dio, e farebbe utilità sua. Ma mi pare che egli abbi fatto tutto il contrario... Troppo sta attaccato leggiero lo spirito se, per mutare luogo, si perde. Pare che Dio sia accettatore di luogo, e che si trovi solamente nel bosco, e non altrove nel tempo delle necessità..." (9).

La santa porta l'esempio di altri due agostiniani di Lecceto, fra Andrea da Lucca e fra Paolino da Nola, i quali, benché malandati in salute, hanno obbedito all'invito e sono andati a Roma: " ... Ma subito con loro fadighe e malagevolezza si misero in via e sono venuti, e compita hanno la loro obedienza: e comeché il desiderio gli stringa di tornare alle celle loro, non vogliono per ciò partirsi dal giogo; ma dicono: 'Quello ch'io ho detto, sia per non detto', annegando le loro volontà e le proprie consolazioni" (10).

Fra Antonio a queste parole accorate di S. Caterina lascia Lecceto e va anche lui a Roma. Ma fra Guglielmo rimane, dopo aver accolto, pensiamo, il consiglio della santa di chiedere la dispensa al papa. Certamente grande stima e ammirazione conservò Caterina, fino al termine della sua vita, per le virtù di fra Guglielmo, se prima della sua morte affidò proprio a lui la direzione spirituale dei suoi seguaci, stando alla testimonianza di uno di essi (11).

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(6) Sui rapporti tra S. Caterina e fra Guglielmo Fleete esiste una tesi inedita presso la Dublin National University of Ireland: "Willelm Fleete and St. Catherine of Siena", scritta nel 1955 dall'agostiniano B. Hackett.

(7) Misciatelli P., cit., vol. II, pp. 26-27.

(8) Misciatelli P., cit., vol. V, p.74.

(9) Misciatelli P., cit., vol. V, pp. 80-81.

(10) La santa però termina la lettera già riappacificata: "Pregovi, voi e il Baccelliere (=fra Guglielmo), e gli altri servi di Dio, che preghiate l'umile Agnello, che mi facci andare per la via sua. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio" (ibid., p.82).

(11) Misciatelli P., cit., vol. VI, p. 85.

 

3. LE LETTERE AGLI AGOSTINIANI INGLESI

Per comprendere appieno il valore delle tre lettere scritte agli agostiniani della sua provincia inglese, è necessario tenere presenti la figura particolare dell'autore e le idee e gli scopi che animavano il movimento cateriniano.

Fu l'insistenza con cui S. Caterina, fino alla morte, lo aveva supplicato di adoperarsi per il bene della Chiesa, a indurre finalmente fra Guglielmo, contro il suo fermo proposito, a scrivere tre lettere ai suoi confratelli inglesi perché appoggiassero la causa di Urbano VI e della riforma dell'Ordine e della Chiesa: una a tutti i confratelli, un'altra ai maestri in teologia, la terza al Padre Provinciale.

Dal contesto risulta con chiarezza che le tre lettere sono state scritte e inviate nello stesso tempo. Quando? Certamente nel 1380, probabilmente ai primi di luglio (in una si parla della "prossima" festa di S. Alessio, 17 luglio). S. Caterina era morta il 29 aprile 1380. Lo stile ci rivela molto bene l'animo dello scrivente, che sente la "responsabilità" di continuare l'opera della santa in favore del rinnovamento della Chiesa. Fra Guglielmo non accenna neanche a S. Caterina in queste tre lettere, ma per chi conosce anche di poco la figura, l'opera e l'epistolario della santa, risulta subito evidente il suo influsso determinante in questi scritti.

Due scopi ha in mente fra Guglielmo nello scrivere ai suoi confratelli: il rinnovamento dell'Ordine e la riforma della Chiesa (due argomenti che sono quanto mai attuali ancora oggi, anche se in un diverso contesto storico).

a) Rinnovamento dell'Ordine

Vengono denunciati questi abusi:

-Allentamento della disciplina regolare, soprattutto per quanto riguarda la concordia, la preghiera, la povertà (I, 2-3).

-Il troppo girovagare dei frati fuori dei conventi (I,5; III,2);

-Spirito e mentalità mondana nella vita dei religiosi (III,10);

-Eccessivi privilegi concessi a coloro che si applicano agli studi (I,4);

-Lo studio inteso non come mezzo per servire meglio Dio, ma come realizzazione egoistica della propria persona (II,4).

Vengono suggeriti questi rimedi per il rinnovamento dell'Ordine:

-Maggiore presa di coscienza del nostro carisma particolare di Ordine degli "Eremiti di

S.Agostino" (I,5; II,5; III,4);

-Maggiore spirito di contemplazione (I, 5.8);

-Maggiore cura nella formazione dei novizi, educandoli ad una severa disciplina (I,6; II,3;

III,3);

-Chi si dedica agli studi deve mettere le sue capacità intellettive al servizio del rinnovamento dell'Ordine (II,2.3.4);

-Spirito di povertà, distacco e obbedienza (III,11).

b) Riforma della Chiesa

Fra Guglielmo supplica i suoi confratelli d'Inghilterra di farsi promotori del rinnovamento della Chiesa nel loro paese, per il quale egli, anche dopo 21 anni di lontananza, sente una grande nostalgia e un grande affetto. Debbono impegnarsi in modo particolare a lottare contro alcuni mali, soprattutto:

-L'ingerenza del potere regale nella vita interna della Chiesa (II,7);

-Le discordie tra gli ecclesiastici (III,7);

-Il gioco d'azzardo (I,10).

Positivamente debbono impegnarsi:

-a far rimanere la nazione nell'obbedienza del vero papa, Urbano VI (I,6);

-a predicare la libertà della Chiesa nella provvista degli uffici, nella scelta delle persone,

nel mantenimento della disciplina ecclesiastica (II,9);

-a promuovere la concordia nella società civile (III,6) e soprattutto tra gli ecclesiastici

(III,7);

-ad incrementare la vita cristiana del popolo predicando una maggiore frequenza ai sacramenti, la recita di alcune preghiere particolari e l'introduzione di alcune feste (I,6.9; II,10; III,5; II,11).

Dallo stile si capisce che l'autore scrive di getto, come il cuore gli andava dettando. Non mancano perciò ripetizioni, cambiamenti improvvisi del filo del discorso, frasi tecnicamente infelici e di oscuro significato. Ma questo contribuisce a rendere il messaggio più vivo, più personale, più immediato e spontaneo.

Credo che una lettura di queste tre lettere, o meglio una "rilettura" fatta tenendo presente la situazione odierna, possa esserci di un qualche aiuto nello sforzo per un rinnovamento sincero e autentico della nostra vita agostiniana. Ciascuno legga e tragga le sue conclusioni.

  1. TESTO

1. LETTERA AI CONFRATELLI DELLA PROVINCIA INGLESE (12)

Ai reverendi in Cristo Padri e Fratelli tutti della Provincia inglese dell'Ordine dei Frati Eremitani di S. Agostino: io, fra Guglielmo d'Inghilterra, peccatore, auguro salute eterna nel Signore.

1 - IL NOSTRO BUON NOME

Dice l'Apostolo: "Siamo divenuti spettacolo per il mondo, per gli angeli e per gli uomini"(l Cor. 4,9). Coloro che ci amano cercano in noi i motivi per lodarci; coloro che ci odiano ci calunniano. Ma noi, costituiti in mezzo a questi due (generi di persone), dobbiamo custodire il nostro modo di vivere e il nostro buon nome, in maniera che coloro che ci lodano non debbano arrossire davanti a coloro che ci calunniano. Si mostra crudele chi, contento soltanto della testimonianza della propria coscienza, non tiene conto del buon nome.

2 - I FONDAMENTI DELLA VITA AGOSTINIANA

"Fate attenzione alle parole, osservate i misteri" (nascosti in esse) (13); fate in modo che "anzitutto si ami Dio" e si osservino tutti i comandamenti di Dio; si ami "il prossimo"(Regola) in modo che non ci sia alcuna discordia nella Provincia o in qualche Convento o tra alcuni religiosi: ci sia "un unico spirito" (1 Cor 6,17), "un'anima sola e un sol cuore in Dio" (Regola).

Vi sia somma e inviolabile concordia fra tutti. Tutti, sia grandi che piccoli, si riuniscano insieme, secondo le possibilità di ciascuno, nella chiesa e s'impegnino con massimo sforzo che l'ufficio divino venga recitato con somma diligenza, distintamente, a cori alternati, con le dovute pause e devotamente. Osservino la vita comune. Questi sono i fondamenti del (nostro) santo Ordine; alimentano la carità ed edificano il prossimo.

3 - LA POVERTA'

"Non dite di nulla: Questo è mio" (Regola). Secondo S. Girolamo "il perfetto servo non ha nulla all'infuori di Cristo". Il servo di Dio non deve stimare niente come suo, ma può ritenere soltanto le cose necessarie, con il permesso del suo superiore; le cose superflue le deve consegnare al convento. Possiamo lecitamente servirci delle cose temporali a motivo della necessità, come dei libri, dei panni e di roba simile, ma non compiacerci in queste cose terrene, bensì solo in Cristo crocifisso: "Alliétati nel Signore e ti concederà le richieste del tuo cuore" (Salmo 34,4); "fatevi tesori in cielo" (Mt 6,20) poiché la vostra meta è il cielo (cf. Filip. 3,20). Lì sia la vostra mente, lì sarà il vostro riposo, cioè nella vostra anima. Disprezzate le cose terrene: "Il nostro cuore è inquieto, Signore, finché non riposa in te" (Conf. 1,1). Dice anche il buon Agostino ai suoi frati: "In alto, in alto abbiano i cuori e non cerchino le vane cose terrene" (Regola).

4 - RACCOMANDAZIONI AI MAESTRI IN TEOLOGIA

I professori che seguono la Regola di S. Agostino e vivono nel monastero temano il giudizio di Dio. Né magisteri né onori né sontuosità né troni né domìni né soddisfazioni né ricchezze "cerchino nel monastero, cose queste che neanche fuori potevano avere" (Regola). Coloro che cercano tali cose sono peggiori dei secolari, perché "sono ritornati al loro vomito" (2 Pt 2,22).

5 - SIAMO "EREMITI"

Perciò, fratelli e padri reverendi, diamo il giusto valore al nome che abbiamo: dal momento che Dio ci ha chiamati nell'Ordine degli Eremiti, guardiamo di non essere falsi. Abbiamo un nome più grande di tutti gli altri religiosi. Dobbiamo fuggire il mondo e la familiarità con lui -perché l'abituale compagnia del secolo trascina l'uomo, anche se non vuole, al peccato- fuorché quando lo esige la carità o lo richiede la necessità o lo obbliga l'obbedienza. Non dobbiamo seguire l'andazzo superficiale degli altri frati per quanto riguarda il girovagare fuori del convento, per andare sia ai capitoli generali che ai provinciali, alle istituzioni dei maestri, nelle città e nei paesi, agli spettacoli secolari e ad altre sciocchezze. Più di tutti gli altri religiosi dobbiamo amare la solitudine della cella: rimani nella cella e questa t'insegnerà ogni cosa; la (vera) pace si trova nella cella, fuori non si trovano che guerre. Prego il Signore altissimo che queste parole trafiggano i vostri cuori e che si trovi un rimedio in tutto l'Ordine contro questi girovaghi. Dice infatti l'Apostolo: "Ciascuno rimanga nella vocazione nella quale è stato chiamato" (l Cor 7,20). Sarebbe sufficiente un solo capitolo generale ogni 6 anni o anche ogni 10 e il capitolo provinciale ogni tre anni (14). Questo girovagare rovina l'anima dei religiosi.

6 - LA FORMAZIONE DEI GIOVANI

In nome di Dio procurate che i giovani vengano ben formati secondo i principi dell'ordine; l'ordine si accresce con la buona formazione dei novizi. Dovete avere avanti agli occhi il timore di Dio, non il desiderio del mondo: vengano eletti come priori uomini devoti, prudenti, uomini spirituali, non amanti del mondo. Dice Giovanni Climaco: "Un superiore imprudente manda in rovina molte anime" (15). E' meglio edificare pietre vive che pietre morte. In nome di Dio fate in modo che ovunque, nel dovuto modo, si facciano le correzioni, amando gli uomini e odiandone i vizi (Regola). Non si dia ai giovani eccessiva dimostrazione di amore, perché ciò costituisce per loro occasione di peccato, non conoscendo ancora se stessi, ma li si guidi con la disciplina. In nome di Dio, cerchiamo di modificare in meglio tutta la nostra vita, per poter negli ultimi giorni edificare il prossimo.

7 - PREGHIERE PER IL PAPA E PER LA CHIESA

Raccomando alla vostra carità il papa Urbano VI, perché è lui il vero papa: ciò risulta ad alcuni servi di Dio attraverso rivelazioni, ispirazioni e le preghiere fatte (16). Sarebbe molto utile che per tutta l'Inghilterra, come ho visto in altre parti, una volta alla settimana si recitino le litanie e le preghiere per lui, per la Chiesa e per la riforma di tutto il mondo, perché tutto il mondo è sottoposto al potere del maligno (1 Gv. 5,19), per avere pace fra i cristiani, perché si faccia il "passaggio" (17), perché questi scismatici (18) vengano illuminati. Insistete per quanto potete perché queste cose (litanie e preghiere) vengano ordinate; potete in tal modo acquistare molti meriti su questo punto. Pregate tutti perché venga presto il "passaggio" (19) e perché lì possiamo tutti morire insieme con Cristo.

8 - PRIMA CONCLUSIONE

"Vi doni il Signore di osservare tutte queste cose come amanti" di un santo e solitario istituto (Regola) (20), perché mai diventiate amanti del mondo. Passa il mondo con la sua bramosia. Forse questa miserabile lettera costituirà per voi un giudizio (da parte di Dio); forse Dio richiede dalle vostre mani questo lavoro.

9 - CONSIDERAZIONI PERSONALI E RICHIESTA DI PREGHIERE

Per la salvezza delle vostre anime ho esposto l'anima mia al pericolo con lo scrivervi questa lettera; un grande pericolo costituisce infatti per me il ricordo della mia patria e dei miei parenti, a meno che Dio non tocchi il mio cuore. Sta scritto: "Dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre" (Salmo 44,11), perché "nessuno che mette mano all'aratro..." (Lc 9,62). In nome di Dio, vi prego nel Signore Gesù di pregare insistentemente per me, perché in tutto divenga conforme alla volontà divina e perché la mia fine avvenga in Cristo. Esortate tutti i miei amici secolari, se alcuni di essi vivono ancora, ad osservare i comandamenti di Dio e a confessarsi frequentemente. Siano sempre preparati, "perché nell'ora che voi non pensate, Dio, il Figlio dell'uomo, verrà" (Lc. 12,4). Pregate, pregate, pregate per me. In nome di Dio vi supplico che nessuno mi scriva, né confratello né secolare. Perdonatemi se vi ho scritto in modo così miserevole. Pregate il Signore che mi perdoni, se ho sbagliato in qualcosa.

10 - CONTRO IL GIOCO D'AZZARDO

Predicate a tutti gli inglesi che siano uomini angelici in Inghilterra, che più degli altri popoli abbiano familiarità con gli angeli (21), osservando i comandamenti di Dio e le sante tradizioni antiche, e non seguano le usanze degli altri popoli, soprattutto nel giocare a dadi scommettendo denaro, oro e argento, come fanno gli italiani (22). Quando perdono si arrabbiano, si esagitano, bestemmiano Dio, poi rubano e compiono delitti. Bisogna pregare Dio che questo gioco non diventi comune nel regno d'Inghilterra ma che anzi venga estirpato: distrugge le anime, danneggia la nazione. Tutti coloro che vincono qualcosa (in questo gioco) son tenuti alla restituzione; se si tollera questo inconveniente, seguiranno molti mali. Fra Guglielmo d'Inghilterra, peccatore.

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(12) Il testo originale é pubblicato in Analecta Augustiniana, XVIII (1941-42), pp. 309-322. Traduzione, divisione e titoletti del redattore, che ha curato anche l'introduzione.

(13) S. Gregorio Magno, XL Homiliae in Evangelia, II, 29. PL 76,121 D.

(14) Al tempo di fra Guglielmo i Capitoli generali venivano celebrati ogni tre anni e i Capitoli provinciali ogni anno. Nel 1385 alla Provincia inglese fu concesso di celebrare il capitolo ogni 2 anni.

(15) S. Giovanni Climaco, Liber ad Pastorem, c. XI. PG 88,188.

(16) Varie furono le profezie scritte, durante lo Scisma, da sostenitori delle due parti.

(17) "Passaggio" ('passagium') era detto nel Medioevo il viaggio in Terrasanta che si faceva inseriti o

in una crociata o in un pellegrinaggio. Nella spiritualità del tempo il grande desiderio di tutte le anime sante era di versare il sangue per Cristo per mano degli infedeli, come massima dimostrazione di amore al Signore. Vedi gli esempi di S. Francesco d'Assisi e di S. Antonio da Padova. S. Caterina da Siena si è data molto da fare per sollecitare la organizzazione di una crociata: ne parla anche in una lettera scritta a fra Guglielmo (Misciatelli P., cit., vol. I, pp. 252- 253). Scrive fra Guglielmo al domenicano fra Raimondo da Capua, confessore della santa: "Insistete, padre, presso la nostra madre (= S. Caterina)..., e lei insista presso il nostro Cristo in terra (Gregorio XI), il Mosè del popolo di Dio..., perché faccia presto il 'passaggio'. Tutti insistiamo presso di lui. Andiamo tutti ad insistere, perché le anime si perdono, e non cessiamo di insistere finché tutti, arrossati di sangue, passiamo presto da questo Egitto attraverso il mare rosso (del martirio)...". E S. Caterina ad alcune seguaci: "Or oltre, carissime figliuole tutte di bella brigata corriamo e inestiamoci in su questo Verbo; e io v'invito alle nozze di questo inesto, cioè di spandere el sangue per lui, come egli l'ha sparso per voi, cioè al santo Sepolcro, e inelassare la vita per lui" (Anal. Aug. XVIII (1941-42), p. 312, nota 6).

(18) I seguaci dell'antipapa Clemente VII.

(19) Il viaggio in Terrasanta: vedi nota 17.

(20) Applicazione arbitraria, ma efficace delle parole della Regola.

(21) Gioco di parole fra i termini "Anglici" e "angelici", frequente nella letteratura medioevale.

(22) E' un antico gioco d'azzardo chiamato "zara", che si giocava con tre dadi. Diffuso soprattutto in Italia, era stato esplicitamente proibito da vari statuti comunali, come quelli di Bologna e di Siena.

 

 

2. LETTERA AI MAESTRI IN TEOLOGIA DELLA PROVINCIA INGLESE

Reverendi Maestri.

1 - IL VERO MAESTRO E' CRISTO

Con timore e riverenza, mosso da un dovere di coscienza, scrivo per la salvezza delle vostre anime. Dice il Vangelo: "Non vogliate essere chiamati maestri; uno è il vostro maestro" (Mt. 23,10). Non rallegratevi per il titolo che avete o per la situazione di maestri in cui vi trovate, ma sforzatevi di seguire le orme di Cristo (1Pt 2,21), di acquistare la perfezione che compete ad un maestro; infatti il maestro è dottore e secondo Crisostomo "il dottore deve essere ornato di ogni virtù". E il vangelo dice: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio nella verità, e non ti curi di nessuno e non guardi in faccia agli uomini" (Mt. 22,16).

2 - DARE IL BUON ESEMPIO AGLI ALTRI

Anzitutto siate estremamente veritieri, più degli altri religiosi, mettendo in pratica la vostra professione e facendo in modo che anche gli altri mettano in pratica la loro. Rispettate il vostro superiore (Regola). Voi siete professori, perciò siete legati con duplice legame. Davanti a Dio e davanti alla vostra coscienza siete più obbligati degli altri e pertanto dovete dare l'esempio agli altri religiosi. Ora Dio manifesta i suoi giudizi e ora il mondo è giudicato (Gv. 22,31). Un reverendo maestro dell'Ordine mi ha detto: si manifesterà che Dio vuole rinnovare la faccia della terra (Salmo 103,30), e mi ha promesso che io assisterò alla riforma dell'Ordine (23). Se la Chiesa di Dio e il nostro Ordine si debbono riformare, sforzatevi di iniziare voi ad "aumentare il merito e il premio" (24), perché è necessario che la riforma dell'Ordine inizi dai maggiori, perché "per prima cosa cominciò Gesù a fare e ad insegnare" (Atti 1,1).

3 - I MAESTRI, COLONNA DELLA RIFORMA

Adoperatevi perché tutti i fratelli del nostro Ordine in Inghilterra vivano secondo la Regola di S. Agostino, avendo ogni cosa in comune e perché vivano un altro tenore di vita, più perfetto. "Siate perfetti come è perfetto il vostro maestro celeste" (Mt. 5,48) o per lo meno come, in questa regione fu perfetto il maestro Guglielmo di Lincoln (25). I buoni maestri debbono essere maestri nel modo di vivere, altrimenti il magistero sarà per essi motivo di giudizio. Debbono essere le colonne della riforma dell'Ordine e della Chiesa di Dio. Dovete aiutare i priori in maniera che tutti, sia gli studenti che gli altri, obbediscano umilmente ad essi; dovete insegnare agli studenti a non trascurare le cose importanti per quelle secondarie. Come avanzano nell'apprendimento, così debbono più rigorosamente osservare la vita dell'Ordine e le sue tradizioni, più devotamente, applicarsi alle cose divine secondo la possibilità del luogo e del tempo e nello stesso tempo avanzare nella (santità della) vita; altrimenti lo studio sarà per essi motivo di condanna.

4 - RETTA INTENZIONE NELLO STUDIO

Coloro che trascurano i doveri dell'Ordine per lo studio, perdono il tempo e il loro studio, e alla fine si ritroveranno delusi e ingannati. Debbono infatti studiare soprattutto per adempiere l'obbedienza loro data, non per raggiungere il grado. L'intenzione di studiare per raggiungere il grado è un'intenzione che non poggia su solide basi: e ogni opera precaria alla fine va in rovina.

5 - VOI SIETE MAESTRI "EREMITI"

Con il cuore profondamente amareggiato vi scongiuro a cambiare in meglio la vostra vita. Temete il giudizio di Dio. Teneteci ad essere più perfetti al confronto con gli altri maestri. Date il giusto significato al vostro nome: voi siete maestri dell'Ordine dei Frati Eremitani di S. Agostino. Teneteci più degli altri ad essere liberi dalle fastosità, dalle situazioni e conversazioni mondane; a osservare la povertà tenendo tutto in comune e a vivere la vita comune con gli altri, come fece S. Agostino; a stare nelle vostre camere, secondo le possibilità di luogo e di tempo, come in un eremo, come in celle solitarie e lì applicarvi allo studio, alla contemplazione, alla devozione e alla preghiera; a fare ivi, secondo come Dio vi ispirerà, le vostre penitenze occulte, cosicché la camera del maestro non sia come una taverna atta a confondere le anime e a distruggere l'Ordine, ma sia per l'edificazione delle anime. Sia un luogo di solitudine e di contemplazione; altrimenti non dovete reputarvi maestri dell'Ordine di S. Agostino, ma maestri mondani, perché la tua bocca ha parlato contro di te, Dice S. Ambrogio: "Chiunque fa le opere di uno, è chiamato suo figlio". "Se siete figli di Abramo, compite le opere di Abramo" (Gv. 8,39); "dai loro frutti li riconoscerete" (Mt. 7,16).

6 - DIO CHIAMA VOI

Ragionate in modo retto per la salvezza delle vostre anime, mettete delle buone premesse in questa vita presente affinché nel momento della morte venga una buona conclusione. Altrimenti Cristo vi redarguirà e forse anche S. Agostino accuserà qualcuno di voi dicendo: "Ti rimprovero, e ti pongo contro la tua faccia" (Salmo 49,21) la mia Regola. Osservate dunque la Regola di S. Agostino e in nome di Dio fatela osservare, perché osservando la Regola potete riformare l'Ordine e illuminare la Chiesa di Dio. Splendano le vostre opere davanti agli uomini affinchè diano gloria al padre vostro, a S. Agostino (26), che è in cielo (Mt. 5,16), che possiede tali maestri, veri servi di Dio. Dice il vangelo: "Il Maestro è qui e ti chiama"(Gv. 11, 28). Dio ora chiama voi, perché mirabilmente ha sollecitato me a chiamarvi; altrimenti (se non mi avesse sollecitato) non avrei presunto né avrei osato scrivervi.

7 - DIFENDERE LA LIBERTA' DELLA CHIESA

Siate maestri non menzogneri, ma veraci, e allora poi insegnerete a tutti la verità. Non temete né la persona del re né del principe: voi dovete compiere il vostro dovere. In nome di Dio onnipotente adoperatevi per estirpare del tutto, per quanto sta in voi, tutte le cattive consuetudini contrarie all'Ordine o contrarie alla libertà della Chiesa in Inghilterra, per l'utilità comune e la salvezza delle anime. Il cancelliere (27) nelle sue proibizioni o inibizioni non deve impedire che i superiori facciano le debite correzioni. Il re d'Inghilterra (28) o il suo consiglio non deve in alcun modo, neanche a titolo di preghiera o di favore, impedire le elezioni, fatte nel debito modo e canonicamente, secondo le norme dei canoni, nelle chiese cattedrali o in qualunque altra chiesa. Alle volte viene eletto un uomo dotto o un santo uomo, uno che può illuminare tutto il regno e la Chiesa di Dio. Ma poi il re è solito intercedere con una sua lettera per uno dei suoi chierici e quindi viene eletto uno ignorante, un mercenario che non è vero pastore, al quale non appartengono le pecore; vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, perché non è capace di difenderle né con la santità né con la dottrina, il lupo le rapisce e le disperde (Gv. 10,12). Costui entra non per la porta, perciò è un bandito e un ladrone (Gv. 10,1). Manda in rovina se stesso e il suo gregge. Ma Dio chiederà conto di queste anime sia al re che al suo consiglio. Questi sono delitti orrendi, perché offendono direttamente Dio a causa di una presunzione di tal genere, di mettere la sua falce sulla messe di altri, sulla messe divina, e impedire la volontà divina, l'opera di Dio.

8 - CONSIGLI PER IL RE

Per questi e per altri peccati, che un tempo regnavano in Inghilterra, il re potrebbe, andando in guerra, perdere se stesso e il regno. E' bene perciò che il re abbia ottimi prelati nel suo regno e in tutti i casi, per la salvezza della sua anima. Segua il loro consiglio e, siccome è giovane, si adoperi di seguire le orme dei suoi santi predecessori, perché "il giovane che cammina lungo la sua via non si allontani da essa quando diventa vecchio" (Prov. 22,6). Per queste cattive consuetudini, nocive per il re, frequentemente gemo nel mio cuore in questo mio romitorio.

9 - L'ESEMPIO DEL VESCOVO S. UGO

Ho letto nella vita di S. Ugo (29), un uomo veramente santo, verso la fine del V libro della sua vita (30), che gli fu rivelato dal cielo come un castigo di Dio era imminente sull'Inghilterra a causa dei cattivi prelati e sacerdoti e dei peccati del popolo inglese. Il santo Ugo cercava di estirpare i cattivi e non volle fare canonico nella sua chiesa nessun chierico del re né introdurre una simile consuetudine. Il re, che era santo e giusto, gli disse: "Continua a fare, buon uomo, continua a fare ciò che stai facendo e prega per noi". E' necessario che si agisca per sempre in questo modo e che il nuovo re elimini completamente dal regno tutte le antiche deleterie consuetudini e che i pastori della Chiesa inglese vengano liberamente eletti. E' necessario che i sacerdoti siano debitamente corretti, quanto più possibile, perché vivano nella castità, perché tutto il regno venga totalmente rinnovato nei buoni costumi, affinché la vendetta di Dio non minacci più l'Inghilterra e il popolo inglese non debba scendere in guerra a causa dei peccati.

10 - UNA PREGHIERA PER L'INGHILTERRA

Pregate, pregate per l'Inghilterra; è assai opportuno che diciate frequentemente questa preghiera: "Dio, che non desideri la morte ma la conversione dei peccatori, ti preghiamo: converti a te il tuo popolo inglese affinché, mostrandosi egli devoto verso di te, tu possa allontanare da lui i flagelli della tua ira" (31). In nome di Dio predicate a tutti: al re, ai principi, ai maggiorenti del regno, ai prelati grandi e piccoli, che si confessino tutti frequentemente e camminino secondo i comandamenti del Signore e le sante antiche usanze, perché ci sia somma concordia fra di essi. Fate recitare le litanie e far processioni anche per la riforma della Chiesa di Dio e di tutto il mondo. Ho fiducia, dentro di me, dell'Inghilterra e del re inglese. Pregate per me. Il re e il suo regno abbiano devozione per S. Agostino e celebrino la sua festa, come sono tenuti a fare (32), e il suo regno sarà più stabile. Ricordatevi di queste cose. Non vi scrivo queste cose per conto mio, ma per ispirazione dello Spirito Santo.

11 - LA FESTA DI S. ANNA

In nome di Dio adoperatevi per celebrare la festa di S. Anna, madre della Beata Maria. La Beata Maria potrebbe lamentarsi di voi dicendo: "Voi celebrate la festa di S. Monica, madre di S. Agostino, e non celebrate la festa della mia madre". Sappiate che molti conventi dell'Ordine in Italia celebrano questa festa per devozione. S. Anna è stata canonizzata nella vita eterna, e questo è sufficiente per tranquillizzare le vostre coscienze. Nel calendario dei Frati Minori ho trovato scritto: "Festa di S. Anna, festa solenne" (33). Abbiate in grande onore questa festa, e bene e meglio ve ne verrà (34).

12 - CONSIDERAZIONI PERSONALI

In nome di Dio vi supplico che nessuno mi scriva. E' per me grave pericolo ricordare la patria e i parenti, a meno che non lo faccia nel tempo della preghiera, perché "nessuno che mette mano all'aratro e si volta indietro è adatto per il regno di Dio" (Lc. 9,62). Parlino le vostre opere buone, non le parole scritte. Perdonatemi, correggete quanto va corretto. Non vi sto scrivendo per nulla volentieri, perciò sono molto distratto nello scrivere. Per l'utilità delle anime mi sono esposto al pericolo. Prego Dio che questo lavoro non sia inutile, che possa ascoltare buone notizie sull'Ordine e su tutta l'Inghilterra, che cioè si è totalmente convertita a Dio. Fiat, fiat. Amen.

13 - ULTIME RACCOMANDAZIONI

Prego Dio che tutta l'Inghilterra viva nei buoni costumi, che sia lucerna che brilli davanti al Signore e illumini la Chiesa di Dio. "Comandi Dio ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie" (Salmo 90,11). Amen. Vi guidi il Signore perché nel riformare l'Ordine vi ricordiate di S. Agostino (35). Il vostro fratello Guglielmo d'Inghilterra, peccatore.

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(23) Non si sa a chi alluda.

(24) E' una tipica frase della teologia scolastica.

(25) Dovrebbe trattarsi dell'inglese fra Guglielmo Egmondo, un agostiniano che, dopo aver conseguito il grado di maestro in teologia e aver insegnato nella sua patria, si recò a Roma. Venne poi nominato vescovo suffraganeo di Lincoln. Fu stimato per le sue virtù e la sua scienza. E' vissuto nella seconda metà del sec. XIV, quindi contemporaneo al Fleete. Se questi lo addita come esempio, doveva essere morto da poco tempo (cf. Lanteri, Postrema..., cit., vol. I, p. 292).

(26) Applicazione arbitraria della frase evangelica.

(27) Allora era Guglielmo de Wykeham, vescovo di Winton.

(28) Riccardo II, re d'Inghilterra dal 21 giugno 1377.

(29) S. Ugo, vescovo dì Lincoln (+ 1200), certosino, fu intrepido assertore delle libertà ecclesiastiche contro le ingerenze regie.

(30) Scritta dal cappellano di S. Ugo, di nome Adamo.

(31) E' la preghiera del messale romano che si dice in tempo di mortalità, Il Fleete ha aggiunto la parola "inglese".

(32) L'inciso "come sono tenuti a fare" indica che si tratta forse non di S. Agostino d'Ippona, ma di S.

Agostino di Canterbury, primo apostolo e protettore d'Inghilterra.

(33) Presso i Minori la festa di S. Anna era stata comandata dal loro Capitolo generale del 1254.

(34) Dietro richiesta dei vescovi inglesi, la festa di S. Anna venne istituita dal papa Urbano VI il 21 giugno 1381, un anno dopo la presente lettera.

(35) Frase dal significato alquanto oscuro

 

3. LETTERA AL PROVINCIALE D'INGHILTERRA

Padre reverendissimo in Cristo.

1 - ESORTAZIONE GENERALE

Con il timore di Dio e con tutta la riverenza che debbo, interiormente prostrato in ginocchio (davanti a voi), vi supplico nel Signore Gesù di esortare i maestri, tanto i grandi quanto i piccoli, ad osservare quanto ho scritto in altra lettera (36). In nome di Dio impegnatevi a riformare l'Ordine nella vostra Provincia per quanto riguarda il buon nome e la vita religiosa da vivere secondo le norme dell'Ordine.

2 - IMPEGNO PER LA RIFORMA DELL'ORDINE

Soprattutto impegnatevi a frenare in ogni convento le uscite dei frati ai di fuori (del convento), quelle inutili. Escono lecitamente quando escono costretti dall'obbedienza. Dite a tutti di camminare in modo prudente e santo, di dare il buon esempio in tutte le cose. Compiuta l'obbedienza, subito rientrino. I frati dell'Ordine tutto il giorno per un niente gironzolano fuori del convento, come fa la gente comune; sono più quelli che girano fuori di quelli che girano dentro il convento; qualche volta quelli che stanno in piazza sono più numerosi di quelli che stanno in convento; pochi si ritrovano in coro. Si faccia in modo che l'economo, che può uscire dal convento in ragione dell'ufficio, venga incontro alle loro necessità, così che essi possano rimanere in convento. Questo inutile girovagare è la rovina del singolo e dell'Ordine e danneggia i secolari e ne sorgono gravissimi scandali. Ho sentito dire che il nostro cardinale (37), quando fu maestro a Padova (38), ordinò con il signore del luogo (il superiore, del convento?) che nessun frate uscisse fuori del convento più di una volta alla settimana o anche più raramente. Seguite le sue orme.

3. FORMAZIONE DEI NOVIZI

In nome di Dio ordinate soprattutto che i novizi, anche se adulti, durante il tempo del loro noviziato, non escano fuori del convento né per diletto né per qualche interesse temporale, ma solo per una gravissima necessità: succede che un giorno entrano, l'altro giorno escono! E non si applichino allo studio, durante il tempo del loro noviziato, benché ne siano capaci, se non delle osservanze regolari o della grammatica o del canto. Altrimenti sarebbe meglio non accoglierli affatto. Uscendo fuori del convento acquistano una mentalità da secolari, "ritornano presto al loro vomito" (Prov. 26, 11). Se vengono posti agli studi, s'intrattengono troppo con i professi, s'insuperbiscono e acquistano tanta audacia che poi non si curano più dell'ordine. Ordinate che in ogni cosa vengano trattati più che bene, che abbiano a disposizione le cose necessarie. Fate in modo che nessuno abbia qualcosa di proprio o qualcosa affidato ai secolari. Esortate tutti a vivere meglio nei riguardi di Dio e del dare esempio al prossimo. "Guai a colui per il quale avviene lo scandalo" (Lc. 17,1). Ciascuno si preoccupi di rinnovare il proprio Ordine per quanto riguarda il buon nome.

4. CONTRO IL TROPPO FARE E CONTRO L'OZIO

Dovete proteggere i buoni e tenere a bada i cattivi e ordinare che nessun priore faccia uscire dal convento i frati se non a due a due, per qualunque necessità. "E' meglio infatti fare meno cose che avere più cose" (Regola) (39), se ne sorgesse scandalo per l'Ordine e perdizione per le anime. Ordinate, d'accordo con i priori, che nessun frate viva nell'ozio; coloro che non sono adatti a predicare o a studiare, facciano qualche onesto lavoro manuale, perché l'ozio è occasione per tutti i mali.

5. INCREMENTARE LA VITA SACRAMENTALE NEL POPOLO

Adesso scrivo avendo di mira la comune utilità dell'Inghilterra: fate predicare pubblicamente per tutta l'Inghilterra che tutti si convertano e si confessino frequentemente, perché così vuole Cristo. Il Vangelo dice: "Siate pronti, perché nell'ora che non pensate ecc..." (Lc 12,40). Molti udendo queste parole ne se beffano, Si dica a tutti che "il mondo intero è posto in potere del maligno" (1Gv. 5,19); ora Dio manifesta i suoi giudizi, "ora è il giudizio del mondo" (Gv. 12,31). Perciò temete il giudizio di Dio. Molti muoiono all'improvviso e muoiono malamente, perché è necessario che siano pronti, che tutti siano più ben disposti nei confronti di Dio e allora potranno anche pregare meglio, e Dio subito rinnoverà il mondo e la sua Chiesa. Questi mali che succedono, succedono per i nostri pece cati; "se cessa la causa, cessa anche l'effetto" (40).

6. LA CONCORDIA NELLA NAZIONE

Fate in modo che si predichi che ci sia massima concordia in tutta la nazione; e che non ci sia alcuna divisione, perché "ogni regno diviso in se stesso andrà in rovina" (Lc. 11,17); che tutti obbediscano al re: "Onorate il re, temete Dio" (1Pt. 2,4); "Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio" (Mc 12,17).

7. LA CONCORDIA TRA GLI ECCLESIASTICI

Dice il Vangelo: "Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri" (Gv. 15,12). Si predichi e si dica a tutti i religiosi: prelati, monaci, frati, sacerdoti e canonici, che abbiano tra di loro una mutua e durevole carità, perché l'intera Chiesa inglese abbia un'unica anima in Dio. Si rinnovi anzitutto essa: "Medico, cura te stesso" (Lc. 4,23). Ma molti religiosi sono caduti: osservano le scorze della religione, cioè il silenzio e simili manifestazioni esteriori, quando vanno al capitolo, al refettorio, ecc., ma non hanno la carità: invidiano gli altri, li calunniano, mormorano, denigrano il buon nome degli altri. Creano partiti fra di loro, Ordine contro Ordine, frate contro frate, a motivo del grado o della posizione. I monaci osservano il silenzio, parlano tra loro con i segni delle dita (41), ma non osservano la carità accogliendo i nostri Frati o i Carmelitani nel loro ospizio. Dicono che questo non è nelle loro consuetudini: ma una consuetudine cattiva va abolita! Stiano attenti che Cristo non dica loro: "Fui pellegrino e non mi avete ospitato; andate, maledetti, nel fuoco eterno" (Mt 25,41.43). La perfezione della religione non consiste in queste cose esteriori, ma si fonda soprattutto sulle opere di carità, sull'ospitalità e cose simili. Dice l'apostolo: "Siate ospitali gli uni verso gli altri, senza mormorare" (1Pt 4,9). Amate l'ospitalità. La religione consiste infatti nell'obbedienza, nella pazienza, nell'umiltà, nella mansuetudine e nelle altre virtù interiori, non nelle osservanze esteriori. Queste sembreranno a molti inutili e presuntuose.

8. SCRIVE PER ISPIRAZIONE DI DIO

Vi dico ora una cosa sorprendente: nella festa di S. Alessio confessore (42), di quest'anno, ricorrerà il ventunesimo anno che sono uscito dalla patria e dal regno d'Inghilterra. Mai ho scritto una lettera per l'Inghilterra, nè osavo farlo nè era nelle mie intenzioni. Ora sono stato mirabilmente trascinato a scrivere, spinto anche durante la celebrazione della Messa, alla presenza del Corpo di Cristo, e costretto dallo Spirito Santo a scrivervi. Dico con l'Apostolo: "Ciò che non voglio, questo Laccio" (Rom 7,19). Perciò vi scongiuro in nome di Dio che quanto ho sopra scritto venga predicato e diffuso, secondo la vostra discrezione, in base alle circostanze di luogo e di tempo. Soprattutto che tutti i religiosi riconoscano i propri difetti, si correggano e poi predichino agli altri, di modo che tutti gli inglesi si convertano dai loro vizi. Non accolgano questi scritti come provenienti da me, ma come ispirati dallo Spirito Santo per la loro utilità: la verità alla fine sarà manifesta!

9 - CONSIDERAZIONI PERSONALI

Perdonatemi! Ho scritto male, in maniera non ordinata, non scrivo di mia spontanea volontà. Mi sono esposto al pericolo per la salvezza delle anime. Sarebbe pericoloso per me ricordare la mia patria, se Dio non mi toccasse (con la sua grazia) e non mi spingesse a fare queste cose, Perciò nessuno mi risponda. Sta scritto: "Dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre" (Salmo 46,11), perché, "nessuno che mette mano all'aratro e ritorna indietro -anche solo mentalmente- è adatto per il regno dei cieli" (Lc. 9,62). Questo lavoro Dio lo esigerà dagli inglesi, soprattutto religiosi. Soprattutto tra di essi abbiano una continua mutua carità vicendevole. Soprattutto sono stato spinto (ad esortarli) a convertirsi essi stessi, perché una volta convertiti potessero con le loro prediche e i buoni esempi esterni convertire tutto il popolo.

10. LA SITUAZIONE DELLA VITA RELIGIOSA

I religiosi nei tempi moderni cercano più il mondo che Dio. Cercano onori, favori dei principi, sontuosità, ricchezze, piaceri, grande scienza, grandi sepolture: cose, queste, abominevoli avanti a Dio. Si sono dati alla ricchezza iniqua. Questa grande scienza distrugge la Chiesa di Dio e tutti gli Ordini. Cristo sceglie dei pescatori, "Dio sceglie ciò che è stolto per il mondo" (1Cor 1,27). Sarebbe certamente più utile se tutti i religiosi studiassero la santa stoltezza e dimenticassero la propria scienza, secondo le parole dell'apostolo: "Chi tra di voi sembra essere sapiente? Diventi stolto per essere veramente sapiente; la sapienza di questo mondo è stoltezza presso Dio" (1Cor 3,18-19).

11 . ULTIME RACCOMANDAZIONI

In nome di Dio vi chiedo che queste cose vengano eseguite. In tutte le vostre azioni temete Dio, non l'uomo. Governate bene i religiosi. Questi dovrebbero scegliere di essere disprezzati secondo il mondo e di "accomodarsi all'ultimo posto" (Lc 14,10), di non cercare magisteri o onori, a meno che non venga loro detto dai superiori per obbedienza: "Amico, vieni più avanti" (Lc 14,10). "Nessuno si assume (tale) onore se non chi è chiamato da Dio, come Aronne" (Ebr 5,4). Allora, se saranno così, avranno gloria nella vita eterna. Perciò è necessario che tutti coloro che studiano si propongano in tutti i loro atti Dio come fine (43). Chiunque avrà sbagliato "si dolga del passato, si provveda per il futuro, pregando che gli sia rimessa la colpa e che non cada nella tentazione" (Regola). Amen.

12. CONCLUSIONE

Perdonatemi per tanta preseunzione, degnatevi di raccomandarmi ai frati di ogni ordine. L'Altissimo vi guidi nel rinnovamento dell'Ordine, e nell'osservare queste cose siate, vi prego, ardente e perseverante. L' "inimicus homo" (Mt 13,28), il diavolo, invidioso di questa lettera, vi "ha seminato sopra la zizzania" (Mt 13,25) , mi ha fatto versare e spargere l'inchiostro sopra la lettera. Questo mi è successo per il mio peccato, lo zelo che ho per l'Inghilterra. Il Signore richiede da lui che si converta totalmente al Signore, essendo scritto: "Lo zelo della sua casa mi ha divorato" (Gv 2,17) (44). Pregate per me. Il vostro indegnissimo fra Guglielmo d'Inghilterra.

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(36) La lettera precedente.

(37) Bonaventura Baduario-Peraga fu fatto cardinale da Urbano VI il 18 settembre 1378, probabilmente su suggerimento di S. Caterina. La santa gli scrisse una lettera esortandolo a lavorare per la riforma della Chiesa (P. Misciateni, cit., vol. V, pp.98-102).

(38) Rimangono documenti del suo magistero all'università di Padova dall'aprile 1368 al marzo 1377, anno nel quale venne eletto Generale dell'Ordine,

(39) Interpolando il testo della Regola e sostituendo la parola originaria "egère" (= aver bisogno) con la parola "àgere" (= fare), il Fleete enuncia un principio di vita spirituale oggi particolarmente attuale: l'attivismo esagerato e l'efficientismo possono essere la rovina dello spirito religioso.

(40) Detto scolastico.

(41) Negli ordini monastici di più stretta osservanza (ad es. i Cistercensi) si poteva comunicare con i confratelli solo attraverso i cenni delle mani.

(42) Il 17 luglio.

(43) Principio fondamentale della vita spirituale, valido in ogni situazione.

(44) Senso oscuro: si riferisce forse a se stesso.